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3. Annunciare la Parola – 2 t.o. C, 20 gen ’19

1. PER COMPRENDERE LA PAROLA

La I lettura, che presenta Gerusalemme come la Sposa del Signore, è messa in rapporto col Vangelo delle nozze di Cana: qui Gesù dona il vino nuovo, simbolo della grazia che realizza le sue nozze con l’umanità da lui salvata.

PRIMA LETTURA
I versetti, presi da Isaia 62, sono pervasi da un grande fervore di gioia e di speranza. Sono stati composti al ritorno dall’esilio. Nonostante le rovine in cui gli Israeliti hanno trovato Gerusalemme, il profeta si lascia andare all’euforia. Egli vede e vuol far vedere l’avvenire che il Signore riserva a Sion.
Egli vede Gerusalemme risplendente di luce, come l’aurora dopo la notte, come una lampada che dissipa le tenebre. E questa luce attirerà i popoli. Ritroveremo nel salmo il tema dell’ammirazione dei pagani per Gerusalemme.
Ma soprattutto vede rinnovarsi le relazioni di Israele col suo Dio: corona e diadema di Dio, Gerusalemme manifesterà la gloria del suo Re. Più ancora: il Signore trovando la sua gioia nella città da lui ricostruita, ne farà la sua sposa. Le darà un nome nuovo: “Mio compiacimento”, “Sposata”. (Nella Bibbia, dare un nome significa sempre operare una trasformazione profonda dell’essere).
Questa intimità di Dio col suo popolo (simboleggiato da Gerusalemme) è tanto più meravigliosa in quanto segue a un lungo periodo di apparente abbandono. Proprio la “abbandonata”, la “devastata”, è ormai la giovane sposa.

SALMO
I versetti presi dal salmo 95 esprimono lo stesso fervore di trionfo e la stessa attesa universale. Si tratta d’un canto nuovo, perché, finite le prove di Israele, la liberazione degli esiliati e la ricostruzione di Gerusalemme creano una situazione del tutto nuova. I pagani potranno finalmente riconoscere la gloria, la potenza, la santità del Signore e servirlo come loro Re e Giudice.

SECONDA LETTURA
Il brano, preso dalla prima lettera ai Corinzi, ci offre un prezioso chiarimento sulla vita della Chiesa, le sue ricchezze e le sue povertà.
Le sue ricchezze: l’abbondanza e la varietà dei doni dello Spirito (i doni fatti da Cristo-Sposo alla sua Chiesa-Sposa), che mirano soprattutto al progresso della fede, alla vita cristiana, al discernimento, e nello stesso tempo al bene dei cristiani (guarigioni, miracoli) e al fervore delle loro assemblee di preghiera (le lingue, l’interpretazione).
Le sue povertà: l’insistenza di Paolo nel ricordare che un solo Dio – Signore e Spirito – distribuisce questi diversi doni, l’affermazione che tali doni sono ricevuti “per l’utilità comune”, evocano la confusione, le divisioni, l’ambiguità di certi entusiasmi che provocano delle crisi nella comunità di Corinto.

VANGELO
L’episodio delle nozze di Cana è, come l’intero Vangelo di Giovanni, colmo di simboli.
A una prima lettura vi troviamo parecchi dati interessanti: il riconoscimento da parte di Dio del valore della vita coniugale e della festa; l’importanza dell’intercessione di Maria, attenta ai nostri bisogni; la potenza di Cristo, la sua generosità nei doni, la sua discrezione negli interventi, che tuttavia sono determinanti per la fede.
È necessario però spingerci molto più avanti.
Queste nozze umane, dove Gesù è presente, sono il punto di partenza del tema di Gesù, sposo dell’umanità.
Le nozze di Cristo e della Chiesa avverranno quando “sarà giunta l’ora”, l’ora cioè in cui, sulla croce, Cristo si offrirà totalmente per la Chiesa; l’ora in cui Maria, “la Donna”, diventerà madre della nuova umanità.
Allora l’acqua delle giare di pietra (simboleggiante il rituale giudaico diventato del tutto inutile) cederà il posto al vino nuovo (simboleggiante la grazia e il dono dello Spirito nella Nuova Alleanza).
Allora, molto più che col miracolo di Cana, si manifesterà la gloria di Cristo, e non solo gli apostoli, ma gli stessi pagani crederanno in lui.
L’osservazione del maestro di tavola: “Tu invece hai conservato fino ad ora il vino buono” assume in questa luce un nuovo significato. Bisognerà aspettare l’“ora” del Cristo glorificato affinché il buon vino, lo Spirito Santo, sia donato.

