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2. Esegesi – 3 t.o. C, 27 gen ’19

(spunti di esegesi)

LO SPIRITO DEL SIGNORE È SOPRA DI ME

Neemia 8,2-4a.5-6.8-10 – Lesse il libro sulla piazza
1 Corinzi 12,12-30 – Siamo stati battezzati mediante un solo Spirito
Luca 1,1-4; 4,14-21 – Oggi si è compiuta questa scrittura

La Parola che genera
Questa domenica celebra la festa della Parola che è il segreto della presenza di Dio nella vicenda umana. Il popolo che il Libro di Neemia vede oggi radunato intorno alla Parola, popolo di uomini e donne, di grandi e di piccoli, viene plasmato nella sua esistenza reale, dal suo incontro con la Parola. Essa lo fa nascere, e lo fa essere quello che è. Essa è presente nella Creazione, perché tutto è stato fatto dalla Parola di Dio, ed è presente nella storia perché si racchiude in ogni evento piccolo e grande della vicenda umana. Il popolo di Dio deve la sua esistenza alla Parola di Dio. Una Parola che crea, che dà significato a tutto. L’ordinamento della vita di Israele poggia sulla Parola di Dio, che diviene forza che guida la sua storia. L’israelita si sentiva tanto dipendente, come vocazione e come destino, da questa Parola, che la sua preghiera quotidiana cominciava sempre allo stesso modo: «Ascolta Israele» (Dt 6,4-9).

La Parola confermata dallo Spirito
L’esordio del Vangelo di Luca che oggi ascoltiamo è un esempio molto concreto di come la Parola sia la protagonista che strappa i fatti dal loro semplice accadimento e ne rivela le fonti, le connessioni, la rilevanza positiva e negativa, e i fini. La Parola è il grembo materno della vicenda umana. Lo scopo della memoria scritta di Luca è quello di rendere il discepolo consapevole della solidità degli insegnamenti ricevuti e quindi di confermarlo nella fede. Per tre volte all’inizio del suo Vangelo Luca, descrivendo i movimenti di Gesù, ricorda lo Spirito: in 3,22 si dice che lo Spirito scende su Gesù; in 4,1 si dice che Gesù è condotto dallo Spirito nel deserto; qui lo Spirito si manifesta nella potenza della Parola. Il fatto avviene dentro la celebrazione ordinaria del sabato ebraico. La Parola stessa, fatta carne, è in cattedra, e il suo annuncio non è più profetico, ma direttamente rivelativo, è la Parola stessa che si comunica.

La Parola è Cristo Gesù
Ciò che è stato promesso ora si compie. In questa riconsegna della Parola il rotolo è aperto su Isaia 61,1. Gesù arriva al momento giusto perché la storia è arrivata al punto giusto. Se per Matteo il secondo Sinai è la montagna delle Beatitudini, per Luca lo è la sinagoga di Nazaret. E Gesù è puntuale  all’appuntamento, egli conferma: «Oggi si compie». La storia è giunta al suo punto di maturità. Quest’oggi riassume e compie tutto il tempo dell’attesa riassunto da Is 61. In Cristo Gesù tutte le profezie, tutta la Parola diventa carne e la liberazione degli schiavi, la libertà degli oppressi, la vista ridonata ai ciechi, sono possibili perché la potenza di Dio si incarna. Il tempo di grazia lo si può costruire quando l’ascolto della Parola diventa storia condivisa da coloro che scegliendo di seguire Gesù, sentono che la comunione si costruisce portando i pesi gli uni degli altri, quando arriviamo a sentirci corpo con ogni fratello e sorella che incontriamo nel cammino.

La Parola risposta ad ogni miseria
In Luca 4,18 si parla di poveri, di prigionieri, di ciechi, di oppressi. Sono quattro immagini che descrivono e riassumono bene la miseria dell’uomo di ogni tempo. Gesù è l’oggi di questo momento di grazia e di liberazione. In quest’annuncio è coinvolta la nostra vita. La vita di ciascuno di noi è una promessa, siamo in potenza ciò che di più bello, di più grande si possa realizzare. Il gesto di Gesù, condotto dallo Spirito, deve continuare nei suoi discepoli.
L’ascolto della Parola diventa vita e vita credibile, quando diventiamo «uno» nel corpo del Signore Gesù, segno visibile dell’amore del Padre, quando l’altro è così fortemente amato che non esiste più la mia e la sua vita, la mia e la sua fatica, la mia e la sua sofferenza o gioia, ma l’armonia profonda, dono di Dio, per cui se uno guarisce, guarisce tutta l’umanità. Dio ha conferito onore e rispetto ad ogni parte di questo corpo. L’onore che si deve a Dio e al Signore Gesù ora lo si deve anche ad ogni uomo: amatevi gli uni gli altri… gareggiate nello stimarvi a vicenda (Rm 12,10) e anche nell’onorare il vostro corpo (1Cor 12,21-23).

PER IL CONFRONTO NEL GRUPPO
– Che cosa genera in te la Parola?
– Ti senti capace di dire la Parola vera?

IN FAMIGLIA
A partire dalle tante parole che si sono dette durante la settimana o nel corso della giornata,
ogni membro della famiglia cerca di trovare quell’espressione che ha un senso più pieno.
Dal confronto con le letture si evidenzia la distanza tra noi e la proposta della liturgia
per trovare il modo di avvicinarsi e rendere quello che si dice più ricco di significato.

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3. Annunciare la Parola – 3 t.o. C, 27 gen ’19

1. PER COMPRENDERE LA PAROLA

Esdra diede una volta la legge ai Giudei ritornati dall’esilio e in tal modo ne formò nuovamente un popolo. Anche Gesù, come Esdra, reca la Buona Novella e fa nascere il nuovo popolo di Dio.

