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L’ambiente protagonista in letteratura: “La Bibbia dell’ecologia”

L’ambiente protagonista in letteratura:
“La Bibbia dell’ecologia”
del saggista Roberto Cavallo premiata a Roma, Firenze, Rovigo e Sarzana

Il recente libro di Roberto CavalloLa bibbia dell’Ecologia. Riflessioni sulla cura del Creato“, edito dall’Editrice Elledici e distribuito da AICA (Associazione Internazionale per la Comunicazione Ambientale), alla sua terza ristampa a un anno dalla pubblicazione, continua a raccogliere riconoscimenti.

Gli ultimi due premi ricevuti in ordine cronologico sono quelli che l’autore stesso ha ritirato il 19 maggio a Roma all’interno del Concorso letterario e fotografico “La voce della Natura: Armonia, Benessere e Spiritualità”. “La Bibbia dell’Ecologia” ha concorso nella sezione Narrativa, Saggistica e Teatro o Sceneggiatura, classificandosi al 1° posto della sezione e ricevendo inoltre il “Premio speciale per la migliore opera in assoluto sulla natura”. Il concorso, alla sua seconda edizione, è nato con l’intento di premiare quelle opere che abbiano come protagonista la bellezza straordinaria della Natura e le forti sensazioni, i mille sentimenti, piccoli o grandi miracoli di vita e cambiamenti repentini o lenti che essa è in grado di suscitare negli uomini. Il riconoscimento è stato consegnato presso la Sala meeting “Gazebo” dell’Hotel Piccolo Borgo, a Roma.

Il Premio “La voce della Natura” si va ad aggiungere alla Menzione di Merito consegnata all’autore il 27 aprile 2019 presso l’Auditorium Ente Cassa di Risparmio di Firenze, nell’ambito del Premio Internazionale letterario e artistico “Giglio Blu”, dove La Bibbia dell’Ecologia ha partecipato alla Sezione “Saggistica Edita“. Il concorso, organizzato dall’associazione culturale “Giglio Blu di Firenze”, ha riconosciuto l’efficacia del libro nel rileggere l’Antico Testamento in chiave ambientale e moderna, motivando così la menzione:

“sa porre bene all’attenzione dei fruitori, con sapienza, come dovremmo rispettare l’ambiente, e in quanto casa, sia dell’uomo, degli animali, delle pinte. Il linguaggio e lo sviluppo editoriale del testo sono ben curati ed atti ad essere cornice di un discorso omnicomprensivo ma difficile da attuare”.

Il concorso-premio “Giglio Blu di Firenze” è alla sua seconda edizione, patrocinata dal Consiglio Regionale della Toscana.

Oltre ai due riconoscimenti sopra citati, il libro del rifiutologo e divulgatore ambientale Roberto Cavallo ha superato le selezioni e si è aggiudicato un altro premio romano: nominato finalista al Premio Salvatore Quasimodo di Roma: la cerimonia di premiazione si terrà il 26 maggio, alle ore 10, presso l’ Aula Magna dell’ Università Valdese, in Via Pietro Cossa 40 (Piazza Cavour, Roma).

Nella stessa giornata, il libro riceverà un riconoscimento a un altro prestigioso concorso, quello Letterario Internazionale “Gian Antonio Cibotto 2019": le premiazioni, in questo caso, si terranno a Rovigo, alle ore 10, nella Sala degli Arazzi dell’Accademia dei Concordi in piazza Vittorio Emanuele II.

Infine, la giuria del VII Premio Letterario Internazionale città di Sarzana ha ritenuto la Bibbia dell’Ecologia meritevole di un premio che verrà consegnato a Sarzana (provincia di La Spezia), presso il Teatro Impavidi alle ore 21 di Domenica 28 Luglio 2019. Alcuni capitoli del libro verranno inseriti in un’antologia pubblicata ad hoc per l’evento.

Il libro

La Bibbia dell’Ecologia è un saggio che mette a confronto gli insegnamenti dell’Antico Testamento con i comportamenti poco sostenibili messi in atto dall’uomo, e propone consigli pratici e dettati dal buon senso per lasciare ai nostri figli un mondo migliore perché se vogliamo salvare la Terra che abitiamo bisogna cambiare rotta, cercare di vivere in modo sostenibile, ripartire dalle cose semplici, dobbiamo limitarci. Abbiamo l’obbligo di lasciare ciò che ci circonda in condizioni tali per cui i nostri figli e nipoti, compresi quelli che ancora devono nascere, possano continuare a viverci almeno come ci abbiamo vissuto noi.

