Pubblicato il

3. Annunciare la Parola – 4 Quar. C, 31 mar ’19

PER COMPRENDERE LA PAROLA

Mentre il richiamo alla conversione, la domenica precedente, era severo, quello della 4a domenica è immerso nella gioia del rinnovamento: “Rallegrati, Gerusalemme!”.

PRIMA LETTURA
Inizia una nuova tappa della storia della salvezza, l’entrata nella Terra promessa: la prima Pasqua è arrivata, la promessa fatta ad Abramo si realizza.
“L’infamia d’Egitto”: in base al contesto immediato, l’espressione indica di per sé la non-circoncisione degli Egiziani. La lettura liturgica l’interpreta in modo diverso: finita l’emigrazione, eccovi a casa vostra; finita la schiavitù, eccovi finalmente liberi. È comunque interessante osservare che la gioia di essere arrivati alla fine dell’Esodo si manifesta nel rito di consacrazione a Dio. La Pasqua del cristiano passa attraverso il Battesimo, rito di consacrazione nella nuova Alleanza.
L’entrata nella Terra promessa è seguita dalla festa della Pasqua, come Mosè aveva ordinato nel deserto. La vittoria non deve far dimenticare i duri combattimenti, la sicurezza raggiunta non deve far dimenticare che Dio ha dispiegato la forza della sua mano e il vigore del suo braccio. Ruolo permanente del culto: mantener vivo il ricordo del dono di Dio.
La manna cessò: il cibo procurato da Dio nel deserto non è più necessario, Israele può vivere “dei prodotti della terra”. Quando saremo arrivati al termine della nuova Pasqua, non ci sarà più Eucaristia.

SALMO
È la preghiera di un individuo che loda il Dio che libera dalla paura e dall’angoscia, il Dio che ascolta e risponde alla nostra ricerca. Tutti coloro che hanno un cuore di povero sono invitati ad unirsi a questa lode.

SECONDA LETTURA
È animata dalla stessa aria di certezza e di vittoria per coloro che sono in Gesù, e per lo stesso mondo.
Ricorda l’opera di Dio mediante Gesù Cristo, nel quale è avvenuto uno scambio meraviglioso. Cristo: identificato col peccato degli uomini. Noi: partecipi della santità di Dio.
Quest’opera di riconciliazione però non è terminata: deve continuare, e anzi ognuno dei riconciliati deve farsi responsabile della riconciliazione degli altri.
Perciò risuona un appello pressante, urgente: “Lasciatevi riconciliare…”.

VANGELO
È il racconto del figlio perduto e ritrovato.
Vi troviamo anzitutto – è il “culmine” della parabola – l’invito rivolto ai farisei a condividere il disegno del Dio di misericordia, a far proprie le sue idee di riconciliazione dei peccatori. La parabola è stata provocata dalle recriminazioni dei farisei, rappresentati poi nel racconto dal fratello maggiore: avvolto nella sua fedeltà, orgoglioso del suo passato di obbedienza, non può accettare il perdono del fratello minore e partecipare alla gioia del padre che ha ritrovato il figlio.
Vi troviamo inoltre una precisa analisi del peccato e del pentimento:
– l’incoscienza iniziale frammista di ingratitudine: gioia di “volare con le proprie ali”, dimenticando colui dal quale si è ricevuta l’indipendenza;
– la progressiva degradazione che termina nella miseria e nella vergogna (pascolare i porci: il colmo per un ebreo);
– la scossa della miseria che fa rimpiangere il passato e cercare il modo di ritrovarlo, umiliandosi e chiedendo perdono;
– il ritorno timoroso, che non prevede minimamente l’amore che incontrerà;
– soprattutto il comportamento del padre che ci rivela maggiormente il cuore di Dio: la sua attesa insieme preoccupata e appassionata: tornerà?; l’affrettarsi, tanto significativo per un Orientale, all’incontro; la tenerezza, i baci; la premura di restituire al figlio i segni della sua primiera dignità: l’anello, simbolo di autorità, i sandali, portati dall’uomo libero; la festa, con cibi, canti e danze, e il suo motivo: una vera risurrezione.
Si noti il contrasto di questa parabola col Vangelo della domenica precedente: s. Luca, l’evangelista della conversione urgente, della vigilanza, è pure l’evangelista della misericordia (è l’unico a riportare questa parabola).

