13 APRILE
DOMENICA DELLE PALME
«DAVVERO… FIGLIO DI DIO!»
COMMENTO – 1
Le palme nell’antichità erano allo stesso tempo un segno di rispetto e di gioia. Venivano sventolate al passaggio dei re o di personaggi illustri. Erano simbolo di accoglienza gioiosa e di sottomissione filiale.
Per i cristiani ricordano la vittoria di Cristo sulla morte. Nell’Apocalisse sono associate alla testimonianza dei salvati in Cristo (7,9).
La narrazione dei Vangeli non è legata ad un fatto storico ben preciso, ma fa parte della narrazione della Passione vissuta come un’esperienza drammatica e sconvolgente da parte dei discepoli di Gesù annichiliti dalla paura e rivissuta dopo la Risurrezione come pietra angolare della fede cristiana che si può sintetizzare in uno slogan: «Avere fede vuol dire credere che Cristo è morto e risorto».
È questo, e solo questo, anche oggi, l’essenza del cristianesimo da vivere e testimoniare. Il racconto evangelico di oggi è ricco di simbologia. Cavalcare un asino, la cena conviviale, la benedizione e la condivisione del pane e del vino, Giuda il traditore, Pietro il pusillanime costituiscono il mosaico realistico di quello che sarà l’essenza, nel bene e nel male, dell’identità cristiana.
L’asino sta ad indicare l’umiltà e la docilità come cardine del vivere la fede .
La cena conviviale, a cui tutti partecipano (santi, traditori, paurosi…) incarna la pluralità della comunità di fede che non emargina nessuno.
Le palme ricordano che il credere nel Risorto fa vincere ogni paura ed abilita il credente a vivere la coerenza fino in fondo.
La fede non è un’opinione, ma una certezza assoluta che ci rassicura che “se Cristo è risorto, la nostra fede non è’ vana”.
Questa affermazione suona strana in un mondo “liquido” dove tutto è aleatorio , opinabile ed insicuro. La vita si sta trasformando in qualcosa di virtuale, di opinabile, di insicuro. La settimana santa che ci prepariamo a vivere ci invita ad interrogarci, a riscoprire la nostra identità a confrontarci nella chiarezza lealmente, a non limitarci a lamentarci ma a reagire ed aprirci al futuro illuminati e guidati dalla luce del Risorto.
Durante la settimana santa lasciamoci provocare dall’urticante affermazione di Nietzsche : «Ben altre facce dovrebbero avere i cristiani per testimoniare che Cristo è risorto». Nei prossimi giorni in preparazione alla Pasqua, ogni tanto, controlliamo allo specchio lo stato di salute del nostro viso. Esso è illuminato dal sorriso che deriva dalla certezza felice della Risurrezione o è inciso dalle rughe della rassegnazione, del dubbio, dell’incoerenza che lo trasformano in una maschera di tristezza rassegnata?
COMMENTO – 2
Tutto il cammino della Quaresima è finalizzato alla scoperta e alla contemplazione della misericordia di Dio. È la sua misericordia che motiva le opere quaresimali (ascesi, preghiera, elemosina). È l’incontro con la sua misericordia che conduce a celebrare il sacramento della riconciliazione, riconoscendo il proprio peccato e gioendo del suo perdono.
La luce della misericordia
La misericordia per Gesù non è stata solo un tema di riflessione o una caratteristica di Dio da narrare nelle parabole. Gesù opera la misericordia aderendo alla volontà salvifica del Padre riguardo l’umanità e percorrendo il camino del Calvario fino alla croce.
Meditare i racconti della passione dei quattro evangelisti significa comprendere che essa è stata consapevolmente accettata da Gesù, come si capisce dalla sua preghiera nell’orto degli Ulivi. Tuttavia, solo con l’ottica della misericordia si afferra il significato di questa scelta. Altrimenti Gesù sarebbe un suicida o al massimo un bell’esempio di coerenza morale; e Dio un feroce esattore di tributi alla propria sovranità, un mostro crudele assetato di sangue.
Solo la luce della misericordia illumina l’oscurità del supplizio. Se della misericordia di Dio non si fa la chiave per comprendere la passione, di Gesù ci rimane solo un cadavere.
Scandalo e coalizione del male
Dopo l’ultima cena Gesù viene arrestato e poi ripetutamente consegnato di mano in mano per essere interrogato, giudicato, condannato. Intorno a lui, per la sua eliminazione si convocano riunioni notturne, s’inviano messaggi, si stabiliscono accordi.
Nelle tenebre della notte si creano forme di solidarietà nel male. Erode e Pilato, fino allora nemici, ora diventano amici (cf Lc 23,12) e si consociano nella condanna. Non solo il bene, ma anche il male ha la potenza di creare comunione di interessi.
Dal racconto risulta evidente che il male ha la capacità di deformare ogni cosa. Anche un gesto che umanamente dovrebbe significare affetto e amicizia, come il bacio, viene stravolto nel suo significato diventando segno per il compimento dell’iniquità.
Nella passione il male si mostra anche nella sua ottusità. È l’atteggiamento di Erode che sembra insensibile a ciò che sta accadendo realmente (cf Lc 23,8).
Tre scene esemplari
Luca descrive Gesù che, in mezzo a questo turbinio di eventi e di volti, superata l’angoscia della notte nell’orto degli Ulivi, domina la scena con solennità e compostezza, e compie gesti che confermano, nonostante il contesto, la sua misericordia.