“Quando visitiamo una casa che non è la nostra chiediamo il permesso di en-trare, ci puliamo le scarpe, guardiamo solo nelle stanze in cui siamo invitati, consumiamo solo quanto ci viene offerto, domandiamo dove possiamo gettare un rifiuto quando ce ne troviamo uno in mano… È con questo spirito che dovremmo imparare a stare sulla terra, il pianeta su cui viviamo, di cui siamo i custodi ma che non ci appartiene”

commenta l’autore Roberto Cavallo.

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Presentazione del libro su Don Aldo Rabino – 31 maggio 2019

Presentazione del libro
Don Aldo Rabino. Salesiano in campo e fuori campo

VENERDÌ 31 MAGGIO

Si segnala la presentazione del libro su don Aldo Rabino VENERDÌ 31 MAGGIO alle ore 20.30 a presso la chiesa dell'Istituto Sant'Anna Opera Barolo a Moncalieri in via Galilei 15.
Don Aldo Rabino. Salesiano in campo e fuori campo di Monica Falcini (Editrice Elledici). Ne discuteranno con l'autrice Giuliana Guerra, storica preside del Sant'Anna; Silvia Di Crescenzo, assessore alle Politiche sociali di Moncalieri; Orietta Berti, ex allieva e Mario Fasson, volontario Oasi Omg.

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La Vocazione nell’era digitale – don Luca Peyron su Rogate Ergo

La Vocazione nell’era digitale
don Luca Peyron sulla rivista Rogate Ergo

Si segnala l’articolo pubblicato dalla Rivista di animazione vocazionale Rogate Ergo (n.4 2019), redatto da don Luca Peyron sul tema della “vocazione nell’era digitale”, riportando il suo nuovo libro Incarnazione digitale (Editrice Elledici).

Dal 1985 comincia la diffusione di massa dei computer ad interfaccia grafica, da allora i nuovi nati sono chiamati dalla sociologia nativi digitali, bimbi cresciuti in un mondo totalmente avvolto dal digitale e tutti gli altri sono ormai migranti digitali. Sono i nostri giovani, coloro che siamo chiamati ad accompagnare.

Le questioni che l’era digitale suscita sono profondamente connesse con i temi tipicamente propri della pastorale vocazionale: l’identità, la libertà, la responsabilità, la capacità di scegliere, l’idea stessa di ascolto e di risposta. Lo si deduce affrontando le grandi questioni sociali ed antropologiche dell’era digitale quali la velocità, la globalità, la reversibilità apparente delle scelte, la fruibilità e l’intuitività degli strumenti, la democraticità e l’accessibilità ai beni e così via. Dal punto di vista sociale le distanze sono molte: i nostri contemporanei hanno accettato l’assioma che il possibile è doveroso e che il principio teleologico sia il termine di un processo sostanzialmente sperimentale e matematico e non la verità verso cui tendiamo perché donata in una Rivelazione. Inoltre la vocazione del mondo consiste, per i nostri contemporanei, nello scoprire come realizzare tecnicamente quanto è socialmente desiderabile e perciò immediatamente giusto e non certamente accogliere e custodire il Regno. C’è un invisibile che si prende cura di noi ed è una struttura informazionale, una rete digitale, ed i cristiani di questo tempo, che hanno contribuito a disegnare questo scenario, sono chiamati a porvi la differenza cristiana, a suggerire un governo di questo processo. Benedetto XVI, riprendendo il Magistero di Paolo VI, ci ha ricordato in Caritas in Veritate che rispondere allo sviluppo tecnologico è parte integrante della nostra vocazione cristiana, anzi che è proprio della vocazione cristiana intesa come presenza dei cristiani nel tempo in cui vivono.

