Pubblicato il

Infosfera e dintorni: intervista a don Luca Peyron su Città Nuova

Infosfera e dintorni
Intervista a don Luca Peyron su Città Nuova

Si riporta l’articolo pubblicato il 19 giugno 2019 sul sito di Città Nuova da parte di Daniela Baudino in merito all’intervista effettuata a don Luca Peyron, autore del libro Elledici “Incarnazione digitale“.

CITTA’ NUOVA – Era il 12 marzo 1989 quando Tim Berners-Lee presentava al Cern di Ginevra il progetto che ha dato avvio al Web, che fu alla base di Internet e oggi della rivoluzione digitale. Don Luca Peyron, sacerdote della Diocesi di Torino e autore di “Incarnazione digitale” (Elledicì) ci aiuta a tracciare una strada futura sulla reale possibilità di custodire l’umano dentro alla rivoluzione digitale in cui siamo immersi quotidianamente.

Don Luca, il termine infosfera non indica solo gli strumenti digitali che ogni giorno utilizziamo, ma un vero e proprio spazio relazionale: quale le sembra la sfida più urgente, per l’uomo di oggi dentro a questo nuovo ecosistema?

Le sfide sono tre: la prima è prendere coscienza del mondo in cui viviamo, che non è quello di ieri con qualche cambiamento. Questo non è scontato per i nativi digitali, che sanno usare gli strumenti ma sanno fino ad un certo punto cosa c’è dietro, ma neanche per chi è nato “analogico” e non si rende conto di quanto questo significhi nel concreto delle nostre esistenze, e che l’ambiente digitale non sono i social e due siti, ma molto di più. La seconda sfida è culturale e politica: come ci posizioniamo, come scegliamo che cosa questo mondo è e sarà? L’infosfera è qualcosa che stiamo costruendo noi e siamo noi che dobbiamo decidere ed essere consapevoli di come, per chi e per cosa la costruiamo. La terza questione è decidere dove vogliamo andare rispetto alla centralità della persona umana: non tutto ciò che si può fare, siccome si può fare, ha un carattere veritativo. Non dobbiamo avere paura, ma dobbiamo avere ben chiaro un obiettivo e un orizzonte che ci permetta di non trovarci una mattina in un posto senza sapere come ci siamo arrivati.

Come responsabile della pastorale universitaria del Piemonte e docente dell’Università Cattolica di Milano ha modo di entrare nella vita quotidiana di quelli che oggi chiamiamo “nativi digitali”, spesso descritti come superficiali, disattenti, narcisisti. Le sembra che questi termini li raccontino per quello che realmente sono o c’è di più?

Noi giudichiamo questa generazione a partire dalla differenza che vediamo tra quello che noi eravamo e quello che loro sono. Se notiamo dei ragazzi sulla metro con il cellulare in mano li critichiamo, ma noi in mano avevamo il quotidiano: non c’è differenza. Critichiamo le nuove generazioni perché hanno l’attitudine ad utilizzare strumenti che a noi fanno paura, e ciò che fa paura viene stigmatizzato. Facciamo più fatica a capirli di quanto ogni generazione passata ha fatto fatica a capire la successiva perché il salto è molto più ampio, ma questa generazione è molto di più di queste etichette. Molto del negativo se l’è trovato costruito da noi: abbiamo chiesto loro di essere dei clienti e dei consumatori più che delle persone, gli stiamo proponendo un’adultità non desiderabile copiando la loro giovinezza, invece che raccontare un’adultità che vale la pena vivere. Per questo è sempre più necessario un dialogo dove interessa ciò che l’altro pensa, e partendo da quello dare una risposta per generare qualcosa di nuovo che appartiene a ciascuno dei due.

Nel tuo saggio scrivi: «L’architettura dell’infosfera sta contribuendo a illudere la coscienza del conoscere, facendo venir meno il desiderio di verità». Quali sono gli elementi dell’esperienza cristiana che possono aiutarci a vivere una vera incarnazione digitale?

Sono due elementi che fanno parte dell’esperienza cristiana che possono essere sostanziali e sostanzianti. Il primo è il tempo. Il Dio eterno sceglie di farsi uomo in un tempo, sceglie di darsi un tempo e di manifestarsi come Dio dopo un tempo molto lungo. Nel diluvio di informazioni di oggi abbiamo bisogno di un tempo congruo per scegliere, discernere, ragionare, decidere, per assumere una postura verso la realtà. Non dobbiamo entrare in competizione con le macchine ed essere più veloci di loro: la loro velocità ci restituisce del tempo che dobbiamo utilizzare per esprimere la differenza. Il secondo aspetto è la dimensione del silenzio. Nella vita di Gesù ci sono tanti momenti di silenzio con il Padre. Per noi può essere la nostra interiorità, che serve per portare a compimento il tanto, il bello, il buono e il vero che questo tempo ha. Dobbiamo riappropriarci di un tempo di mistica, di silenzio informativo, in cui far risuonare dentro di noi quello che è davvero importante per poter dare risposte che non siano solo emotive.

