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8. Canto Liturgico – XXIII C, 8 set ’19

Ecco a voi come canto di COMUNIONE

CONDUCIMI TU, LUCE GENTILE – Ortolano, J.H.Newman
(Nella Casa del Padre, n. 629 – Elledici)

Conducimi tu, luce gentile
conducimi nel buio che mi stringe;
la notte è scura la casa è lontana,
conducimi tu, luce gentile.

Tu guida i miei passi, luce gentile
non chiedo di vedere assai lontano
mi basta un passo solo il primo passo
conducimi avanti luce gentile.

Non sempre fu così, te ne pregai
perché tu mi guidassi e conducessi
da me la mia strada io volli vedere
adesso tu mi guidi luce gentile.

Io volli certezze dimentica quei giorni,
purché l’amore tuo non m’abbandoni
finché la notte passi, tu mi guiderai,
sicuramente a te luce gentile.

Conducimi tu, luce gentile
conducimi nel buio che mi stringe;
la notte è scura la casa è lontana,
conducimi tu, luce gentile.

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9. Narrazione – XXIII C, 8 set ’19

RICORDARE LA PREDICA

Una domenica, verso mezzogiorno, una giovane donna stava lavando l’insalata in cucina, quando le si avvicinò il marito che, per prenderla in giro, le chiese:
«Mi sapresti dire che cosa ha detto il parroco nella predica di questa mattina?».
«Non lo ricordo più», confessò la donna.
«Perché allora vai in chiesa a sentir prediche, se non le ricordi?».
«Vedi, caro: l’acqua lava la mia insalata e tuttavia non resta nel paniere; eppure la mia insalata è completamente lavata».

Non è importante prendere appunti.
È importante lasciarsi «lavare » dalla Parola di Dio.


(tratto da “365 Piccole Storie per l’anima”, Vol. 1, pag. 40 – Bruno Ferrero, Elledici)

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10. Anche Noi Vogliamo Capire – XXIII C, 8/9/19

Per aiutare i nostri piccoli a vivere meglio la Liturgia della Parola

PRIMA LETTURA (Siracide 3,19-21.30-31)
La persona umile rende gloria a Dio perché riconosce che tutto ciò che possiede è suo dono, non se ne vanta come se possedesse cose e virtù per merito proprio e le utilizza per il bene.

* Capire le parole
Volere di Dio. La ricerca e la conoscenza della «volontà di Dio» è uno dei temi più complessi e difficili della fede. Nessuno, a parte il caso di «private rivelazioni», potrà mai raggiungere una certezza assoluta, ma almeno una certezza «morale» che sia frutto di preghiera, meditazione, silenzio e paziente attesa.
Sapienza. Mentre la «saggezza» è frutto delle conoscenze, degli studi e dalle esperienze umane, la Sapienza è lo stesso Spirito Santo riversato come un dono divino nelle anime dei semplici e degli umili, al di là dei meriti e dei titoli di studio.


SECONDA LETTURA (Fm 9b-10.12-17)
Onesimo, schiavo fuggito da Colossi ad Efeso, forse finito in prigione, incontra Paolo e si fa battezzare. Vorrebbe tornare dal suo padrone ma non ha il coraggio. Così Paolo scrive questo stupendo biglietto di raccomandazione al suo amico e discepolo Filemone, perché lo accolga come fratello.

* Capire le parole
Onèsimo. Onesimo di Bisanzio, chiamato in seguito «santo Apostolo Onesimo», è venerato dalla Chiesa cattolica e dalla Chiesa ortodossa come santo (15 febbraio).
Vecchio. Paolo si definisce così, pur avendo un’età all’incirca di 52-57 anni. Si deve considerare che nella Roma antica la vita media si aggirava sui 50-60 anni


VANGELO (Luca 14,1.7-14)
Gesù continua a spiegare cosa vuol dire essere cristiani e come al solito non fa sconti. Per essere suoi discepoli bisogna tagliare tutti i rapporti affettivi che disturbano la sequela, bisogna essere disposti a essere perseguitati, bisogna rinunciare ai beni di questo mondo, mettendoli al servizio della costruzione del regno di Dio.