PER ANNUNCIARE LA PAROLA (piste di omelia)

Siete convinti che Dio è artefice di cose nuove?
Noi siamo presto impazienti e facilmente scoraggiati. Niente di nuovo sotto il sole. Più le cose cambiano e più rimangono tali e quali. Tutti se ne lamentano nella propria vita: sempre il solito tran-tran. I genitori, gli educatori dubitano spesso dell’efficacia del loro lavoro: il figlio, il giovane non cambia. Non manchiamo forse di speranza?
Di fronte a questo pessimismo, accogliamo con gioia la Parola di questo giorno.
– Per Israele, l’umiliazione dell’Egitto, la lunga marcia dell’Esodo hanno pur ottenuto un risultato. Un popolo nuovo passato attraverso il Giordano.
– In Gesù Cristo, ci dice s. Paolo, tutto è nuova creatura: l’uomo di peccato è passato nella giustizia di Dio.
– Il giovanotto perduto non pensava di ritrovare la sua dignità di figlio, ma soltanto un posto sotto il tetto, come semplice garzone: il padre non la pensa così. Il morto è ritornato in vita. Si può immaginare una trasformazione più meravigliosa, una novità più incredibile?
Il nostro pessimismo proviene in realtà dal fatto che contiamo troppo su di noi e non abbastanza su Dio: è lui che opera il nuovo. “Questo povero grida e il Signore lo ascolta”. A noi manca per di più il senso dei tempi lunghi: il padre della parabola l’aveva, egli che divise le sue sostanze e poi seppe aspettare.
Pur chiedendo sempre l’umiltà e la pazienza, sappiamo ritrovare tutti i segni di novità che Dio fa apparire nella nostra vita e in quella dei nostri fratelli.

Il sacramento del perdono
La confessione non è vista di buon occhio. Se ne fa volentieri a meno. È vero che aveva bisogno di cambiare. Che cosa l’abbiamo fatta diventare abitualmente? Un momento d’angoscia a “spulciare” la nostra coscienza. Un momento di confessioni stereotipe senza vero legame con la nostra vita profonda… Un incontro sussurrato in un angolo buio… Che differenza dal dolore del figlio che constata di non trovarsi più a casa sua… Che distanza dal commosso abbraccio del padre e del suo prodigo… Che distanza dal banchetto, dalla danza e dai canti…
Forse vi è qualcosa di più profondo: la nostra difficoltà a riconoscerci peccatori. Ammettiamo magari che nella nostra vita ci sia del disordine, ma non siamo abbastanza convinti della nostra responsabilità. Riconosciamo certe colpe, ma non vediamo come Dio ne sia colpito, nel suo onore, nel suo amore. Non osiamo più pensare che egli possa fare qualcosa per rimetterci a posto.
A Pasqua ci si confessa. Si tratta anzitutto di guardare Dio, di scoprire nuovamente che è mio Padre, preoccupato per me, per la mia santità, per la mia felicità. Soltanto allora, in questa luce, diventeranno chiare le nostre vere miserie. Non ci sentiremo più impacciati nella stizza dell’umiliazione, ma arriveremo all’umiltà. “Beneditemi, Padre, perché ho peccato” non sarà più il solito rituale dovere, ma la gioia della speranza.

Il prezzo della riconciliazione
Tutti facciamo fatica a perdonare. Quando ci riusciamo, quale gioia, quale rinnovamento dell’amore o dell’amicizia! Fortunatamente capita di farne esperienza in casa, in famiglia, fra amici. Nello stesso tempo, però, quanti rancori conservati, quante finzioni e quante manovre per una parvenza di riconciliazione!
Ciò che Dio ci presenta in Gesù Cristo è cosa ben diversa. Dio, l’offeso, prende tutto su di sé: “Colui che non aveva conosciuto peccato, Dio lo trattò da peccato in nostro favore” (2ª lettura). Il padre del prodigo non si preoccupa della “riparazione”: subito restituisce al figlio la sua piena condizione e organizza la festa. La lunga, ansiosa attesa non è dimenticata, ma è diventata motivo di gioia: “Era perduto ed è stato ritrovato” (Vangelo).
Noi rischiamo di capir male e di abusare della tenerezza di Dio. Il prezzo della riconciliazione è Gesù in croce, è il suo sangue versato. Disgraziati noi se il perdono ci porta a credere che, dopo tutto, il peccato non è una cosa così grave. L’Eucaristia ci preserva dal dimenticare, come la celebrazione della Pasqua impedirà a Israele ormai sicuro nella Terra promessa di dimenticare quale forza l’aveva aiutato (1ª lettura).
Per sapere se valutiamo adeguatamente il prezzo della nostra riconciliazione ecco un buon criterio: sappiamo anche noi perdonare, come Dio, e diventare quindi a nostro modo ministri di riconciliazione (2ª lettura)?