Quali dunque alcuni suggerimenti in termini di pastorale vocazionale? In primo luogo è necessario conoscere meglio il mondo che ci circonda, sforzandosi di non avere precomprensioni. Non bisogna pensare in modo ingenuo che la conoscenza o la semplice utilizzazione di questi strumenti siano di per sé sufficienti, ma sono certamente quel primo contatto con la realtà oggi necessario e senza temere il senso di estraneità, perché l’amore lo può redimere. Dal punto di vista vocazionale il digitale ci impone un ascolto nuovo, vero, che dica un desiderio autentico di conoscenza e di coinvolgimento, una dichiarata volontà di non essere alieni in questo mondo e che accetta l’umiliazione di rimettersi ad imparare. Un secondo aspetto è quello di cercare di più il dialogo intergenerazionale: se i giovani sono tecnicamente più capaci di stare nella realtà digitale, d’altro canto non hanno l’esperienza esistenziale per rispondere alle sollecitazioni che la vita 12 pone. Dopo diversi secoli questa è la prima occasione in cui generazioni diverse hanno costitutivamente bisogno le une delle altre. Chi è più vecchio ha bisogno dei giovani per stare nella realtà e chi è più giovane ha bisogno dei vecchi per giudicare questa realtà in cui tutti noi stiamo. Di qui può nascere un dialogo fecondo in cui ciascuno porta quello che è e quello che ha, senza posizioni di dominio, senza giudizi precostituiti, senza soprattutto posizioni di potere. Dal punto di vista vocazionale un tale percorso è molto fecondo perché restituisce agli educatori uno sguardo effettivamente casto, uno sguardo che non possiede l’altro per ottenerne qualche cosa, per portarlo là dove pensa egli debba andare poiché invece siamo in cammino tutti insieme. Rischieremo di sembrare goffi, ma questo ci restituirà tenerezza, rispetto reciproco e dovremmo badare a non pretendere di dire l’ultima parola, di sapere la verità. Il terzo e ultimo aspetto lo recuperiamo dalla tradizione spirituale: il bisogno del silenzio e del tempo. L’era digitale va veloce, affoga la mente ed il cuore in una alluvione di dati, pretende che l’essere umano sia performante, come una macchina. Nel 2020 è stato calcolato che su 7 miliardi e mezzo di persone ci saranno 80 miliardi di macchine connesse tra loro. Le macchine dunque parlano già tra loro escludendoci dal dialogo, non dobbiamo rincorrerlo, dobbiamo governarlo, e proprio perché loro già corrono, noi possiamo passarci il lusso di rallentare, di fermarci. Nessuno, neppure la macchina in realtà, è capace di fare due operazioni contemporaneamente, dobbiamo ricordare all’essere umano che deve scegliere di essere se stesso lasciando alla macchina il compito di compitare.

La pastorale vocazionale nell’era digitale deve essere il luogo esistenziale e teologico in cui possiamo scegliere di non essere performanti, ma performativi, ossia un contesto in cui essere accompagnati non a raggiungere dei risultati, ma in cui essere raggiunti da una notizia, quella dell’amore di Dio che ci permette di essere sino in fondo capaci di noi stessi e degli altri. In un contesto in cui la realtà quasi impone di utilizzare delle piattaforme pensiamo ai social media possiamo rilanciare lo spazio gratuito della meraviglia, della sorpresa, della creatività ricordando ai nostri contemporanei che l’esercizio autentico della libertà avviene non nell’esecuzione di un programma o di un progetto e qui dovremmo purificare anche il nostro linguaggio fatto di troppi progetti di Dio e progetti pastorali ma nell’accoglienza di una libera facoltà di risposta creativa. La vocazione, infatti, non è adesione ad un percorso, ma conoscenza di una meta la santità da raggiungere in uno stato di vita liberamente e creativamente generato giorno per giorno in dialogo con Dio. L’era digitale ci consegna, in modo spesso scorretto, un’istanza corretta. In qualche modo i nostri contemporanei si sono aspettati dai grandi innovatori non semplicemente dei prodotti capaci di incontrare dei bisogni, ma una filosofia di vita, una risposta materiale ad una domanda esistenziale.

All’inizio dell’anno un esperto del settore scrive:

“Non sappiamo che cosa svelerà un nuovo paradigma, genererà un nuovo mercato, aprirà gli occhi sul superamento di un nuovo limite del possibile. Ma sappiamo che l’innovazione che adotteremo si manifesterà come uno di questi svelamenti. Tutto il resto sarà qualcosa da comprare. O da non comprare. La Apple sarà protagonista del nuovo paradigma? Lo sarà la Samsung? Lo sarà l’IIT o la Bosch? Lo sarà Google o il New York Times? Non lo sappiamo. Ma sappiamo che non è l’aggiornamento che cerchiamo. Cerchiamo risposte a domande fondamentali”.