Quello dell’Intelligenza Artificiale è un tema con cui dovremo inevitabilmente prendere confidenza. Credi che il nostro destino sia quello di essere sostituiti dalle macchine e dagli algoritmi?

Questo dipende da che tipo di mondo decidiamo di abitare e dalla coscienza che abbiamo o non abbiamo rispetto a quello che ci sta accadendo. Sempre più le macchine sono in grado di appropriarsi e occupano lo spazio cognitivo che fino ad oggi era esclusivamente umano. Ma la macchina va nella direzione in cui noi decidiamo essa vada, e la direzione dobbiamo darla noi. Per questo dobbiamo decidere quale è l’obiettivo da perseguire e utilizzare le macchine per farlo. Quello che c’è in più oggi è che le macchine stanno diventando in grado di scegliere autonomamente una direzione: ma se permettiamo questo allora stiamo eliminando dall’essere umano quella dimensione che gli è propria e non replicabile, la dimensione trascendente. Decidere che questa sia la dimensione che dà direzione al vivere e ci aiuta a disegnare il mondo in cui viviamo non ci salverà necessariamente dalle macchine, ma ci aiuterà ad utilizzare le macchine per accogliere la salvezza che ci è data.

Pubblicato il

La Vocazione nell’era digitale – don Luca Peyron su Rogate Ergo

La Vocazione nell’era digitale
don Luca Peyron sulla rivista Rogate Ergo

Si segnala l’articolo pubblicato dalla Rivista di animazione vocazionale Rogate Ergo (n.4 2019), redatto da don Luca Peyron sul tema della “vocazione nell’era digitale”, riportando il suo nuovo libro Incarnazione digitale (Editrice Elledici).

Dal 1985 comincia la diffusione di massa dei computer ad interfaccia grafica, da allora i nuovi nati sono chiamati dalla sociologia nativi digitali, bimbi cresciuti in un mondo totalmente avvolto dal digitale e tutti gli altri sono ormai migranti digitali. Sono i nostri giovani, coloro che siamo chiamati ad accompagnare.

Le questioni che l’era digitale suscita sono profondamente connesse con i temi tipicamente propri della pastorale vocazionale: l’identità, la libertà, la responsabilità, la capacità di scegliere, l’idea stessa di ascolto e di risposta. Lo si deduce affrontando le grandi questioni sociali ed antropologiche dell’era digitale quali la velocità, la globalità, la reversibilità apparente delle scelte, la fruibilità e l’intuitività degli strumenti, la democraticità e l’accessibilità ai beni e così via. Dal punto di vista sociale le distanze sono molte: i nostri contemporanei hanno accettato l’assioma che il possibile è doveroso e che il principio teleologico sia il termine di un processo sostanzialmente sperimentale e matematico e non la verità verso cui tendiamo perché donata in una Rivelazione. Inoltre la vocazione del mondo consiste, per i nostri contemporanei, nello scoprire come realizzare tecnicamente quanto è socialmente desiderabile e perciò immediatamente giusto e non certamente accogliere e custodire il Regno. C’è un invisibile che si prende cura di noi ed è una struttura informazionale, una rete digitale, ed i cristiani di questo tempo, che hanno contribuito a disegnare questo scenario, sono chiamati a porvi la differenza cristiana, a suggerire un governo di questo processo. Benedetto XVI, riprendendo il Magistero di Paolo VI, ci ha ricordato in Caritas in Veritate che rispondere allo sviluppo tecnologico è parte integrante della nostra vocazione cristiana, anzi che è proprio della vocazione cristiana intesa come presenza dei cristiani nel tempo in cui vivono.

