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8. Canto Liturgico – Ascensione C, 2 giu ’19

Ecco a voi questa settimana un canto di CONCLUSIONE

CRISTO, SPLENDORE DEL PADRE – Berthier-Rainoldi
(Nella Casa del Padre, n. 364 – Elledici)

(è possibile cantarlo come “canone" tra due parti)

1. Cristo, splendore del Padre,
alleluia, alleluia,
Cristo, fratello dell’uomo,
sia gloria a te! sia gloria a te!

2. Cristo, risorto da morte,
alleluia, alleluia,
in te rinasce la vita:
crediamo in te, crediamo in te.

3. Luce e salvezza del mondo,
alleluia, alleluia,
forza, rifugio, conforto,
speriamo in te, speriamo in te.

4. Manda lo Spirito Santo,
alleluia, alleluia,
guida nel nostro cammino
incontro a te, incontro a te.

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9. Narrazione – Ascensione C, 2 giu ’19

SGUARDI

Il santo curato d’Ars incontrava spesso in chiesa un semplice contadino della sua parrocchia.
Inginocchiato davanti al tabernacolo, il brav’uomo rimaneva per ore immobile, senza muovere le labbra.
Un giorno, il parroco gli chiese: «Cosa fai qui così a lungo?».
«Semplicissimo. Egli guarda me ed io guardo Lui».

Puoi andare al tabernacolo così come sei.
Con il tuo carico di paure, incertezze, distrazioni, confusione, speranze e tradimenti.
Avrai una risposta straordinaria: «Io sono qui!».

«Che ne sarà di me, dal momento che tutto è così incerto?».
«Io sono qui!».

«Non so cosa rispondere, come reagire, come decidermi nella situazione difficile che mi attende».
«Io sono qui!».

«La strada è così lunga, io sono così piccolo e stanco e solo…».
«Io sono qui!».


(tratto da “365 Piccole Storie per l’anima”, Vol. 1, pag. 122 – Bruno Ferrero, Elledici)

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10. Anche Noi Vogliamo Capire – Ascensione C, 2/6/19

Per aiutare i nostri piccoli a vivere meglio la Liturgia della Parola

PRIMA LETTURA (At 1,1-11)
Le domande degli apostoli sono le stesse delle prime comunità, le quali attendevano come imminente il ritorno del Signore Gesù. Ma egli tardava. Così Luca, con la scena dell’Ascensione, libera le comunità dalla delusione di un’attesa sterile, per applicarsi piuttosto alla missione di portare insieme a Gesù con la forza dello Spirito il Vangelo fino ai confini del mondo e alla fine della storia.

* Capire le parole
Battezzati in Spirito Santo. È il dono dello Spirito Santo ricevuto dagli apostoli a Pentecoste.
Non spetta a voi conoscere tempi. Il cristiano non deve misurare il suo tempo, né indugiare su profezie o presunte tali che preannunciano la fine del mondo, ma operare per la diffusione della buona notizia del Vangelo fino a quando Dio vorrà.


SECONDA LETTURA (Eb 9,24-28; 10,19-23)
Gesù è l’unico, vero sacerdote, che ha sostituito definitivamente il sacerdozio antico. Il sacrificio che ottiene il perdono dei peccati è uno solo, quello di Gesù sulla croce, e non ha bisogno di essere ripetuto, come i sacrifici antichi. Attraverso la fede sincera in Lui, possiamo superare la distanza fra terra e cielo.

* Capire le parole
(Gesù) non deve offrire se stesso più volte. Il sacrifico di Cristo sulla croce è pieno e definitivo. Con la sua morte in croce ha ottenuto per sempre il perdono dei nostri peccati.
Sommo sacerdote. Figura dell’Antico Testamento, incaricato tra altri compiti, di effettuare il sacrificio annuale al Tempio per il perdono dei peccati del popolo.


VANGELO (Lc 24,46-53)
Luca illustra il da farsi: conoscere la Scrittura, letta alla luce di Gesù. Egli ha dato la vita per salvarci e, finalmente, tutti i popoli potranno accogliere il perdono dei peccati e la salvezza. La gioia con cui tornano, dopo l’Ascensione di Gesù, indica che sanno che Gesù non li ha abbandonati, ma cammina con loro.

