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8. Aforismi – 7 t.o. C,

AMORE FRATERNO: C’È UNA STRADA GIUSTA…
– Non parlate d’amore al vostro fratello: amatelo. Agostino
– Amare qualcuno significa vederlo com’era nelle intenzioni di Dio. Dostoevskij
Se vuoi amare Cristo stendi la carità sul mondo intero, poiché le membra di Cristo sono sparse in tutto il mondo. Agostino
Dal momento della risurrezione, Cristo non ha altro corpo visibile che quello dei cristiani, né altro amore da donare se non il loro. Louis Evely
– La vera fraternità umana abita solo nei cuori che riconoscono la paternità di Dio. Pierre Grelot
– L’amore di Dio e l’amore del prossimo sono due battenti di una porta, che non si possono aprire e chiudere se non insieme. Soeren Kierkegaard
– Il più bel viaggio che si possa fare quaggiù, è quello che si fa andando l’uno verso l’altro. Paul Morand
– Se uno mi cavasse per odio l’occhio sinistro, sento che lo guarderei benevolmente con l’occhio destro. Se mi cavasse anche questo, mi resterebbe il cuore per volergli bene. Francesco di Sales
– L’amore del prossimo è la misura del nostro amore di Dio. Edith Stein
– Vedo Dio in ogni essere umano. Madre Teresa di Calcutta
– Signore, fa’ che viva a braccia aperte. Non farò carriera, ma avrò tanta gente da abbracciare. Pino Pellegrino
– Là dove non c’è amore, mettete amore e raccoglierete amore. Giovanni della Croce
– La sola verità è amarsi. Raoul Follereau

…E CI SONO I DEPISTAGGI
– Noi abbiamo imparato a volare come gli uccelli, a nuotare come i pesci, ma non abbiamo imparato l’arte di vivere come fratelli. Martin Luther King
– Il guaio di chi ama tutti in generale, è che non ama nessuno in particolare. Claudio Lamparelli
– Come può un uomo dire di amare Dio e di non aver nulla di più caro, quando vede nell’immondezza l’immagine di Colui che ama, e non si dà pensiero di tirarlo fuori? Bonaventura da Bagnoregio
– Molti amano il prossimo loro soltanto quando è miserabile, ammalato, agonizzante; quando insomma sono sicuri della propria superiorità. Ugo Ojetti
– Spesso è più facile amare le piante che amare gli uomini. Claude Aubrun
– Io amo l’umanità. È la gente che non sopporto! Charles Schulz [Linus]
– Pensiamo meno all’umanità, e più agli uomini. Elisabeth Leseur
– Ama il prossimo. Non questo… il prossimo. Anonimo
– «Noi siamo sulla terra per aiutare gli altri». «E gli altri, allora, cosa ci stanno a fare?». Anonimo
– Amare gli uomini come sono, è impossibile. Eppure proprio questo è il comandamento. Perciò metti da parte i tuoi sentimenti, chiudi il naso e gli occhi, e ama. Fédor Dostoevskij


(tratto da: E. Bianco, All’altare di Dio – Anno C – Elledici 2009)

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9. Canto Liturgico – 7 t.o. C, 24 feb ’19

Ecco a voi questa settimana un canto di COMUNIONE

PANE VIVO, SPEZZATO PER NOI – Akepsimas – Costa
(Nella Casa del Padre, n. 699 – Elledici)

Rit. Pane vivo, spezzato per noi, a te gloria, Gesù!
Pane nuovo, vivente per noi, tu ci salvi da morte!