Ecco abbiamo delle risposte, abbiamo la risposta alla domanda fondamentale ed è Gesù, ieri come domani, accompagniamo i nostri contemporanei nello scoprirla nell’unico modo possibile: in una relazione, l’era digitale ben governata ci fornisce strumenti nuovi per portare questa notizia e favorire questa relazione.

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Che Dio mi aiuti – Presentazione del libro di Luca Raspi

Che Dio mi aiuti

Superare lo stress nell'insegnamento della religione

Di Luca Raspi

Si riporta l'articolo pubblicato sul settimanale cattolico genovese “Il Cittadino”, nella giornata di domenica 19 maggio, in cui viene sottolineato e descritto l'incontro che avverrà venerdì 24 maggio 2019, alle ore 17.30, presso la libreria San Paolo di Genova (Piazza Matteotti) in cui ci sarà la presentazione del volume: “Che Dio mi aiuti – Superare lo stress dell'insegnamento della religione”.  Dialogheranno l'autore, Luca Raspi, e Rossella Verri – UCIIM Genova. 

Il 24 maggio, alle ore 17.30, presso la libreria San Paolo, a Genova, Luca Raspi, insegnante e saggista, presenta l'ultima sua fatica, il cui titolo cattura e incuriosisce subito: “Che Dio mi aiuti – Superare lo stress dell'insegnamento della religione”. Nell'incontro dialogano l'autore Luca Raspi e Rossella Verri (UCIIM Genova). Splendido. Chi svolge la professione di docente non può che sentire un immediato desiderio di leggere questo breve e bellissimo saggio, il quale offre un aiuto pratico e stimolante nella prevenzione di un rischio al quale ogni vero insegnante è esposto: il burnout.

Si tratta di un rischio davvero concreto, soprattutto per chi vive questo lavoro senza risparmiarsi. Cos'è il burnout? È una sindrome che, come afferma E. Gianoli, può comportare “esaurimento fisico ed emotivo con conseguente mancanza di risorse da offrire al prossimo; depersonalizzazione che si traduce in cinismo, freddezza e ostilità verso gli utenti; ridotta realizzazione personale a causa di un senso di inadeguatezza e incompetenza nel lavoro.” Insegnare, infatti, è una professione d'aiuto, un lavorare per la crescita di altri, un voler (e dover!) coniugare l'erudire con l'educare. È un educare in primo luogo se stessi, un rinnovare continuamente il proprio approccio e il proprio linguaggio per andare incontro all'immensa varietà di cuori e situazione con cui ci si rapporta. È un reinventarsi sempre, perché ogni classe è un universo.

È un rialzarsi dopo sonore facciate, un mitigarsi per non sparare a colleghi che talora lo meriterebbero. È un affrontare riunioni che potrebbero durare un decimo della loro durata e sarebbero ugualmente – anzi forse più – proficue, un affrontare alcuni genitori che vengono a “educare” i docenti anziché i figli, un incontrare ogni giorno sguardi stupendi di ragazzi che non devi, non vuoi, non puoi deludere. Non sei il Messia, ovviamente, nè ti è richiesto di esserlo, ma se insegni Religione devi portare un po' del Suo profumo vivificante, soprattutto in un mondo in cui molti, troppi adolescenti e preadolescenti sono smarriti e feriti dalla vita, e si ritrovano ad avere un solo, unico e prezioso momento per esplorare il senso della vita: l'ora di IRC.

Il saggio del prof. Raspi asplora efficacemente il tema dello stress lavoro-correlato, derivante dalle condizioni di lavoro non sempre facili, così come da una visione antropologica che, mettendo in secondo – anzi direi ultimo – piano la dimensione spirituale dell'uomo, determina una più o meno consapevole svalutazione, da parte di ragazzi e colleghi, nei confronti dell'ora di Religione. E se, da una parte, tale situazione rappresenta per il docente una sfida ancora più forte e stimolante, dall'altra rende necessari uno zelo e un impegno di autopromozione non propriamente rilassanti.

Grazie a interessanti test di autovalutazione e spunti di riflessione che favoriscono il benessere, Raspi offre un aiuto reale a chi, vivendo con passione la vocazione di insegnante, desidera avere validi strumenti per prevenire – e superarne – lo stress.

Paolo Pero

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#aggrappatialei – San Pietro e la Madonna

#aggrappatialei

San Pietro e la Madonna

Siamo entrati nel mese di maggio, il mese per eccellenza dedicato a Maria, la madre celeste.

