Prepariamo i nostri piccoli alla comprensione delle parti della Santa Messa
(N. 1) Da questa domenica 11 novembre 2018 (32a del Tempo Ordinario “B”) in due riquadri per volta, proponiamo una semplice presentazione delle parti della messa e del loro significato (utile anche per giovani e adulti!). Buona catechesi!
PRESENTAZIONE GENERALE
Non siamo noi che “andiamo a messa”: è Gesù stesso che ci rivolge l’invito di prender parte alla sua Ultima Cena, e lo fa attraverso la persona del Sacerdote che “gli presta” gesti e voce. Gesù vuole associarci alla sua grande preghiera di ringraziamento che rivolge al Padre, affinché pure noi diventiamo più simili a Lui nell’ascolto della sua Parola e nell’offerta di noi stessi a Dio e al prossimo. Per questo la messa è il luogo privilegiato per il nostro personale incontro con Gesù vissuto nella fede.
La “messa” o Celebrazione dell’Eucaristia si compone di QUATTRO PARTI (a loro volta comprendenti diversi momenti):
I. i Riti di Introduzione
II. la Liturgia della Parola
III. la Liturgia Eucaristica
IV. i Riti di Conclusione
Fanno parte dei riti introduttivi:
1. il Canto Iniziale (scelto solitamente in modo da dare il tono generale al tema della domenica);
2. il Saluto del Celebrante, (che dopo il Segno della Croce(*) saluta ed esorta i fedeli alla partecipazione viva e attenta);
3. l’Atto Penitenziale (che, se vissuto con la giusta devozione, comporta la remissione dei peccati veniali: tale remissione non è “automatica”, perché frequentemente lo si compie con totale distrazione… ma se si partecipa con le dovute disposizioni, tutta la Messa produce come effetto la remissione dei peccati veniali – Catechismo della Chiesa Cattolica n. 1394 – pur restando vivamente raccomandato, anche per questa remissione, accostarsi al Sacramento della Riconciliazione);
4. il canto o la declamazione dell’Inno di Gloria;
5. la Preghiera di Colletta, che raccorda gli animi di ciascun fedele con lo spirito generale dell’Assemblea, e conclude la parte iniziale della messa richiamandone il tema portante.
È anche bene che i lettori della Parola di Dio (o, prima di essi, quelli delle introduzioni) attendano alcuni secondi prima di cominciare, in modo che tutti si siano seduti e non ci siano rumori che pregiudichino o impediscano un ascolto attento.
(*) Il Segno di Croce (mano sinistra sul petto)
• Nel nome del Padre… (ci tocchiamo il capo perché Lui è in alto, è colui che ci ha creati. Ed è il centro dei nostri pensieri e della nostra intelligenza.)
• e del Figlio… (mettiamo la mano sul cuore perché Gesù ci ha amati talmente tanto da dare la sua vita per noi. Si è incarnato, è morto e risorto per la nostra salvezza)
• e dello Spirito Santo… (la nostra mano tocca le spalle perché lo Spirito Santo, il dono di Gesù risorto per noi, rappresenta l’abbraccio di Dio)
► da una catechesi di papa Francesco, all’Udienza Generale del 18 aprile 2018. (segue)
(N. 2 – 18nov2018) La seconda parte della messa prevede:
1. l’ascolto della Parola di Dio
2. la spiegazione da parte del celebrante, comunemente detta “omelia“
3. la recita del Credo
4. le Preghiere dei fedeli.
Soffermandoci questa domenica sui primi due punti, va detto che l’assemblea deve prestare la massima attenzione a ciò che viene letto: non sono puri e semplici modi di dire, o fatti e fatterelli del passato… è Dio che ci parla! è la Storia della Salvezza che ci raggiunge nell’oggi! sono le opere di Dio compiute nel tempo attraverso il popolo eletto e giunte a compimento nel dono del Messia atteso che ha rivelato il volto di Dio, che ha realizzato la salvezza dell’uomo, che ha rivelato all’umanità il suo destino eterno!
Tutto ciò non può e non deve trovarci ascoltatori annoiati, distratti, frettolosi… E tutta l’assemblea deve favorire l’ascolto attento (lettori ben preparati, pause di silenzio tra una lettura e l’altra, microfoni funzionanti e senza interferenze fastidiose, ecc…) e ridurre al minimo i fattori di distrazione (rumori di ogni genere, cigolii di porte, inginocchiatoi ribaltabili, sedie che si spostano, persone che vanno e vengono, squilli di cellulare, ecc…).