1. Ti sei donato a tutti, corpo crocifisso;
hai dato la tua vita, pace per il mondo.

2. Hai condiviso il pane che rinnova l’uomo;
a quelli che hanno fame tu prometti il Regno.

3. Tu sei fermento vivo per la vita eterna.
Tu semini il Vangelo nelle nostre mani.

4. Venuta la tua ora di passare al Padre,
tu apri le tue braccia per morire in croce.

5. Per chi ha vera sete cambi l’acqua in vino.
Per chi si è fatto schiavo spezzi le catene.

6. A chi non ha più nulla offri il vero amore:
il cuore può cambiare, se rimani in noi.

7. In te riconciliati, cielo e terra cantano!
Mistero della fede: Cristo, ti annunciamo!

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10. Narrazione – 7 t.o. C,

DUE BLOCCHI DI GHIACCIO
C’erano una volta due blocchi di ghiaccio.
Si erano formati durante il lungo inverno, all’interno di una grotta di tronchi, rocce e sterpaglie in mezzo ad un bosco sulle pendici di un monte.
Si fronteggiavano con ostentata reciproca indifferenza.
I loro rapporti erano di una certa freddezza.
Qualche «buongiorno», qualche «buonasera».
Niente di più.
Non riuscivano cioè a «rompere il ghiaccio».
Ognuno pensava dell’altro: «Potrebbe anche venirmi incontro».
Ma i blocchi di ghiaccio, da soli, non possono né andare né venire.
Ma non succedeva niente e ogni blocco di ghiaccio si chiudeva ancor di più in se stesso.
Nella grotta viveva un tasso.
Che un giorno sbottò: «Peccato che ve ne dobbiate stare qui. È una magnifica giornata di sole!».
I due blocchi di ghiaccio scricchiolarono penosamente.
Fin da piccoli avevano appreso che il sole era il grande pericolo.
Sorprendentemente quella volta, uno dei due blocchi di ghiaccio chiese: «Com’è il sole?».
«È meraviglioso… È la vita» rispose imbarazzato il tasso.
«Puoi aprirci un buco nel tetto della tana… Vorrei vedere il sole…» disse l’altro.
Il tasso non se lo fece ripetere.
Aprì uno squarcio nell’intrico delle radici e la luce calda e dolce del sole entrò come un fiotto dorato.
Dopo qualche mese, un mezzodì, mentre il sole intiepidiva l’aria, uno dei blocchi si accorse che poteva fondere un po’ e liquefarsi diventando un limpido rivolo d’acqua.
Si sentiva diverso, non era più lo stesso blocco di ghiaccio di prima.
Anche l’altro fece la stessa meravigliosa scoperta.
Giorno dopo giorno, dai blocchi di ghiaccio sgorgarono due ruscelli d’acqua che scorrevano all’imboccatura della grotta e, dopo poco, si fondevano insieme formando un laghetto cristallino, che rifletteva il colore del cielo.
I due blocchi di ghiaccio sentivano ancora la loro freddezza, ma anche la loro fragilità e la loro solitudine, la preoccupazione e l’insicurezza comuni.
Scoprirono di essere fatti allo stesso modo e di aver bisogno in realtà l’uno dell’altro.
Arrivarono due cardellini e un’allodola e si dissetarono.
Gli insetti vennero a ronzare intorno al laghetto, uno scoiattolo dalla lunga coda morbida ci fece il bagno.
E in tutta questa felicità si rispecchiavano i due blocchi di ghiaccio che ora avevano trovato un cuore.

A volte basta solo un raggio di sole.
Una parola gentile.
Un saluto.
Una carezza.
Un sorriso.
Ci vuole così poco a fare felici quelli che ci stanno accanto.
Allora, perché non lo facciamo?


(tratto da: B. Ferrero, 365 Piccole Storie per l’anima, Vol. 1, pag. 407 – Elledici 2007)

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1. Letture – 5 t.o. C, 10 feb ’19

PRIMA LETTURA
Eccomi, manda me!

Dal libro del profeta Isaìa 6,1-2a.3-8

Nell’anno in cui morì il re Ozìa, io vidi il Signore seduto su un trono alto ed elevato; i lembi del suo manto riempivano il tempio. Sopra di lui stavano dei serafini; ognuno aveva sei ali. Proclamavano l’uno all’altro, dicendo:
«Santo, santo, santo il Signore degli eserciti!
Tutta la terra è piena della sua gloria».
Vibravano gli stipiti delle porte al risuonare di quella voce, mentre il tempio si riempiva di fumo. E dissi:
«Ohimè! Io sono perduto,
perché un uomo dalle labbra impure io sono
e in mezzo a un popolo
dalle labbra impure io abito;
eppure i miei occhi hanno visto
il re, il Signore degli eserciti».
Allora uno dei serafini volò verso di me; teneva in mano un carbone ardente che aveva preso con le molle dall’altare. Egli mi toccò la bocca e disse:
«Ecco, questo ha toccato le tue labbra,
perciò è scomparsa la tua colpa
e il tuo peccato è espiato».
Poi io udii la voce del Signore che diceva: «Chi manderò e chi andrà per noi?». E io risposi: «Eccomi, manda me!».
Parola di Dio

