16 GENNAIO 2022
2ª DOMENICA del Tempo ordinario
Cristo, rinnovatore della storia, e la chiesa, sua sposa
(Giornata mondiale del migrante e del rifugiato)
PER RIFLETTERE E MEDITARE
Abituati come siamo al comportamento dei nostri sposi ai loro pranzi di nozze, questi di Cana fanno proprio brutta figura. Essi sono assenti dalla scena narrata da Giovanni e (orrore!) rimangono senza vino.
Questo dà la cornice narrativa per l’intervento sollecito della Madre di Gesù e per il compiersi di un evento prodigioso. Così il lettore è piano piano portato a dimenticarsi degli sposi e a centrare tutta l’attenzione su Gesù. Quello delle «nozze di Cana» è un brano a forte concentrazione cristologica.
La cristologia sottesa
La lettura liturgica inizia con il canonico «in quel tempo». In questo modo, però, elimina l’esordio giovanneo: «il terzo giorno» (Gv 2,1). Sommando i giorni che Giovanni menziona a partire dalla prima testimonianza di Giovanni Battista (cf Gv 1,19) con questi tre fanno sette. Al termine di questa settimana, che richiama quella della creazione, avviene il miracolo della trasformazione dell’acqua in vino. L’acqua per la purificazione diventa vino nuovo, buonissimo (cf Gv 2,10). La creazione con Cristo si rinnova.
Nel brano di Cana sono forti i richiami continui agli eventi pasquali. Gesù parla della sua «ora» (Gv 2,4) non ancora giunta; il capitolo 13 inizia dicendo: «Prima della festa di Pasqua Gesù, sapendo che era venuta la sua ora di passare da questo mondo al Padre» (Gv 13,1). A Cana Gesù si rivolge alla madre chiamandola «donna» (Gv 2,4); dalla croce Gesù si rivolge a Maria dicendo: «Donna, ecco tuo figlio» (Gv 19,26). A Cana, dice Giovanni, «fu l’inizio dei segni compiuti da Gesù; egli manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui» (Gv 2,11). Com’è noto per Giovanni la gloria di Cristo risplende sulla croce, e il suo vangelo termina (la prima conclusione) dicendo: «Gesù, in presenza dei suoi discepoli, fece molti segni che non sono stati scritti in questo libro. Ma questi sono stati scritti perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome» (Gv 20,30-31). In poche parole tutto pone al centro Cristo, che il discorso Giovanneo presenta come il glorificato, il crocifisso e il risorto.
La Chiesa, lo sposo
Tuttavia, non è solo un’occasione narrativa il fatto che la gloria sia manifestata proprio durante il contesto sponsale. Alla luce di questo contesto assume nuovo significato il modo di rivolgersi a Maria da parte di Gesù: «Donna». È un titolo che richiama la Sion dell’Antico Testamento, la città prediletta dal Signore e con la quale, nel linguaggio profetico, egli intrattiene un rapporto sponsale. Maria, la Chiesa, è la vera sposa di questo brano in cui sono assenti gli sposi. E Gesù, che inaugura la creazione nuova, è il vero sposo.
La prima lettura dà le caratteristiche di questo sposalizio. Dio, l’io narrante dell’oracolo, si rivolge a Gerusalemme in termini matrimoniali. La esalta per la sua bellezza, gioisce per lei, si delizia di lei. Per questo rapporto sponsale anche la città eletta cambia la propria condizione. Non più «Abbandonata», non più «Devastata»; bensì «mia Gioia» e «Sposata» (Is 62,4). E aggiunge, in un trionfo di entusiasmo: «Sì, come un giovane sposa una vergine, così ti sposeranno i tuoi figli; come gioisce lo sposo per la sposa, così il tuo Dio gioirà per te» (Is 62,5). È una relazione nuova e rinnovante, che cambia l’acqua della purificazione rituale in vino dell’allegrezza, dell’amore (cf Gv 2,9). Una relazione che trasforma un banchetto opacizzato dalla mancanza di vino, dopo aver servito quello «meno buono», in un banchetto festoso in cui si serve il «vino buono».
Il senso della nostra storia
Con Cristo e la sua passione comincia un tempo nuovo per l’umanità. La storia riceve un nuovo indirizzo e un nuovo senso.
Cristo con la sua incarnazione, morte e resurrezione ha rinnovato la storia. Il segno di Cana afferma che l’umanità, noi, viviamo una nuova e gioiosa relazione sponsale con Dio. In attesa della sua manifestazione nella gloria.
Fra incarnazione e gloria, il nostro è il tempo di mezzo. Il tempo nel quale il nostro ruolo è di ascoltare e fare quanto dice Maria: «Qualsiasi cosa vi dica, fatela» (Gv 2,5). In questa frase riecheggia la risposta di Israele nel deserto: «Quanto il Signore ha detto noi lo faremo» (Es 19,8). La fede, risposta obbediente, è l’atteggiamento del credente nella storia. La nostra storia. Essa non è destituita di senso perché protesa verso il fine. Essa è il tempo della prova e della conferma della nostra fedeltà.