* Capire le parole
Testimoni. Gli Apostoli hanno visto, udito, toccato, sperimentato direttamente la persona di Gesù, prima e dopo la risurrezione: per questo possono diffondere l’annuncio del Vangelo e la fede in Gesù.
Io mando su di voi colui che il Padre mio ha promesso. Per continuare la missione di Gesù, gli Apostoli hanno bisogno della sua stessa forza, per questo li ammonisce di non prendere nessuna iniziativa prima di ricevere il dono dello Spirito Santo.


PER RIASSUMERE… L’Ascensione di Gesù non va vista come separazione. Gesù inaugura un nuovo tipo di presenza, quella del risorto che agisce instancabilmente con i suoi discepoli per condurre alla salvezza tutti coloro per i quali ha offerto la sua vita sulla croce. Così egli ha ottenuto dal Padre il perdono dei peccati per tutti e la capacità di donare la vita divina a coloro che credono in lui.


Le parole da capire sono curate dall’autore del sito liturgico; le parti in corsivo sono un libero adattamento da “Messale delle Domeniche e feste 2019 – LDC”

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1. Letture – 6 Pasqua C, 26 mag ’19

PRIMA LETTURA
È parso bene, allo Spirito Santo e a noi, di non imporvi
altro obbligo al di fuori di queste cose necessarie.

Dagli Atti degli Apostoli 15,1-2.22-29

In quei giorni, alcuni, venuti dalla Giudea, insegnavano ai fratelli: «Se non vi fate circoncidere secondo l’usanza di Mosè, non potete essere salvati».
Poiché Paolo e Bàrnaba dissentivano e discutevano animatamente contro costoro, fu stabilito che Paolo e Bàrnaba e alcuni altri di loro salissero a Gerusalemme dagli apostoli e dagli anziani per tale questione.
Agli apostoli e agli anziani, con tutta la Chiesa, parve bene allora di scegliere alcuni di loro e di inviarli ad Antiòchia insieme a Paolo e Bàrnaba: Giuda, chiamato Barsabba, e Sila, uomini di grande autorità tra i fratelli. E inviarono tramite loro questo scritto: «Gli apostoli e gli anziani, vostri fratelli, ai fratelli di Antiòchia, di Siria e di Cilìcia, che provengono dai pagani, salute! Abbiamo saputo che alcuni di noi, ai quali non avevamo dato nessun incarico, sono venuti a turbarvi con discorsi che hanno sconvolto i vostri animi. Ci è parso bene perciò, tutti d’accordo, di scegliere alcune persone e inviarle a voi insieme ai nostri carissimi Bàrnaba e Paolo, uomini che hanno rischiato la loro vita per il nome del nostro Signore Gesù Cristo. Abbiamo dunque mandato Giuda e Sila, che vi riferiranno anch’essi, a voce, queste stesse cose. È parso bene, infatti, allo Spirito Santo e a noi, di non imporvi altro obbligo al di fuori di queste cose necessarie: astenersi dalle carni offerte agl’idoli, dal sangue, dagli animali soffocati e dalle unioni illegittime. Farete cosa buona a stare lontani da queste cose. State bene!».
Parola di Dio.


SALMO RESPONSORIALE
Dal Salmo 66 (67)

R. Ti lodino i popoli, o Dio, ti lodino i popoli tutti.

Oppure: R. Alleluia, alleluia, alleluia.

Dio abbia pietà di noi e ci benedica,
su di noi faccia splendere il suo volto;
perché si conosca sulla terra la tua via,
la tua salvezza fra tutte le genti.

Gioiscano le nazioni e si rallegrino,
perché tu giudichi i popoli con rettitudine,
governi le nazioni sulla terra.

Ti lodino i popoli, o Dio,
ti lodino i popoli tutti.
Ci benedica Dio e lo temano
tutti i confini della terra.


SECONDA LETTURA
L’angelo mi mostrò la città santa
che scende dal cielo.