Nel libro del profeta Amos la Parola di Dio è paragonata ad un ruggito: «Il Signore ruggisce da Sion e da Gerusalemme fa udire la sua voce» (Am 1,2). Questo ruggito è una vera e propria manifestazione di Dio, come la voce del tuono: «Ruggisce il leone: chi non trema? Il Signore ha parlato: chi può non profetare?» (Am 3,8). Così, l’assemblea deve accogliere la proclamazione delle Sacre Scritture come il dono che Dio ci fa oggi, nel contesto storico e personale che stiamo vivendo adesso: qui ed oggi Dio ci parla, Dio mi parla. E a ben guardare, ad ogni partecipazione attenta alla messa vi è sempre almeno una frase, una parola, un’espressione, un dialogo, un insegnamento… che viene a nutrire la mia, la nostra vita spirituale; che viene a consolarmi da una pena; che mi è di stimolo per la mia fede; che illumina la mia situazione di coscienza e i rapporti col prossimo; che mi fa apprezzare di più il fascino della persona di Gesù. Ed ha il potere di renderci migliori e di accrescere la nostra amicizia con Dio!
Solitamente il Vangelo è collegato, richiamato o preparato dalla Prima lettura, che è tratta dall’Antico Testamento e alla quale l’assemblea esprime il suo assenso mediante i versetti del Salmo, detto appunto “responsoriale”, cioè “di risposta” a quanto ascoltato; la Seconda lettura (presa dalle Lettere apostoliche, o dagli Atti degli Apostoli o dal Libro dell’Apocalisse), invece, non è necessariamente collegata al tema della domenica.
Al sacerdote, poi, il compito di spiegare le letture, di attualizzare la Parola di Dio, di sviluppare il tema del giorno, facilitando l’applicazione alla vita che ciascuno farà da parte sua. E di farlo in tempi ragionevolmente contenuti, con un linguaggio comprensibile e capace di far presa sull’uditorio, con un tono per lo più esortativo e mai colpevolizzante, senza pensare di sostituirsi all’azione dello Spirito di Dio che parla ai cuori. L’omelia va preparata, e non improvvisata sul momento come attingendo ad un repertorio. Va pregata e meditata già lungo la settimana. E i contenuti, gli esempi, i modi vanno calibrati alla tipologia di assemblea che si ha davanti.
Per quanto importante (se non addirittura strategico, in ottica di una pastorale ben curata!), tuttavia da parte dei fedeli questo momento della messa costituisce un elemento accessorio e non essenziale del proprio personale incontro con Gesù nell’Eucarestia. Il fedele dalla spiritualità matura benedirà in cuor suo il Signore per un’omelia gradevole, interessante, ben fatta, ricca di spunti utili… E saprà anche offrirla come forma di penitenza se l’avrà trovata lunga, noiosa e inconcludente…! (segue)
(N. 3 – 25nov2018) La seconda parte della messa (Liturgia della Parola) prevede, ancora:
(oltre a: 1. l’ascolto della Parola di Dio
2. la spiegazione da parte del celebrante, comunemente detta “omelia“, già trattati…)
3. la recita del Credo
4. le Preghiere dei Fedeli.
Alla Parola di Dio proclamata, ascoltata, spiegata, applicata alla vita e accolta come dono di Dio in persona, segue qualche istante di SILENZIO. Questo tipo di pause meditative tra un momento e un altro della messa, normalmente, non devono essere vissute con disagio, perplessità, incertezza… come se stesse accadendo qualcosa di strano o qualcuno si fosse dimenticato qualcosa di necessario e vi si stesse provvedendo… No! Le pause sono utilissime per l’interiorizzazione di quanto si sta vivendo o di una parola che ha colpito particolarmente. Così è dopo l’omelia del celebrante.
– La prima risposta dell’assemblea al Signore è, così, la proclamazione della nostra fede: di domenica in domenica ci ricordiamo e rafforziamo la convinzione nelle verità contenute nel CREDO. A seconda del periodo liturgico o del tipo di celebrazione, il Credo può essere espresso nella formula (abituale) del Simbolo Niceno-Costantinopolitano, oppure in quella del Simbolo degli Apostoli (più breve), o ancora mediante la formula interrogativa delle Promesse Battesimali (pag. 180 del Messale Romano).
