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3. Annunciare la Parola – 6 t.o. C, 17 feb ’19

PER COMPRENDERE LA PAROLA

Il legame fra la 1ª lettura e il Vangelo nella forma è chiaro. Si tratta di due esempi di maledizione-benedizione contrapposte. Nella sostanza invece il rapporto è solo indiretto: in Geremia: fiducia nell’uomo o fiducia in Dio; nel Vangelo: beatitudine e maledizione nel Regno di Dio.

PRIMA LETTURA
Non è un testo secondo lo stile abituale di Geremia. Si tratta d’un insegnamento sapienziale, costruito seguendo un parallelismo abbastanza sviluppato.
L’autore pone i contemporanei davanti a una scelta: maledizione o benedizione. A tale scopo, riprende il tema delle due vie, frequente nella Bibbia.
Mettere la propria fiducia nell’uomo: è l’aridità, l’accecamento, il deserto. Fuori di Dio l’uomo non può riconoscere la grandezza della propria esistenza.
Invece l’uomo che mette la sua fiducia in Dio, che fonda la sua vita sul rapporto con Dio, non teme il caldo, non ha paura dell’aridità, non è sterile. Le sue foglie rimangono verdi, perché è piantato lungo l’acqua.
Il parallelismo è chiarissimo fra le due parti del testo:
– fiducia nell’uomo = terra desolata, arida, nessuna felicità;
– fiducia in Dio = acqua corrente, foglie verdi, frutti.
Scegliere Dio vuol dire felicità, scegliere se stesso vuol dire infelicità.

SALMO
Riprende i temi della 1ª lettura, aggiungendovi altre immagini. In una lettura cristiana, Cristo in croce è il giusto per eccellenza.

SECONDA LETTURA
È il seguito della domenica precedente. Il pensiero greco, segnato dal platonismo, non può capire la risurrezione dei morti (la risurrezione della carne, cf At 17,32).
Per Paolo, la risurrezione di Cristo è l’avvenimento centrale della fede cristiana: “Cristo è risuscitato dai morti, primizia di coloro che sono morti”.
Senza la risurrezione, la fede cristiana sarebbe illusione e utopia. Senza di essa gli uomini rimarrebbero schiavi dei loro peccati. La fede diventerebbe peggio del nulla.
La risurrezione trasforma l’intera esistenza umana. Col Cristo risorto è cominciata una nuova creazione.

VANGELO
È la versione delle “beatitudini” secondo la tradizione lucana (6,20-49). Diversamente da Mt 5, Cristo discende dal monte e si ferma in un luogo pianeggiante. È sceso dal monte dove aveva pregato dopo la scelta dei Dodici. E ritornato in mezzo al popolo. Luca sottolinea volentieri questo contatto diretto di Gesù con le folle.
L’insegnamento di Gesù è in stretto rapporto con ciò che vivono i destinatari: alcuni cristiani se ne stavano tranquilli nella loro ricchezza, altri erano perseguitati, altri avevano fame ora… (tono molto diretto: “Ora” ripetuto, “in quel giorno”).
La situazione dell’epoca non presenta niente di nuovo: anche i loro padri trattavano così i profeti. È una situazione che fa parte dell’esistenza cristiana di ogni tempo.
L’opera di Dio non si sviluppa necessariamente in continuità con l’opera del mondo e degli uomini. È piuttosto in contraddizione con ciò che a noi sembra felicità o infelicità (differenza fra maledetto e infelice: 1ª lettura). Avverrà un capovolgimento delle situazioni: “I primi saranno gli ultimi…”.


PER ANNUNCIARE LA PAROLA (piste di omelia)

La felicità
Per molti è una questione di fortuna o di denaro: col denaro si possono avere tutti i beni materiali e acquistare cultura, considerazione, potere, ecc. Per la Scrittura è una questione di scelta: in chi porre la propria fiducia?
Gesù va oltre: coloro che noi giudichiamo disgraziati, egli li dichiara beati. Chi sono oggi questi “beati”? Sanno in che cosa consiste la loro felicità? Possono credervi se coloro che dovrebbero predicarla vivono in realtà in una felicità diversa e fanno di tutto per attirarvi anche loro?
Il Vangelo ci appare duro e utopistico. E lo è per una vita che si limitasse alla terra. La sua validità si fa evidente soltanto se crediamo alla risurrezione.
Ma già da quaggiù il suo insegnamento è verificabile. Tanti uomini vi hanno creduto (Francesco d’Assisi, per esempio, Charles de Foucauld, ecc.). Alcuni propongono alla nostra società obiettivi diversi dalla ricchezza. Tutti noi abbiamo bisogno della scossa del Vangelo per ridar ordine alle nostre idee di felicità e per orientare le nostre scelte.

La speranza cristiana
La felicità materiale non è sopportabile se è limitata al solo presente. Perché è corrosa dall’inquietudine del domani.
La felicità di cui parla Cristo vale insieme per l’oggi e per il domani. Dice ai poveri: Vostro è il Regno di Dio (al presente); sarete saziati… riderete (al futuro).
La speranza del cristiano si fonda interamente sulla fede nel Cristo risorto: qualche cosa è cominciato. È un fatto. In lui ora abbiamo una vita nuova che il Vangelo chiama “Regno di Dio”.
Se Cristo non è risorto, allora i poveri e gli afflitti sono le creature più infelici e senza rimedio. La loro vita è un fallimento definitivo. E coloro che hanno scelto volontariamente la povertà sono degli sciocchi.
La speranza del cristiano non è quindi un vago ottimismo, ma la fiducia in qualcuno: il Signore. “Benedetto l’uomo che confida nel Signore” (1ª lettura). Cristo è risorto, ma per essere “primizia di coloro che sono morti”, “affinché dove sono io, siate anche voi”.

