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I gruppi di preghiera di Padre Pio. Origine, spiritualità e servizio

Un libro che racconta la nascita e l’attualità dei gruppi di preghiera collegato al Santo di Pietralcina
I GRUPPI DI PREGHIERA DI PADRE PIO
Origine, spiritualità e servizio

di Giovanni Chifari
(Editrice Elledici – pagine 184 – € 15,00)

Il nuovo volume del teologo biblico Giovanni Chifari offre una lettura sapienziale della storia dei gruppi di preghiera di Padre Pio; un’interpretazione biblico teologica e spirituale del carisma del Santo; una messa a fuoco delle sfide culturali, antropologiche e sociologiche dei gruppi nell’oggi. E ancora, Padre Pio e la Parola di Dio, i suoi consigli per la lectio divina, come lui stesso interpretava la sua messa. Le preghiere della Chiesa per chiedere la sua intercessione. Un testo che si presenta denso e ricco di spunti. Ma entriamo più a fondo in dialogo con l’Autore.

 
Rivolgiamo all’autore alcune domande per meglio conoscere i contenuti del libro.

Com’è nata l’idea di scrivere questo libro?
L’idea è nata da don Valerio Bocci, direttore di Elledici, che ha pensato ad uno scritto che potesse raccontare l’opera ecclesiale di Padre Pio, i Gruppi di Preghiera. Con una fine intuizione e acuta lungimiranza don Valerio ha suggerito un testo che non si limitasse a una lettura pia e devozionale ma cercasse di scendere più in profondità, “alzando" il livello della riflessione. Fin da subito la prospettiva mi ha trovato concorde perché era proprio ciò in cui mi ero impegnato in quasi dieci anni di servizio a fianco di Monsignor Michele Castoro e di tre segretari generali dei gruppi di preghiera che si sono succeduti, fr. Marciano Morra, fr. Carlo Maria Laborde e fr. Luciano Lotti. Un tempo nel quale si è cercato di accompagnare i gruppi verso una rinnovata consapevolezza della loro appartenenza ecclesiale, e a vivere secondo la spiritualità del Concilio Vaticano II.

A quali aspetti ti riferisci in particolar modo?
Al primato della Parola di Dio, la centralità dell’Eucarestia e al servizio ai fratelli. Tutti aspetti che si ritrovano nella spiritualità di Padre Pio già prima del Concilio e risulteranno rinsaldate in seguito. Senza la mediazione della Parola non si può riconoscere Gesù nell’Eucarestia, e senza fare esperienza di Dio nella Messa non è possibile servire evangelicamente i fratelli, ma si tenderà a fare un servizio autoreferenziale.

Cosa propone il libro a riguardo?
Si cerca di scandire la spiritualità dei gruppi di preghiera attraverso questi tre punti: Parola, Eucarestia e servizio. Perché è quello che ha fatto Padre Pio ed è quanto la Chiesa ha suggerito come eredità della grazia conciliare. Si tratta di un’ecclesiologia di comunione, dove il fare, il servizio, l’operosità, nascono dall’accoglienza della Parola e dalla centralità dell’Eucarestia.

Quindi Padre Pio già prima del Concilio ha mostrato questa sensibilità?
Sì, fin dal suo arrivo a San Giovanni Rotondo aveva già chiare queste coordinate, sebbene la Scrittura non fosse così accessibile come avvenne dopo il Concilio. In alcune lettere inviate a delle persone che dirigeva spiritualmente come Raffaelina Cerase, Padre Pio mostra di conoscere i gradi e livelli della lectio divina e invita sovente a praticare quelle che definisce “buone letture". Tutti sanno poi quanto fosse centrale per lui la partecipazione all’Eucarestia, alla quale iniziava a prepararsi già nel cuore della notte. Il servizio doveva nascere da questo fondamento.