Durante il nostro percorso domenicale saremo accompagnati dalle storie di Bruno Ferrero, tratte dal suo libro “Ti racconto Maria“.

Oggi la storia ha come protagonista san Pietro, il guardiano del Paradiso.

Era da un po’ di giorni che il Signore non faceva un giro per il Paradiso; una mattina quindi si svegliò deciso a controllare se tutto lassù filava per il verso giusto. Con sua grande sorpresa vide, in mezzo a un gruppetto di persone, un tipo che in vita non aveva mai concluso niente di buono, era un gran lazzarone, indolente e poco pio.

«Come ha fatto un individuo del genere a entrare in Paradiso? San Pietro dovrà rendermi conto di questo!», si indispettì il Signore.

Continuò il giro di controllo ed ecco che scoprì tra gli altri beati una donna che nella vita ne aveva combinate di tutti i colori.

«Anche lei qui?», esclamò sbalordito. 

«Ma chi controlla l’ingresso tra le anime beate? San Pietro dovrà spiegarmi anche questa!».

Girando qua e là, s’imbatté in altre persone che non si aspettava proprio di incontrare in Paradiso. A passi decisi, con un viso che prometteva tempesta, il Signore si avviò verso l’ingresso. Lì, a fianco del portone, con le chiavi in mano, stava san Pietro.

«Non ci siamo, non ci siamo proprio!», lo affrontò severamente il Signore. «Ho visto gente qui intorno, che del Paradiso non è proprio degna! Che custode sei? Non sarà che ti addormenti mentre sei in servizio?».

«Eh no! Io non dormo proprio!», rispose risentito san Pietro. 

«Io alla porta ci sto, e con gli occhi ben aperti anche. È che sopra di me, c’è una piccola finestra. Di là, ogni tanto la Madonna fa scendere una corda e tira su anche quelli che io avevo allontanato. A questo punto è proprio inutile che io faccia il portinaio! Do le dimissioni!».

 Il volto del Signore si distese in un grande sorriso. «Va bene, va bene», disse bonariamente, cingendo le spalle di san Pietro con un braccio, come ai vecchi tempi, in terra.

 «Quello che fa la Madonna è sempre ben fatto. Tu continua a sorvegliare la porta e lasciamo che al finestrino ci pensi lei».

Ancilla Domini -sorrisi mariani-

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Conclusione del 32° Salone Internazionale del Libro di Torino

Conclusione del 32° Salone Internazionale del Libro di Torino

Lunedì 13 maggio, si è concluso il prestigioso appuntamento annuale del Salone Internazionale del Libro svoltosi presso il Lingotto Fiere di Torino.
Anche quest’anno, l’Editrice Elledici ha registrato un ottimo apprezzamento da parte dei visitatori del Salone, grazie alle tante novità e iniziative che sono state promosse per far conoscere ai lettori l’attività della Casa Editrice Salesiana.
Ottimo riscontro per i 3 incontri con l’Autore che si sono svolti presso lo stand UELCI (Unione editori e librai cattolici italiani).

Di seguito, qualche scatto delle giornate Elledici al Salone Internazionale del Libro di Torino 2019.

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Intervista a Salvatore Esposito: autore di “Mater Nostra”

Mater Nostra

Un mese con Maria, Donna della Pasqua

In occasione del nuovo libro “Mater Nostra”, abbiamo avuto il piacere di intervistare l'autore don Salvatore Esposito, il quale presenta trenta celebrazioni dedicate a Maria per tutto il mese di maggio che assume un ruolo più liturgico, più ricco e pastoralmente più vero.

“Com'è nata la devozione a Maria?”

Riporto una frase detta da Paolo VI al santuario di Bonaria (Sardegna): “La devozione a Maria è nata perché sono cristiano”. Ciò implica che chi è cristiano è anche mariano. Specifico: Maria letta, naturalmente, alla luce del mistero della Pasqua di Gesù.

“Com'è nato il libro “Mater Nostra?”

Il libro è nato così: guardando in giro come si vive il mese di maggio ci si rende conto che va al di là della stagione liturgica che viviamo in tempo di Pasqua dove, al centro, vi è la parola di Dio, ovvero gli atti degli apostoli.

L'opera è dedicata al mese di maggio, dato che è la prima volta che viene proclamato nell'anno liturgico. La devozione popolare a Maria è molto viva nella mia terra (la Campania)… anzi, è stata promossa proprio lì.