– La seconda risposta è poi la serie di PREGHIERE DEI FEDELI, lette solitamente dal foglietto ufficiale dell’assemblea, oppure (meglio!) preparate dal Gruppo Liturgico parrocchiale o a turno dai vari gruppi, associazioni o movimenti incaricati di animare la liturgia. Solitamente la prima di queste preghiere è espressa a beneficio della Chiesa universale, la seconda è formulata per varie categorie del genere umano (governanti, nazioni, fedeli di altre religioni, professioni varie, ecc…), le altre considerano situazioni contingenti, del posto o di ricorrenze particolari, alla luce degli spunti e dei temi offerti dal Vangelo. Ci si ricordi però che oltre alle preghiere che vengono “lette”, anche Dio legge nei nostri cuori le preghiere che ci portiamo dentro, per il prossimo, per le persone che ci sono care, per i defunti che amiamo ricordare e anche per le nostre necessità. Sarà dunque bene che il celebrante riservi degli istanti di silenzio prima di riassumere tutto nell’orazione conclusiva. Il canto di offertorio chiude la Liturgia della Parola e introduce la Liturgia Eucaristica. (segue)
(N. 4 – 2dic2018) E siamo alla terza parte della messa: la Liturgia Eucaristica.
Mentre il ministro (sacerdote o diacono) stende sull’altare il “corporale” (=un quadrato di stoffa rigida che accoglierà i sacri vasi contenenti il Corpo di Cristo), dal centro o dal fondo della chiesa vengono portate le offerte: il pane e il vino da consacrare, il denaro o ceste di viveri per le necessità della chiesa e per i poveri, alcuni oggetti simbolici (che sarà bene accompagnare da una spiegazione) indicanti l’offerta spirituale dell’assemblea a seconda del tema del giorno o di un particolare periodo liturgico. Si abbia cura di distinguere ciò che è “offerto” a Dio, da ciò che è segno di qualcos’altro (un impegno, un atteggiamento che si vuole assumere, ecc…): ad esempio, il pallone portato all’altare non viene “offerto”, dal momento che poi viene nuovamente adoperato per il gioco, ma viene indicato come simbolo di amicizia, di fraternità, di rispetto del prossimo, o altro. E lo stesso dicasi per un cartellone, una lampada, un mappamondo, lo zaino con i libri di scuola, e così via.
Comunque venga organizzata la processione offertoriale, in questo momento della messa ciascun fedele, interiormente, offre e depone ai piedi dell’altare la sua stessa vita: le proprie opere buone, le proprie sofferenze, qualche preoccupazione, qualche sacrificio accettato come penitenza o come atto di amore per il prossimo… Nulla di ciò che si sta vivendo è estraneo né di poco conto agli occhi di Dio! Raccogliersi in preghiera e unire la propria vita all’offerta che Gesù fa di se stesso al Padre fa pienamente parte del significato profondo della messa e di una partecipazione viva, intensa e fruttuosa.
Oltre al vino, il sacerdote lascia cadere nel calice alcune goccioline d’acqua, accompagnando il gesto dalle parole sottovoce
“L’acqua unita al vino sia segno della nostra unione
con la vita divina di colui
che ha voluto assumere la nostra natura umana“.
San Cipriano di Cartagine (III sec.) in una delle sue lettere, indirizzata a Cecilio, legge in questo gesto la mescolanza dell’umanità con il Cristo:
“Se qualcuno offrisse solo vino,
il sangue di Cristo inizierebbe a essere senza di noi.
Se invece ci fosse solo acqua,
allora il popolo inizierebbe a essere senza Cristo” (Epistola 63,13).
Anche san Tommaso D’Aquino (XIII sec.) nella Summa theologiae difende quest’uso, dandovi quattro ragioni differenti, tra cui quella di significare l’unione del popolo cristiano con Cristo.
Con la Preghiera sopra le offerte, il sacerdote invita l’assemblea a vivere con fede la fase successiva della messa: la grande preghiera eucaristica. (segue)
(N. 5 – 9dic2018) Proseguendo in questa terza parte della messa, la Liturgia Eucaristica…
…ci ha fatto appena rievocare il festoso ingresso di Gesù a Gerusalemme, tra i cori del “Santo”.