PRIMA LETTURA
Il brano riporta un avvenimento particolarmente importante nella storia del popolo di Dio. Dopo il ritorno dall’esilio, una volta ricostruito il Tempio, lo scriba Esdra fu incaricato di far conoscere e imporre ai Giudei la Legge di Mosè. Sembra che nel suo insieme il popolo l’avesse del tutto dimenticata.
Si trattò d’un’assemblea preparata con cura, lunga e solenne, di una liturgia della parola durata un’intera mattina e che ebbe bisogno di traduzioni e di commenti.
Assemblea mista: uomini, donne, ragazzi.
Assemblea attenta, pronta alle acclamazioni, ai gesti religiosi, alle prostrazioni. I forti “Amen” sono l’affermazione della fede.
La lettura della Legge provoca l’emozione e le lacrime (di emozione, di timore, di pentimento?), che sembrano sconcertare gli scribi… Esdra invece invita a celebrare l’avvenimento nella gioia e a trasformare in festa questo giorno consacrato al Signore. “La gioia del Signore è la vostra forza” non è soltanto una bella trovata letteraria: in realtà, la ricostruzione delle mura di Gerusalemme era stata finalmente terminata, dopo diversi tentativi falliti: esse erano una “forza” e quindi motivo di gioia.

SALMO
Questa 2a parte è l’elogio della legge del Signore: perfetta, sicura, verace, limpida, fedele e giusta. Colui che l’ascolta con semplicità ritrova la vita, la gioia, la luce. Colui che la canta nel suo cuore e sulla sua bocca ha il coraggio di avvicinarsi al Signore.

SECONDA LETTURA
Continua il brano della domenica precedente; vi ritroviamo la stessa preoccupazione per l’unità della Chiesa e per l’armonia nell’uso dei doni dello Spirito.
Unità della Chiesa: è il paragone del corpo. “Siamo stati battezzati in un solo Spirito per formare un solo corpo”.
Se pensiamo al fossato religioso che separava gli Ebrei dai pagani, al fossato sociale che separava gli uomini liberi dagli schiavi, misuriamo ancor meglio la forza unificante della fede e del battesimo. Tuttavia, le tentazioni di divisioni si collocano a un altro livello: proprio al livello dei doni dello Spirito che in qualche modo differenziavano i membri della Chiesa, come i diversi organi del corpo umano svolgono una differente, specifica funzione.
Perché ci sia armonia nell’uso dei doni dello Spirito è necessario che ognuno riconosca di aver bisogno del dono degli altri. Ognuno sperimenti la solidarietà che lo lega agli altri; nella sofferenza o nella gioia non si dimentichino gli altri. Tutti ammettano una gerarchia – che Paolo fissa con una certa precisione (certamente per stabilire un equilibrio per i Corinzi, che sembrano aspirare maggiormente ai doni spettacolari con danno dei doni più essenziali per la vita della comunità) – e tale gerarchia sia accettata umilmente. La cosa essenziale è che “voi siete corpo di Cristo e sue membra, ciascuno per la sua parte”.

VANGELO
Riporta anzitutto i primi quattro versetti del Vangelo di Luca, nei quali l’autore, come uno scriba fedele del nuovo regno, vuole ispirare fiducia nella qualità della sua opera. Questa è fedele alla tradizione (ci si può richiamare a Esdra, ugualmente preoccupato di comunicare al popolo la tradizione della legge di Mosè).
Segue poi la scena in cui Gesù, dopo il battesimo, si reca a Nazaret, entra nella sinagoga e viene invitato a presiedere la liturgia della Parola. Questa volta non si limita a un semplice commento del passato, ma vi annuncia la realizzazione della profezia di Isaia: l’oggi di Dio nella sua stessa persona, consacrata dallo Spirito.
Egli vi si presenta come il Profeta della Buona Novella per coloro che in un modo o nell’altro vivono nella miseria: i poveri, i prigionieri, i ciechi, gli oppressi.
È l’inizio d’un anno di benefici, non più soltanto un anno giubilare come nell’Antico Testamento, ma il Tempo messianico nel quale il Signore non smette di concedere i suoi benefici.

2. PER ANNUNCIARE LA PAROLA (piste di omelia)

La nostra legge è la legge del Signore?
Tutti siamo facilmente dei criticoni, eppure esigiamo leggi giuste. In campo religioso si può ancora parlare di legge? Gesù non è venuto a portare la libertà? È una cosa che ci piace ricordare! E tuttavia non si può negare la confusione quasi generale che nasce appena vengono meno regole precise, principi morali, ecc.
Il popolo ebraico, se non è sempre stato fedele alla legge, non ha conosciuto tale confusione. Gli scribi avevano appunto il compito di ricordare la legge di Mosè (cf 1a lettura). I suoi poeti religiosi erano felici di esaltarne i benefici (cf Salmo). Del resto la legge non era semplicemente un codice di prescrizioni, ma il richiamo dei doni di Dio, la proclamazione dell’Alleanza con lui.
E noi? Se non corriamo più il rischio di cadere nel legalismo, dobbiamo però ritrovare, al cuore della vita cristiana, la profonda necessità dell’obbedienza alla legge del Signore, all’Alleanza che ci unisce a lui. Non esiste fede senza sottomissione alla Parola. Non si può essere cristiani se non si è discepoli.
Chi ci guida alla scoperta della legge è lo Spirito. Egli ci fa comprendere la Parola in funzione degli avvenimenti di ogni giorno. Attraverso la Chiesa ci aiuta a trovare il cammino concreto della fedeltà.
Potessimo tutti, ogni giorno, mormorare nel nostro cuore, attento allo Spirito: “La legge del Signore è perfetta, rinfranca l’anima”.