Dal libro dell’Apocalisse di san Giovanni apostolo 21,10-14.22-23

L’angelo mi trasportò in spirito su di un monte grande e alto, e mi mostrò la città santa, Gerusalemme, che scende dal cielo, da Dio, risplendente della gloria di Dio. Il suo splendore è simile a quello di una gemma preziosissima, come pietra di diaspro cristallino.
È cinta da grandi e alte mura con dodici porte: sopra queste porte stanno dodici angeli e nomi scritti, i nomi delle dodici tribù dei figli d’Israele. A oriente tre porte, a settentrione tre porte, a mezzogiorno tre porte e a occidente tre porte.
Le mura della città poggiano su dodici basamenti, sopra i quali sono i dodici nomi dei dodici apostoli dell’Agnello.
In essa non vidi alcun tempio: il Signore Dio, l’Onnipotente, e l’Agnello sono il suo tempio.
La città non ha bisogno della luce del sole, né della luce della luna: la gloria di Dio la illumina e la sua lampada è l’Agnello.
Parola di Dio.


CANTO AL VANGELO Gv 14,23

Alleluia, alleluia.
Se uno mi ama, osserverà la mia parola, dice il Signore,
e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui.
Alleluia.


VANGELO
Lo Spirito Santo vi ricorderà
tutto ciò che io vi ho detto.

Dal Vangelo secondo Giovanni 14,23-29

In quel tempo, Gesù disse [ai suoi discepoli]: «Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui. Chi non mi ama, non osserva le mie parole; e la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato.
Vi ho detto queste cose mentre sono ancora presso di voi. Ma il Paràclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto.
Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi. Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore.
Avete udito che vi ho detto: “Vado e tornerò da voi”. Se mi amaste, vi rallegrereste che io vado al Padre, perché il Padre è più grande di me. Ve l’ho detto ora, prima che avvenga, perché, quando avverrà, voi crediate».
Parola del Signore


(tratto da: Nuovo Messale della comunità, Domeniche e feste – Elledici 2008)

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2. Esegesi – 6 Pasqua C, 26 mag ’19

CHI MI AMA OSSERVERÀ LA MIA PAROLA

Atti 15,1-2.22-29 – Abbiamo deciso di non imporvi nessun altro obbligo
Apocalisse 21,10-14.22-23 – L’angelo mi mostrò la città santa
Giovanni 14,23-29 – Prenderemo dimora presso di lui

La forza dell’apertura
Il «dramma giudaico» espresso oggi nel testo degli Atti descrive bene il pericolo che una sapienza corre quando si chiude in se stessa, quando si identifica con delle leggi che la definiscono, ma inevitabilmente la limitano. Le «leggi» sono sempre provvisorie e relative di fronte al Vangelo. L’immagine della città descritta dall’Apocalisse esprime bene la straordinaria capacità universale di accoglienza. Essa ha delle mura che non sono quelle di una fortezza assediata, ma le «cornici» di dodici porte aperte verso tutte le direzioni della creazione e della storia. Non c’è più la devastazione dell’esilio, ma la città santa. La nuova Gerusalemme si mostra splendente della Gloria di Dio: le tue mura sono sempre davanti a me. I tuoi costruttori accorrono, e i tuoi devastatori si allontanano (cfr. Is 49,16). Il gran numero di porte vuol significare che nessuno è escluso, tutti sono accolti qualunque sia la loro provenienza: bussate e vi sarà aperto (Mt 7,7). I nomi posti sulle porte ed i basamenti della città santa significano che vi è continuità (cfr. anche Ap 7) fra il popolo d’Israele e quello generato dalla predicazione apostolica, che è il compimento delle promesse fatte da Dio ad Israele.

Il superamento delle diversità
Il fatto stesso che il Vangelo si apre alle genti, senza alcuna limitazione, è segno che il giudaismo è superato, la prima Chiesa ne prende atto. Lo Spirito che si manifesta nella comunione dei fratelli non è uno spirito dialettico, ma uno spirito di comunione. La dialettica è finalizzata alla spartizione del potere, la comunione non spartisce, ma condivide tutto. Le diversità si uniscono come ricchezza offerte per far crescere l’unità nell’amore. La consolazione vera sta nel saper cogliere il disegno d’amore di Dio, «se uno mi ama…» (v. 23), che ha come fine la salvezza e la pace di tutti i suoi figli. L’amore ci costituisce tempio della trinità. Nell’osservanza della Parola c’è tutta la dinamica dell’impegno inteso non in dimensione legalistica, ma vitale. Il cristiano realizza la Parola, e questa diviene evento nella sua vita. Non è esecuzione di un ordine, ma realizzazione di un piano. Quando Gesù ci parla di una relazione di amore con Lui, ci immette sempre nella relazione trinitaria in una dinamica di pace e «sicurezza». Il Padre insieme a Lui prende dimora in noi. Lo Spirito al tempo opportuno svelerà ogni cosa e ricorderà tutto ciò che il nostro cuore povero e limitato non può comprendere.