2. PER ANNUNCIARE LA PAROLA (piste di omelia)

Sperate nella Chiesa?
L’essere preoccupati per la Chiesa dà un tocco di distinzione. Magari ricorrendo a statistiche sulla pratica, sulle vocazioni, sulle missioni. E lamentandosi del comportamento dei giovani, dell’incapacità di adattarsi della gerarchia, delle divisioni fratricide nelle comunità.
Pur senza fare lo struzzo, perché non partecipare al fervore, all’entusiasmo del profeta? (1a lettura). La comunità giudaica era allora ridotta a un pugno di scampati; Gerusalemme era un mucchio di rovine. E tuttavia il profeta la vede diventare la luce e il desiderio del mondo pagano (cf anche il salmo).
Perché non fare, come Paolo, la lista notevole dei doni dello Spirito che si manifestano anche oggi nella Chiesa? (2a lettura). Se vi sono delle manchevolezze e delle miserie (cf “Non hanno più vino” del Vangelo), Cristo, Sposo della Chiesa, suo architetto che non smette di costruirla e di ricostruirla, è sempre pronto a darle il vino nuovo dell’amore. La Chiesa non è abbandonata, ma rimane la preferita, la gioia di Dio.
Perché alla fine non dovrebbe vincere il bene?

Quali doni vi ha fatto lo Spirito?
Non molto tempo fa la Chiesa era una cosa dei preti. Oggi si comincia a superare questo stadio (una mano la dà anche la crisi delle vocazioni).
Molti cristiani si chiedono quale posto competa loro nella comunità. I doni dello Spirito enumerati da Paolo, e che sembrano scomparsi, ritrovano, con nomi nuovi, nuova esistenza e nuova efficacia: catechisti, animatori liturgici, responsabili dell’Azione Cattolica, delle opere caritative, ecc., e a loro modo contribuiscono a edificare la Chiesa. Ricompare persino il curioso dono delle lingue (cf i gruppi “carismatici” che sorgono qua e là).
In questo rinnovamento scorgiamo però dei rischi.
– Che alcuni si ritengano senza alcun dono, ammirino da lontano i “responsabili” dimenticando la loro grazia specifica. È allora il momento di risvegliarsi, di avere il coraggio di credere al dono fatto da Dio a ognuno per gli altri.
– Che i doni si oppongano gli uni agli altri, che ognuno si regoli soltanto in base alla sua grazia e al suo ministero. È allora il momento di ricordarsi che il dono è concesso come “una manifestazione particolare dello Spirito per l’utilità comune”, cioè per il servizio della comunità.

Volete bere il vino delle nozze?
Il matrimonio è in crisi, aumentano le unioni libere. Si ha paura dell’impegno della vita, preso… per sempre. Non sarebbe il caso allora di rivalorizzare il matrimonio, anche tenendo presenti le molte scoperte fatte da alcuni anni sulla spiritualità coniugale?
La presenza di Gesù alle nozze di Cana è quasi una benedizione del matrimonio. E il miracolo del vino non ha perso interesse: quante vite coniugali partite come una festa sono diventate un po’ alla volta insipide… È venuto a mancare il vino dell’amore. L’amore fedele, vissuto senza cedimenti, capace di perdono, è sempre una specie di miracolo. E tale miracolo, discretamente, Gesù continua a operarlo per coloro che glielo chiedono.
E ciò va ben oltre la vita coniugale. Anche i giovani, i celibi, i vedovi devono vivere di amore, a loro modo. E soltanto Cristo, sposo della Chiesa, può insegnarlo ad ognuno, secondo il suo stato.
Perché non partecipare oggi, simbolicamente, al calice del vino del Regno, del sangue di Cristo versato sulla croce, dal momento che è stato dato per sempre per sposarci tutti? Allora ci verrebbe comunicata la festa dell’amore e noi potremmo viverla giorno dopo giorno con coloro che formano la nostra famiglia.

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5. Parola da Vivere – 2 t.o. C, 20 gen ’19

La Parola da vivere durante la settimana:

RIEMPITE LE ANFORE
Regalandoci il vino nuovo, Cristo Gesù manifesta la sua gloria e chiarisce i termini della nostra fede, fatta di sponsalità gioiosa. Gesù, Sposo divino, rende possibili e gioiose le nozze di Cana (Gv 2,2). Tutti gli amici dello Sposo, come Giovanni Battista, gioiscono alla voce dello Sposo (Gv 3,29) e l’Eucaristia è, fin d’ora, la celebrazione della gioia nuziale (Mc 2,19: possono forse digiunare gli invitati a nozze quando lo sposo è con loro?). Si ritrova anche la gioia di Dio, che in Gesù ritrova la pecora perduta (Lc 15,5), il figlio morto ritornato in vita (Lc 15,24) e il peccatore convertito (Lc 15,10). Tutti segni che il Regno è giunto.