Verso l’unità?
L’aspirazione all’unità, a tutti i livelli e sotto tutte le forme – nell’umanità, fra le nazioni, fra i diversi ambienti di vita, nell’intimo delle famiglie, ecc. – non è mai stata così forte. E, paradossalmente, mai ogni persona singola, ogni gruppo, ambiente, società ha mostrato tanto impegno a sviluppare la propria originalità, a conservare ciò che lo differenzia dagli altri.
Anche nella Chiesa esiste questo doppio movimento. Ritrovare l’unità dei cristiani, la cui divisione in confessioni chiuse appare scandalosa e motivo di sfiducia. Senza tuttavia che nessuna delle tradizioni cristiane perda alcunché dei propri doni particolari. A questo proposito, l’ecumenismo ha fatto grandi passi. Allo stesso modo, all’interno della Chiesa cattolica si cerca l’unità, sempre difficile, nel rispetto di tutte le differenze. La gioia del Signore sia la nostra forza contro l’asprezza delle divisioni!
È il momento di ricordare l’insegnamento di Paolo: il bisogno, la solidarietà, la gerarchia, l’umiltà che devono esistere tra le membra del corpo di Cristo (vedi sopra).
Se la Chiesa vivrà questa difficile unità, potrà dare il suo contributo all’unificazione degli uomini nella vita sulla terra.

Portatori della Buona Novella
Quando gli Israeliti sentirono leggere la legge di Mosè, si misero a piangere: timore di Dio, emozione nel ritrovarsi a Gerusalemme finalmente ricostruita? Neemia dovette invitarli a vincere tale commozione per rallegrarsi di essere il popolo consacrato al Signore!
Noi non siamo qualche volta piuttosto refrattari alla festa, alla gioia, portati a veder nella nostra fede e nelle sue esigenze certamente una nobile vocazione, ma anche una forma di austerità che ucciderebbe la gioia di vivere? In realtà, noi siamo stati educati in una spiritualità del dovere, la quale, se mal capita, può andare in questa direzione.
Anche se noi personalmente abbiamo superato questa tentazione e troviamo la nostra gioia nella legge del Signore, è innegabile che, per molti increduli e lontani, l’essere cristiano non è allegro!
È il caso di rivivere la scena del Vangelo, di ascoltare Cristo che si presenta come liberatore, benefattore, portatore di un messaggio di gioia. Sia per lasciarci prendere da meraviglia di fronte a tutto ciò che riceviamo di fatto, sia per metterci alla scuola di Cristo, anche noi abbiamo ricevuto l’unzione dello Spirito; è la Buona Novella che dobbiamo portare, concretamente, agli uomini nostri contemporanei.

Da “Omelie per un anno 1 e 2” – Anno B – a cura di M. Gobbin – Elledici

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4. Ti Spiego la Messa

Prepariamo i nostri piccoli alla comprensione delle parti della Santa Messa


(N. 10 – 20gen2019) La chiesa.


(N. 9 – 13gen2019) I Simboli della liturgia.


(N. 8 – 30dic2018) I collaboratori.

La liturgia è un azione comunitaria. La celebrazione dell’Eucarestia è sempre valida anche se e quando il sacerdote si ritrova a celebrarla da solo.
Ma il senso di comunità, tanto nei giorni feriali quanto in quelli festivi, risalta e riempie i cuori nella varietà dei ministeri, ossia dei compiti che ciascun fedele svolge.
Gli addetti a servizio all’altare, in maniera sempre composta, silenziosa, con movimenti sobri e incedere soave in tutti gli spostamenti e i passaggi
(evitando di attirare l’attenzione su di sè con acconciature o abbigliamento stravagante,
con fare distratto o disordinatamente affaccendato, colpi di tosse ricorrenti, risolini, ecc…)

contribuiranno, come degli angeli, a far convergere tutta l’attenzione
sull’ascolto della Parola dall’ambone
e nel rivivere all’altare l’Ultima Cena di Gesù.
Il coro ben guidato, si occupa di abbellire i vari momenti della messa cercando di invogliare l’assemblea al canto senza sostituirsi ad essa completamente.
Gli strumentisti accompagnano il canto, con l’attenzione che il volume della musica non sovrasti quello delle voci.
lettori, consapevoli del compito di prestare la loro voce affichè la Parola di Dio giunga chiara e ben impostata alle orecchie dei fedeli,
devono far attenzione che le labbra siano ben allineate col microfono, adeguatamente funzionante con tutto l’impianto di amplificazione.
Ed è preferibile che, avendo letto in anticipo i testi che andranno a proclamare, chiedano consiglio di come si pronunciano alcune parole di uso non frequente o nomi particolari.
Coloro che accompagnano la processione offertoriale, hanno cura di recarsi in tempo nei pressi del tavolino da dove prenderanno pane, vino e altri segni utili.
Allo stesso modo, gli incaricati di svariati altri compiti (raccolta delle offerte, distribuzione di libretti dei canti, foglietti per la messa, avvisi settimanali, ecc…)
devono far tutto con spirito di servizio e non con il sottile intento di mettersi in mostra…
la gran parte dei fedeli presenti, pur non avendo compiti particolari, contribuirà all’edificazione vicendevole
attraverso una partecipazione attenta, rispondendo alle acclamazioni, mettendo a tacere il telefonino…

In una liturgia ben preparata, ben curata e ben partecipata
tutti si è al servizio gli uni degli altri,
nessuno è indispensabile,
tutti spossono rendersi utili…
per vivere al meglio e sempre fruttuosamente il proprio incontro con il Signore Gesù!