In chi mettere la propria fiducia?
Chi sono oggi i maestri di pensiero e di vita? Scrittori, responsabili della pubblicità, capi di movimenti…
Il cristiano non è un “credulone”. Egli ha precisi criteri per distinguere nei messaggi che gli si rivolgono ciò che è benedetto e ciò che è maledetto: quanto si limita alla felicità terrena è inevitabilmente illusione e miraggio. “Maledetto l’uomo che confida nell’uomo” (1ª lettura).
Da parte nostra, che profeti siamo? Preoccupati anzitutto che si dica bene di noi? di “che cosa se ne dirà”? Dimostriamo fermezza nelle nostre convinzioni? coraggio per manifestarle? Negli impegni della vita quotidiana siamo a servizio degli autentici valori: la verità, la libertà, la giustizia e l’amore? Il nostro messaggio supera le nostre idee personali, la nostra stessa persona?


(tratto da: M. Gobbin, Omelie per un anno – vol. 2, anno C, tempo ordinario – Elledici 2003)

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4. Ti Spiego la Messa

Prepariamo i nostri piccoli alla comprensione delle parti della Santa Messa


(N. 1) Da questa domenica 11 novembre 2018 (32a del Tempo Ordinario “B”) in due riquadri per volta, proponiamo una semplice presentazione delle parti della messa e del loro significato (utile anche per giovani e adulti!). Buona catechesi!

PRESENTAZIONE GENERALE
Non siamo noi che “andiamo a messa”: è Gesù stesso che ci rivolge l’invito di prender parte alla sua Ultima Cena, e lo fa attraverso la persona del Sacerdote che “gli presta” gesti e voce. Gesù vuole associarci alla sua grande preghiera di ringraziamento che rivolge al Padre, affinché pure noi diventiamo più simili a Lui nell’ascolto della sua Parola e nell’offerta di noi stessi a Dio e al prossimo. Per questo la messa è il luogo privilegiato per il nostro personale incontro con Gesù vissuto nella fede.

La “messa” o Celebrazione dell’Eucaristia si compone di QUATTRO PARTI (a loro volta comprendenti diversi momenti):
I. i Riti di Introduzione
II. la Liturgia della Parola
III. la Liturgia Eucaristica
IV. i Riti di Conclusione

Fanno parte dei riti introduttivi:
1. il Canto Iniziale (scelto solitamente in modo da dare il tono generale al tema della domenica);
2. il Saluto del Celebrante, (che dopo il Segno della Croce(*) saluta ed esorta i fedeli alla partecipazione viva e attenta);
3. l’Atto Penitenziale (che, se vissuto con la giusta devozione, comporta la remissione dei peccati veniali: tale remissione non è “automatica”, perché frequentemente lo si compie con totale distrazione… ma se si partecipa con le dovute disposizioni, tutta la Messa produce come effetto la remissione dei peccati veniali – Catechismo della Chiesa Cattolica n. 1394 – pur restando vivamente raccomandato, anche per questa remissione, accostarsi al Sacramento della Riconciliazione);
4. il canto o la declamazione dell’Inno di Gloria;
5. la Preghiera di Colletta, che raccorda gli animi di ciascun fedele con lo spirito generale dell’Assemblea, e conclude la parte iniziale della messa richiamandone il tema portante.

È anche bene che i lettori della Parola di Dio (o, prima di essi, quelli delle introduzioni) attendano alcuni secondi prima di cominciare, in modo che tutti si siano seduti e non ci siano rumori che pregiudichino o impediscano un ascolto attento.

(*) Il Segno di Croce (mano sinistra sul petto)
 Nel nome del Padre… (ci tocchiamo il capo perché Lui è in alto, è colui che ci ha creati. Ed è il centro dei nostri pensieri e della nostra intelligenza.)
• e del Figlio… (mettiamo la mano sul cuore perché Gesù ci ha amati talmente tanto da dare la sua vita per noi. Si è incarnato, è morto e risorto per la nostra salvezza)
• e dello Spirito Santo… (la nostra mano tocca le spalle perché lo Spirito Santo, il dono di Gesù risorto per noi, rappresenta l’abbraccio di Dio)

► da una catechesi di papa Francesco, all’Udienza Generale del 18 aprile 2018. (segue)

 


(N. 2 – 18nov2018) La seconda parte della messa prevede:

1. l’ascolto della Parola di Dio
2. la spiegazione da parte del celebrante, comunemente detta “omelia
3. la recita del Credo
4. le Preghiere dei fedeli.

Soffermandoci questa domenica sui primi due punti, va detto che l’assemblea deve prestare la massima attenzione a ciò che viene letto: non sono puri e semplici modi di dire, o fatti e fatterelli del passato… è Dio che ci parlaè la Storia della Salvezza che ci raggiunge nell’oggi! sono le opere di Dio compiute nel tempo attraverso il popolo eletto e giunte a compimento nel dono del Messia atteso che ha rivelato il volto di Dio, che ha realizzato la salvezza dell’uomo, che ha rivelato all’umanità il suo destino eterno!

Tutto ciò non può e non deve trovarci ascoltatori annoiati, distratti, frettolosi… E tutta l’assemblea deve favorire l’ascolto attento (lettori ben preparati, pause di silenzio tra una lettura e l’altra, microfoni funzionanti e senza interferenze fastidiose, ecc…) e ridurre al minimo i fattori di distrazione (rumori di ogni genere, cigolii di porte, inginocchiatoi ribaltabili, sedie che si spostano, persone che vanno e vengono, squilli di cellulare, ecc…).