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6. Preghiere dei Fedeli – 2 t.o. C, 20 gen ’19

Le nozze di Cana

Celebrante. Il miracolo di Cana ci ricorda che il Signore vuole le nostre famiglie nella gioia. Nella Preghiera dei fedeli gli domandiamo la capacità di comprendere il suo progetto sulla famiglia, e la grazia di realizzarlo nelle nostre case, in tutta la sua bellezza.

Lettore. Preghiamo insieme e diciamo: Padre, che fai di noi una sola famiglia, ascoltaci.

1. Preghiamo per la Chiesa, chiamata a essere la grande famiglia di Dio. I cristiani che la compongono corrono però il rischio di sciupare tutto con l’egoismo e la ricerca del proprio tornaconto.
Perché trovino nella fede e nella speranza la forza di amare i loro cari, i loro amici e ogni persona, preghiamo.

2. Per gli sposi cristiani. La tenerezza di Dio creatore e padre è il modello a cui anch’essi sono chiamati a conformarsi.
Perché gli sposi riservino al Signore un posto nella casa, e vivano la loro unione nell’affetto, e nella generosa donazione ai figli, preghiamo.

3. Per i fidanzati che si preparano al matrimonio. Porranno solide fondamenta alla loro unione solo maturando una volontà di dedizione reciproca senza limiti.
Perché con la preghiera e nella generosità ottengano dal Signore di diventare capaci d’un amore aperto al dono totale di sé, preghiamo.

4. Per coloro che hanno visto fallire il loro matrimonio. Non si chiudano nell’amarezza, e non lascino inaridire il loro cuore.
Perché in un clima di comprensione e aiuto della comunità cristiana, ritrovino fiducia nella vita, e ancora la gioia di donare e di essere utili, preghiamo.

5. Per le famiglie della nostra comunità. Nella parrocchia, nelle associazioni, nei gruppi, esse possono trovare un clima cordiale di amicizia e solidarietà.
Perché l’ambiente cristiano le aiuti a crescere e maturare, nella comunione con Cristo e la Chiesa, preghiamo.

Celebrante. O Padre, nel tuo figlio Gesù tu ci hai rivelato i valori profondi della vita famigliare. Concedici di essere sempre oggetto del tuo amore, e di costruire con gioia la tua comunità sulla terra, come la grande famiglia dei figli di Dio. Per Cristo nostro Signore.

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7. Vignetta di RobiHood – 2 t.o. C, 20 gen ’19

IL VINO NUOVO

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Pubblicazioni di Roberto Benotti (RobyHood) presso Elledici:

Laudati sii

Ancilla Domini

Un anno straordinario

Sorrisi divini

I Love Francesco

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8. Aforismi – 2 t.o. C, 20 gen ’19

CANA DI GALILEA
Villaggio a pochi chilometri a nord di Nazaret, di non sicura ubicazione: oggi vengono indicate due località, Kafr Kana secondo la tradizione cattolico-bizantina, e Hirtet Qana secondo i recenti scavi archeologici.
L’attuale Cana è un centro popoloso, con una parrocchia cattolica. Nella sua area risultano reperti molto antichi: una cisterna, abitazioni del 1° secolo proprio sotto l’attuale sacrestia, un mosaico in aramaico che forse fu pavimento di una chiesa-sinagoga. Come pure un’abside bizantina, una grossa giara in pietra, e una tomba del 5° secolo. Nonché reperti dell’epoca dei crociati…
Nei Vangeli, Cana è nominata solo da Giovanni: come luogo in cui il Signore compì il suo primo prodigio, in cui guarì a distanza il figlio dell’ufficiale di Cafarnao (4,46-54), e come patria di Natanaele (21,2).

SPOSARSI NEL SIGNORE
– Non voglio nel tuo cuore che il secondo posto: il primo dev’essere occupato da Gesù Cristo. L’intellettuale francese Ernest Hello alla sposa, nel giorno del loro matrimonio.
– Il matrimonio è l’unione di due cuori, fra i quali si sente battere il cuore di Dio. Dino Semplici
– Bisogna essere in tre, per sposarsi bene: lui, lei, e Dio. Fulton Sheen
– Dio non benedice le nozze per cui non è stato consultato. Santo Curato d’Ars

IL LATO IRONICO
– “Papà, perchè hai sposato la mamma?”. “Te lo chiedi anche tu, eh?”.
– In confessionale. “Padre, mi sono sposato”. “Figliolo, sposarsi non è peccato”. “Lo so, ma io mi pento lo stesso”.