(N. 7 – 23dic2018) I Colori della Liturgia.

I paramenti del sacerdote, come i veli che ricoprono l’ambone e orlano l’altare, cambiano di colore a seconda del periodo liturgico o della festività del giorno, come è indicato nello specchietto di seguito…


(N. 6 – 16dic2018) La Liturgia Eucaristica…

…si sta avviando verso la Comunione. Il sacerdote invita TUTTI i fedeli, quelli che facendo la comunione riceveranno Gesù e quelli che per diverse situazioni se ne asterranno, ad unirsi spiritualmente a Lui. Con l’ “Agnello di Dio", chiediamo ancora perdono a Colui che ha dato la sua vita a motivo dei nostri peccati per riconciliarci col Padre, riconoscendoci bisognosi di tutto questo e desiderosi della sua pace.

Mostrando ancora ai fedeli l’ostia sacra e spezzata (si ricorda così il Cristo crocifisso), il celebrante introduce le parole cariche di fede del centurione (uomo di per sé non appartenente al popolo eletto!) che tutti facciamo nostre: chi si trova nell’incertezza di poter accedere alla comunione (pur non avendo peccati gravi) affinché superi il suo senso di indegnità e aderisca con slancio all’invito di Gesù (non siamo noi che “facciamo" la comunione… è Gesù che si dona!); e chi vive situazioni di vita non compatibili con il senso profondo dei sacramenti (ai quali, per questo, non può accedere) affinché viva la comunione “spirituale" e invochi l’aiuto dall’alto per vivere con rettitudine la sua vita.

La processione verso la comunione, accompagnata dal canto e dal raccogliemento, resta l’immagine della Chiesa in cammino verso Cristo. Ancora un atto di fede viene richiesto nell’atto di ricevere l’Eucarestia (sulle mani ben aperte o direttamente in bocca): pronunciare la parola “Amen(="Si, è così, credo che questo è il Corpo di Cristo!"). La compostezza del momento, poi, impone che non si facciano inchini, che non si sposti la testa, che non si faccia uno scatto all’indietro, che ci si allontani dalla parte esterna della fila senza intralciare gli altri fedeli, che non si facciano svariati metri con l’ostia in mano prima di portarla alla bocca. Tornando al posto, ci si raccoglie in silenzio o ci si accorda con i canti di comunione o di ringraziamento. Normalmente, quello che fanno i ministri nel loro compito di riordinare l’altare o di riporre nel Tabernacolo le ostie avanzate, non dovrebbe interessare: ciascuno prega il Signore presente nel Sacramento e appena ricevuto nel proprio corpo.

Queste semplici raccomandazioni ci fanno concludere la terza parte della messa e ci fanno passare direttamente all’ultima: il Rito di Conclusione.

1. Qualche avviso aiuta a tenere il passo con gli appuntamenti della vita della comunità.

2. La preghiera conclusiva riprende il tema della liturgia ed esorta ad un rinnovato impegno nella vita.

3. La benedizione finale infonde l’incoraggiamento di Dio a perseverare senza indugi nella vita di fede.

4. Le parole di congedo e il canto finale sciolgono l’assemblea e ci ricordano che la messa, intesa come “incontro con Cristo" prosegue nella vita di ogni giorno, al di fuori della chiesa e al di là di tempi “riservati" per pregare Dio.

SE LA MESSA È STATA VISSUTA CON PARTECIPAZIONE E RACCOGLIMENTO,
se si sarà tenuto il telefonino spento…
se non ci si è distratti con pensieri inutili…
se non si è passato il tempo a chiacchierare…
se non si è passato tutto il tempo a guardare l’orologio…
SI USCIRÀ DALLA CHIESA MIGLIORI DI COME SI È ENTRATI,
PIÙ DISPONIBILI AD AMARE E SERVIRE DIO E IL PROSSIMO,
PIÙ RICCHI NELLO SPIRITO E RADIOSI IN VOLTO,
INTIMAMENTE CONVINTI CHE “SENZA LA MESSA NON È DOMENICA",
CHE SENZA LA MESSA IL CRISTIANO NON PUÒ STARE.




(N. 5 – 9dic2018) Proseguendo in questa terza parte della messa, la Liturgia Eucaristica…

…ci ha fatto appena rievocare il festoso ingresso di Gesù a Gerusalemme, tra i cori del “Santo".

Ora siamo nel Cenacolo, con gli Apostoli, accanto a Gesù, da Lui invitati a rivivere la sua Ultima Cena. Questa parte della messa è un’altra splendida invenzione del Signore: noi tutti duemila anni fa non eravamo presente nell’atto culminante della Storia della Salvezza. Ma QUELL’EVENTO, grazie alla liturgia, ci raggiunge nell’oggi: nella persona, per le mani e la voce del sacerdote, e grazie all’azione dello Spirito Santo vivo e operante nella vita della Chieda e nei Sacramenti, Gesù stesso cambia il pane e il vino nel suo vero corpo e nel suo vero sangue. Propriamente, non è una “trasformazione" del pane e del vino (dal momento che proprio la “forma" resta la stessa!): ma un “cambiamento della sostanza". Oh povertà del nostro linguaggio che ci fa dire in maniera imperfetta “pane e vino si trasformano in Gesù“…! Dovremmo imparare a dire che “si transustanziano in Gesù“…, ma capiamo che si tratta di un linguaggio un po’ difficile. L’importante, però, è che i fedeli piccoli e adulti con gli occhi della fede vedano e capiscano quello che avviene sull’altare. Gesù è qui!