 

SALMO RESPONSORIALE Sl. 137(138)

R. Cantiamo al Signore, grande è la sua gloria.

Ti rendo grazie, Signore, con tutto il cuore:
hai ascoltato le parole della mia bocca.
Non agli dèi, ma a te voglio cantare,
mi prostro verso il tuo tempio santo.

Rendo grazie al tuo nome per il tuo amore e la tua fedeltà:
hai reso la tua promessa più grande del tuo nome.
Nel giorno in cui ti ho invocato, mi hai risposto,
hai accresciuto in me la forza.

Ti renderanno grazie, Signore, tutti i re della terra,
quando ascolteranno le parole della tua bocca.
Canteranno le vie del Signore:
grande è la gloria del Signore!

La tua destra mi salva.
Il Signore farà tutto per me.
Signore, il tuo amore è per sempre:
non abbandonare l’opera delle tue mani.

 

SECONDA LETTURA
Così predichiamo e così avete creduto.

Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi 15,1–11

Vi proclamo, fratelli, il Vangelo che vi ho annunciato e che voi avete ricevuto, nel quale restate saldi e dal quale siete salvati, se lo mantenete come ve l’ho annunciato. A meno che non abbiate creduto invano!
A voi infatti ho trasmesso, anzitutto, quello che anch’io ho ricevuto, cioè che Cristo morì per i nostri peccati secondo le Scritture e che fu sepolto e che è risorto il terzo giorno secondo le Scritture e che apparve a Cefa e quindi ai Dodici.
In seguito apparve a più di cinquecento fratelli in una sola volta: la maggior parte di essi vive ancora, mentre alcuni sono morti. Inoltre apparve a Giacomo, e quindi a tutti gli apostoli. Ultimo fra tutti apparve anche a me come a un aborto.
Io infatti sono il più piccolo tra gli apostoli e non sono degno di essere chiamato apostolo perché ho perseguitato la Chiesa di Dio. Per grazia di Dio, però, sono quello che sono, e la sua grazia in me non è stata vana. Anzi, ho faticato più di tutti loro, non io però, ma la grazia di Dio che è con me. Dunque, sia io che loro, così predichiamo e così avete creduto.
Parola di Dio

CANTO AL VANGELO Mt 4,19
Alleluia, alleluia.
Venite dietro a me, dice il Signore,
vi farò pescatori di uomini.
Alleluia.

 

VANGELO
Lasciarono tutto e lo seguirono.

Dal Vangelo secondo Luca (5,1-11)

In quel tempo, mentre la folla gli faceva ressa attorno per ascoltare la parola di Dio, Gesù, stando presso il lago di Gennèsaret, vide due barche accostate alla sponda. I pescatori erano scesi e lavavano le reti. Salì in una barca, che era di Simone, e lo pregò di scostarsi un poco da terra. Sedette e insegnava alle folle dalla barca.
Quando ebbe finito di parlare, disse a Simone: «Prendi il largo e gettate le vostre reti per la pesca». Simone rispose: «Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla; ma sulla tua parola getterò le reti». Fecero così e presero una quantità enorme di pesci e le loro reti quasi si rompevano. Allora fecero cenno ai compagni dell’altra barca, che venissero ad aiutarli. Essi vennero e riempirono tutte e due le barche fino a farle quasi affondare.
Al vedere questo, Simon Pietro si gettò alle ginocchia di Gesù, dicendo: «Signore, allontànati da me, perché sono un peccatore». Lo stupore infatti aveva invaso lui e tutti quelli che erano con lui, per la pesca che avevano fatto; così pure Giacomo e Giovanni, figli di Zebedèo, che erano soci di Simone. Gesù disse a Simone: «Non temere; d’ora in poi sarai pescatore di uomini».
E, tirate le barche a terra, lasciarono tutto e lo seguirono.
Parola del Signore