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9. Canto Liturgico – 2 t.o. C, 20 gen ’19

Ecco a voi questa settimana un canto per la COMUNIONE o il RINGRAZIAMENTO

VERGINE DEL SILENZIO – D. Machetta
(Nella Casa del Padre – Elledici)

Vergine del silenzio,
che ascolti la parola e la conservi,
donna del futuro, aprici il cammino.

Silenzio di chi vigila,
silenzio di chi attende,
silenzio di chi scopre una presenza.

Silenzio di chi dialoga,
silenzio di chi accoglie,
silenzio di chi vive in comunione.

Silenzio di chi prega,
silenzio di chi è in pace,
silenzio di chi è “uno” nel suo spirito.

Silenzio di chi è povero,
silenzio di chi è semplice,
silenzio di chi ama ringraziare.

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10. Narrazione – 2 t.o. C, 20 gen ’19

LA MOGLIE PERFETTA

Mullah Nasrudin era seduto nel negozio del tè quando arrivò un vicino per parlare con lui.
«Sto per sposarmi, Mullah», gli disse l’amico,
«e sono molto eccitato. Tu non hai mai pensato di sposarti?».

Nasrudin rispose:
«Sì, ci ho pensato. Quand’ero giovane lo desideravo molto.

Volevo trovare la moglie perfetta.
Mi sono messo in viaggio per cercarla e sono andato a Damasco.
Là ho incontrato una bella donna piena di graziagentile e molto spirituale,
ma che non conosceva il mondo.

Allora mi sono rimesso in viaggio e sono andato a Isphahan.
Là ho incontrato una donna che era sia spirituale che mondana,
bella sotto molti punti di vista, ma non riuscivamo a comunicare.

Alla fine sono andato al Cairo e dopo molte ricerche l’ho trovata.
Era profonda di spirito, piena di graziabella sotto tutti i punti di vista,
a suo agio sia nel mondo che nei regni che lo trascendono.
Sentivo di aver trovato la moglie perfetta».

L’amico gli fece un’altra domanda: «Allora perché non l’hai sposata, Mullah?».

«Ahimè» disse Nasrudin scuotendo la testa, «anche lei stava cercando il marito perfetto».

Uno scapolo chiese al computer di trovargli la compagna perfetta:
«Voglio una ragazza piccina e graziosa, che ami gli sport acquatici e le attività di gruppo».
E il computer rispose: «Sposa un pinguino».

Amare significa accogliere un «altro»
con il suo modo di essere, la sua diversità, i suoi difetti,
non la copia di qualche nostro stupido sogno.
Il marito perfetto è quello che non vuole una moglie perfetta.

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1. Letture – 3 t.o. C, 27 gen ’19

LITURGIA DELLA PAROLA

PRIMA LETTURA
Leggevano il libro della legge
e ne spiegavano il senso.

Dal libro di Neemìa 8,2-4a.5-6.8-10)

In quei giorni, il sacerdote Esdra portò la legge davanti all’assemblea degli uomini, delle donne e di quanti erano capaci di intendere.
Lesse il libro sulla piazza davanti alla porta delle Acque, dallo spuntare della luce fino a mezzogiorno, in presenza degli uomini, delle donne e di quelli  che erano capaci d’intendere; tutto il popolo tendeva l’orecchio al libro della legge. Lo scriba Esdra stava sopra una tribuna di legno, che avevano costruito per l’occorrenza.
Esdra aprì il libro in presenza di tutto il popolo, poiché stava più in alto di tutti; come ebbe aperto il libro, tutto il popolo si alzò in piedi. Esdra benedisse il Signore, Dio grande, e tutto il popolo rispose: «Amen, amen», alzando le mani; si inginocchiarono e si prostrarono con la faccia a terra dinanzi al Signore.
I levìti leggevano il libro della legge di Dio a brani distinti e spiegavano il senso, e così facevano comprendere la lettura. Neemìa, che era il governatore, Esdra, sacerdote e scriba, e i levìti che ammaestravano il popolo dissero a tutto il popolo: «Questo giorno è consacrato al Signore, vostro Dio; non fate lutto e non piangete!». Infatti tutto il popolo piangeva, mentre ascoltava le parole della legge.
Poi Neemìa disse loro: «Andate, mangiate carni grasse e bevete vini dolci e mandate porzioni a quelli che nulla hanno di preparato, perché questo giorno è consacrato al Signore nostro; non vi rattristate, perché la gioia del Signore è la vostra forza».
Parola di Dio

SALMO RESPONSORIALE – Sl. 18(19)
Rit: Le tue parole, Signore, sono spirito e vita.

La legge del Signore è perfetta,
rinfranca l’anima;
la testimonianza del Signore è stabile,
rende saggio il semplice.