(tratto da: M. Gobbin, Omelie per un anno – vol. 2, anno C, tempi forti – Elledici 2003)

Pubblicato il

4. Parola da Vivere – 4 Quar. C, 31 mar ’19

ANDRÒ DA MIO PADRE
Nella Parola c’è l’invito al grande ritorno dell’intera umanità alla casa di Dio, alla dimora del Padre di tutti. È un’umanità che, in Adamo, si è staccata da Dio fin dal principio e ha sperperato se stessa e tutto quello che ha voluto possedere e usare lontano dal la benedizione dell’unico Padre. Lasciarci riconciliare significa fare la pace con tutti, soprattutto con noi stessi, anche col nostro peccato, diventando come bambini (cfr. Mt 18,3). Rinnovando il nostro cuore senza indurirlo (cfr. Sal 94), lasciando sempre aperta la possibilità di ripercorrere la strada della conversione (Is 43,18-19) e del ritorno al Padre.


(tratto da R. Paganelli – Vivere la domenica aprendoci alla Parola, anno C, Elledici 2015)

Pubblicato il

5. Preghiere dei Fedeli – 4 Quar. C,

Parabola del padre misericordioso

Celebrante. Anche noi a volte ci siamo allontanati dal Signore come il figlio prodigo, o siamo stati insensibili come il fratello maggiore. Nella Preghiera dei fedeli chiediamo al Padre che ci apra al vero senso della figliolanza, e della fraternità.

Lettore. Diciamo insieme: Dio nostro Padre, convertici al tuo amore.

1. Preghiamo per la santa Chiesa di Dio. Essa è la casa del Padre. Di un Padre che veglia sui suoi figli creati liberi, che incoraggia quelli di buona volontà, e attende con ansia il ritorno di quelli discoli.
Perché sappiamo riconoscerci tutti in questa casa comune, come figli e fratelli sollecitati dal Signore a volersi bene, preghiamo.

2. Per quelli che nella vita si comportano come il figlio prodigo. Sono assetati di esperienze estreme, e dilapidano in modo dissennato i beni ricevuti come eredità dal Padre.
Perché sappiano rientrare in se stessi, riconoscere il proprio errore, cercare il perdono di Dio, e ritrovare infine la pace, preghiamo.

3. Per quelli che si comportano come il fratello maggiore. Sopportano mal volentieri il peso della legge di Dio, e non trovano in sé la generosità e la gioia del bene compiuto per amore.
Perché sappiano finalmente aprirsi alla gratitudine verso il Padre celeste, e alla generosa amicizia verso i fratelli, preghiamo.

4. Per le persone sole, senza risorse, senza amici. Sono numerose in mezzo a noi, e noi forse non badiamo a loro, e passano inosservate e dimenticate.
Perché la nostra sensibilità cristiana ci spinga a individuarle, incontrarle, e avvolgerle in un cordiale spirito di famiglia, preghiamo.

5. Per la nostra comunità (parrocchiale). Ci conosciamo forse da tanto tempo, e viviamo gli uni accanto agli altri, tutti insieme sotto lo sguardo del Signore.
Perché sappiamo costruire una vera comunità e famiglia, come il cuore del nostro Padre celeste si attende da noi, preghiamo.

Celebrante. O Padre, tu riveli la tua onnipotenza nella misericordia e nel perdono. Accogli le nostre preghiere, e rendici nel mondo strumenti di riconciliazione e di solidarietà. Per Cristo nostro Signore.