Nel libro del profeta Amos la Parola di Dio è paragonata ad un ruggito: «Il Signore ruggisce da Sion e da Gerusalemme fa udire la sua voce» (Am 1,2). Questo ruggito è una vera e propria manifestazione di Dio, come la voce del tuono: «Ruggisce il leone: chi non trema? Il Signore ha parlato: chi può non profetare?» (Am 3,8). Così, l’assemblea deve accogliere la proclamazione delle Sacre Scritture come il dono che Dio ci fa oggi, nel contesto storico e personale che stiamo vivendo adesso: qui ed oggi Dio ci parla, Dio mi parla. E a ben guardare, ad ogni partecipazione attenta alla messa vi è sempre almeno una frase, una parola, un’espressione, un dialogo, un insegnamento… che viene a nutrire la mia, la nostra vita spirituale; che viene a consolarmi da una pena; che mi è di stimolo per la mia fede; che illumina la mia situazione di coscienza e i rapporti col prossimo; che mi fa apprezzare di più il fascino della persona di Gesù. Ed ha il potere di renderci migliori e di accrescere la nostra amicizia con Dio!

Solitamente il Vangelo è collegato, richiamato o preparato dalla Prima lettura, che è tratta dall’Antico Testamento e alla quale l’assemblea esprime il suo assenso mediante i versetti del Salmo, detto appunto “responsoriale”, cioè “di risposta” a quanto ascoltato; la Seconda lettura (presa dalle Lettere apostoliche, o dagli Atti degli Apostoli o dal Libro dell’Apocalisse), invece, non è necessariamente collegata al tema della domenica.

Al sacerdote, poi, il compito di spiegare le letture, di attualizzare la Parola di Dio, di sviluppare il tema del giorno, facilitando l’applicazione alla vita che ciascuno farà da parte sua. E di farlo in tempi ragionevolmente contenuti, con un linguaggio comprensibile e capace di far presa sull’uditorio, con un tono per lo più esortativo e mai colpevolizzante, senza pensare di sostituirsi all’azione dello Spirito di Dio che parla ai cuori. L’omelia va preparata, e non improvvisata sul momento come attingendo ad un repertorio. Va pregata e meditata già lungo la settimana. E i contenuti, gli esempi, i modi vanno calibrati alla tipologia di assemblea che si ha davanti.

Per quanto importante (se non addirittura strategico, in ottica di una pastorale ben curata!), tuttavia da parte dei fedeli questo momento della messa costituisce un elemento accessorio e non essenziale del proprio personale incontro con Gesù nell’Eucarestia. Il fedele dalla spiritualità matura benedirà in cuor suo il Signore per un’omelia gradevole, interessante, ben fatta, ricca di spunti utili… E saprà anche offrirla come forma di penitenza se l’avrà trovata lunga, noiosa e inconcludente…! (segue)



(N. 3 – 25nov2018) La seconda parte della messa (Liturgia della Parola) prevede, ancora:

(oltre a: 1. l’ascolto della Parola di Dio
2. la spiegazione da parte del celebrante, comunemente detta “omelia“, già trattati…)

3. la recita del Credo
4. le Preghiere dei Fedeli.

Alla Parola di Dio proclamata, ascoltata, spiegata, applicata alla vita e accolta come dono di Dio in persona, segue qualche istante di SILENZIO. Questo tipo di pause meditative tra un momento e un altro della messa, normalmente, non devono essere vissute con disagio, perplessità, incertezza… come se stesse accadendo qualcosa di strano o qualcuno si fosse dimenticato qualcosa di necessario e vi si stesse provvedendo… No! Le pause sono utilissime per l’interiorizzazione di quanto si sta vivendo o di una parola che ha colpito particolarmente. Così è dopo l’omelia del celebrante.
– La prima risposta dell’assemblea al Signore è, così, la proclamazione della nostra fede: di domenica in domenica ci ricordiamo e rafforziamo la convinzione nelle verità contenute nel CREDO. A seconda del periodo liturgico o del tipo di celebrazione, il Credo può essere espresso nella formula (abituale) del Simbolo Niceno-Costantinopolitano, oppure in quella del Simbolo degli Apostoli (più breve), o ancora mediante la formula interrogativa delle Promesse Battesimali (pag. 180 del Messale Romano).
– La seconda risposta è poi la serie di PREGHIERE DEI FEDELI, lette solitamente dal foglietto ufficiale dell’assemblea, oppure (meglio!) preparate dal Gruppo Liturgico parrocchiale o a turno dai vari gruppi, associazioni o movimenti incaricati di animare la liturgia. Solitamente la prima di queste preghiere è espressa a beneficio della Chiesa universale, la seconda è formulata per varie categorie del genere umano (governanti, nazioni, fedeli di altre religioni, professioni varie, ecc…), le altre  considerano situazioni contingenti, del posto o di ricorrenze particolari, alla luce degli spunti e dei temi offerti dal Vangelo. Ci si ricordi però che oltre alle preghiere che vengono “lette”, anche Dio legge nei nostri cuori le preghiere che ci portiamo dentro, per il prossimo, per le persone che ci sono care, per i defunti che amiamo ricordare e anche per le nostre necessità. Sarà dunque bene che il celebrante riservi degli istanti di silenzio prima di riassumere tutto nell’orazione conclusiva. Il canto di offertorio chiude la Liturgia della Parola e introduce la Liturgia Eucaristica. (segue)


(N. 4 – 2dic2018) E siamo alla terza parte della messa: la Liturgia Eucaristica.