Ora siamo nel Cenacolo, con gli Apostoli, accanto a Gesù, da Lui invitati a rivivere la sua Ultima Cena. Questa parte della messa è un’altra splendida invenzione del Signore: noi tutti duemila anni fa non eravamo presente nell’atto culminante della Storia della Salvezza. Ma QUELL’EVENTO, grazie alla liturgia, ci raggiunge nell’oggi: nella persona, per le mani e la voce del sacerdote, e grazie all’azione dello Spirito Santo vivo e operante nella vita della Chieda e nei Sacramenti, Gesù stesso cambia il pane e il vino nel suo vero corpo e nel suo vero sangue. Propriamente, non è una “trasformazione” del pane e del vino (dal momento che proprio la “forma” resta la stessa!): ma un “cambiamento della sostanza”. Oh povertà del nostro linguaggio che ci fa dire in maniera imperfetta “pane e vino si trasformano in Gesù“…! Dovremmo imparare a dire che “si transustanziano in Gesù“…, ma capiamo che si tratta di un linguaggio un po’ difficile. L’importante, però, è che i fedeli piccoli e adulti con gli occhi della fede vedano e capiscano quello che avviene sull’altare. Gesù è qui!
E le parole della Preghiera Eucaristica ci invitano ad associarci al grande ringraziamento di Gesù al Padre per aver amato ciascun uomo nel crearlo libero e nell’averlo salvato da quel cattivo uso della sua stessa libertà che chiamiamo “peccato“. Da figli disobbedienti e bricconcelli quali siamo, meriteremmo solamente castighi e punizioni… e invece Lui ci perdona continuamente e pazientemente aspetta che lo riamiamo – finalmente, liberamente, convintamente – come Padre!
Il sacerdote invita a riconoscere tutto questo: è “Mistero della Fede!” e noi come assenso pieno rispondiamo insieme “Annunciamo la tua morte, Signore / proclamiamo la tua Resurrezione / nell’attesa della tua venuta!“.
Seguono preghiere per il papa, i vescovi, i sacerdoti e l’unità dei cristiani … il ricordo dei defunti … l’invocazione dei santi a protezione del nostro stesso cammino terreno verso il Regno dei Cieli.
Tutto viene riassunto nell’offerta che il sacerdote rivolge alzando il corpo e il calice con il sangue di Gesù, e insieme con Lui anche noi CI OFFRIAMO al Padre con un convinto “AMEN!“.
Il Padre Nostro e lo Scambio della Pace esprimono il nostro riconoscerci suoi Figli e fratelli tra di noi proprio grazie a Gesù. (segue)
(N. 6 – 16dic2018) La Liturgia Eucaristica…
…si sta avviando verso la Comunione. Il sacerdote invita TUTTI i fedeli, quelli che facendo la comunione riceveranno Gesù e quelli che per diverse situazioni se ne asterranno, ad unirsi spiritualmente a Lui. Con l’ “Agnello di Dio”, chiediamo ancora perdono a Colui che ha dato la sua vita a motivo dei nostri peccati per riconciliarci col Padre, riconoscendoci bisognosi di tutto questo e desiderosi della sua pace.
Mostrando ancora ai fedeli l’ostia sacra e spezzata (si ricorda così il Cristo crocifisso), il celebrante introduce le parole cariche di fede del centurione (uomo di per sé non appartenente al popolo eletto!) che tutti facciamo nostre: chi si trova nell’incertezza di poter accedere alla comunione (pur non avendo peccati gravi) affinché superi il suo senso di indegnità e aderisca con slancio all’invito di Gesù (non siamo noi che “facciamo” la comunione… è Gesù che si dona!); e chi vive situazioni di vita non compatibili con il senso profondo dei sacramenti (ai quali, per questo, non può accedere) affinché viva la comunione “spirituale” e invochi l’aiuto dall’alto per vivere con rettitudine la sua vita.
La processione verso la comunione, accompagnata dal canto e dal raccogliemento, resta l’immagine della Chiesa in cammino verso Cristo. Ancora un atto di fede viene richiesto nell’atto di ricevere l’Eucarestia (sulle mani ben aperte o direttamente in bocca): pronunciare la parola “Amen” (=”Si, è così, credo che questo è il Corpo di Cristo!”). La compostezza del momento, poi, impone che non si facciano inchini, che non si sposti la testa, che non si faccia uno scatto all’indietro, che ci si allontani dalla parte esterna della fila senza intralciare gli altri fedeli, che non si facciano svariati metri con l’ostia in mano prima di portarla alla bocca. Tornando al posto, ci si raccoglie in silenzio o ci si accorda con i canti di comunione o di ringraziamento. Normalmente, quello che fanno i ministri nel loro compito di riordinare l’altare o di riporre nel Tabernacolo le ostie avanzate, non dovrebbe interessare: ciascuno prega il Signore presente nel Sacramento e appena ricevuto nel proprio corpo.
Queste semplici raccomandazioni ci fanno concludere la terza parte della messa e ci fanno passare direttamente all’ultima: il Rito di Conclusione.