(tratto da: Nuovo Messale della comunità, Domeniche e feste – Elledici 2008)

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2. Esegesi – 5 t.o. C, 10 feb ’19

PRENDI IL LARGO

Isaia 6,1-2a.3-8 – Uomo dalle labbra impure io sono
1 Corinzi 15,1-11 – Ho trasmesso quello che anch’io ho ricevuto
Luca 5,1-11 – Insegnava alle folle dalla barca

Dio, dono incontenibile
Le esperienze di fede riferite dai tre testi biblici celebrati oggi, sottolineano l’«incapacità» dell’uomo a «contenere» il dono di Dio. «Uomo dalle labbra impure», «peccatore», «aborto», sono le definizioni spaventate ma sincere che si attribuiscono i tre protagonisti delle letture. Mentre il profeta sta vivendo in maniera intensa una funzione religiosa, la percezione della trascendenza, della santità della gloria di Dio, gli fa toccare con mano quale sia l’impurità sua e del popolo. Il profeta ha paura, si sente inadeguato al compito profetico. Ma colui che si rivela è anche colui che rende simili a sé e purifica. Dopo di che Isaia dice: «Ecco, manda me» (v. 8).

Dio ha bisogno di aiuto
Perché possa avvenire, per tutti, l’incontro col Signore, Cristo Gesù ha bisogno di essere accolto da Simone e ricevuto sulla sua barca. Sedendo sulla barca e distanziandosi un poco da quella folla, si fa pescatore di uomini, diventa Colui che getta la rete della sua Parola per raggiungere ciascuno personalmente. Pietro coglie tutta la potenza della Parola, ma scopre anche di essere «uomo peccatore». Solo partendo dalla consapevolezza del suo nulla, conosce la grandezza di Dio. «Prendi il largo e gettate le reti» (Lc 5,4). Pietro è invitato ad andare al largo e noi con lui, dove lo sguardo spazia libero tra cielo e mare, dove finito ed infinito si incontrano.
Andiamo al largo, ma dopo essere stati in mezzo alla folla che fa ressa intorno… dopo che abbiamo preso su di noi le fatiche e la vita dei fratelli. Andiamo al largo con Lui che ci chiede di compiere i gesti di sempre, ma nel suo nome, nella fedeltà e verità della sua parola. Allora i gesti quotidiani, il vivere di ogni giorno che sembra monotono, banale, vengono vissuti «al largo», cioè oltre ogni piccola sicurezza, oltre le chiusure, le prigioni.

Cristo Gesù trasforma l’esistente
La barca di Pietro è un elemento essenziale nella scena. Da essa Cristo Gesù fa un annuncio alla folla e viene l’obbedienza dei tre uomini che la governano. Con questa barca si realizza una pesca straordinaria, si esplica l’atto di fede in Gesù, e un modo totalmente nuovo di essere pescatori. Gli uomini ricevono un’identità nuova e si qualificano: Simone diventa Pietro, lui e i suoi amici diventano pescatori di uomini. Ora i gesti di sempre hanno il sapore dell’infinito perché sono ricchi della sua presenza, saranno trasformati, trasfigurati, moltiplicati. La nostra vita, sulla sua Parola, diventerà alimento per sfamare tanti, diventerà ricchezza condivisa e sovrabbondante. Abbandonare il superfluo, quel pesce che è tanto da non poterlo contenere, non è segno di disprezzo, ma giusta collocazione delle cose della nostra vita, perché Qualcuno, sulla sua Parola ci chiama a seguirlo.