(tratto da: E. Bianco, Preghiera dei fedeli, proposte per le domeniche e feste degli anni A-B-C – Elledici 2002)

Pubblicato il

7. Aforismi – 4 Quar. C, 31 mar ’19

Raccolta di aforismi o di testi utili per la riflessione o l’approfondimento

Spunti per approfondire alcuni concetti-chiave della parabola.

Pentimento
– La nostra gloria più grande non consiste nel non cadere mai, ma nel risollevarci sempre dopo ogni caduta. Wolfgang Goethe
– C’è un rimedio decisivo per ogni colpa: ammetterla. Franz Grillparzer
– Le lacrime non chiedono il perdono: esse lo ottengono. Giovanni Crisostomo
– Chi si pente ama. E amando, appartiene già a Dio. Fedor Dostoevskij
– L’uomo che si pente sinceramente e confessa i propri errori, è come un neonato. Chassid Yacov Yitzchak di Lublino
– Il pentimento non è forse il più divino di tutti gli atti umani? Thomas Carlyle

Paternità di Dio
– Noi possiamo cessare di essere figli di Dio, ma Dio non può cessare di essere nostro Padre. Louis Evely
– Dio possiede la forza dell’amore paterno insieme alla tenerezza dell’amore materno. Jean Galot
– «Dio è un papà che ama come una mamma». Bambino del catechismo
– Anche Dio ha il suo inferno: è il suo amore per gli uomini. Friedrich Nietzsche
– «Non chiamate nessuno “padre” sulla terra, perché uno solo è il Padre vostro, quello del cielo». Gesù (Mt 23,9)
– Sappiamo come il padre ha giudicato il figlio che se n’era andato, e che è ritornato: era il padre a piangere di più! Charles Peguy

Misericordia di Dio
– Dice il Signore: «Può una donna dimenticare il suo bambino, o non amare più il piccolo che ha concepito? Anche se ci fosse una tale donna, io non mi dimenticherò mai di te». (Is 49,15)
– La misericordia di Dio scende sempre più in basso della miseria umana. Gustave Thibon
– Siate misericordiosi come è misericordioso il Padre vostro. Gesù (Lc 3,36)
– Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia. Gesù (Mt 5,7)

Perdono
– È proprio di Dio compatire e perdonare. Bernardo di Clairvaux
– Mi sono stancata prima io di offenderlo, che Lui di perdonarmi. S. Teresa d’Avila
– Sei peccatore? Di’: «Ho peccato!», e i tuoi delitti non esistono più. S. Giovanni Crisostomo
– Dio, se non avessimo peccati, che ne faresti del tuo perdono? Chassid Levi Yitzchak di Berditchev
– Se Dio non perdonasse, il suo paradiso rimarrebbe vuoto. Proverbio
– Dice il Signore: «Anche se i vostri peccati fossero come scarlatto, diventeranno bianchi come neve». (Is 1,18)
– Le sono perdonati i suoi molti peccati, perché molto ha amato. Gesù riguardo all’adultera (Lc 7,47)
– Il perdono non cambia il passato, ma dilata il futuro. Stanislaw Boros


(tratto da: E. Bianco, All’altare di Dio – Anno C – Elledici 2009)

Pubblicato il

8. Canto Liturgico – 4 Quar. C, 31 mar ’19

Ecco a voi questa settimana un canto di INIZIO

PADRE, PERDONA – Stefani
(Nella Casa del Padre, n. 499 – Elledici)

Rit. Signore, ascolta:
Padre, perdona!
Fa che vediamo il tuo amore.