E le parole della Preghiera Eucaristica ci invitano ad associarci al grande ringraziamento di Gesù al Padre per aver amato ciascun uomo nel crearlo libero e nell’averlo salvato da quel cattivo uso della sua stessa libertà che chiamiamo “peccato“. Da figli disobbedienti e bricconcelli quali siamo, meriteremmo solamente castighi e punizioni… e invece Lui ci perdona continuamente e pazientemente aspetta che lo riamiamo – finalmente, liberamente, convintamente – come Padre!

Il sacerdote invita a riconoscere tutto questo: è “Mistero della Fede!" e noi come assenso pieno rispondiamo insieme “Annunciamo la tua morte, Signore / proclamiamo la tua Resurrezione / nell’attesa della tua venuta!“.

Seguono preghiere per il papa, i vescovi, i sacerdoti e l’unità dei cristiani … il ricordo dei defunti … l’invocazione dei santi a protezione del nostro stesso cammino terreno verso il Regno dei Cieli.

Tutto viene riassunto nell’offerta che il sacerdote rivolge alzando il corpo e il calice con il sangue di Gesù, e insieme con Lui anche noi CI OFFRIAMO al Padre con un convinto “AMEN!“.

Il Padre Nostro e lo Scambio della Pace esprimono il nostro riconoscerci suoi Figli e fratelli tra di noi proprio grazie a Gesù.  (segue)


(N. 4 – 2dic2018) E siamo alla terza parte della messa: la Liturgia Eucaristica.

Mentre il ministro (sacerdote o diacono) stende sull’altare il “corporale" (=un quadrato di stoffa rigida che accoglierà i sacri vasi contenenti il Corpo di Cristo), dal centro o dal fondo della chiesa vengono portate le offerte: il pane e il vino da consacrare, il denaro o ceste di viveri per le necessità della chiesa e per i poveri, alcuni oggetti simbolici (che sarà bene accompagnare da una spiegazione) indicanti l’offerta spirituale dell’assemblea a seconda del tema del giorno o di un particolare periodo liturgico. Si abbia cura di distinguere ciò che è “offerto" a Dio, da ciò che è segno di qualcos’altro (un impegno, un atteggiamento che si vuole assumere, ecc…): ad esempio, il pallone portato all’altare non viene “offerto", dal momento che poi viene nuovamente adoperato per il gioco, ma viene indicato come simbolo di amicizia, di fraternità, di rispetto del prossimo, o altro. E lo stesso dicasi per un cartellone, una lampada, un mappamondo, lo zaino con i libri di scuola, e così via.
Comunque venga organizzata la processione offertoriale, in questo momento della messa ciascun fedele, interiormente, offre e depone ai piedi dell’altare la sua stessa vita: le proprie opere buone, le proprie sofferenze, qualche preoccupazione, qualche sacrificio accettato come penitenza o come atto di amore per il prossimo… Nulla di ciò che si sta vivendo è estraneo né di poco conto agli occhi di Dio! Raccogliersi in preghiera e unire la propria vita all’offerta che Gesù fa di se stesso al Padre fa pienamente parte del significato profondo della messa e di una partecipazione viva, intensa e fruttuosa.

Oltre al vino, il sacerdote lascia cadere nel calice alcune goccioline d’acqua, accompagnando il gesto dalle parole sottovoce
L’acqua unita al vino sia segno della nostra unione
con la vita divina di colui
che ha voluto assumere la nostra natura umana
“.
   San Cipriano di Cartagine (III sec.) in una delle sue lettere, indirizzata a Cecilio, legge in questo gesto la mescolanza dell’umanità con il Cristo:
Se qualcuno offrisse solo vino,
il sangue di Cristo inizierebbe a essere senza di noi.
Se invece ci fosse solo acqua,
allora il popolo inizierebbe a essere senza Cristo
” (Epistola 63,13).
Anche san Tommaso D’Aquino (XIII sec.) nella Summa theologiae difende quest’uso, dandovi quattro ragioni differenti, tra cui quella di significare l’unione del popolo cristiano con Cristo.

Con la Preghiera sopra le offerte, il sacerdote invita l’assemblea a vivere con fede la fase successiva della messa: la grande preghiera eucaristica. (segue)


(N. 3 – 25nov2018) La seconda parte della messa (Liturgia della Parola) prevede, ancora:

(oltre a: 1. l’ascolto della Parola di Dio
2. la spiegazione da parte del celebrante, comunemente detta “omelia“, già trattati…)

3. la recita del Credo
4. le Preghiere dei Fedeli.

Alla Parola di Dio proclamata, ascoltata, spiegata, applicata alla vita e accolta come dono di Dio in persona, segue qualche istante di SILENZIO. Questo tipo di pause meditative tra un momento e un altro della messa, normalmente, non devono essere vissute con disagio, perplessità, incertezza… come se stesse accadendo qualcosa di strano o qualcuno si fosse dimenticato qualcosa di necessario e vi si stesse provvedendo… No! Le pause sono utilissime per l’interiorizzazione di quanto si sta vivendo o di una parola che ha colpito particolarmente. Così è dopo l’omelia del celebrante.
– La prima risposta dell’assemblea al Signore è, così, la proclamazione della nostra fede: di domenica in domenica ci ricordiamo e rafforziamo la convinzione nelle verità contenute nel CREDO. A seconda del periodo liturgico o del tipo di celebrazione, il Credo può essere espresso nella formula (abituale) del Simbolo Niceno-Costantinopolitano, oppure in quella del Simbolo degli Apostoli (più breve), o ancora mediante la formula interrogativa delle Promesse Battesimali (pag. 180 del Messale Romano).
– La seconda risposta è poi la serie di PREGHIERE DEI FEDELI, lette solitamente dal foglietto ufficiale dell’assemblea, oppure (meglio!) preparate dal Gruppo Liturgico parrocchiale o a turno dai vari gruppi, associazioni o movimenti incaricati di animare la liturgia. Solitamente la prima di queste preghiere è espressa a beneficio della Chiesa universale, la seconda è formulata per varie categorie del genere umano (governanti, nazioni, fedeli di altre religioni, professioni varie, ecc…), le altre  considerano situazioni contingenti, del posto o di ricorrenze particolari, alla luce degli spunti e dei temi offerti dal Vangelo. Ci si ricordi però che oltre alle preghiere che vengono “lette", anche Dio legge nei nostri cuori le preghiere che ci portiamo dentro, per il prossimo, per le persone che ci sono care, per i defunti che amiamo ricordare e anche per le nostre necessità. Sarà dunque bene che il celebrante riservi degli istanti di silenzio prima di riassumere tutto nell’orazione conclusiva. Il canto di offertorio chiude la Liturgia della Parola e introduce la Liturgia Eucaristica. (segue)