I precetti del Signore sono retti,
fanno gioire il cuore;
il comando del Signore è limpido,
illumina gli occhi.

Il timore del Signore è puro,
rimane per sempre;
i giudizi del Signore sono fedeli,
sono tutti giusti.

Ti siano gradite le parole della mia bocca;
davanti a te i pensieri del mio cuore,
Signore, mia roccia e mio redentore.

SECONDA LETTURA
Voi siete corpo di Cristo,
ognuno secondo la propria parte.

Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi 12,12-30

Fratelli, come il corpo è uno solo e ha molte membra, e tutte le membra del corpo, pur essendo molte, sono un corpo solo, così anche il Cristo. Infatti noi tutti siamo stati battezzati mediante un solo Spirito in un solo corpo, Giudei o Greci, schiavi o liberi; e tutti siamo stati dissetati da un solo Spirito.
E infatti il corpo non è formato da un membro solo, ma da molte membra. Se il piede dicesse: «Poiché non sono mano, non appartengo al corpo», non per questo non farebbe parte del corpo. E se l’orecchio dicesse: «Poiché non sono occhio, non appartengo al corpo», non per questo non farebbe parte del corpo. Se tutto il corpo fosse occhio, dove sarebbe l’udito? Se tutto fosse udito, dove sarebbe l’odorato?
Ora, invece, Dio ha disposto le membra del corpo in modo distinto, come egli ha voluto. Se poi tutto fosse un membro solo, dove sarebbe il corpo? Invece molte sono le membra, ma uno solo è il corpo. Non può l’occhio dire alla mano: «Non ho bisogno di te»; oppure la testa ai piedi: «Non ho bisogno di voi». Anzi proprio le membra del corpo che sembrano più deboli sono le più necessarie; e le parti del corpo che riteniamo meno onorevoli le circondiamo di maggiore rispetto, e quelle indecorose sono trattate con maggiore decenza, mentre quelle decenti non ne hanno bisogno. Ma Dio ha disposto il corpo conferendo maggiore onore a ciò che non ne ha, perché nel corpo non vi sia divisione, ma anzi le varie membra abbiano cura le une delle altre. Quindi se un membro soffre, tutte le membra soffrono insieme; e se un membro è onorato, tutte le membra gioiscono con lui.
Ora voi siete corpo di Cristo e, ognuno secondo la propria parte, sue membra. Alcuni perciò Dio li ha posti nella Chiesa in primo luogo come apostoli, in secondo luogo come profeti, in terzo luogo come maestri; poi ci sono i miracoli, quindi il dono delle guarigioni, di assistere, di governare, di parlare varie lingue. Sono forse tutti apostoli? Tutti profeti? Tutti maestri? Tutti fanno miracoli? Tutti possiedono il dono delle guarigioni? Tutti parlano lingue? Tutti le interpretano?
Parola di Dio

CANTO AL VANGELO Lc 4,18
Alleluia, alleluia.
Il Signore mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio,
a proclamare ai prigionieri la liberazione.

Alleluia.

VANGELO
Oggi si è compiuta questa Scrittura.

+ Dal Vangelo secondo Luca (1,1-4; 4,14-21)

Poiché molti hanno cercato di raccontare con ordine gli avvenimenti che si sono compiuti in mezzo a noi, come ce li hanno trasmessi coloro che ne furono testimoni oculari fin da principio e divennero ministri della Parola, così anch’io ho deciso di fare ricerche accurate su ogni circostanza, fin dagli inizi, e di scriverne un resoconto ordinato per te, illustre Teòfilo, in modo che tu possa renderti conto della solidità degli insegnamenti che hai ricevuto.
In quel tempo, Gesù ritornò in Galilea con la potenza dello Spirito e la sua fama si diffuse in tutta la regione. Insegnava nelle loro sinagoghe e gli rendevano lode.
Venne a Nàzaret dove era cresciuto, e secondo il suo solito, di sabato, entrò nella sinagoga e si alzò a leggere. Gli fu dato il rotolo del profeta Isaìa; aprì il rotolo e trovò il passo dove era scritto:
«Lo Spirito del Signore è sopra di me;
per questo mi ha consacrato con l’unzione
e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio,
a proclamare ai prigionieri la liberazione
e ai ciechi la vista;
a rimettere in libertà gli oppressi
e proclamare l’anno di grazia del Signore».
Riavvolse il rotolo, lo riconsegnò all’inserviente e sedette.
Nella sinagoga, gli occhi di tutti erano fissi su di lui. Allora cominciò a dire loro: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato».
Parola del Signore

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2. Esegesi – 3 t.o. C, 27 gen ’19

(spunti di esegesi)