1. A te guardiamo, Redentore nostro:
da te speriamo gioia di salvezza,
fa' che troviamo grazia di perdono.

2. Ti confessiamo ogni nostra colpa;
riconosciamo ogni nostro errore;
e ti preghiamo; dona il tuo perdono.

3. O buon Pastore,
tu che dai la vita;
Parola certa, roccia che non muta;
perdona ancora, con pietà infinita.

Pubblicato il

9. Narrazione – 4 Quar. C, 31 mar ’19

MA NOI GALLEGGIAMO
Il potente re Milinda disse al vecchio sacerdote:
«Tu dici che l’uomo che ha compiuto tutto il male possibile per cent’anni
e prima di morire chiede perdono a Dio, otterrà di rinascere in cielo.
Se invece uno compie un solo delitto e non si pente, finirà all’inferno.
È giusto questo? Cento delitti sono più leggeri di uno?».
Il vecchio sacerdote rispose al re:
«Se prendo un sassolino grosso così, e lo depongo sulla superficie del lago,
andrà a fondo o galleggerà?».
«Andrà a fondo», rispose il re.
«E se prendo cento grosse pietre,
le metto in una barca e spingo la barca in mezzo al lago,
andranno a fondo o galleggeranno?».
«Galleggeranno».
«Allora cento pietre e una barca sono più leggere d’un sassolino?».
Il re non sapeva che cosa rispondere.
E il vecchio spiegò:
«Così, o re, avviene agli uomini.
Un uomo anche se ha molto peccato ma si appoggia a Dio, non cadrà nell’inferno.
Invece l’uomo che fa il male anche una volta sola,
e non ricorre alla misericordia di Dio, andrà perduto».

«Padre, perdona loro, perché non sanno quello che fanno» (Luca 23,34).

(tratto da: B. Ferrero, 365 Piccole Storie per l’anima, Vol. 1, pag. 183 – Elledici 2016)

Pubblicato il

10. Anche Noi Vogliamo Capire – 4 Quar. C, 31/3/19

Per aiutare i nostri piccoli a vivere meglio la Liturgia della Parola

PRIMA LETTURA (Giosuè 5,9a.10-12)
La Pasqua ha segnato l’inizio della liberazione ed ora segna la fine del pellegrinaggio nel deserto e l’ingresso nella terra promessa. Dio ha mantenuto le sue promesse, ora tocca al popolo restare fedele all’alleanza. La storia di Israele sarà un alternarsi di infedeltà del popolo e di perdono di Dio.

* Capire le parole
Giosuè: Il nome Giosuè deriva dall’ebraico Yehoshùah, e significa “Dio salva”, di cui Iesoùs, Gesù, è la trascrizione in greco; Giosuè, figlio di Nun della tribù di Efraim, succedette a Mosè come capo degli Israeliti. Nato schiavo in Egitto, aveva 40 anni al tempo dell’esodo dal paese della schiavitù, 80 quando ricevette il mandato come successore di Mosè e 110 al momento della sua morte.
Àzzimi: il pane azzimo (=senza lievito) è un tipo di pane preparato con farina di cereali e acqua, come tutti gli altri pani, senza tuttavia essersi gonfiato con il processo di fermentazione per la mancanza di lievito.
Manna: è una sostanza commestibile che Dio diede agli israeliti durante gli attraversamenti nel deserto, dopo l’uscita e la liberazione dalla schiavitù in Egitto; la manna iniziò a scendere dal cielo quando il popolo d’Israele si avvicinò al Monte Sinai per ricevere la Torah.
Terra di Canaan: è la terra promessa da Dio ad Abramo e ai suoi discendenti; l’ubbidienza degli israeliti alla Parola di Dio avrebbe determinato il possesso duraturo della terra, la disubbidienza ne avrebbe invece causato la perdita.

SECONDA LETTURA (2 Cor 5,17-21)
Paolo era stato offeso da alcuni membri della comunità e aveva fatto tutti i passi perché si ravvedessero, offrendo il proprio perdono. Ma nello stesso tempo ricorda loro che il perdono dell’apostolo è un segno del perdono di Dio, che ha offerto a tutta l’umanità il perdono dei peccati e la riconciliazione con lui, attraverso la passione di Cristo. L’apostolo li invita ad accogliere il perdono di Dio, attraverso la mediazione della Chiesa.

* Capire le parole
Essere in Cristo: nella Bibbia esistono due categorie di persone, quelle che sono fuori da Cristo e quelle che sono in Cristo; chi è in Cristo è una nuova creatura, vive una posizione spirituale di vicinanza a Dio per la quale si dichiara con tutto il cuore che Gesù è il Salvatore e lo si accetta come Signore della propria vita.
Ministero: è il compito affidato ai sacerdoti di continuare a manifestare la presenza e l’azione di Gesù che perdona e santifica.
Dio lo fece peccato: Dio ha trattato Gesù Cristo come se fosse stato il più grande peccatore di questo mondo e proprio per questo sulla croce Gesù ha espiato al posto di tutti noi; abbiamo molti motivi per amare Gesù Cristo; ma questo, di essersi sostituito al posto nostro per espiare i peccati e guadagnarci la vita divina per tutta l’eternità è certamente uno dei più grandi.