Dio si imbarca nella nostra storia
«Il mandato da Dio», «il Pescatore di uomini», «l’Apostolo», sono le definizioni di risposta da parte di Dio. Non esprimono l’«evasione» di questi uomini dalla loro storia, ma l’«imbarcarsi» di Dio nella loro vita. In tal senso, ognuno di noi, qualunque sia la sua situazione, è profeta, pescatore di uomini e apostolo. Per portare frutto, la Parola non può essere ricevuta con mezze misure, ma è dono che chiede di essere accolto e mantenuto in tutta la sua forza. Paolo si considera indegno di essere chiamato apostolo a causa delle persecuzioni da lui compiute contro la Chiesa prima della sua conversione. Tuttavia, non per merito suo, ma per grazia, per dono di Dio, è pur sempre apostolo. È provvidenziale il regalo di questa domenica e dei suoi tre celebri protagonisti: Isaia, Simone il peccatore detto Pietro, Paolo di Tarso. Il «punto di partenza» che hanno in comune è la loro condizione di peccatori. Dio li ha sorpresi nello spazio negativo della loro vita.

PER IL CONFRONTO NEL GRUPPO
– Di fronte ad una richiesta imprevista come reagiamo?
– In che modo Dio agisce nella storia?

IN FAMIGLIA
Gli imprevisti in famiglia sono all’ordine del giorno.
Lasciamo per un momento da parte l’inevitabile fatica che generano e proviamo a scoprire nelle loro pieghe la novità.
Insieme cerchiamo di dire a che cosa aprono e quali spunti di creatività suggeriscono.

 

(tratto da: R. Paganelli – Vivere la domenica aprendoci alla Parola, anno C – Elledici 2015)

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3. Annunciare la Parola – 5 t.o. C, 10 feb ’19

PER COMPRENDERE LA PAROLA

La liturgia mette in parallelo due racconti di vocazione, tra i quali troviamo parecchi punti di somiglianza: Dio si manifesta, il chiamato si dichiara peccatore, egli è mandato in missione.

PRIMA LETTURA
1. Nello scenario grandioso del tempio (certamente i serafini facevano parte delle decorazioni che ornavano il tempio sino alla riforma di Ezechia), Isaia riceve la rivelazione della grandezza di Dio. Si tratta del “Dio dell’universo”, del “Signore degli eserciti” che domina le potenze cosmiche, e non solo del Dio del piccolo mondo nel quale egli vive.
2. La vicinanza di Dio gli fa prendere coscienza della sua indegnità, del suo peccato. Dio è santo.
3. Di fronte all’appello di Dio, Isaia si offre per la missione. Peccatore purificato, accetta di denunciare il peccato del popolo di cui fa parte. In confronto agli altri racconti di vocazione, è degna di nota questa spontaneità.

SALMO
È una lode di Dio, cantata nel tempio, “davanti agli angeli”, il che corrisponde alla visione di Isaia.
Inoltre ha una portata universale: “Tutti i re della terra”, ed è nello stesso tempo molto personale: ricorda al Signore un suo particolare gesto di salvezza: “Mi hai risposto”.
Messe sulle labbra purificate del profeta, queste parole diventano più concrete.

SECONDA LETTURA
È una delle prime formulazioni del messaggio essenziale della fede in Cristo morto e risorto. È ciò che vien detto il “kerygma” e che Paolo riprende certamente da una specie di Credo usato nelle assemblee liturgiche, nel quale va notato il ripetuto riferimento alle Scritture.
Segue l’enumerazione dei testimoni della risurrezione, fra i quali Paolo mette anche se stesso.
Sul kerygma, invece, Paolo riferisce soltanto ciò che ha ricevuto.
Infine, se vogliamo accostare questa lettura alle altre due, possiamo notare che Paolo, coinvolto da questa rivelazione e dalla missione di trasmetterla, prende coscienza della propria indegnità. Unicamente per la grazia di Dio può “faticare”.