1. Qualche avviso aiuta a tenere il passo con gli appuntamenti della vita della comunità.
2. La preghiera conclusiva riprende il tema della liturgia ed esorta ad un rinnovato impegno nella vita.
3. La benedizione finale infonde l’incoraggiamento di Dio a perseverare senza indugi nella vita di fede.
4. Le parole di congedo e il canto finale sciolgono l’assemblea e ci ricordano che la messa, intesa come “incontro con Cristo” prosegue nella vita di ogni giorno, al di fuori della chiesa e al di là di tempi “riservati” per pregare Dio.
SE LA MESSA È STATA VISSUTA CON PARTECIPAZIONE E RACCOGLIMENTO,
se si sarà tenuto il telefonino spento…
se non ci si è distratti con pensieri inutili…
se non si è passato il tempo a chiacchierare…
se non si è passato tutto il tempo a guardare l’orologio…
SI USCIRÀ DALLA CHIESA MIGLIORI DI COME SI È ENTRATI,
PIÙ DISPONIBILI AD AMARE E SERVIRE DIO E IL PROSSIMO,
PIÙ RICCHI NELLO SPIRITO E RADIOSI IN VOLTO,
INTIMAMENTE CONVINTI CHE “SENZA LA MESSA NON È DOMENICA”,
CHE SENZA LA MESSA IL CRISTIANO NON PUÒ STARE.
(N. 7 – 23dic2018) I Colori della Liturgia.
I paramenti del sacerdote, come i veli che ricoprono l’ambone e orlano l’altare, cambiano di colore a seconda del periodo liturgico o della festività del giorno, come è indicato nello specchietto di seguito…
(N. 8 – 30dic2018) I collaboratori.
La liturgia è un azione comunitaria. La celebrazione dell’Eucarestia è sempre valida anche se e quando il sacerdote si ritrova a celebrarla da solo.
Ma il senso di comunità, tanto nei giorni feriali quanto in quelli festivi, risalta e riempie i cuori nella varietà dei ministeri, ossia dei compiti che ciascun fedele svolge.
Gli addetti a servizio all’altare, in maniera sempre composta, silenziosa, con movimenti sobri e incedere soave in tutti gli spostamenti e i passaggi
(evitando di attirare l’attenzione su di sè con acconciature o abbigliamento stravagante,
con fare distratto o disordinatamente affaccendato, colpi di tosse ricorrenti, risolini, ecc…)
contribuiranno, come degli angeli, a far convergere tutta l’attenzione
sull’ascolto della Parola dall’ambone
e nel rivivere all’altare l’Ultima Cena di Gesù.
Il coro ben guidato, si occupa di abbellire i vari momenti della messa cercando di invogliare l’assemblea al canto senza sostituirsi ad essa completamente.
Gli strumentisti accompagnano il canto, con l’attenzione che il volume della musica non sovrasti quello delle voci.
I lettori, consapevoli del compito di prestare la loro voce affichè la Parola di Dio giunga chiara e ben impostata alle orecchie dei fedeli,
devono far attenzione che le labbra siano ben allineate col microfono, adeguatamente funzionante con tutto l’impianto di amplificazione.
Ed è preferibile che, avendo letto in anticipo i testi che andranno a proclamare, chiedano consiglio di come si pronunciano alcune parole di uso non frequente o nomi particolari.
Coloro che accompagnano la processione offertoriale, hanno cura di recarsi in tempo nei pressi del tavolino da dove prenderanno pane, vino e altri segni utili.
Allo stesso modo, gli incaricati di svariati altri compiti (raccolta delle offerte, distribuzione di libretti dei canti, foglietti per la messa, avvisi settimanali, ecc…)
devono far tutto con spirito di servizio e non con il sottile intento di mettersi in mostra…
E la gran parte dei fedeli presenti, pur non avendo compiti particolari, contribuirà all’edificazione vicendevole
attraverso una partecipazione attenta, rispondendo alle acclamazioni, mettendo a tacere il telefonino…
In una liturgia ben preparata, ben curata e ben partecipata
tutti si è al servizio gli uni degli altri,
nessuno è indispensabile,
tutti possono rendersi utili…
per vivere al meglio e sempre fruttuosamente il proprio incontro con il Signore Gesù!
(N. 9 – 13gen2019) I Simboli della liturgia.
(N. 10 – 20gen2019) La chiesa.
* commenti: Giovanni Bisconti
* illustrazioni: F. Vitali Capello-O. Mendolia Gallino, Ti spiego la Messa. Schede didattiche per catechisti e insegnanti di religione, Elledici 2006