VANGELO (Lc 15,1-3.11-32)
Questa è la terza parte di un’unica parabola sullo stesso tema: i figli che si allontanano e il Padre misericordioso che li cerca, li aspetta e li accoglie nel perdono e fa festa per loro e con loro. È rivolta a quelli che mormorano di Gesù, perché cambino il loro modo di pensare Dio e accolgano il suo nuovo e vero volto, presentato da Gesù.

* Capire le parole
Pubblicani: erano molto disprezzati perché alleati con il dominatore romano per conto dei quali riscuotevano le tasse ed erano considerati peccatori pubblici.
Dammi la parte di patrimonio che mi spetta: chiedere l’eredita (che di per sè si riceve alla morte del genitore) equivale ad augurare al genitore la sua morte.
Vitello grasso: l’espressione “ammazzare” o “uccidere” il vitello grasso si usa anche ai giorni nostri per alludere a un grande festeggiamento, magari causato dal rientro più o meno improvviso di un amico o di un familiare.

PER RIASSUMERE… Il popolo eletto ritorna nella terra promessa; il figlio più giovane ritorna alla casa di suo padre; Cristo fa ritornare l’umanità nell’amicizia con il Padre. Ritorno e riconciliazione si richiamano nella liturgia odierna. Il peccatore si allontana e rompe il rapporto con Dio, quando ritorna non fa un favore a Dio, che pure è felice, ma ritrova se stesso e viene riportato alla vita dal perdono del Signore.

Pubblicato il

1. Letture – 3 Quar. C, 24 mar ’19

PRIMA LETTURA
Io-Sono mi ha mandato a voi.

Dal libro dell’Èsodo 3,1-8a.13-15

In quei giorni, mentre Mosè stava pascolando il gregge di Ietro, suo suocero, sacerdote di Madian, condusse il bestiame oltre il deserto e arrivò al monte di Dio, l’Oreb.
L’angelo del Signore gli apparve in una fiamma di fuoco dal mezzo di un roveto. Egli guardò ed ecco: il roveto ardeva per il fuoco, ma quel roveto non si consumava.
Mosè pensò: «Voglio avvicinarmi a osservare questo grande spettacolo: perché il roveto non brucia?». Il Signore vide che si era avvicinato per guardare; Dio gridò a lui dal roveto: «Mosè, Mosè!». Rispose: «Eccomi!». Riprese: «Non avvicinarti oltre! Togliti i sandali dai piedi, perché il luogo sul quale tu stai è suolo santo!». E disse: «Io sono il Dio di tuo padre, il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe». Mosè allora si coprì il volto, perché aveva paura di guardare verso Dio.
Il Signore disse: «Ho osservato la miseria del mio popolo in Egitto e ho udito il suo grido a causa dei suoi sovrintendenti: conosco le sue sofferenze. Sono sceso per liberarlo dal potere dell’Egitto e per farlo salire da questa terra verso una terra bella e spaziosa, verso una terra dove scorrono latte e miele».
Mosè disse a Dio: «Ecco, io vado dagli Israeliti e dico loro: “Il Dio dei vostri padri mi ha mandato a voi”. Mi diranno: “Qual è il suo nome?”. E io che cosa risponderò loro?».
Dio disse a Mosè: «Io sono colui che sono!». E aggiunse: «Così dirai agli Israeliti: “Io-Sono mi ha mandato a voi”». Dio disse ancora a Mosè: «Dirai agli Israeliti: “Il Signore, Dio dei vostri padri, Dio di Abramo, Dio di Isacco, Dio di Giacobbe mi ha mandato a voi”. Questo è il mio nome per sempre; questo è il titolo con cui sarò ricordato di generazione in generazione».
Parola di Dio

 

SALMO RESPONSORIALE Sl. 102(103)

R. Il Signore ha pietà del suo popolo.

Benedici il Signore, anima mia,
quanto è in me benedica il suo santo nome.
Benedici il Signore, anima mia,
non dimenticare tutti i suoi benefici.