LO SPIRITO DEL SIGNORE È SOPRA DI ME

Neemia 8,2-4a.5-6.8-10 – Lesse il libro sulla piazza
1 Corinzi 12,12-30 – Siamo stati battezzati mediante un solo Spirito
Luca 1,1-4; 4,14-21 – Oggi si è compiuta questa scrittura

La Parola che genera
Questa domenica celebra la festa della Parola che è il segreto della presenza di Dio nella vicenda umana. Il popolo che il Libro di Neemia vede oggi radunato intorno alla Parola, popolo di uomini e donne, di grandi e di piccoli, viene plasmato nella sua esistenza reale, dal suo incontro con la Parola. Essa lo fa nascere, e lo fa essere quello che è. Essa è presente nella Creazione, perché tutto è stato fatto dalla Parola di Dio, ed è presente nella storia perché si racchiude in ogni evento piccolo e grande della vicenda umana. Il popolo di Dio deve la sua esistenza alla Parola di Dio. Una Parola che crea, che dà significato a tutto. L’ordinamento della vita di Israele poggia sulla Parola di Dio, che diviene forza che guida la sua storia. L’israelita si sentiva tanto dipendente, come vocazione e come destino, da questa Parola, che la sua preghiera quotidiana cominciava sempre allo stesso modo: «Ascolta Israele» (Dt 6,4-9).

La Parola confermata dallo Spirito
L’esordio del Vangelo di Luca che oggi ascoltiamo è un esempio molto concreto di come la Parola sia la protagonista che strappa i fatti dal loro semplice accadimento e ne rivela le fonti, le connessioni, la rilevanza positiva e negativa, e i fini. La Parola è il grembo materno della vicenda umana. Lo scopo della memoria scritta di Luca è quello di rendere il discepolo consapevole della solidità degli insegnamenti ricevuti e quindi di confermarlo nella fede. Per tre volte all’inizio del suo Vangelo Luca, descrivendo i movimenti di Gesù, ricorda lo Spirito: in 3,22 si dice che lo Spirito scende su Gesù; in 4,1 si dice che Gesù è condotto dallo Spirito nel deserto; qui lo Spirito si manifesta nella potenza della Parola. Il fatto avviene dentro la celebrazione ordinaria del sabato ebraico. La Parola stessa, fatta carne, è in cattedra, e il suo annuncio non è più profetico, ma direttamente rivelativo, è la Parola stessa che si comunica.

La Parola è Cristo Gesù
Ciò che è stato promesso ora si compie. In questa riconsegna della Parola il rotolo è aperto su Isaia 61,1. Gesù arriva al momento giusto perché la storia è arrivata al punto giusto. Se per Matteo il secondo Sinai è la montagna delle Beatitudini, per Luca lo è la sinagoga di Nazaret. E Gesù è puntuale  all’appuntamento, egli conferma: «Oggi si compie». La storia è giunta al suo punto di maturità. Quest’oggi riassume e compie tutto il tempo dell’attesa riassunto da Is 61. In Cristo Gesù tutte le profezie, tutta la Parola diventa carne e la liberazione degli schiavi, la libertà degli oppressi, la vista ridonata ai ciechi, sono possibili perché la potenza di Dio si incarna. Il tempo di grazia lo si può costruire quando l’ascolto della Parola diventa storia condivisa da coloro che scegliendo di seguire Gesù, sentono che la comunione si costruisce portando i pesi gli uni degli altri, quando arriviamo a sentirci corpo con ogni fratello e sorella che incontriamo nel cammino.

La Parola risposta ad ogni miseria
In Luca 4,18 si parla di poveri, di prigionieri, di ciechi, di oppressi. Sono quattro immagini che descrivono e riassumono bene la miseria dell’uomo di ogni tempo. Gesù è l’oggi di questo momento di grazia e di liberazione. In quest’annuncio è coinvolta la nostra vita. La vita di ciascuno di noi è una promessa, siamo in potenza ciò che di più bello, di più grande si possa realizzare. Il gesto di Gesù, condotto dallo Spirito, deve continuare nei suoi discepoli.
L’ascolto della Parola diventa vita e vita credibile, quando diventiamo «uno» nel corpo del Signore Gesù, segno visibile dell’amore del Padre, quando l’altro è così fortemente amato che non esiste più la mia e la sua vita, la mia e la sua fatica, la mia e la sua sofferenza o gioia, ma l’armonia profonda, dono di Dio, per cui se uno guarisce, guarisce tutta l’umanità. Dio ha conferito onore e rispetto ad ogni parte di questo corpo. L’onore che si deve a Dio e al Signore Gesù ora lo si deve anche ad ogni uomo: amatevi gli uni gli altri… gareggiate nello stimarvi a vicenda (Rm 12,10) e anche nell’onorare il vostro corpo (1Cor 12,21-23).