Si è pensato di inserire il libro nel cammino liturgico che la Chiesa ci propone, cercando di valorizzare e recuperare tutto quello che la riforma, altrettanto liturgica, ci ha dato:

  • alcuni rituali (tra cui il rituale della penitenza nella forma comunitaria)
  • alcune celebrazioni (tra cui la valorizzazione della liturgia delle ore, il libro delle benedizioni e la raccolta di messe in onore di Maria).

Quindi, questo testo, ha il compito di far vivere il mese di maggio in un contesto più liturgico ma anche di far recuperare quello che la costituzione liturgica ci ha dato: un motivo in più per valorizzare ciò che c'è già.

“Don Bosco diceva ai suoi sacerdoti: “Non parliamo mai abbastanza, nelle nostre omelie, di Maria”, è vero?”

Credo che di Maria si parli in tutti i momenti perché, durante la messa, nella preghiera eucaristica, il vertice è lei e, di conseguenza, non si può dire che Lei non sia presente.

Giovanni Paolo II la chiama “Donna eucaristica”: primo ostensorio dell'eucarestia nel mondo che ha portato dentro il “verbo fatto carne”.

Credo che nelle omelie si debba parlare di Maria quando i testi della parola di Dio ce lo consentono e quando la liturgia stessa sottolinea la sua presenza.

Vorrei aggiungere che, grazie a questo testo, si hanno in mano altre celebrazioni che permettono alla chiesa di conoscere altri momenti celebrativi, oltre che alla messa.

“Una curiosità: che ruolo ha l'accompagnamento alla devozione mariana nella vita di un catechista o di un educatore in un oratorio (figure rilevanti per l'Elledici)?”

Penso che Maria diventi il modello per il catechista. San Luca, due volte, ci ripete che Maria conservava tutte queste cose, meditandole nel suo cuore:

  • la prima volta nel cap. II, quando sono arrivati i pastori;
  • la seconda volta, quando parla del ritorno insieme a Nazareth

Maria conserva tutto nel suo cuore: medita, legge, impara, imita, si fa discepola perché ascolta e vede. Credo che il catechista debba guardare Maria nell'ascolto, mentre si fa discepola della parola per meditarla nel cuore e, in seguito, donarla.

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#aggrappatialei – Il guerriero dell’amore di Dio

#aggrappatialei

Il guerriero dell’amore di Dio

Siamo entrati nel mese di maggio, il mese per eccellenza dedicato a Maria, la madre celeste.

Durante il nostro percorso domenicale saremo accompagnati dalle storie di Bruno Ferrero, tratte dal suo libro “Ti racconto Maria“.

Oggi la storia ha come protagonista san Girolamo Emiliani il quale ci mostra la sua devozione a Maria.

Si chiamava Girolamo, ma il suo cognome, Emiliani, a Venezia era famoso. La famiglia Emiliani era una delle più nobili e ricche della città. Girolamo era rimasto orfano del papà a 10 anni, ed era cresciuto rissoso e disubbidiente. La sua più grande passione erano le armi. Sognava grandi avventure cavalleresche e trascurava lo studio. I duelli che scoppiavano frequentemente lo ve devano sempre tra i protagonisti. Era anche uno tra i più temuti, perché era diventato uno spadaccino infallibile.

Un giorno prese la decisione che avrebbe segnato la sua vita. Si presentò alla madre e disse: «Ho riflettuto a lungo, voglio arruolarmi, voglio intraprendere la carriera militare».

«Come farai, figlio mio, proprio tu che non hai mai voluto obbedire?».

«La carriera mi permetterà di farmi onore e con il mio valore accrescerò la gloria della nostra famiglia».

La vita di caserma era dura, ma il giovane Emiliani si impose per il coraggio e il desiderio di fare carriera. A ventiquattro anni era già capitano. Proprio in quell’anno, 1510, Francia e Austria dichiararono guerra alla Repubblica di Venezia.

Il capitano Emiliani fu incaricato di difendere con trecento uomini la fortezza di Quero, che dominava uno stretto passo del fiume Piave.

Nell’estate del 1511, la fortezza di Quero fu attaccata dalle forze francesi.