Egli perdona tutte le tue colpe,
guarisce tutte le tue infermità,
salva dalla fossa la tua vita,
ti circonda di bontà e misericordia.

Il Signore compie cose giuste,
difende i diritti di tutti gli oppressi.
Ha fatto conoscere a Mosè le sue vie,
le sue opere ai figli d’Israele.

Misericordioso e pietoso è il Signore,
lento all’ira e grande nell’amore.
Perché quanto il cielo è alto sulla terra,
così la sua misericordia è potente su quelli che lo temono.

 

SECONDA LETTURA
La vita del popolo con Mosè nel deserto
è stata scritta per nostro ammonimento.

Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi 10,1-6.10-12

Non voglio che ignoriate, fratelli, che i nostri padri furono tutti sotto la nube, tutti attraversarono il mare, tutti furono battezzati in rapporto a Mosè nella nube e nel mare, tutti mangiarono lo stesso cibo spirituale, tutti bevvero la stessa bevanda spirituale: bevevano infatti da una roccia spirituale che li accompagnava, e quella roccia era il Cristo. Ma la maggior parte di loro non fu gradita a Dio e perciò furono sterminati nel deserto.
Ciò avvenne come esempio per noi, perché non desiderassimo cose cattive, come essi le desiderarono.
Non mormorate, come mormorarono alcuni di loro, e caddero vittime dello sterminatore. Tutte queste cose però accaddero a loro come esempio, e sono state scritte per nostro ammonimento, di noi per i quali è arrivata la fine dei tempi. Quindi, chi crede di stare in piedi, guardi di non cadere.
Parola di Dio

 

CANTO AL VANGELO Mt 4,17

Lode e onore a te, Signore Gesù!
Convertitevi, dice il Signore,
il regno dei cieli è vicino.
Lode e onore a te, Signore Gesù!

 

VANGELO
Se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo.

Dal Vangelo secondo Luca 13,1-9

In quel tempo si presentarono alcuni a riferire a Gesù il fatto di quei Galilei, il cui sangue Pilato aveva fatto scorrere insieme a quello dei loro sacrifici. Prendendo la parola, Gesù disse loro: «Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei, per aver subito tale sorte? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo. O quelle diciotto persone, sulle quali crollò la torre di Sìloe e le uccise, credete che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo».
Diceva anche questa parabola: «Un tale aveva piantato un albero di fichi nella sua vigna e venne a cercarvi frutti, ma non ne trovò. Allora disse al vignaiolo: “Ecco, sono tre anni che vengo a cercare frutti su quest’albero, ma non ne trovo. Tàglialo dunque! Perché deve sfruttare il terreno?”. Ma quello gli rispose: “Padrone, lascialo ancora quest’anno, finché gli avrò zappato attorno e avrò messo il concime. Vedremo se porterà frutti per l’avvenire; se no, lo taglierai”».
Parola del Signore


(tratto da: Nuovo Messale della comunità, Domeniche e feste – Elledici 2008)

Pubblicato il

2. Esegesi – 3 Quar. C, 24 mar ’19

LASCIALO ANCORA QUEST’ANNO

Esodo 3,1-8a.13-15 Mosè arriva al monte di Dio
1 Corinzi 10,1-6.10-12 Non mormorate
Luca 13,1-9 Se non vi convertirete perirete tutti

Un fuoco che parla
L’incontro di Mosè con Dio avviene attraverso un roveto che arde e non si consuma. È un incontro dentro l’esperienza di un fuoco, dentro l’intreccio di generazioni: «Io sono il Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe» (Es 3,6). È un Dio coinvolto nella storia, che conosce la miseria del popolo, che ascolta il grido dei figli, che ha a cuore le loro sofferenze e libera: «Sono sceso per liberare dal potere dell’Egitto» (v. 8). Allora quel roveto che arde e non si consuma è il roveto della libertà che nessuna potenza o prepotenza umane potranno consumare. Dio dice a Mosè «non avvicinarti», e dal dialogo nasce la chiamata da parte di Dio a liberare il suo popolo. Dio vuole liberarci tutti dalla schiavitù in cui stiamo vivendo, e il Dio liberatore dice il suo nome: «Io sono colui che sono» (Es 3,14). Dio è colui che tu hai visto mettere in prigione senza far niente per liberarlo; è colui che ha sbagliato senza che tu muovessi un dito per farlo uscire dal suo peccato.