VANGELO
È un racconto che leggiamo soltanto in Luca. Giovanni racconta una pesca miracolosa nel contesto della Risurrezione (3a domenica di Pasqua). Marco e Matteo raccontano la vocazione degli apostoli, ma senza la pesca miracolosa.
Luca e Giovanni centrano il loro racconto sulla vocazione di Pietro e sottolineano che Gesù ha affidato la missione a un uomo peccatore (in Giovanni, allusione al rinnegamento).
Per di più, quest’uomo fallisce proprio nel mestiere nel quale dovrebbe essere competente. Interviene Gesù, e con lui (“sulla tua parola”) la pesca supera ogni aspettativa. La missione della Chiesa riceverà efficacia unicamente dalla potenza di Cristo.
Di fronte a questa manifestazione di potenza, Pietro è preso da stupore e chiama Gesù col titolo di “Signore”.
Paradossalmente, la pesca miracolosa spinge i discepoli ad abbandonare la pesca per seguire colui che parla loro di “pescare uomini”. “Lasciare tutto”: l’espressione sottolinea l’esigenza della vocazione e si ritroverà per Levi (5,28) e per il giovane ricco (18,22).


PER ANNUNCIARE LA PAROLA (piste di omelia)

La chiamata
Non siamo noi a scegliere Dio, è lui che ci interpella: il più delle volte, in un momento imprevedibile e in circostanze inaspettate. Isaia (1ª lettura) credeva alla presenza di Dio nel tempio, ma non si aspettava certo di “vederlo”. Paolo (cf At 26,12-18) era sicuro di difendere Dio perseguitando la nuova setta dei discepoli d’un certo Gesù, ed è proprio questo Gesù che lo getta a terra sulla strada di Damasco. Pietro e i suoi amici (Vangelo) si ritenevano pescatori esperti: questo “Maestro” provoca una pesca inaspettata, miracolosa, che li lascia stupefatti.
Ognuno ha un incontro tutto speciale con Dio, il quale si fa conoscere nel profondo, cosicché il chiamato entra in un’intimità tutta nuova col Signore.
Isaia viene a conoscere dal cielo (l’inno dei serafini) che Dio non è semplicemente il più grande e il più forte di tutti gli dèi, bensì il “Totalmente Altro”, il “tre volte Santo”. Egli ci descrive la scossa della visione con le immagini e le figurazioni religiose del suo tempo (un trono, un coro di angeli, un manto regale, un luogo profumato d’incensi e risonante di grida d’acclamazione), proprio nel tentativo di raccontarci l’incontro della sua vita, il contatto inesprimibile con una Presenza immensa e sovrana.
Paolo rivendica il suo titolo d’apostolo basandosi sulla nascita improvvisa della sua fede nel Cristo: “Apparve anche a me come a un aborto”.
Pietro aveva accettato con scetticismo di ritornare a pescare, ed ecco che lo sgomento lo prende, non solo “perché le reti si rompevano” per la quantità di pesci, ma anche perché sente la potenza strana di quell’uomo: non lo chiama più “Maestro”, bensì “Signore”.
Talvolta le circostanze della vita ci portano alla scoperta d’una verità importante, a una scelta che ci impegna, a una riflessione che ci costringe a giudicarci, anche se la decisione che potrebbe derivarne supera le nostre forze o le nostre possibilità: forse è un incontro di Dio.
Isaia diventerà profeta e trasmetterà al popolo i rimproveri di Dio, le sue meravigliose promesse messianiche. Paolo diffonderà tra i popoli pagani (qui, fra i Corinzi) il Vangelo di Cristo che fino allora aveva rifiutato: faticherà “più di tutti gli apostoli” e meriterà di essere chiamato “l’Apostolo”. Pietro lascerà le barche della sua pesca sul lago di Genesaret per andare a “prendere uomini”, e ben presto Gesù gli affiderà la barca della sua Chiesa nascente.
L’incontro con Dio non ci lascia mai come prima.