Lo sguardo di Gesù a Pietro dopo il canto del gallo (cf Lc 22,61). Se non si fa della misericordia la luce per interpretare la passione, questo è uno sguardo di condanna, uno sguardo tipo: «te lo avevo detto!». Se si parte dalla misericordia questo è uno sguardo di amore e di perdono, di compassione e di tenerezza. Nel primo caso il pianto amaro di Pietro (cf Lc 22,62) è per la paura della punizione; nel secondo è il pianto del pentimento che invoca perdono.
L’episodio di Barabba. Luca indica che la causa dell’incarcerazione di Barabba è l’accusa di rivolta e di omicidio (cf Lc 23,25). Viene liberato colui che toglie la vita, l’erede di Caino. Al suo posto è condannato colui che dà la vita. Poiché il Salvatore è ucciso, l’omicida è salvato. Già prima della morte di Gesù si compie l’efficacia della sua passione, perché i condannati alla morte, tutti gli uomini, siano salvi.
Infine, la crocifissione. Mentre i carnefici compiono il loro macabro ruolo Gesù invoca per loro la misericordia del Padre (cf Lc 23,34). Gesù è crocifisso fra i due malfattori, di cui uno pentito, e che lì, in estremo, riceve il perdono (cf Lc 23,43). Solo la misericordia giustifica tali parole, le rende possibili e le rende comprensibili.
La celebrazione delle Palme inaugura la settimana centrale dell’anno liturgico, quella che conduce alla celebrazione dei misteri della passione e della resurrezione, il centro non negoziabile della fede cristiana. La fede in un Dio che in Gesù assume una carne umana per condividere con gli uomini l’umana debolezza; che porta alle estreme conseguenze la sua solidarietà con l’umanità giungendo alla morte per giungere a coinvolgerla nella sua risurrezione.
COMMENTO – 3
Il contrasto stridente tra l’ingresso trionfale a Gerusalemme e il racconto della Passione di Marco segna in questa celebrazione l’apice della rivelazione del Figlio di Dio.
A Gerusalemme entra il discendente di Davide e la folla lo acclama come il Messia, che ristabilirà il regno di Israele. È l’equivoco che Gesù ha cercato di non alimentare per tutto il tempo della sua azione e predicazione. Qui sembra avallarlo. Perché?
Inizia per Gesù la settimana decisiva e sceglie di iniziarla con un’azione simbolica che lo presenta inequivocabilmente come il Messia, discendente di Davide, con la pretesa di diventare re. È quello che la gente capisce e acclama. È anche quello che Gesù provoca.
Nei giorni successivi, però, egli darà gli elementi perché tutti comprendano che tipo di Messia egli sia: non restaurerà il regno di Davide, ma instaurerà il Regno di Dio. Sarà re, ma del regno dei cieli. Mostrerà di essere il Figlio di Dio non per come abbatte gli avversari, bensì per come affronta la passione e offre la sua vita.
La passione di Marco sottolinea la debolezza dell’uomo Gesù, la sua umiliazione, gli insulti della gente e dei capi, il grido della solitudine. Ma lui è il Figlio di Dio, innocente, che prende dentro di sé il peccato del mondo e le sue conseguenze terribili, fino all’esperienza della lontananza da Dio. Tuttavia, sa bene che il Padre lo ama e per amore suo perdonerà a tutti gli uomini. Questa certezza lo sostiene nel sopportare tutto ciò che l’avversario di Dio e dell’uomo mette in campo per farlo crollare. Il grido che lancia nel momento della morte è segno nello stesso tempo di accettazione della sconfitta momentanea e di annuncio della vittoria eterna dell’uomo Gesù, che finalmente ha rivelato fino in fondo di essere il Figlio di Dio, l’amato, che ha realizzato il progetto salvifico del Padre: è sulla croce che tutti possono vedere quanto è grande l’amore di Gesù e quello del Padre.
È ciò che Marco fa riconoscere a un pagano, centurione di cui non conosciamo il nome, colui che ha il privilegio di esprimere ciò che ogni uomo e ogni donna dovrebbe dire di fronte al crocifisso: «Davvero quest’uomo è il Figlio di Dio!».
SPUNTI PER L’ATTUALIZZAZIONE E LA PREGHIERA
- La religiosità popolare in alcuni luoghi unisce la domenica delle Palme alla pace. Non si può celebrare l’Eucaristia senza la pace con i fratelli. La vicinanza della Pasqua esige la pace in maniera più pressante. Abbiamo da offrire la pace a qualcuno o anche da accettarla da un fratello?
- Gesù ha subìto insulti atroci e ha risposto dando la vita anche per chi lo insultava. Abbiamo subìto qualche insulto ultimamente? Come abbiamo reagito? Possiamo controllare se su questo aspetto abbiamo ancora bisogno di imparare qualcosa da Gesù.
- Gesù ha portato dentro di sé sulla croce le conseguenze dei nostri peccati e anche la lontananza da Dio. I mistici ci dicono che abbiamo il modo per alleviare la sofferenza di Gesù: riconoscere il nostro peccato, chiedere perdono, lottare contro i nostri peccati, vivere come lui ci ha insegnato.
- Un pagano ha riconosciuto il Figlio di Dio. Noi siamo cristiani dalla “nascita”. Immaginiamo di trovarci anche noi sotto la croce e proviamo a dirci cosa significa per noi riconoscere che Gesù è il Figlio di Dio. E poi preghiamo.
PROPOSTA DI IMPEGNO
Se abbiamo subito un’offesa, proviamo a fare noi per primi un passo verso chi ci ha offeso.