La luce dell’ascolto
Ascoltare la Parola è diventare dimora di Dio: l’annuncio e le opere, tutto verrà dopo e verrà semplicemente e naturalmente, perché noi, dimora di Dio, diventeremo casa aperta, porta attraverso cui i fratelli entreranno e ci sarà comunione e la dimora di Dio sarà grande. Allora la pace che il Signore ci donerà diventerà in noi dimora, terreno fertile per essere donata, e il cuore, pur vivendo nella fatica, non sarà turbato e non avrà timore. Al centro dell’ascolto della Parola c’è lo Spirito, per evitare ogni tentazione di personalizzazione, e perché l’osservanza non si tramuti in moralismo vuoto. L’ultimo dono di Gesù è la pace, coscienza di essere in Cristo nonostante ogni apparente circostanza storica contraria. La pace è costruita dalla luce dello Spirito e non dalla calma emotiva. Questa è l’ora di intraprendere, a tutti i livelli personali e collettivi, il grande impegno per la pace, l’annuncio di «buone notizie» ad ogni creatura, e l’accoglienza dell’altro, chiunque egli sia.

La grazia del dimorare
Quale compimento di tutto si proclama che l’incontro con Dio avviene perché Egli viene a noi per stabilirsi in noi: «Il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui» (v. 23). Non quindi la prospettiva di vivere la terra per andare in cielo, ma di vivere la terra per accogliere Colui che viene dal cielo, Dio stesso. I segni dell’attesa di tale compimento devono lasciare ormai il posto alla «Presenza» di cui essi erano profezia e custodia della speranza. Più in generale, l’osservanza del comandamento non è una «via al cielo», ma espressione di una comunione d’amore già in atto pienamente, e quindi celebrazione di questo amore: «Se uno mi ama osserverà la mia parola». La «vita eterna» non è «oltre la morte», perché la morte non c’è più, e la vita è ormai la vita di Dio in noi e la vita nostra nell’amore di Dio.


PER IL CONFRONTO NEL GRUPPO
– Perché non entrano nuove presenze nel nostro gruppo?
– I tempi di ascolto sono sufficienti per dare spazio alla novità della Parola?

IN FAMIGLIA
Apertura, diversità, ascolto e dimorare sono tutti atteggiamenti che fanno ricco il rapporto all’interno della famiglia e al suo esterno.
Rivisitiamo questi atteggiamenti e cerchiamo di attribuire a ogni membro della famiglia quello che vive o interpreta con maggior autenticità.
Ci si incoraggia a tenerli vivi per maturare rapporti sempre più veri e autentici fra tutti.


(tratto da: R. Paganelli – Vivere la domenica aprendoci alla Parola, anno C – Elledici 2015)

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3. Annunciare la Parola – 6 Pasqua C, 26 mag ’19

• At 15,1-2.22-29 – Abbiamo deciso, lo Spirito Santo e noi, di non imporvi nessun altro obbligo al di fuori di queste cose necessarie.
• Dal Salmo 66 – Rit.: Popoli tutti, lodate il Signore.
• Ap 21,10-14.22-23 – L’angelo mi mostrò la città santa che scendeva dal cielo.
• Canto al Vangelo – Alleluia, alleluia. Se uno mi ama, osserverà la mia parola, dice il Signore, e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui. Alleluia.
• Gv 14,23-29 – Lo Spirito Santo vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto.

PER COMPRENDERE LA PAROLA

Questa domenica predispone già la comunità alla Pentecoste. L’opera dello Spirito sarà un’opera di approfondimento e di pace (Vangelo), un’opera di apertura a tutti i popoli, Ebrei e pagani (1ª lettura), un’opera di rinnovamento e di creazione che annuncia la nuova Gerusalemme (2ª lettura).