Mentre il ministro (sacerdote o diacono) stende sull’altare il “corporale” (=un quadrato di stoffa rigida che accoglierà i sacri vasi contenenti il Corpo di Cristo), dal centro o dal fondo della chiesa vengono portate le offerte: il pane e il vino da consacrare, il denaro o ceste di viveri per le necessità della chiesa e per i poveri, alcuni oggetti simbolici (che sarà bene accompagnare da una spiegazione) indicanti l’offerta spirituale dell’assemblea a seconda del tema del giorno o di un particolare periodo liturgico. Si abbia cura di distinguere ciò che è “offerto” a Dio, da ciò che è segno di qualcos’altro (un impegno, un atteggiamento che si vuole assumere, ecc…): ad esempio, il pallone portato all’altare non viene “offerto”, dal momento che poi viene nuovamente adoperato per il gioco, ma viene indicato come simbolo di amicizia, di fraternità, di rispetto del prossimo, o altro. E lo stesso dicasi per un cartellone, una lampada, un mappamondo, lo zaino con i libri di scuola, e così via.
Comunque venga organizzata la processione offertoriale, in questo momento della messa ciascun fedele, interiormente, offre e depone ai piedi dell’altare la sua stessa vita: le proprie opere buone, le proprie sofferenze, qualche preoccupazione, qualche sacrificio accettato come penitenza o come atto di amore per il prossimo… Nulla di ciò che si sta vivendo è estraneo né di poco conto agli occhi di Dio! Raccogliersi in preghiera e unire la propria vita all’offerta che Gesù fa di se stesso al Padre fa pienamente parte del significato profondo della messa e di una partecipazione viva, intensa e fruttuosa.

Oltre al vino, il sacerdote lascia cadere nel calice alcune goccioline d’acqua, accompagnando il gesto dalle parole sottovoce
L’acqua unita al vino sia segno della nostra unione
con la vita divina di colui
che ha voluto assumere la nostra natura umana
“.
   San Cipriano di Cartagine (III sec.) in una delle sue lettere, indirizzata a Cecilio, legge in questo gesto la mescolanza dell’umanità con il Cristo:
Se qualcuno offrisse solo vino,
il sangue di Cristo inizierebbe a essere senza di noi.
Se invece ci fosse solo acqua,
allora il popolo inizierebbe a essere senza Cristo
” (Epistola 63,13).
Anche san Tommaso D’Aquino (XIII sec.) nella Summa theologiae difende quest’uso, dandovi quattro ragioni differenti, tra cui quella di significare l’unione del popolo cristiano con Cristo.

Con la Preghiera sopra le offerte, il sacerdote invita l’assemblea a vivere con fede la fase successiva della messa: la grande preghiera eucaristica. (segue)


(N. 5 – 9dic2018) Proseguendo in questa terza parte della messa, la Liturgia Eucaristica…

…ci ha fatto appena rievocare il festoso ingresso di Gesù a Gerusalemme, tra i cori del “Santo”.

Ora siamo nel Cenacolo, con gli Apostoli, accanto a Gesù, da Lui invitati a rivivere la sua Ultima Cena. Questa parte della messa è un’altra splendida invenzione del Signore: noi tutti duemila anni fa non eravamo presente nell’atto culminante della Storia della Salvezza. Ma QUELL’EVENTO, grazie alla liturgia, ci raggiunge nell’oggi: nella persona, per le mani e la voce del sacerdote, e grazie all’azione dello Spirito Santo vivo e operante nella vita della Chieda e nei Sacramenti, Gesù stesso cambia il pane e il vino nel suo vero corpo e nel suo vero sangue. Propriamente, non è una “trasformazione” del pane e del vino (dal momento che proprio la “forma” resta la stessa!): ma un “cambiamento della sostanza”. Oh povertà del nostro linguaggio che ci fa dire in maniera imperfetta “pane e vino si trasformano in Gesù“…! Dovremmo imparare a dire che “si transustanziano in Gesù“…, ma capiamo che si tratta di un linguaggio un po’ difficile. L’importante, però, è che i fedeli piccoli e adulti con gli occhi della fede vedano e capiscano quello che avviene sull’altare. Gesù è qui!

E le parole della Preghiera Eucaristica ci invitano ad associarci al grande ringraziamento di Gesù al Padre per aver amato ciascun uomo nel crearlo libero e nell’averlo salvato da quel cattivo uso della sua stessa libertà che chiamiamo “peccato“. Da figli disobbedienti e bricconcelli quali siamo, meriteremmo solamente castighi e punizioni… e invece Lui ci perdona continuamente e pazientemente aspetta che lo riamiamo – finalmente, liberamente, convintamente – come Padre!

Il sacerdote invita a riconoscere tutto questo: è “Mistero della Fede!” e noi come assenso pieno rispondiamo insieme “Annunciamo la tua morte, Signore / proclamiamo la tua Resurrezione / nell’attesa della tua venuta!“.

Seguono preghiere per il papa, i vescovi, i sacerdoti e l’unità dei cristiani … il ricordo dei defunti … l’invocazione dei santi a protezione del nostro stesso cammino terreno verso il Regno dei Cieli.

Tutto viene riassunto nell’offerta che il sacerdote rivolge alzando il corpo e il calice con il sangue di Gesù, e insieme con Lui anche noi CI OFFRIAMO al Padre con un convinto “AMEN!“.

Il Padre Nostro e lo Scambio della Pace esprimono il nostro riconoscerci suoi Figli e fratelli tra di noi proprio grazie a Gesù.  (segue)


(N. 6 – 16dic2018) La Liturgia Eucaristica…

…si sta avviando verso la Comunione. Il sacerdote invita TUTTI i fedeli, quelli che facendo la comunione riceveranno Gesù e quelli che per diverse situazioni se ne asterranno, ad unirsi spiritualmente a Lui. Con l’ “Agnello di Dio”, chiediamo ancora perdono a Colui che ha dato la sua vita a motivo dei nostri peccati per riconciliarci col Padre, riconoscendoci bisognosi di tutto questo e desiderosi della sua pace.

Mostrando ancora ai fedeli l’ostia sacra e spezzata (si ricorda così il Cristo crocifisso), il celebrante introduce le parole cariche di fede del centurione (uomo di per sé non appartenente al popolo eletto!) che tutti facciamo nostre: chi si trova nell’incertezza di poter accedere alla comunione (pur non avendo peccati gravi) affinché superi il suo senso di indegnità e aderisca con slancio all’invito di Gesù (non siamo noi che “facciamo” la comunione… è Gesù che si dona!); e chi vive situazioni di vita non compatibili con il senso profondo dei sacramenti (ai quali, per questo, non può accedere) affinché viva la comunione “spirituale” e invochi l’aiuto dall’alto per vivere con rettitudine la sua vita.