Il capitano Emiliani e i suoi uomini la difesero con tutte le loro forze, ma la fortezza cadde e tutti i difensori furono fatti prigionieri. Girolamo fu spogliato, rivestito di un sacco e incatenato in un sotterraneo buio e umido. Per un mese fu lasciato con un po’ d’acqua e mezza pagnotta. Fiaccato nel fisico e nel morale cominciò a pensare alla morte, che tante volte aveva sfidato con le armi in pugno.

«Finirò dannato per l’eternità, Signore. Come posso sperare nel tuo perdono? Vergine Maria, che mia madre mi ha insegnato fin da bambino a invocare nei momenti di difficoltà, salvami!».

Rimase in ginocchio a pregare per diverse ore. Poi una voce lo chiamò.
«Girolamo, Girolamo!».
«Chi mi chiama?».

In una luce abbagliante le apparve la Vergine Maria.

«Coraggio, Girolamo! La tua implorazione è stata accolta ed esaudita», disse Maria. In quell’istante le catene che lo tenevano prigioniero si spezzarono.
La Madonna gli porse una chiave dorata: «Prendi questa chiave, Girolamo. Ti permetterà di aprire le porte della prigione e tornare libero. Ma ricordati di mantenere tutto quello che hai promesso».

La visione scomparve e la cella piombò nel buio. Girolamo pensò a un’allucinazione, ma la sua mano stringeva la chiave e le catene erano spezzate.

Provò la chiave, il pesante portone si aprì cigolando. Sicaricò sulle spalle le catene: «Le porterò davanti all’immagine della Madonna nella chiesa di Santa Maria Maggiore a Treviso», pensò.

Guardingo, rasentando i muri, Girolamo si allontanò indisturbato, ma alcune ore dopo si trovò il cammino sbarrato da un accampamento di soldati francesi.

Angosciato si buttò in ginocchio.

«Vergine Maria, non mi abbandonare proprio adesso», implorò.

La grande luce gli riapparve accanto.
«Sono qui, Girolamo. Non ti ho abbandonato. Dammi la tua mano e non temere», disse Maria.
Tenendo per mano la Madonna, Girolamo attraversò il campo dei nemici. Nessuno si accorse di lui. Quando fu in salvo, la Madonna scomparve, Girolamo arrivò sano e salvo a Treviso e posò le catene della sua prigionia e della sua vita passata davanti all’altare della Madonna, dove sono conservate ancora oggi.

Molte altre avventure attendevano ancora Girolamo Emiliani, che divenne un grande santo, protettore dei poveri e dei piccoli, fondatore dell’Ordine religioso dei Somaschi.

Ancilla Domini -sorrisi mariani-

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Elledici al 1° giorno del Salone Internazionale del Libro

Elledici al 1° giorno del Salone Internazionale del Libro

Nella giornata di ieri, si è aperto il Salone Internazionale del Libro presso il Lingotto Fiere di Torino.

Il 1° giorno del Salone è iniziato per l'Editrice Elledici con la presentazione del libro Elogio della generosità a cura degli autori don Luca Peyron e Ivan Andreis.
Un libro semplice ma profondo, che parte da un concetto essenziale:

Dio è generosità e credere in Lui è un atto di altrettanta generosità.

Qualche scatto della giornata:

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Elledici al 32° Salone Internazionale del Libro di Torino

32° Salone Internazionale del Libro di Torino

L’Editrice Elledici è presente al prestigioso appuntamento annuale del Salone Internazionale del Libro dal 9 al 13 maggio 2019 presso il Lingotto Fiere di Torino

Sarà possibile trovare la Casa Editrice Salesiana all’interno dello stand UELCI
(Unione editori e librai cattolici italiani):
Stand UELCI, PAD2 – J66-K67
Tante novità e appuntamenti da non perdere!

3 incontri con l’Autore:

Giovedì 9 maggio alle ore 11.00

Presentazione del libro Elogio della generosità
a cura di don Luca Peyron e Ivan Andreis.

Sabato 11 maggio alle ore 12.00

Presentazione del libro La Bibbia dell’ecologia
a cura di Roberto Cavallo.

Domenica 12 maggio alle ore 17.00

Don Luca Peyron e Giuseppe Tipaldo
parleranno di COSCIENZA della SCIENZA
a partire dai loro rispettivi libri Incarnazione Digitale (ed. Elledici)
Società della pseudoscienza (ed. Il mulino).

Gli appuntamenti si svolgeranno all’interno dello Stand UELCI, PAD2 – J66-K67