PRIMA LETTURA
Dopo il primo viaggio di Paolo e Barnaba (nel 47-48), si presenta inevitabilmente un problema: la Chiesa è destinata a rimanere legata al giudaismo oppure no? Ci vuole la circoncisione per essere salvati? All’epoca si trattò di un conflitto piuttosto grave (v. 2). Era in gioco l’autorità di Paolo e di Barnaba, l’autenticità delle loro parole e della loro missione. Di qui il ricorso ai Dodici e alla Chiesa di Gerusalemme. L’avvenimento è fondamentale:
– per far conoscere la carica spirituale, il modo di vita e il ruolo dell’autorità nella Chiesa primitiva;
– per sottolineare anche l’affrancamento della comunità dei discepoli dal giudaismo e dalle sue esigenze legali.
Il brano di questa domenica presenta l’origine del conflitto e il documento che lo risolve. Omette la discussione in se stessa. L’intervento orale – su proposta di Giacomo – è identico alla lettera conclusiva. Tutte le autorità della Chiesa nascente si mettono d’accordo:
– la delegazione di Antiochia (bisogna supporre che abbia voce deliberativa),
– Pietro, che ricorda l’episodio di Cesarea (At 10,11),
– Giacomo, che pure è di tendenza diversa ed è preoccupato per i giudaizzanti.
La risposta di Gerusalemme è precisa: è una risposta di Chiesa (v. 22). È confermata e sostenuta dall’invio di Giuda e di Sila ad Antiochia. “Abbiamo deciso, lo Spirito Santo e noi…”. Nella Chiesa primitiva, questa non è una formula di convenienza.
Una cosa è certa al momento: il rito ebraico della circoncisione non è necessario per entrare nella Chiesa. La lettera di Gerusalemme – un testo conciliare – ricorda soltanto l’obbligo di astenersi dalle carni offerte agli idoli e dalle unioni illegittime. Un’esigenza senz’altro modesta… Non sta certo in questo il nucleo minimo della morale dei discepoli di Gesù, che invece rimane l’insegnamento del Vangelo. Le condizioni proposte vogliono unicamente rendere possibile la convivenza fra cristiani di diversa provenienza (cf Gal 2,11-15).

SALMO
Questo salmo sottolinea – in risposta alla 1ª lettura – l’universalità del Vangelo (si noti la terminologia universalista: terra, genti, nazioni: “Lo temano tutti i confini della terra”).

SECONDA LETTURA
È tratta dalla visione finale della nuova Gerusalemme nell’Apocalisse (21,9–22,5). È il seguito della lettura della 5a domenica. Dopo il giudizio del mondo compare, splendore del nuovo mondo, la Città santa.
Già nell’Antico Testamento Gerusalemme non era soltanto la capitale politica, bensì il luogo di adorazione di Dio.
Nel Nuovo Testamento, Gerusalemme è il luogo della morte e risurrezione di Cristo, il luogo della Pentecoste, il luogo delle origini, della nascita. La nuova Gerusalemme è l’espressione del nuovo popolo di Dio, nel suo compimento e nella sua pienezza.
La nuova Gerusalemme viene descritta con immagini prese dai profeti (Isaia ed Ezechiele). Già nell’Antico Testamento il numero 12 era un segno di pienezza per il popolo di Dio.
La nuova Gerusalemme realizza ciò che al presente può essere annunciato soltanto con simboli e segni. Quando Cristo tornerà, i simboli saranno superflui, perché la presenza della realtà divina sarà evidente.

VANGELO
Questo passo del discorso dopo la Cena (finale della prima parte) è la risposta a una domanda di Giuda Taddeo: “Signore, come è accaduto che devi manifestarti a noi e non al mondo?” (v. 22). Una domanda spiegabile prima della Pentecoste. Gesù vi risponde annunciando la venuta dello Spirito.
Cristo se ne va (v. 26). Ma questa partenza è la condizione per una presenza nuova e diversa di Cristo nella Chiesa. Lo Spirito Santo non sostituisce Cristo, non occuperà il posto lasciato libero dalla sua partenza, anzi renderà Cristo più presente. Mandato dal Padre, in nome di Cristo: “Vi ricorderà tutto ciò che vi ho detto” (v. 26).
La pace portata da Gesù non è una coesistenza pacifica: è un dono del Signore che immerge il credente nella fiducia. Gesù ritornerà. È questa la speranza che lo Spirito dà alla Chiesa.