E dopo Padre Pio i suoi gruppi hanno continuato così?
Nel secondo capitolo mi occupo di questa tematica. Nel “dopo Padre Pio" i gruppi gradualmente hanno cercato di recepire il Concilio. Mostrando di essere più avvezzi e naturalmente inclini verso l’Eucarestia, un po meno versati, nell’accoglienza del primato della Parola. Un cammino che del resto ha coinvolto tutta la Chiesa, che dalla Dei Verbum in poi ha dato un nuovo impulso al primato della Parola di Dio. Realtà che invece oggi trova molto più spazio. Tanti gruppi praticano la lectio divina. Si tratta di valorizzare la loro indole laicale, la loro indole secolare. Itinerario nel quale essi sono stati educati e formati da autentici uomini di Dio e sempre sostenuti dalla parola dei pontefici.

Possiamo dire che i gruppi sono stati sempre nel cuore dei papi?
Sì, da Pio XII a Francesco. E anche Giovanni XXIII non può considerarsi critico dei gruppi né dello stesso Padre Pio, ma volle solamente evitare, con il religioso ancora vivente, che si favorissero letture distorte e fanatismi immotivati che lo stesso santo Frate scoraggiava energicamente.
Ogni pontefice ci ha lasciato una parola bella e degna di nota su Padre Pio e sui gruppi. Si deve al neo santo, Paolo VI, la prima parola ufficiale, che sapeva tanto di conferma del carisma e della stessa santità di Padre Pio, da parte di un pontefice. Paolo VI nel 1975, definì i gruppi come una “schiera" un “fiume di persone che pregano" e testimoniano la “comunione nella preghiera, nella carità e nella povertà". Inoltre aveva parlato di padre Pio come “rappresentante stampato delle stigmate di Nostro Signore". E poi che dire di Giovanni Paolo II, che aveva conosciuto personalmente il religioso cappuccino? Il papa polacco definì i Gruppi “silenziosi adoratori del mistero divino" ma anche “apostoli della misericordia". Gruppi di Preghiera e “Casa Sollievo", le due opere del cuore di Padre Pio, li volle presentare come un segno dell’amore per Dio e quello per il prossimo. Anche Benedetto XVI invitò i gruppi a saper adorare nella “misura di Cristo" e a pregare come “intercessori e riparatori che bussano al cuore di Dio". Poi Francesco ha voluto definire i gruppi come “centrali di misericordia" e la stessa preghiera, unita all’operosità, come “opera di misericordia".

I gruppi allora servono la Chiesa attraverso la preghiera e la carità?
Sì, per questa ragione il capitolo quarto del libro è dedicato alla preghiera. Si tratta di una lettura biblica, di una tessitura tra le diverse parole di Gesù sulla preghiera, imprescindibili per ogni gruppo che intende far “crescere" e maturare la propria preghiera. Farla uscire da una fede sostenuta dal bisogno e innalzarla nell’offerta di una vita come sacrificio di soave profumo. Ci si sofferma poi sulla preghiera di adorazione e di intercessione, sempre con un linguaggio biblico. Infine si fanno due esempi: i gruppi di preghiera come “scuole di preghiera" e i gruppi come strumenti dell’unità dei cristiani. La prima proposta suggerita proprio ai gruppi dal Cardinal Martini, la seconda da don Giuseppe Dossetti. Per Martini i gruppi devono imparare a pregare con la Parola di Dio, perché essa purifica la preghiera. E devono anche poterlo insegnare agli altri. Mentre per Dossetti, essi possono attingere alla “forza imploratrice dell’Eucarestia" e alla sua “forza unificatrice".

Dalla santità di Padre Pio a quella dei gruppi?
Un albero buono fa frutti buoni. Si tratta tuttavia di valorizzare la vocazione battesimale di ogni cristiano. “Santificati e santifica", questa frase Padre Pio la intese rivolta a sé come una chiamata divina. Chiamato, eletto e reso giusto egli a sua volta è divenuto strumento di santificazione per tanti disorientati dalle suggestioni del peccato.

In che modo Padre Pio “porta" la gente alla fede?
Padre Pio diceva: “Ognuno potrà dire: Padre Pio è mio". Che cosa vuol dire? Non accrescere un attaccamento morboso alla sua persona, ma imparare a riconoscere il Gesù che abita in lui. I santi non indicano mai se stessi ma sempre Gesù. Se mettiamo i piedi nelle orme lasciate da Padre Pio, allora saremo portati a inoltrarci per la via diritta che conduce a Gesù. La Chiesa ha mostrato che nei carismi suggeriti dai santi c’è grazia. Questo accade perché c’è una autentica partecipazione dello Spirito. I santi, come ricordava Von Balthasar, sono “contemporanei del Vangelo".