Quali dunque alcuni suggerimenti in termini di pastorale vocazionale? In primo luogo è necessario conoscere meglio il mondo che ci circonda, sforzandosi di non avere precomprensioni. Non bisogna pensare in modo ingenuo che la conoscenza o la semplice utilizzazione di questi strumenti siano di per sé sufficienti, ma sono certamente quel primo contatto con la realtà oggi necessario e senza temere il senso di estraneità, perché l’amore lo può redimere. Dal punto di vista vocazionale il digitale ci impone un ascolto nuovo, vero, che dica un desiderio autentico di conoscenza e di coinvolgimento, una dichiarata volontà di non essere alieni in questo mondo e che accetta l’umiliazione di rimettersi ad imparare. Un secondo aspetto è quello di cercare di più il dialogo intergenerazionale: se i giovani sono tecnicamente più capaci di stare nella realtà digitale, d’altro canto non hanno l’esperienza esistenziale per rispondere alle sollecitazioni che la vita 12 pone. Dopo diversi secoli questa è la prima occasione in cui generazioni diverse hanno costitutivamente bisogno le une delle altre. Chi è più vecchio ha bisogno dei giovani per stare nella realtà e chi è più giovane ha bisogno dei vecchi per giudicare questa realtà in cui tutti noi stiamo. Di qui può nascere un dialogo fecondo in cui ciascuno porta quello che è e quello che ha, senza posizioni di dominio, senza giudizi precostituiti, senza soprattutto posizioni di potere. Dal punto di vista vocazionale un tale percorso è molto fecondo perché restituisce agli educatori uno sguardo effettivamente casto, uno sguardo che non possiede l’altro per ottenerne qualche cosa, per portarlo là dove pensa egli debba andare poiché invece siamo in cammino tutti insieme. Rischieremo di sembrare goffi, ma questo ci restituirà tenerezza, rispetto reciproco e dovremmo badare a non pretendere di dire l’ultima parola, di sapere la verità. Il terzo e ultimo aspetto lo recuperiamo dalla tradizione spirituale: il bisogno del silenzio e del tempo. L’era digitale va veloce, affoga la mente ed il cuore in una alluvione di dati, pretende che l’essere umano sia performante, come una macchina. Nel 2020 è stato calcolato che su 7 miliardi e mezzo di persone ci saranno 80 miliardi di macchine connesse tra loro. Le macchine dunque parlano già tra loro escludendoci dal dialogo, non dobbiamo rincorrerlo, dobbiamo governarlo, e proprio perché loro già corrono, noi possiamo passarci il lusso di rallentare, di fermarci. Nessuno, neppure la macchina in realtà, è capace di fare due operazioni contemporaneamente, dobbiamo ricordare all’essere umano che deve scegliere di essere se stesso lasciando alla macchina il compito di compitare.

La pastorale vocazionale nell’era digitale deve essere il luogo esistenziale e teologico in cui possiamo scegliere di non essere performanti, ma performativi, ossia un contesto in cui essere accompagnati non a raggiungere dei risultati, ma in cui essere raggiunti da una notizia, quella dell’amore di Dio che ci permette di essere sino in fondo capaci di noi stessi e degli altri. In un contesto in cui la realtà quasi impone di utilizzare delle piattaforme pensiamo ai social media possiamo rilanciare lo spazio gratuito della meraviglia, della sorpresa, della creatività ricordando ai nostri contemporanei che l’esercizio autentico della libertà avviene non nell’esecuzione di un programma o di un progetto e qui dovremmo purificare anche il nostro linguaggio fatto di troppi progetti di Dio e progetti pastorali ma nell’accoglienza di una libera facoltà di risposta creativa. La vocazione, infatti, non è adesione ad un percorso, ma conoscenza di una meta la santità da raggiungere in uno stato di vita liberamente e creativamente generato giorno per giorno in dialogo con Dio. L’era digitale ci consegna, in modo spesso scorretto, un’istanza corretta. In qualche modo i nostri contemporanei si sono aspettati dai grandi innovatori non semplicemente dei prodotti capaci di incontrare dei bisogni, ma una filosofia di vita, una risposta materiale ad una domanda esistenziale.

All’inizio dell’anno un esperto del settore scrive:

“Non sappiamo che cosa svelerà un nuovo paradigma, genererà un nuovo mercato, aprirà gli occhi sul superamento di un nuovo limite del possibile. Ma sappiamo che l’innovazione che adotteremo si manifesterà come uno di questi svelamenti. Tutto il resto sarà qualcosa da comprare. O da non comprare. La Apple sarà protagonista del nuovo paradigma? Lo sarà la Samsung? Lo sarà l’IIT o la Bosch? Lo sarà Google o il New York Times? Non lo sappiamo. Ma sappiamo che non è l’aggiornamento che cerchiamo. Cerchiamo risposte a domande fondamentali”.

Ecco abbiamo delle risposte, abbiamo la risposta alla domanda fondamentale ed è Gesù, ieri come domani, accompagniamo i nostri contemporanei nello scoprirla nell’unico modo possibile: in una relazione, l’era digitale ben governata ci fornisce strumenti nuovi per portare questa notizia e favorire questa relazione.