PER ANNUNCIARE LA PAROLA (piste di omelia)

La pace, la gioia…
Giovanni scrive verso la fine del I secolo, quindi molto tempo dopo la morte di Cristo. Innegabilmente i destinatari del suo Vangelo hanno dato con piena sincerità la loro vita a Cristo, nella fede. Le prove però non mancano: persecuzioni, errori dottrinali… Non è facile credere.
Si tratta d’una generazione che non ha conosciuto Cristo. Si sentono come orfani. Per la fede, l’invisibilità di Dio, la lontananza di Cristo nel tempo costituiscono sempre una difficoltà.
Altrove Gesù risponde (20,29): “Beati quelli che pur non avendo visto crederanno”. Qui è la stessa cosa: “Dovreste rallegrarvi perché vado dal Padre”. Gesù se ne va. Si tratta anzitutto della sua morte. Senza questo estremo annientamento non conosceremmo Dio, il suo amore illimitato, il suo perdono. Gesù se ne va. Ha finito di conversare visibilmente con i discepoli che ha fatto suoi amici. D’ora in avanti gli uomini dovranno mettersi alla ricerca del Dio del Vangelo, senza pensare di poterlo trattare con facile familiarità. La vera conoscenza di Dio suppone questo prezzo: “Se dici: lo conosco… non è lui” afferma sant’Agostino. Gesù se ne va. Ne consegue una maggiore vicinanza: in noi opera il suo Spirito. D’ora in avanti la ricerca umana, quando sia leale e fedele, è marcia verso Dio. Gesù non è più presente come un maestro. Si rimette alla nostra libertà, che col suo Spirito rende sensibili alla verità e all’amore.
Infine, in Cristo tornato al Padre l’uomo diventa religioso, capace di progressi meravigliosi nella conoscenza di Dio.
Cristo in realtà ha posto invisibilmente la sua dimora in mezzo a noi, fonte di pace e di gioia.

Le tradizioni e la tradizione
– Tutti ereditiamo certe usanze alle quali teniamo. Tali usanze, talvolta molto valide, ma non indispensabili, non sono identiche da una famiglia all’altra, da un paese all’altro.
– Ogni società durevole moltiplica le sue prescrizioni, i buoni consigli, le esigenze. “Il parroco di qualche nuovo Santo fa la sua predica sempre più pesante”, osserva il ciabattino. Altrettanti mezzi sicuri per giungere sempre meglio a Dio, si afferma.
– In questo modo si è sviluppata – Paolo ne è testimone – la legge di Israele, fino a pesare in modo insopportabile sulle spalle di coloro che volevano osservarla.
– Cristo era forse venuto ad aggiungere il suo aumento di esigenze a una tradizione già troppo pesante? Molto presto, fin dalle prime conversioni di pagani, la Chiesa si è posta questo problema che rimane tutt’oggi attuale. Le tradizioni di ogni origine, le usanze locali, le scoperte della pietà si sono fuse insieme, passando attraverso la “Tradizione”; e poi in Cina o in Africa hanno incontrato usanze e riti che sarebbe stato bene rispettare, addirittura favorire. C’è forse un ordine di Cristo che imponga di far diventare tutto ciò obbligo, cammino di salvezza?
– Riuniti a Gerusalemme, “gli apostoli e gli anziani” hanno, fin dalle origini, risolto il problema: la fedeltà a Cristo è cosa ben diversa dall’osservanza, di stile giudaico, delle innumerevoli prescrizioni accumulatesi nei secoli. Essa è una fede nel mistero vissuto da una persona mandata da Dio per condurci a lui. Facendo ciò, presentavano il cristianesimo nella sua originalità, sia in rapporto alle filosofie, sia in rapporto alle altre religioni.
– Per ogni cristiano e per ogni comunità, rimane il dovere di verificare la propria fedeltà. Ma soprattutto per la Chiesa intera rimane il compito di garantire tale fedeltà, sia proclamandone la totale esigenza, sia liberandola da tutte le tradizioni che soffocano la voce della tradizione autentica, che è il ricorso permanente di tutte le generazioni a Cristo.