La processione verso la comunione, accompagnata dal canto e dal raccogliemento, resta l’immagine della Chiesa in cammino verso Cristo. Ancora un atto di fede viene richiesto nell’atto di ricevere l’Eucarestia (sulle mani ben aperte o direttamente in bocca): pronunciare la parola “Amen” (=”Si, è così, credo che questo è il Corpo di Cristo!”). La compostezza del momento, poi, impone che non si facciano inchini, che non si sposti la testa, che non si faccia uno scatto all’indietro, che ci si allontani dalla parte esterna della fila senza intralciare gli altri fedeli, che non si facciano svariati metri con l’ostia in mano prima di portarla alla bocca. Tornando al posto, ci si raccoglie in silenzio o ci si accorda con i canti di comunione o di ringraziamento. Normalmente, quello che fanno i ministri nel loro compito di riordinare l’altare o di riporre nel Tabernacolo le ostie avanzate, non dovrebbe interessare: ciascuno prega il Signore presente nel Sacramento e appena ricevuto nel proprio corpo.

Queste semplici raccomandazioni ci fanno concludere la terza parte della messa e ci fanno passare direttamente all’ultima: il Rito di Conclusione.

1. Qualche avviso aiuta a tenere il passo con gli appuntamenti della vita della comunità.

2. La preghiera conclusiva riprende il tema della liturgia ed esorta ad un rinnovato impegno nella vita.

3. La benedizione finale infonde l’incoraggiamento di Dio a perseverare senza indugi nella vita di fede.

4. Le parole di congedo e il canto finale sciolgono l’assemblea e ci ricordano che la messa, intesa come “incontro con Cristo” prosegue nella vita di ogni giorno, al di fuori della chiesa e al di là di tempi “riservati” per pregare Dio.

SE LA MESSA È STATA VISSUTA CON PARTECIPAZIONE E RACCOGLIMENTO,
se si sarà tenuto il telefonino spento…
se non ci si è distratti con pensieri inutili…
se non si è passato il tempo a chiacchierare…
se non si è passato tutto il tempo a guardare l’orologio…
SI USCIRÀ DALLA CHIESA MIGLIORI DI COME SI È ENTRATI,
PIÙ DISPONIBILI AD AMARE E SERVIRE DIO E IL PROSSIMO,
PIÙ RICCHI NELLO SPIRITO E RADIOSI IN VOLTO,
INTIMAMENTE CONVINTI CHE “SENZA LA MESSA NON È DOMENICA”,
CHE SENZA LA MESSA IL CRISTIANO NON PUÒ STARE.




(N. 7 – 23dic2018) I Colori della Liturgia.

I paramenti del sacerdote, come i veli che ricoprono l’ambone e orlano l’altare, cambiano di colore a seconda del periodo liturgico o della festività del giorno, come è indicato nello specchietto di seguito…


(N. 8 – 30dic2018) I collaboratori.

La liturgia è un azione comunitaria. La celebrazione dell’Eucarestia è sempre valida anche se e quando il sacerdote si ritrova a celebrarla da solo.
Ma il senso di comunità, tanto nei giorni feriali quanto in quelli festivi, risalta e riempie i cuori nella varietà dei ministeri, ossia dei compiti che ciascun fedele svolge.
Gli addetti a servizio all’altare, in maniera sempre composta, silenziosa, con movimenti sobri e incedere soave in tutti gli spostamenti e i passaggi
(evitando di attirare l’attenzione su di sè con acconciature o abbigliamento stravagante,
con fare distratto o disordinatamente affaccendato, colpi di tosse ricorrenti, risolini, ecc…)

contribuiranno, come degli angeli, a far convergere tutta l’attenzione
sull’ascolto della Parola dall’ambone
e nel rivivere all’altare l’Ultima Cena di Gesù.
Il coro ben guidato, si occupa di abbellire i vari momenti della messa cercando di invogliare l’assemblea al canto senza sostituirsi ad essa completamente.
Gli strumentisti accompagnano il canto, con l’attenzione che il volume della musica non sovrasti quello delle voci.
lettori, consapevoli del compito di prestare la loro voce affichè la Parola di Dio giunga chiara e ben impostata alle orecchie dei fedeli,
devono far attenzione che le labbra siano ben allineate col microfono, adeguatamente funzionante con tutto l’impianto di amplificazione.
Ed è preferibile che, avendo letto in anticipo i testi che andranno a proclamare, chiedano consiglio di come si pronunciano alcune parole di uso non frequente o nomi particolari.
Coloro che accompagnano la processione offertoriale, hanno cura di recarsi in tempo nei pressi del tavolino da dove prenderanno pane, vino e altri segni utili.
Allo stesso modo, gli incaricati di svariati altri compiti (raccolta delle offerte, distribuzione di libretti dei canti, foglietti per la messa, avvisi settimanali, ecc…)
devono far tutto con spirito di servizio e non con il sottile intento di mettersi in mostra…
la gran parte dei fedeli presenti, pur non avendo compiti particolari, contribuirà all’edificazione vicendevole
attraverso una partecipazione attenta, rispondendo alle acclamazioni, mettendo a tacere il telefonino…

In una liturgia ben preparata, ben curata e ben partecipata
tutti si è al servizio gli uni degli altri,
nessuno è indispensabile,
tutti possono rendersi utili…
per vivere al meglio e sempre fruttuosamente il proprio incontro con il Signore Gesù!


(N. 9 – 13gen2019) I Simboli della liturgia.


(N. 10 – 20gen2019) La chiesa.