(N. 2 – 18nov2018) La seconda parte della messa prevede:

1. l’ascolto della Parola di Dio
2. la spiegazione da parte del celebrante, comunemente detta “omelia"
3. la recita del Credo
4. le Preghiere dei fedeli.

Soffermandoci questa domenica sui primi due punti, va detto che l’assemblea deve prestare la massima attenzione a ciò che viene letto: non sono puri e semplici modi di dire, o fatti e fatterelli del passato… è Dio che ci parlaè la Storia della Salvezza che ci raggiunge nell’oggi! sono le opere di Dio compiute nel tempo attraverso il popolo eletto e giunte a compimento nel dono del Messia atteso che ha rivelato il volto di Dio, che ha realizzato la salvezza dell’uomo, che ha rivelato all’umanità il suo destino eterno!

Tutto ciò non può e non deve trovarci ascoltatori annoiati, distratti, frettolosi… E tutta l’assemblea deve favorire l’ascolto attento (lettori ben preparati, pause di silenzio tra una lettura e l’altra, microfoni funzionanti e senza interferenze fastidiose, ecc…) e ridurre al minimo i fattori di distrazione (rumori di ogni genere, cigolii di porte, inginocchiatoi ribaltabili, sedie che si spostano, persone che vanno e vengono, squilli di cellulare, ecc…).

Nel libro del profeta Amos la Parola di Dio è paragonata ad un ruggito: «Il Signore ruggisce da Sion e da Gerusalemme fa udire la sua voce» (Am 1,2). Questo ruggito è una vera e propria manifestazione di Dio, come la voce del tuono: «Ruggisce il leone: chi non trema? Il Signore ha parlato: chi può non profetare?» (Am 3,8). Così, l’assemblea deve accogliere la proclamazione delle Sacre Scritture come il dono che Dio ci fa oggi, nel contesto storico e personale che stiamo vivendo adesso: qui ed oggi Dio ci parla, Dio mi parla. E a ben guardare, ad ogni partecipazione attenta alla messa vi è sempre almeno una frase, una parola, un’espressione, un dialogo, un insegnamento… che viene a nutrire la mia, la nostra vita spirituale; che viene a consolarmi da una pena; che mi è di stimolo per la mia fede; che illumina la mia situazione di coscienza e i rapporti col prossimo; che mi fa apprezzare di più il fascino della persona di Gesù. Ed ha il potere di renderci migliori e di accrescere la nostra amicizia con Dio!

Solitamente il Vangelo è collegato, richiamato o preparato dalla Prima lettura, che è tratta dall’Antico Testamento e alla quale l’assemblea esprime il suo assenso mediante i versetti del Salmo, detto appunto “responsoriale", cioè “di risposta" a quanto ascoltato; la Seconda lettura (presa dalle Lettere apostoliche, o dagli Atti degli Apostoli o dal Libro dell’Apocalisse), invece, non è necessariamente collegata al tema della domenica.

Al sacerdote, poi, il compito di spiegare le letture, di attualizzare la Parola di Dio, di sviluppare il tema del giorno, facilitando l’applicazione alla vita che ciascuno farà da parte sua. E di farlo in tempi ragionevolmente contenuti, con un linguaggio comprensibile e capace di far presa sull’uditorio, con un tono per lo più esortativo e mai colpevolizzante, senza pensare di sostituirsi all’azione dello Spirito di Dio che parla ai cuori. L’omelia va preparata, e non improvvisata sul momento come attingendo ad un repertorio. Va pregata e meditata già lungo la settimana. E i contenuti, gli esempi, i modi vanno calibrati alla tipologia di assemblea che si ha davanti.

Per quanto importante (se non addirittura strategico, in ottica di una pastorale ben curata!), tuttavia da parte dei fedeli questo momento della messa costituisce un elemento accessorio e non essenziale del proprio personale incontro con Gesù nell’Eucarestia. Il fedele dalla spiritualità matura benedirà in cuor suo il Signore per un’omelia gradevole, interessante, ben fatta, ricca di spunti utili… E saprà anche offrirla come forma di penitenza se l’avrà trovata lunga, noiosa e inconcludente…! (segue)



(N. 1) Da questa domenica 11 novembre 2018 (32a del Tempo Ordinario “B") in due riquadri per volta, proponiamo una semplice presentazione delle parti della messa e del loro significato (utile anche per giovani e adulti!). Buona catechesi!

PRESENTAZIONE GENERALE
Non siamo noi che “andiamo a messa": è Gesù stesso che ci rivolge l’invito di prender parte alla sua Ultima Cena, e lo fa attraverso la persona del Sacerdote che “gli presta" gesti e voce. Gesù vuole associarci alla sua grande preghiera di ringraziamento che rivolge al Padre, affinché pure noi diventiamo più simili a Lui nell’ascolto della sua Parola e nell’offerta di noi stessi a Dio e al prossimo. Per questo la messa è il luogo privilegiato per il nostro personale incontro con Gesù vissuto nella fede.