I messaggeri
L’incontro improvviso col Signore illumina di colpo il fondo dei nostri cuori. Chi non si sentirebbe senz’altro piccolo e povero se incontrasse Dio? Isaia, la cui fede era profonda, si crede improvvisamente perduto quando il Tempio risuona delle grida degli angeli attorno a Dio: si vede come “un uomo dalle labbra impure”. Paolo non tralascia occasione per ripetere ai fratelli di esser stato all’inizio un persecutore e di essere quindi indegno del titolo di apostolo. Pietro si rende conto di essere un peccatore e di non meritare i vantaggi di un miracolo: “Signore, allontanati da me”.
Queste confessioni d’umiltà sono già un segno di fede verso il Signore; l’incontro si fa adorazione e offerta di sé. Isaia osa addirittura proporsi come messaggero: “Eccomi, manda me!”. Paolo attribuisce a Cristo i meriti del suo zelo apostolico: “Per grazia di Dio sono quello che sono, e la sua grazia in me non è stata vana”. Pietro si getta alle ginocchia di Gesù, “lascia tutto per seguire Gesù”.
Per noi cristiani, il primo passo è riconoscere la nostra povertà. Esso precede e accompagna ogni missione apostolica, ogni testimonianza autentica.

Il messaggio
Quando si è scelti come messaggeri, non si viene chiamati a una funzione anonima, né si tratta di passare poi il tempo a rivivere l’istante privilegiato del primo incontro. A coloro che chiama e arricchisce dei suoi doni, il Signore affida un messaggio da trasmettere, una parola divina da diffondere con la predicazione e la testimonianza. Dio vuole che la fede in lui nasca per mezzo d’una Parola trasmessa da apostolo ad apostolo.
Scrivendo il racconto della sua vocazione, una delle pagine più grandiose dell’Antico Testamento, Isaia spinge il popolo d’Israele a riconoscere nel Dio che ha così spesso guidato il corso della sua storia un essere onnipotente, un Re, che è anzitutto il Totalmente Altro, il Santo; logicamente quindi lo invita a ringraziarlo in primo luogo per la sua immensa gloria. Anche noi, oggi, ripetiamo il canto solenne dei Serafini durante il banchetto dell’Eucaristia, però sappiamo che Dio non ci si presenta più “su un trono alto ed elevato”, ma su una tavola dove si dona in comunione.
Paolo e tutti gli apostoli di Gesù trasmettono il Vangelo della Nuova Alleanza. In realtà, al centro del loro messaggio, nel cuore della loro predicazione, all’inizio della fede cristiana, c’è una sola affermazione: “Cristo morì per i nostri peccati, fu sepolto ed è risuscitato”. Pietro e i Dodici “l’hanno visto” vivo (2ª lettura): anche Paolo, il persecutore diventato apostolo, l’ha visto vivo e l’ha sentito parlargli. Da allora credere in Cristo non significa tanto imparare una dottrina o abbracciare una religione, quanto aprirsi alla parola del testimone, riferirsi alla fede della comunità primitiva e rimanere fedeli all’avvenimento centrale della nostra storia: il Figlio di Dio morto per noi e vincitore della morte con la sua risurrezione. La fede cristiana, nel suo significato più alto, è fede “apostolica”.

(tratto da: M. Gobbin, Omelie per un anno – vol. 2, anno C, tempo ordinario – Elledici 2003)

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5. Parola da Vivere – 5 t.o. C, 10 feb ’19

PRENDI IL LARGO
Possiamo ammirare con stupore come Dio vada a cercare e trovare i suoi figli nelle più disparate vicende sia esteriori che interiori. Il percorso di ogni progetto che voglia essere giusto esige che tutto proceda sempre dalla morte alla vita (Is 6,5), dalla colpa al perdono (Lc 5, 8), dall’errore al ravvedimento (1Cor 15, 10). Dio entra nella contraddizione della nostra vita, manifestando la luminosità potente e abbagliante della sua bontà. Ogni sicurezza, ogni progetto e ogni esperienza fanno naufragio davanti alla santità di Dio: «le sue folgori rischiarano il mondo, vede e sussulta la terra» (Sal 96,4).

(tratto da R. Paganelli – Vivere la domenica aprendoci alla Parola, anno C, Elledici 2015)

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6. Preghiere dei Fedeli – 5 t.o. C, 10 feb ’19

La pesca miracolosa

Celebrante. Il Signore ha voluto aver bisogno di noi uomini per annunciare il Vangelo. Nella Preghiera dei fedeli gli chiediamo che ci renda capaci di rispondere prontamente al suo appello, e di vivere da cristiani nel mondo.