Una responsabilità condivisa
Il nostro Dio vive nella storia, nelle cronache dei nostri giorni, e non vuole essere allontanato, o relegato in templi, in luoghi sacri, in riti e in persone sacre. Ogni volta che questo succede, non è un segno di rispetto, ma un modo elegante per liberarci di Dio, per non avere un Dio che interferisce nella nostra vita di ogni giorno. Il Dio che ha un nome, viene a noi per dare luce alla nostra storia e, nella sua luce, rivelarci la schiavitù da cui uscire, i peccati da cui convertirci. Il Vangelo stesso ci coinvolge negli avvenimenti che succedono. A volte non ci sentiamo responsabili di quanto avviene dall’altra parte del mondo, o nel paese vicino. Il Vangelo invece ci trascina e ci rende compagni di sventura di ogni sventurato. Nell’annuncio di Gesù e nell’esperienza della sua vita, lo sbaglio di uno deve essere portato sulle spalle di tutti. Nessuno che vive sulla terra può essere dispensato dal cammino dell’intera umanità.

Una brutta fine scampata
La morte, che nel primo episodio del Vangelo era la conseguenza di un’azione malvagia e nel secondo un incidente, in realtà è la situazione in cui si trova l’uomo. Da questa solo il Signore può farlo uscire: «Dio potrà riscattarmi, mi strapperà dalla mano della morte» (Sal 48,16). L’uomo, però, deve convertirsi e questo è possibile se si lascia attrarre da Dio con mitezza. Gesù è venuto ad annunciare a tutti, senza eccezione, l’urgenza della conversione. È bello che Gesù accosti l’urgenza della conversione alla parabola del fico sterile dove viene messa in risalto la pazienza di Dio. C’è un’espressione forte, e un pensiero inquietante: «Taglialo» (Lc 13,8). Dio viene a cercare il frutto là dove non si può trovare, perché l’uomo da solo non può fare nulla di buono. Ma subito c’è l’intervento del vignaiolo: «Padrone, lascialo ancora quest’anno». Gesù è l’attuazione della pazienza di Dio, una pazienza non passiva, ma operosa: «finché io gli zappi attorno e vi metta il concime» (v. 8). Cristo Gesù opera in ogni uomo e proprio per questo ogni uomo può dare frutto e può confidare di essere salvato.

Una possibilità ridonata
Cristo Gesù attraverso la breve parabola del fico, dice che la sapienza del tempo va tenuta lontana da fatalismi o ebbrezze di gusto apocalittico. Deve essere invece orientata verso le grandi opportunità positive, messe da Dio nella storia personale e collettiva per l’unica battaglia che deve essere combattuta: la liberazione di ciascuno e di tutti dal male e dalla morte. Questa è l’unica utopia che Dio ha strappato dall’illusione e ha posto nel cuore della storia inaugurata dal mistero di Cristo Gesù. Il cammino della fede è visitato incessantemente dai doni di Dio, ci ammonisce l’Apostolo. Attraverso questi doni colti e accolti da ciascuno e da tutti nella bellezza di un cammino profondamente personale e insieme avvolto dalla comunione dei cuori e degli intendimenti, la vita tende al suo compimento nella pienezza della luce e della pace.

PER IL CONFRONTO NEL GRUPPO
– Quando interveniamo sulle decisioni da prendere insieme, che soluzioni prospettiamo?
– Che cosa c’è di valido nella prospettiva dell’attesa?

IN FAMIGLIA
Tanti eventi segnano il cammino della vita familiare, alcuni si risolvono velocemente, altri si incancreniscono e durano nel tempo.
Se ne avete la possibilità, mettetevi davanti a un fuoco acceso e lasciate che parli con il suo calore, la sua luce, le faville, i ceppi incandescenti, la cenere grigia.
Da ognuno di questi elementi ricavate un’idea utile per scoprire che anche le cose più complicate non trovano subito una soluzione, ma hanno bisogno di momenti diversi, come la luce, il calore o il grigiore per essere risolti.


(tratto da: R. Paganelli – Vivere la domenica aprendoci alla Parola, anno C – Elledici 2015)