Puoi anticipare ai lettori una sintesi delle “scoperte" offerte in questo volume?
Con grande gioia. Sì, uno sguardo sapienziale alla storia del sorgere dei gruppi mi ha aiutato a riscoprire come essi hanno gradualmente recepito la testimonianza di Padre Pio. E’ stato interessante osservare come una realtà del pre concilio si sia lasciata irrorare dalla grazia dell’assise ecumenica e abbia lasciato emergere ciò che aveva già dentro. Sarò più concreto. Per Padre Pio il centro di tutto era la messa, l’Eucarestia, ma lui giungeva ad essa attraverso la mediazione della Parola di Dio, che in lui e nella sua stessa esistenza si faceva preghiera. La stessa cosa dirà il Concilio, riscoprendo l’Eucarestia come fons et culmen della vita della Chiesa, e dando risalto all’egemonia della Parola di Dio. Che dire inoltre della sua attenzione ai poveri? Da dove nasceva? Essa sgorgava dall’Eucarestia. Ho cercato quindi di valorizzare la spiritualità post conciliare dei Gruppi: primato della Parola, centralità dell’Eucarestia e servizio ai fratelli.
Ho scoperto che nelle opere della divina provvidenza emerge il primato dello Spirito rispetto all’ingegnosità o al fare degli uomini.
Che la realtà dei Gruppi si pone come il trait d’union tra quello che lo Spirito ha voluto suggerire alle Chiese nel secolo scorso e quanto intende ancora dire nel presente, che essi dunque custodiscono fedelmente il rapporto tra memoria e profezia che da sempre caratterizza la vita e la storia della Chiesa.
Che la loro indole coniuga per certi versi monachesimo e francescanesimo, adorazione orante e intercessione ma anche carità operosa e attenzione ai poveri e agli ultimi, ribadiscono alle chiese di oggi che l’amore per Dio non si può separare dall’amore per il prossimo.
Che il fare, e dunque l’impegno nel sociale, nascono dalla preghiera e dal dialogo orante con Dio.
Inoltre la loro più grande novità, come tratto che unisce ancora una volta pre e post concilio, è la valorizzazione dei laici. Gruppi laicali ma con l’imprescindibile presenza di un sacerdote. Essi esprimono un modello di dialogo e di collaborazione feconda nella Chiesa.
Ho cercato inoltre di indagare come il “fenomeno" dei gruppi di preghiera, per la sua singolarità e anche per i suoi numeri e vastità, possa interrogare sul rapporto con il sacro e con la trascendenza. Dalla sociologia, passando per la filosofia fino a giungere alla teologia.

Ci sono altre peculiarità presenti nel libro che potrebbero interessare ai lettori?
Ritengo di sì. Il testo cerca di dialogare con molteplici destinatari. Non solo con i membri dei gruppi di preghiera ma anche con tutti i devoti e simpatizzanti di Padre Pio. Inoltre è un testo che potrebbe interessare agli storici, perché tratteggia un arco temporale significativo per la Chiesa ma anche ai teologi perché si cerca di raccontare il passaggio di Dio nell’esperienza credente di Padre Pio e dei gruppi. E questa è un’operazione teologica. C’è un certo dialogo con la stessa indagine sociologica e psicanalitica. Nel tempo dell’evaporazione del padre, così si esprimono Lacan e Recalcati, Padre Pio continua ad offrire un modello di paternità testimoniale e a dare una direzione concreta ai nostri giovani e a quanti cercano il Signore con fede. E poi altre particolarità. Il libro presenta i “consigli" dati ai gruppi di preghiera da don Giuseppe Dossetti e dal Cardinal Martini. Testi inediti. E poi offre un compendio dei consigli stessi di Padre Pio: dall’ascolto della Parola alla Messa, come iniziare una preghiera, come invocare lo Spirito Santo. E infine le preghiere accolte dalla Chiesa per invocare la vicinanza di Padre Pio.

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Prologo
Introduzione
Indice