* commenti: Giovanni Bisconti
* illustrazioni: F. Vitali Capello-O. Mendolia Gallino, Ti spiego la Messa. Schede didattiche per catechisti e insegnanti di religione, Elledici 2006

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5. Parola da Vivere – 6 t.o. C, 17 feb ’19

NE EBBE COMPASSIONE
Vivere come attuale possesso quello che è regalo e pienezza dell’amore di Dio per noi, è una strada opposta a quella della fede, e opposta alla strada percorsa e donata da Gesù! La categoria del «dono» e quindi della comunione tra il Signore e l’umanità è il cuore di tutto il mistero rivelato dalla Parola. E la fede vede in tutto ciò non una conquista e una virtù umana, ma semplicemente il dono di Dio.

(tratto da R.Paganelli – Vivere la domenica aprendoci alla Parola, anno C, Elledici 2015)

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6. Preghiere dei Fedeli – 6 t.o. C, 17 feb ’19

Ai discepoli: beatitudini e invettive

Celebrante. Ora nella Preghiera dei fedeli chiediamo al Signore che faccia di noi gli uomini delle Beatitudini, rendendoci operatori del bene.

Lettore. Preghiamo insieme e diciamo: Accresci, Signore, la nostra giustizia.

1. Preghiamo per la santa Chiesa di Dio. Suo dovere è riporre la propria sicurezza non nei beni della terra, ma unicamente in Cristo morto e risorto.
Perché non scenda a compromessi con i poteri del mondo, ma la sua azione sia sempre ispirata e guidata dallo spirito delle Beatitudini, preghiamo.

2. Per tutti gli uomini sulla terra. La venuta di Gesù è risultata sconvolgente e decisiva per la crescita spirituale e il futuro dell’umanità.
Perché ogni uomo comprenda che nell’accettazione o rifiuto di Dio e del suo Regno si gioca il significato delle nostre esistenze, preghiamo.

3. Per quelli che sono poveri, oppressi, soffrono ingiustizia e persecuzione. Di loro è pieno il nostro pianeta, soprattutto il Terzo Mondo.
Perché trovino nei cristiani i fratelli che s’impegnano al loro fianco, e realizzano le condizioni di una società più equa e più umana, preghiamo.

4. Per gli uomini e i popoli che vivono nel benessere. Sovente il loro stile di vita – fatto di sperpero e di vana ostentazione – è in netto contrasto con lo spirito genuino del Vangelo.
Perché essi accolgano la parola di Gesù, imparino a condividere, e operino la giustizia sociale nella verità e nella carità, preghiamo.

5. Per la nostra comunità (parrocchiale). Vediamo anche attorno alle nostre case gente facoltosa che si comporta male, e gente povera, sovente sfruttata e umiliata.
Perché con la nostra presenza operosa in mezzo agli altri ci impegniamo per primi a realizzare il Regno del Signore, che è regno di giustizia, di amore e di pace, preghiamo.

Celebrante. Donaci, Padre, con abbondanza la forza della tua grazia, perché nelle molte difficoltà del mondo d’oggi sappiamo vivere con generosità lo spirito delle beatitudini, come ci ha insegnato il tuo Figlio Gesù. Te lo chiediamo per lo stesso Cristo nostro Signore.

 

(tratto da: ENZO BIANCO, Preghiera dei fedeli, proposte per le domeniche e feste degli anni A-B-C – Elledici 2002)

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8. Aforismi – 6 t.o. C, 17 feb ’19

LA LEZIONE SAPIENZIALE DI GEREMIA
Già nella Prima Lettura benedizioni e maledizioni sono poste dal profeta Geremia in netta contrapposizione: «Maledetto l’uomo che confida nell’uomo…», e «Benedetto l’uomo che confida nel Signore…».
Quel verbo «confidare» andrà preso non nel senso di fare confidenze, ma nel senso di «affidarsi totalmente a…». Cioè impostare l’esistenza puntando tutto su una persona. “Su Dio o sull’uomo?” è il dilemma impostato da Geremia.

* Geremia si è spiegato con immagini poetiche facili da ricordare. Ha detto:
– chi confida nell’uomo, è come il tamarisco nella steppa;
– chi confida in Dio è come l’albero piantato lungo un corso d’acqua.
«La steppa, il deserto, la terra di salsedine», era «dove niente può vivere»: l’uomo che confida nell’uomo è come il tamarisco, pianta stentata, tristanzuola, che vivacchia nei terreni aridi, e fa pena a vedersi.
All’opposto, la sponda del fiume: fresca, irrigata, ombrosa. Le piante affondando le radici, trovano facilmente l’acqua, e crescono rigogliose.

* Si può puntare tutto sull’uomo, per esempio perchè dalla vita si esclude Dio. Oggi ci sono pensatori che parlano di una morale laica. Ritengono che si possa organizzare la vita sociale indipendentemente da Dio.
Parlano di una qualche solidarietà possibile, di socialità da praticare. Finiscono per dire: dal momento che siamo tutti sullo stesso zatterone, cerchiamo di barcamenarci tutti insieme meglio che si può.
Ma poi trovano difficile spiegare perché dovremmo essere onesti, sociali, solidali.

* Perché pagare le tasse, non rubare, non ammazzare?
– Ha scritto Dostoevskij: «Se Dio non esiste, allora tutto è permesso».
– E Jean-Jacques Rousseau, che non era uno stinco di santo: «Se Dio non esistesse, il solo logico, terribilmente logico, sarebbe il malfattore».
– Spiegate un po’ a un mafioso perché non dovrebbe imporre tangenti o non dovrebbe spacciare la droga.
– E che dire a quelli che oggi si vantano della trasgressione, e la praticano vantandosene, quasi fosse una virtù?