La “messa" o Celebrazione dell’Eucaristia si compone di QUATTRO PARTI (a loro volta comprendenti diversi momenti):
I. i Riti di Introduzione
II. la Liturgia della Parola
III. la Liturgia Eucaristica
IV. i Riti di Conclusione

Fanno parte dei riti introduttivi:
1. il Canto Iniziale (scelto solitamente in modo da dare il tono generale al tema della domenica);
2. il Saluto del Celebrante, (che dopo il Segno della Croce(*) saluta ed esorta i fedeli alla partecipazione viva e attenta);
3. l’Atto Penitenziale (che, se vissuto con la giusta devozione, comporta la remissione dei peccati veniali: tale remissione non è “automatica", perché frequentemente lo si compie con totale distrazione… ma se si partecipa con le dovute disposizioni, tutta la Messa produce come effetto la remissione dei peccati veniali – Catechismo della Chiesa Cattolica n. 1394 – pur restando vivamente raccomandato, anche per questa remissione, accostarsi al Sacramento della Riconciliazione);
4. il canto o la declamazione dell’Inno di Gloria;
5. la Preghiera di Colletta, che raccorda gli animi di ciascun fedele con lo spirito generale dell’Assemblea, e conclude la parte iniziale della messa richiamandone il tema portante.

È anche bene che i lettori della Parola di Dio (o, prima di essi, quelli delle introduzioni) attendano alcuni secondi prima di cominciare, in modo che tutti si siano seduti e non ci siano rumori che pregiudichino o impediscano un ascolto attento.

(*) Il Segno di Croce (mano sinistra sul petto)
 Nel nome del Padre… (ci tocchiamo il capo perché Lui è in alto, è colui che ci ha creati. Ed è il centro dei nostri pensieri e della nostra intelligenza.)
• e del Figlio… (mettiamo la mano sul cuore perché Gesù ci ha amati talmente tanto da dare la sua vita per noi. Si è incarnato, è morto e risorto per la nostra salvezza)
• e dello Spirito Santo… (la nostra mano tocca le spalle perché lo Spirito Santo, il dono di Gesù risorto per noi, rappresenta l’abbraccio di Dio)

► da una catechesi di papa Francesco, all’Udienza Generale del 18 aprile 2018. (segue)

 

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5. Parola da Vivere – 3 t.o. C, 27 gen ’19

La Parola da vivere durante la settimana:

LO SPIRITO DEL SIGNORE È SOPRA DI ME
La missione di Gesù non è soltanto la notificazione di una bella notizia, la comunicazione di verità fino ad allora ignote all’uomo. È una predicazione che produce in realtà ciò che dice: «Oggi si è adempiuta questa Scrittura che voi avete udita con i vostri orecchi» (Lc 4,21); è un’informazione che cambia la vita di chi l’ascolta: «sulla tua parola getterò le reti» (Lc 5,5). La Parola di Dio si fa risposta nell’amore: «Se uno mi ama, osserverà la mia parola» (Gv 14,23). Allora ognuno può dire per sé e per gli altri: oggi, in me, in te, in ognuno, si compie questa Scrittura, perché abbiamo riconosciuto che lo Spirito del Signore è sopra di noi.

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6. Preghiere dei Fedeli – 3 t.o. C, 27 gen ’19

Gesù nella sinagoga di Cafarnao

Celebrante. Come quelli di Cafarnao nella loro sinagoga, anche noi ci siamo raccolti qui ad ascoltare la Parola del Signore. Nella Preghiera dei fedeli gli domandiamo di saperla accogliere in noi, e di farne la norma della vita.

Lettore. Preghiamo insieme e diciamo: La tua Parola, Signore, sia luce sul nostro cammino.

1. Preghiamo per il Papa, i vescovi, i sacerdoti, che nella Chiesa di Dio hanno il compito di annunciare ovunque e a tutti il Vangelo.
Perché essi siano compenetrati dalla verità di Cristo, e capaci di riesprimerla in modo comprensibile e convincente, preghiamo.

2. Per i missionari al lavoro apostolico dove sorgono le nuove chiese locali, e dove Cristo non è ancora conosciuto.
Perché essi siano pagine vive del Vangelo, e sappiano annunciare – come lo stesso Gesù – «il lieto messaggio ai poveri, la liberazione ai prigionieri, ai ciechi la vista, la libertà agli oppressi», preghiamo.

3. Per i catechisti, gli insegnanti di religione, gli animatori dei gruppi in parrocchia. Essi sono considerati – e a volte anche chiamati – maestri della fede: come Gesù, Maestro a Cafarnao e in Palestina.
Perché si lascino rinnovare dal loro incontro con la Parola del Signore, e poi svolgendo il loro lavoro sappiano diffonderla con efficacia, preghiamo.

4. Per i cristiani che dubitano. Non pochi sono di fatto increduli che vorrebbero credere, e non pochi cercano forse con passione sincera la verità.
Perché si imbattano in cristiani coerenti, a contatto con loro riscoprano i valori della fede, e giungano a dare un assenso totale al Signore, preghiamo.

5. Per la nostra comunità (parrocchiale). Dalle generazioni che ci hanno precedute su questo territorio, abbiamo ereditato il valore inestimabile del Vangelo, e ogni domenica ci raccogliamo qui in chiesa per approfondirlo.
Perché l’ascolto della Parola ci porti a scoprire il ruolo specifico che ciascuno di noi ha da svolgere nella costruzione della Chiesa, preghiamo.