PER IL CONFRONTO NEL GRUPPO
– Che cosa genera in te la Parola?
– Ti senti capace di dire la Parola vera?

IN FAMIGLIA
A partire dalle tante parole che si sono dette durante la settimana o nel corso della giornata,
ogni membro della famiglia cerca di trovare quell’espressione che ha un senso più pieno.
Dal confronto con le letture si evidenzia la distanza tra noi e la proposta della liturgia
per trovare il modo di avvicinarsi e rendere quello che si dice più ricco di significato.

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3. Annunciare la Parola – 3 t.o. C, 27 gen ’19

1. PER COMPRENDERE LA PAROLA

Esdra diede una volta la legge ai Giudei ritornati dall’esilio e in tal modo ne formò nuovamente un popolo. Anche Gesù, come Esdra, reca la Buona Novella e fa nascere il nuovo popolo di Dio.

PRIMA LETTURA
Il brano riporta un avvenimento particolarmente importante nella storia del popolo di Dio. Dopo il ritorno dall’esilio, una volta ricostruito il Tempio, lo scriba Esdra fu incaricato di far conoscere e imporre ai Giudei la Legge di Mosè. Sembra che nel suo insieme il popolo l’avesse del tutto dimenticata.
Si trattò d’un’assemblea preparata con cura, lunga e solenne, di una liturgia della parola durata un’intera mattina e che ebbe bisogno di traduzioni e di commenti.
Assemblea mista: uomini, donne, ragazzi.
Assemblea attenta, pronta alle acclamazioni, ai gesti religiosi, alle prostrazioni. I forti “Amen” sono l’affermazione della fede.
La lettura della Legge provoca l’emozione e le lacrime (di emozione, di timore, di pentimento?), che sembrano sconcertare gli scribi… Esdra invece invita a celebrare l’avvenimento nella gioia e a trasformare in festa questo giorno consacrato al Signore. “La gioia del Signore è la vostra forza” non è soltanto una bella trovata letteraria: in realtà, la ricostruzione delle mura di Gerusalemme era stata finalmente terminata, dopo diversi tentativi falliti: esse erano una “forza” e quindi motivo di gioia.

SALMO
Questa 2a parte è l’elogio della legge del Signore: perfetta, sicura, verace, limpida, fedele e giusta. Colui che l’ascolta con semplicità ritrova la vita, la gioia, la luce. Colui che la canta nel suo cuore e sulla sua bocca ha il coraggio di avvicinarsi al Signore.

SECONDA LETTURA
Continua il brano della domenica precedente; vi ritroviamo la stessa preoccupazione per l’unità della Chiesa e per l’armonia nell’uso dei doni dello Spirito.
Unità della Chiesa: è il paragone del corpo. “Siamo stati battezzati in un solo Spirito per formare un solo corpo”.
Se pensiamo al fossato religioso che separava gli Ebrei dai pagani, al fossato sociale che separava gli uomini liberi dagli schiavi, misuriamo ancor meglio la forza unificante della fede e del battesimo. Tuttavia, le tentazioni di divisioni si collocano a un altro livello: proprio al livello dei doni dello Spirito che in qualche modo differenziavano i membri della Chiesa, come i diversi organi del corpo umano svolgono una differente, specifica funzione.
Perché ci sia armonia nell’uso dei doni dello Spirito è necessario che ognuno riconosca di aver bisogno del dono degli altri. Ognuno sperimenti la solidarietà che lo lega agli altri; nella sofferenza o nella gioia non si dimentichino gli altri. Tutti ammettano una gerarchia – che Paolo fissa con una certa precisione (certamente per stabilire un equilibrio per i Corinzi, che sembrano aspirare maggiormente ai doni spettacolari con danno dei doni più essenziali per la vita della comunità) – e tale gerarchia sia accettata umilmente. La cosa essenziale è che “voi siete corpo di Cristo e sue membra, ciascuno per la sua parte”.

VANGELO
Riporta anzitutto i primi quattro versetti del Vangelo di Luca, nei quali l’autore, come uno scriba fedele del nuovo regno, vuole ispirare fiducia nella qualità della sua opera. Questa è fedele alla tradizione (ci si può richiamare a Esdra, ugualmente preoccupato di comunicare al popolo la tradizione della legge di Mosè).
Segue poi la scena in cui Gesù, dopo il battesimo, si reca a Nazaret, entra nella sinagoga e viene invitato a presiedere la liturgia della Parola. Questa volta non si limita a un semplice commento del passato, ma vi annuncia la realizzazione della profezia di Isaia: l’oggi di Dio nella sua stessa persona, consacrata dallo Spirito.
Egli vi si presenta come il Profeta della Buona Novella per coloro che in un modo o nell’altro vivono nella miseria: i poveri, i prigionieri, i ciechi, gli oppressi.
È l’inizio d’un anno di benefici, non più soltanto un anno giubilare come nell’Antico Testamento, ma il Tempo messianico nel quale il Signore non smette di concedere i suoi benefici.