(tratto da: M. Gobbin, Omelie per un anno – vol. 1, anno C, tempi forti – Elledici 2003)

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4. Parola da Vivere – 6 Pasqua C, 26 mag ’19

CHI MI AMA OSSERVERÀ LA MIA PAROLA
Ogni realtà è invitata a diventare tenda accogliente di Dio Padre, Figlio e Spirito Santo. Tutto è dunque chiamato ad accoglierli, e onorarli. Questa è la Pace: non una tranquillità individuale, né la cupa quiete di un regime, ma la pienezza di un incontro e di una dimora comune. E conseguentemente ogni ambito della creazione e della storia diventa «tempio» dello Spirito: tutto è prezioso, ogni persona, anzi, il corpo di ogni persona, ogni gruppo ed etnia, ogni paese e cultura, ogni lingua e nazione, ogni evento piccolo e grande, ogni festa e ogni dolore… tutto è il luogo e il tempo dove Dio abita.


(tratto da R. Paganelli – Vivere la domenica aprendoci alla Parola, anno C, Elledici 2015)

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5. Preghiere dei Fedeli – 6 Pasqua C, 26 mag ’19

Gesù promette agli apostoli lo Spirito

Celebrante. Gesù ci ha descritto la futura comunità dei discepoli, guidata dallo Spirito e animata dalla carità. Nella Preghiera dei fedeli domandiamo al Padre di saper realizzare la nostra comunità di fede secondo il suo cuore.

Lettore. Preghiamo insieme e diciamo: Dio dell’amore e della pace, ascoltaci.

1. Preghiamo per la santa Chiesa. Coloro che sono chiamati a guidarla siano uomini di Dio, sempre docili ai suggerimenti dello Spirito Santo.
Perché si rendano sensibili alle esigenze e necessità dei fratelli, e diventino operatori di pace nel mondo, preghiamo.

2. Per i cristiani che nelle strutture sociali hanno compiti di responsabilità. Possono sentirsi tentati di pensare più al loro tornaconto che al bene comune. Ma l’autorità va vissuta come servizio.
Perché i responsabili cristiani sappiano ascoltare la voce dello Spirito che è in loro, e lavorare per i poveri realizzando una società più giusta, preghiamo.

3. Per questo nostro mondo senza pace. Molti dei paesi che si definiscono cristiani oggi appaiono ricchi e forse anche sfruttatori. Il loro benessere è motivo di invidia e odio, e causa di guerre.
Perché sappiamo condividere nella solidarietà il destino dei popoli mortificati dalla miseria, spartendo con loro i beni della terra, i valori dello spirito, e la pace, preghiamo.

4. Per quelli tra noi che si sentono sfiduciati, ignorati, sfruttati. L’egoismo del cuore umano è sovente causa di disuguaglianze e ingiustizie.
Perché questi sfiduciati incontrino la solidarietà fattiva dei cristiani più fortunati, e sentano nascere in se stessi la forza di risollevarsi a un livello di vita degno dei figli di Dio, preghiamo.

5. Per la nostra comunità (parrocchiale). La carità operosa è la tessera di riconoscimento dei veri discepoli del Signore.
Perché sappiamo partecipare attivamente qui e ora alla vita della nostra comunità di fede, ponendo fatti e non parole, preghiamo.

Celebrante. O Padre, ti preghiamo: suscita nel mondo tante comunità di cristiani docili all’insegnamento dello Spirito Santo, che sappiano essere messaggere del tuo amore nel mondo. Te lo chiediamo per Cristo nostro Signore.


(tratto da: E. Bianco, Preghiera dei fedeli, proposte per le domeniche e feste degli anni A-B-C – Elledici 2002)

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7. Aforismi – 6 Pasqua C, 26 mag ’19

Raccolta di aforismi o testi utili per la riflessione o l’approfondimento

UN PESANTE RIMPROVERO
Un filosofo indiano nostro contemporaneo, Sudhu Sundar Sing, ha scritto a proposito dei cristiani europei:
«Un giorno io stavo seduto sulla riva di un fiume. Presi dall’acqua un bel sasso rotondo, e lo spezzai. L’interno era perfettamente asciutto. Quel sasso giaceva in acqua da tanto tempo, ma l’acqua non era riuscita a penetrargli dentro. Allora pensai che la stessa cosa succede agli uomini in Europa. Da secoli il cristianesimo li circonda, ma non è penetrato, non vive in loro. L’errore non sta nel cristianesimo, ma nel cuore dei cristiani, che è impenetrabile come il duro sasso del torrente». (TOMMASO TOSCHI, Gandhi ai giovani, Ed. Emi 1983, pag. 166-167)


(tratto da: E. Bianco, All’altare di Dio – Anno C – Elledici 2009)