Pubblicato il

“Incarnazione digitale” al Centro Congressi dell’Unione Industriale di Torino

“Incarnazione digitale” al Centro Congressi dell’Unione Industriale di Torino

8 Maggio 2019 – Nell’ambito del “Ciclo degli Appuntamenti del Mercoledì mattina” presso il Centro Congressi dell’Unione Industriale di Torino, don Luca Peyron ha affrontato il tema “Come vivere nella rivoluzione tecnologica. La rivoluzione digitale e noi” con la presentazione del suo nuovo libro Incarnazione digitale, edito da Elledici.

L’intervento condotto da don Luca Peyron assieme a Vincenzo Camarda, docente del Liceo Classico V. Gioberti di Torino, ha portato ad una accurata analisi della realtà odierna, cogliendo le sfaccettature della rivoluzione digitale e le conseguenze sulla vita di ogni giorno, sulle nuove generazioni, fino al modo che abbiamo di leggere noi stessi e il rapporto con Dio. Un insieme di riflessioni che sono partite dal concetto di infosfera, offrendo una interessante indagine dell’uomo nel tempo in cui si trova a vivere.

Mercoledì 8 maggio, presso il Centro Congressi dell'Unione Industriale di Torino, alle ore 10.00, don Luca Peyron affronterà il tema “Come vivere nella rivoluzione tecnologica. La rivoluzione digitale e noi“, con la presentazione del suo nuovo libro Incarnazione digitale, edito da Elledici. Il tema verrà discusso assieme a Vincenzo Camarda, docente del Liceo Classico V. Gioberti di Torino.

Di fronte alle sfide di una contemporaneità impastata di tecnologia, questo nuovo volume e il suo incontro di presentazione trovano un’importante collocazione nel dibattito sulla rivoluzione digitale, portando al centro dell’analisi il tema di Dio e della speranza, suggerendo spunti di riflessione educativi e generali.
Abbiamo così chiesto a don Luca Peyron di rispondere ad alcune domande in merito all'argomento, alle quali si aggiungeranno le riflessioni dell'incontro previsto per l'8 maggio presso l'Unione Industriale di Torino.

“Incarnazione digitale”. Qual è l’attualità di questo tuo nuovo libro?

L'attualità del libro sta in 4 tra le ultime notizie relative alla rivoluzione digitale da cui si evincono alcune delle questioni fondamentali in gioco:

  1. La ricerca di una università spagnola che ha dimostrato come 1/4 degli europei vorrebbe che fosse un'intelligenza artificiale a decidere e prendere posizione circa le questioni politiche europee;
  2. La recente protesta dei rider (coloro che si occupano delle consegne di pasti a domicilio), che hanno condiviso sui Social un elenco di personaggi della musica e dello spettacolo accusati di non dare la mancia ai fattorini;
  3. Tutto quello che normalmente accade sui Social Media rispetto al bullismo e non solo;
  4. “L’internet delle cose”: come la rivoluzione digitale cambierà completamente il nostro modo di lavorare.

Sono 4 temi che toccano tutti gli aspetti dell’umano, a cui si aggiunge anche la dimensione spirituale, cioè il modo di stare nella realtà e di capire se esiste o meno una trascendenza.
Rispetto a tutto questo, è evidente che le generazioni attuali devono prendere posizione. Non si può però prendere posizione senza tener conto anche del proprio battesimo.

Quale potrebbe essere allora una “via di salvezza” per le generazioni di oggi?

Una via di salvezza è sicuramente quella di non pensare alla digitalizzazione in termini di “digitismo” o “digitalismo”. La rivoluzione digitale non è infatti da intendere come “salvezza dell’essere umano”.  L'uomo però, attraverso la digitalizzazione, può scoprire quelle domande esistenziali su se stesso, le cui risposte tuttavia non sono da ricercarsi nel digitale.

I prossimi appuntamenti del libro Incarnazione digitale di don Luca Peyron:

32° Salone Internazionale del Libro di Torino

L'Editrice Elledici sarà presente al consueto appuntamento annuale del Salone Internazionale del Libro dal 9 al 13 maggio 2019 presso il Lingotto Fiere di Torino

Stand UELCI, PAD2 – J66-K67

Gli appuntamenti da non perdere:

  • Giovedì 9 maggio alle ore 11.00 – Presentazione del libro Elogio della generosità a cura di don Luca Peyron e Ivan Andreis.
  • Sabato 11 maggio alle ore 12.00 –  Presentazione del libro La Bibbia dell’ecologia a cura di Roberto Cavallo.
  • Domenica 12 maggio alle ore 17.00don Luca Peyron e Giuseppe Tipaldo parleranno di COSCIENZA della SCIENZA a partire dai loro rispettivi libri Incarnazione Digitale (ed. Elledici)  e Società della pseudoscienza (ed. Il mulino).

Gli appuntamenti si svolgeranno all'interno dello Stand UELCI, PAD2 – J66-K67.