* Quando si taglia fuori dalla vita Dio, non si sa più a chi appellarsi. Proprio per questo Geremia richiamava i suoi concittadini alla necessità di impostare l’esistenza sull’amicizia con Dio: «Benedetto l’uomo che confida nel Signore». Non nell’uomo, nella morale laica, ma nel Signore.
La lezione sapienziale del profeta è un invito a organizzare l’esistenza puntando su Dio: quel Dio che aveva scelto Israele, e attendeva a sua volta di essere scelto.

(tratto da: ENZO BIANCO, All’altare di Dio – Anno B – Elledici 2009)

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9. Canto Liturgico – 6 t.o. C, 17 feb ’19

Ecco a voi questa settimana un canto di INIZIO

RITMATE SUI TAMBURI – A. Fant
     dal cantico di Giuditta e dal salmo 150
(Nella Casa del Padre, n. 714 – Elledici)

1. Ritmate sui tamburi un inno al mio Dio,
sull’arpa e sulla cetra la lode per Lui.

Rit. Ti dirò grazie, ti benedirò Signore
Ti dirò grazie, ti benedirò.
Dio sei mia forza se m’abbandono in Te,
sei la mia salvezza se confido in Te Signore.
Ti dirò grazie, ti benedirò Signore
Ti dirò grazie, ti benedirò.

2. Andate per il mondo, portate la sua luce,
donate nella vita amore e verità.

3. Lodate il Signore con gioia e allegria,
o giovani del mondo, cantate con noi.

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10. Narrazione – 6 t.o. C, 17 feb ’19

LE MANI
Dopo la morte, un uomo si presentò davanti al Signore.
Con molta fierezza gli mostrò le mani:
«Signore, guarda come sono pulite le mie mani!».
Il Signore gli sorrise, ma con un velo di tristezza, e disse:
«È vero, ma sono anche vuote».

Riempi le tue mani di altre mani. E stringile forte.
Ci salveremo insieme. O non ci salveremo.


(tratto da: Bruno Ferrero, 365 Piccole Storie per l’anima, Vol. 1, pag. 408 – Elledici 2007)

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1. Letture – 2 t.o. C, 20 gen ’19

LITURGIA DELLA PAROLA

PRIMA LETTURA
Gioirà lo sposo per la sposa.

Dal libro del profeta Isaìa (Is 62,1-5)

Per amore di Sion non tacerò,
per amore di Gerusalemme non mi concederò riposo,
finché non sorga come aurora la sua giustizia
e la sua salvezza non risplenda come lampada.
Allora le genti vedranno la tua giustizia,
tutti i re la tua gloria;
sarai chiamata con un nome nuovo,
che la bocca del Signore indicherà.
Sarai una magnifica corona nella mano del Signore,
un diadema regale nella palma del tuo Dio.
Nessuno ti chiamerà più Abbandonata,
né la tua terra sarà più detta Devastata,
ma sarai chiamata Mia Gioia
e la tua terra Sposata,
perché il Signore troverà in te la sua delizia
e la tua terra avrà uno sposo.
Sì, come un giovane sposa una vergine,
così ti sposeranno i tuoi figli;
come gioisce lo sposo per la sposa,
così il tuo Dio gioirà per te.
Parola di Dio

SALMO RESPONSORIALE (Sl. 95(96)
Rit: Annunciate a tutti i popoli le meraviglie del Signore.

Cantate al Signore un canto nuovo,
cantate al Signore, uomini di tutta la terra.
Cantate al Signore, benedite il suo nome.

Annunciate di giorno in giorno la sua salvezza.
In mezzo alle genti narrate la sua gloria,
a tutti i popoli dite le sue meraviglie.

Date al Signore, o famiglie dei popoli,
date al Signore gloria e potenza,
date al Signore la gloria del suo nome.

Prostratevi al Signore nel suo atrio santo.
Tremi davanti a lui tutta la terra.
Dite tra le genti: «Il Signore regna!».
Egli giudica i popoli con rettitudine.

SECONDA LETTURA
L’unico e medesimo Spirito distribuisce a ciascuno come vuole.

Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi 12,4-11

Fratelli, vi sono diversi carismi, ma uno solo è lo Spirito; vi sono diversi ministeri, ma uno solo è il Signore; vi sono diverse attività, ma uno solo è Dio, che opera tutto in tutti.
A ciascuno è data una manifestazione particolare dello Spirito per il bene comune: a uno infatti, per mezzo dello Spirito, viene dato il linguaggio di sapienza; a un altro invece, dallo stesso Spirito, il linguaggio di conoscenza; a uno, nello stesso Spirito, la fede; a un altro, nell’unico Spirito, il dono delle guarigioni; a uno il potere dei miracoli; a un altro il dono della profezia; a un altro il dono di discernere gli spiriti; a un altro la varietà delle lingue; a un altro l’interpretazione delle lingue.
Ma tutte queste cose le opera l’unico e medesimo Spirito, distribuendole a ciascuno come vuole.
Parola di Dio

CANTO AL VANGELO Cf. 2Ts 2,14
Alleluia, alleluia.
Dio ci ha chiamati mediante il Vangelo,
per entrare in possesso della gloria
del Signore nostro Gesù Cristo.

Alleluia.

VANGELO
Questo, a Cana di Galilea,
fu l’inizio dei segni compiuti da Gesù.

+ Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 2,1-11)

In quel tempo, vi fu una festa di nozze a Cana di Galilea e c’era la madre di Gesù. Fu invitato alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli.
Venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: «Non hanno vino». E Gesù le rispose: «Donna, che vuoi da me? Non è ancora giunta la mia ora». Sua madre disse ai servitori: «Qualsiasi cosa vi dica, fatela».
Vi erano là sei anfore di pietra per la purificazione rituale dei Giudei, contenenti ciascuna da ottanta a centoventi litri. E Gesù disse loro: «Riempite d’acqua le anfore»; e le riempirono fino all’orlo. Disse loro di nuovo: «Ora prendetene e portatene a colui che dirige il banchetto». Ed essi gliene portarono.
Come ebbe assaggiato l’acqua diventata vino, colui che dirigeva il banchetto – il quale non sapeva da dove venisse, ma
lo sapevano i servitori che avevano preso l’acqua – chiamò lo sposo e gli disse: «Tutti mettono in tavola il vino buono all’inizio e, quando si è già bevuto molto, quello meno buono. Tu invece hai tenuto da parte il vino buono finora».
Questo, a Cana di Galilea, fu l’inizio dei segni compiuti da Gesù; egli manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui.
Parola del Signore

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2. Esegesi – 2 t.o. C, 20 gen ’19

(spunti di esegesi)

RIEMPITE LE ANFORE

Isaia 62,1-5 – Per amore di Sion non tacerò
1 Corinzi 12,4-11 – Vi sono diversi ministeri
Giovanni 2,1-11 – Fu invitato alle nozze anche Gesù

Dio gioirà per te
I testi domenicali segnalano la rilevanza del tema nuziale. L’immagine delle nozze è la più adatta per dire chi è Dio, cosa fa per noi e che cosa da noi si aspetta, qual è il cuore, la fonte e il fine di tale relazione tra Lui e noi. Il profeta ricorda che Sion, resa nuova dal Signore, riceve segni di regalità, che però non la fanno grande, ma sempre è sotto l’attenzione del Signore: «Come gioisce lo sposo per la sposa, così il tuo Dio gioirà per te» (Is 62,5). Questo sentimento di gioia ci fa sentire Dio vicino. Sembra quasi che egli abbia «bisogno» della sua creatura per cancellarne l’infedeltà e condividere con essa un nuovo patto nuziale. Nel Vangelo ciò che Gesù fa nelle nozze a Cana, è un rimando anticipato alla sua risurrezione nella quale Dio irrompe definitivamente nella storia umana. Questa «ora» non è ancora venuta, ma Gesù l’anticipa con un segno. «Il terzo giorno» (v. 1), è nota di tempo che ci protende verso il giorno della risurrezione di Gesù. L’acqua cambiata in vino esprime il passaggio dal segno dell’acqua, presente in tutto l’Antico Testamento, al nuovo segno del vino nuovo in Cristo, il quale dice di essere la vera vite. In lui è giunto il tempo in cui i popoli possono vedere la giustizia di Dio.

Nel dono della gratuità
A Cana Gesù inizia a manifestare i segni del Regno, e compie un miracolo che potremmo dire quasi «inutile». Non guarisce un paralitico, non ridona la vista ad un cieco, non libera un indemoniato, né cammina sul mare in tempesta e lo placa. Semplicemente regala, ad un banchetto di nozze, più vino e vino migliore! Il Signore della storia è l’Onnipotente, ma anche l’umile; è Colui che sconfigge i potenti, ma anche Colui che in mezzo a tanti, partecipa al banchetto. Le sei giare sono i sei giorni dell’uomo, i giorni della purificazione in un cammino di attesa e di lavoro, nel settimo giorno giunge Gesù e porta a compimento i giorni dell’attesa. I giorni dell’attesa divengono vino sovrabbondante per il banchetto dell’ultimo giorno. La sorpresa di fronte al vino ultimo migliore del primo, sembra voler alludere allo stupore dell’uomo di fronte alla novità del Regno.

Per una trasformazione piena
Credere è inserirsi in questo cammino di cambiamento: dall’acqua al vino, dal vino buono al vino migliore, dalla morte alla risurrezione, dalla carne allo Spirito, dalle tenebre alla luce. Credere nella manifestazione di Gesù vuol dire sedersi a mensa con Lui al banchetto della vita. Ogni cristiano d’ora in poi non dovrà più registrare le piccole disavventure del momento, ma solo scorgere il mistero che lo Spirito propone dietro i segni del momento. Maria è al banchetto con Gesù e gli apostoli, sembra che la famiglia non sia completa senza di lei. Interviene con una mediazione tanto discreta quanto efficace. È una delle nobili proprietà delle madri quella di essere in mezzo, ma con discrezione. La mediazione di Maria porta al Cristo le urgenze dell’uomo (non hanno più vino) e ricorda all’uomo l’attenzione alla Parola del Figlio (fate quello che vi dirà).

Capace di vivere la libertà
Il Signore allora, che ci chiede di essere come Lui, domanda un cuore libero per scoprire questi semplici segni del Regno ed accogliere l’invito di Maria, maestra della quotidianità, a fare ciò che ci dirà. E se ci dirà di compiere un miracolo, ci insegnerà a farlo, se ci dirà di portare a tavola una brocca apparentemente colma d’acqua, trasformata da Lui nel migliore dei vini, noi lo faremo con lo stesso entusiasmo e lo stesso stupore, perché in ogni gesto si manifesti la sua tenerezza per i figli. I doni che lo Spirito fa sono diversi, ma lo Spirito rimane uno; i ministeri che Gesù Cristo ha affidato a ciascuno sono diversi, ma rimane Lui il solo Signore; le opere che Dio Padre compie in ciascuno sono le più varie, ma Egli rimane l’unico Dio. Lo Spirito concede a ciascuno una manifestazione particolare di sé, preferendo la diversità all’uniformità e dando così il segno di un amore che cede al fascino di ogni persona.

PER IL CONFRONTO NEL GRUPPO
– Dio gioisce, e tu per cosa gioisci?
– In che cosa riesci ad essere gratuito?

IN FAMIGLIA
Il matrimonio è motivo di gioia.
I genitori elencano tutte le gioie che sentono di aver avuto e ricevuto.
Dall’elenco ricavano una realtà che più di altre hanno percepito pienamente gratuita, frutto di un regalo pieno e totale.