Celebrante. O Padre, tu ci invii sempre Cristo, tua Parola vivente. Concedi anche a noi, che partecipiamo a questa Eucaristia, la gioia di testimoniare nel monotono quotidiano questa tua Parola che accogliamo nella fede. Te lo chiediamo per lo stesso Cristo, nostro Signore.

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7. Vignetta di RobiHood – 3 t.o. C, 27 gen ’19

OGGI SI ADEMPIE LA SCRITTURA

(per scaricare sul tuo pc l'immagine in formato grande e colorabile, cliccaci sopra col tasto destro del mouse e scegli “Salva immagine con nome“)

Pubblicazioni di Roberto Benotti (RobyHood) presso Elledici:

Laudati sii

Ancilla Domini

Un anno straordinario

Sorrisi divini

I Love Francesco

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8. Aforismi – 3 t.o. C, 27 gen ’19

GESÙ NELLA SINAGOGA DI NAZARET
La città Nazaret.
* Sappiamo da Giovanni (1,45) che Gesù era «il figlio di Giuseppe, di Nazaret». Lo chiamavano il Nazareno, ma di tale qualifica non c’era da vantarsi troppo, perché il villaggio godeva di ben scarsa reputazione. Secondo la testimonianza rilasciata da Natanaele, «Da Nazaret può venire qualcosa di buono?» (Gv 1,46).
Comunque Gesù trascorse a Nazaret i trent’anni della sua vita nascosta. E prima, nel villaggio erano avvenute l’Annunciazione e l’Incarnazione. Piccolo villaggio, ma per i cristiani di importanza enorme.
* Ora Nazaret conta 60.000 abitanti, di cui 25.000 cristiani. Nella parte vecchia i pellegrini sono condotti a visitare la Basilica dell’Annunciazione, e gli scavi dell’antico villaggio con relativo museo. Una cripta medioevale conserva la sorgente d’acqua oggi chiamata «Fontana della Vergine», che poteva essere stata il lavatoio del villaggio, a cui Maria e Gesù dovettero attingere tutti i giorni l’acqua fresca. I pellegrini sono condotti anche a percorrere la «Via Paolo VI», dedicata al Papa in ricordo del pellegrinaggio da lui compiuto.

La sinagoga di Nazaret.
* Della sinagoga di cui parla il Vangelo non rimane traccia, solo viene indicato il probabile sito. Dopo l’occupazione musulmana avvenuta nel 638, i cristiani furono allontanati dal posto, e ora vi sorge la Moschea Bianca. Eppure lì sarebbe stata la sinagoga frequentata per trent’anni da Gesù.
* Le origini delle sinagoghe non sono molto chiare. Ma si sa che sul finire del 1° secolo esistevano in tutta la Palestina e nella diaspora queste sale di ritrovo, luoghi di preghiera e case di studio (cf At 15,21). Erano anche scuole per i ragazzi, e quella di Nazaret dovette essere la scuola in cui Gesù apprese a leggere le pergamene e conobbe le Scritture.

Gesù nelle sinagoghe.
* Luca nel Vangelo ci presenta Gesù all’inizio del suo ministero come israelita osservante, che di sabato frequentava le sinagoghe, e spiegava alla gente la Legge e i Profeti (4,15.31).
* A Nazaret – dice Luca nel Vangelo odierno – Gesù «si alzò a leggere». Gli fu dato il rotolo del profeta Isaia. Nelle liturgie del Sabato venivano fatte almeno due letture, cioè «la legge [Toràh] e i profeti».
* Prima dell’invenzione del libro, le Scritture venivano fissate su pergamene o velli, e arrotolate alle due estremità su due fusi. Per trovare un dato passo si teneva con una mano un fuso facendo scorrere la pergamena, e con l’altra mano la si riavvolgeva sull’altro fuso. A Gesù dunque quel giorno fu affidato il compito di scegliere il brano, di leggerlo e commentarlo. E scelse con saggezza divina.

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9. Canto Liturgico – 3 t.o. C, 27 gen ’19

Ecco a voi questa settimana un canto per la COMUNIONE

PANE VIVO SPEZZATO PER NOI – J.Akepsimas, E.Costa
(Nella Casa del Padre – Elledici)

Rit. Pane vivo, spezzato per noi,
a te gloria, Gesù!
Pane nuovo, vivente per noi,
tu ci salvi da morte!

1. Ti sei donato a tutti, corpo crocifisso;
hai dato la tua vita, pace per il mondo.

2. Hai condiviso il pane che rinnova l’uomo;
a quelli che hanno fame tu prometti il regno.

3. Tu sei fermento vivo per la vita eterna.
Tu semini il Vangelo nelle nostre mani.

4. Venuta la tua ora di passare al Padre,
tu apri le tue braccia per morire in croce.

5. Per chi ha vera sete cambi l’acqua in vino.
Per chi si è fatto schiavo spezzi le catene.

6. A chi non ha più nulla offri il vero amore:
il cuore può cambiare se rimani in noi.

7. In te riconciliati, cielo e terra cantano!
Mistero della fede: Cristo, ti annunciamo!

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10. Narrazione – 3 t.o. C, 27 gen ’19

IL SANTO

Un sant’uomo passeggiava per la città quando si imbatté in una bambina dagli abiti laceri che chiedeva l’elemosina.
Rivolse il pensiero al Signore: «Dio, come puoi permettere una cosa del genere? Ti prego, fa’ qualcosa».
Alla sera il telegiornale gli mostrò scene di morte, occhi di bambini moribondi e corpi straziati.
Di nuovo pregò: «Signore, quanta miseria. Fai qualcosa!».
Nella notte, il Signore gli disse chiaramente: «Io ho già fatto qualcosa: ho fatto te!»

Tocca a te.