2. PER ANNUNCIARE LA PAROLA (piste di omelia)

La nostra legge è la legge del Signore?
Tutti siamo facilmente dei criticoni, eppure esigiamo leggi giuste. In campo religioso si può ancora parlare di legge? Gesù non è venuto a portare la libertà? È una cosa che ci piace ricordare! E tuttavia non si può negare la confusione quasi generale che nasce appena vengono meno regole precise, principi morali, ecc.
Il popolo ebraico, se non è sempre stato fedele alla legge, non ha conosciuto tale confusione. Gli scribi avevano appunto il compito di ricordare la legge di Mosè (cf 1a lettura). I suoi poeti religiosi erano felici di esaltarne i benefici (cf Salmo). Del resto la legge non era semplicemente un codice di prescrizioni, ma il richiamo dei doni di Dio, la proclamazione dell’Alleanza con lui.
E noi? Se non corriamo più il rischio di cadere nel legalismo, dobbiamo però ritrovare, al cuore della vita cristiana, la profonda necessità dell’obbedienza alla legge del Signore, all’Alleanza che ci unisce a lui. Non esiste fede senza sottomissione alla Parola. Non si può essere cristiani se non si è discepoli.
Chi ci guida alla scoperta della legge è lo Spirito. Egli ci fa comprendere la Parola in funzione degli avvenimenti di ogni giorno. Attraverso la Chiesa ci aiuta a trovare il cammino concreto della fedeltà.
Potessimo tutti, ogni giorno, mormorare nel nostro cuore, attento allo Spirito: “La legge del Signore è perfetta, rinfranca l’anima”.

Verso l’unità?
L’aspirazione all’unità, a tutti i livelli e sotto tutte le forme – nell’umanità, fra le nazioni, fra i diversi ambienti di vita, nell’intimo delle famiglie, ecc. – non è mai stata così forte. E, paradossalmente, mai ogni persona singola, ogni gruppo, ambiente, società ha mostrato tanto impegno a sviluppare la propria originalità, a conservare ciò che lo differenzia dagli altri.
Anche nella Chiesa esiste questo doppio movimento. Ritrovare l’unità dei cristiani, la cui divisione in confessioni chiuse appare scandalosa e motivo di sfiducia. Senza tuttavia che nessuna delle tradizioni cristiane perda alcunché dei propri doni particolari. A questo proposito, l’ecumenismo ha fatto grandi passi. Allo stesso modo, all’interno della Chiesa cattolica si cerca l’unità, sempre difficile, nel rispetto di tutte le differenze. La gioia del Signore sia la nostra forza contro l’asprezza delle divisioni!
È il momento di ricordare l’insegnamento di Paolo: il bisogno, la solidarietà, la gerarchia, l’umiltà che devono esistere tra le membra del corpo di Cristo (vedi sopra).
Se la Chiesa vivrà questa difficile unità, potrà dare il suo contributo all’unificazione degli uomini nella vita sulla terra.

Portatori della Buona Novella
Quando gli Israeliti sentirono leggere la legge di Mosè, si misero a piangere: timore di Dio, emozione nel ritrovarsi a Gerusalemme finalmente ricostruita? Neemia dovette invitarli a vincere tale commozione per rallegrarsi di essere il popolo consacrato al Signore!
Noi non siamo qualche volta piuttosto refrattari alla festa, alla gioia, portati a veder nella nostra fede e nelle sue esigenze certamente una nobile vocazione, ma anche una forma di austerità che ucciderebbe la gioia di vivere? In realtà, noi siamo stati educati in una spiritualità del dovere, la quale, se mal capita, può andare in questa direzione.
Anche se noi personalmente abbiamo superato questa tentazione e troviamo la nostra gioia nella legge del Signore, è innegabile che, per molti increduli e lontani, l’essere cristiano non è allegro!
È il caso di rivivere la scena del Vangelo, di ascoltare Cristo che si presenta come liberatore, benefattore, portatore di un messaggio di gioia. Sia per lasciarci prendere da meraviglia di fronte a tutto ciò che riceviamo di fatto, sia per metterci alla scuola di Cristo, anche noi abbiamo ricevuto l’unzione dello Spirito; è la Buona Novella che dobbiamo portare, concretamente, agli uomini nostri contemporanei.

Da “Omelie per un anno 1 e 2” – Anno B – a cura di M. Gobbin – Elledici