Lettore. Preghiamo insieme e diciamo: Fa’ di noi, Signore, i testimoni del tuo amore.

1. Preghiamo per la santa Chiesa di Dio. Al Papa, ai vescovi e ai sacerdoti è stato affidato in modo speciale il servizio pastorale del Popolo di Dio.
Perché essi amino i loro fratelli con il cuore di Cristo, e siano disposti a spendere tutte le forze e la vita stessa per loro, preghiamo.

2. Per tutti i cristiani. Noi siamo sollecitati dal Signore:
– a uscire dagli orizzonti limitati delle nostre idee, per vivere nella fede,
– a scavalcare le aspirazioni del nostro cuore, per realizzare la speranza,
– e a superare i desideri dell’egoismo, per costruire nella carità.
Perché troviamo la forza di vivere così, preghiamo.

3. Per i missionari nel mondo. Chiamati da Gesù a essere «pescatori di uomini», essi lavorano a costruire la Chiesa là dove il Signore non è ancora conosciuto.
Perché agli occhi dei non credenti i missionari diventino l’incarnazione vivente della Parola di Dio, come pagine aperte del Vangelo, preghiamo.

4. Per i cristiani che hanno abbandonato la fede. Rimanere fedeli a Cristo è arduo, e non pochi dopo il battesimo si allontanano dal Signore.
Perché la grazia di Dio, e anche l’esempio della nostra vita coerente, siano per loro di stimolo a fare ritorno sulla barca di Pietro, preghiamo.

5. Per la nostra comunità. La parrocchia, e le famiglie che la compongono, sono i luoghi della nostra educazione alla fede, e della crescita nella carità.
Perché non ci scoraggiamo di fronte alle difficoltà, ma sappiamo essere comunità missionaria, che risponde alla chiamata del Signore con la testimonianza della vita, preghiamo.

Celebrante. O Padre, tu ci hai chiamati a un’affascinante missione nel mondo. Donaci la forza della tua grazia, che ci sostenga nei tempi difficili, e ci renda capaci di amarti in ogni tempo nei nostri fratelli. Per Cristo nostro Signore.


(tratto da: E. Bianco, Preghiera dei fedeli, proposte per le domeniche e feste degli anni A-B-C – Elledici 2002)

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8. Aforismi – 5 t.o. C, 10 feb ’19

DIO HA BISOGNO DEGLI UOMINI?
– Dio si è messo in condizione di aver bisogno di noi. Charles Péguy
– Il mondo aspetta che noi gli diciamo nella sua lingua la verità su Cristo e sulla sua salvezza. Card. François Marty
– La Chiesa, quando prende coscienza di se stessa, diventa missionaria. Papa Paolo VI
– Bisogna sentire la mano di Dio sulla nostra spalla, per essere la sua mano sulla spalla degli altri. Philippe Zeissig
– Vivete in modo tale da essere la dimostrazione di Dio. Teresa di Calcutta
– Mi propongo di smuovere e agitare la gente. Non vendo pane, ma lievito. Miguel de Unamuno
– Solo una fiamma può accendere un’altra fiamma. Lèon Harmel
– Siate come la candela accesa, che illumina se stessa, e senza diminuire la propria fiamma accende altre candele per illuminare altri luoghi. Chassid Serafino di Sarov

O APOSTOLI O APOSTATI?
– Chi non è apostolo, è apostata. Luigi Orione
– Per tanti cristiani il cristianesimo è un’attività domenicale senza rapporto col lunedì. Martin Luther King
– La nostra religione è così vera, mentre il nostro modo di praticarla la fa apparire così falsa! Bruce Marshall
– Se i cristiani fossero dei soldati, sarebbero stati fucilati tutti da un pezzo per tradimento. Bruce Marshall
– Se ti accusassero di essere cristiano, troverebbero delle prove contro di te? Dietrich Bonhoeffer
– Chi fa il cattolico / con mani in mano, / non è cattolico / ma è pagano. Giuseppe Giusti

(tratto da: E. Bianco, All’altare di Dio – Anno B – Elledici 2009)