* Capire le parole
Una folla numerosa. Gli evangelisti spesso fanno notare (e ci lasciano immaginare) come Gesù si muoveva nei suoi spostamenti, con il seguito e l’entusiasmo che suscitava la sua persona ricca di fascino.
Rinuncia. Quando questa parola non implica necessariamente l’abbandono materiale e il possesso diretto delle ricchezze, certamente ne richiede il non attaccamento del cuore al fine di un uso corretto e solidale


PER RIASSUMERE… Il Signore Gesù in tutto il Vangelo esprime delle pretese che a prima vista sono inaccettabili. Nel brano che leggiamo oggi pretende di essere amato più di chiunque e chiede perentoriamente a chi vuole seguirlo di rinunciare a tutti i propri averi. Perché dovremmo ascoltarlo e obbedirgli? Ci troviamo di fronte al Figlio di Dio che chiede non soltanto molto, ma tutto. Può farlo perché anche lui ci offre tutto di sé e del mondo di Dio. Chi accetta questo scambio prima o poi scopre che anche le persone e i beni di questo mondo gli vengono riconsegnati, ma trasfigurati dal suo amore.


Le parole da capire sono curate dall’autore del sito liturgico; le parti in corsivo sono un libero adattamento da “Messale delle Domeniche e feste 2019 – LDC”

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1. Letture – XXII C, 1 set ’19

PRIMA LETTURA
Fatti umile, e troverai grazia davanti al Signore.

Dal libro del Siràcide 3,19-21.30-31 (NV) [gr.3,17-20.28-29]

Figlio, compi le tue opere con mitezza,
e sarai amato più di un uomo generoso.
Quanto più sei grande, tanto più fatti umile,
e troverai grazia davanti al Signore.
Molti sono gli uomini orgogliosi e superbi,
ma ai miti Dio rivela i suoi segreti.
Perché grande è la potenza del Signore,
e dagli umili egli è glorificato.
Per la misera condizione del superbo non c’è rimedio,
perché in lui è radicata la pianta del male.
Il cuore sapiente medita le parabole,
un orecchio attento è quanto desidera il saggio.
Parola di Dio.


SALMO RESPONSORIALE
Dal Salmo 67 (68)

R. Hai preparato, o Dio, una casa per il povero.

I giusti si rallegrano,
esultano davanti a Dio
e cantano di gioia.
Cantate a Dio, inneggiate al suo nome:
Signore è il suo nome.

Padre degli orfani e difensore delle vedove
è Dio nella sua santa dimora.
A chi è solo, Dio fa abitare una casa,
fa uscire con gioia i prigionieri.

Pioggia abbondante hai riversato, o Dio,
la tua esausta eredità tu hai consolidato
e in essa ha abitato il tuo popolo,
in quella che, nella tua bontà,
hai reso sicura per il povero, o Dio.


SECONDA LETTURA
Vi siete accostati al monte Sion,
alla città del Dio vivente.

Dalla lettera agli Ebrei 12,18-19.22-24a

Fratelli, non vi siete avvicinati a qualcosa di tangibile né a un fuoco ardente né a oscurità, tenebra e tempesta, né a squillo di tromba e a suono di parole, mentre quelli che lo udivano scongiuravano Dio di non rivolgere più a loro la parola.
Voi invece vi siete accostati al monte Sion, alla città del Dio vivente, alla Gerusalemme celeste e a migliaia di angeli, all’adunanza festosa e all’assemblea dei primogeniti i cui nomi sono scritti nei cieli, al Dio giudice di tutti e agli spiriti dei giusti resi perfetti, a Gesù, mediatore dell’alleanza nuova.
Parola di Dio.


CANTO AL VANGELO
(Mt 11,29ab)

Alleluia, alleluia.
Prendete il mio giogo sopra di voi, dice il Signore,
e imparate da me, che sono mite e umile di cuore.
Alleluia.


VANGELO
Chiunque si esalta sarà umiliato,
e chi si umilia sarà esaltato.

Dal Vangelo secondo Luca 14,1.7-14

Avvenne che un sabato Gesù si recò a casa di uno dei capi dei farisei per pranzare ed essi stavano a osservarlo.
Diceva agli invitati una parabola, notando come sceglievano i primi posti: «Quando sei invitato a nozze da qualcuno, non metterti al primo posto, perché non ci sia un altro invitato più degno di te, e colui che ha invitato te e lui venga a dirti: “Cèdigli il posto!”. Allora dovrai con vergogna occupare l’ultimo posto. Invece, quando sei invitato, va’ a metterti all’ultimo posto, perché quando viene colui che ti ha invitato ti dica: “Amico, vieni più avanti!”. Allora ne avrai onore davanti a tutti i commensali. Perché chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato».
Disse poi a colui che l’aveva invitato: «Quando offri un pranzo o una cena, non invitare i tuoi amici né i tuoi fratelli né i tuoi parenti né i ricchi vicini, perché a loro volta non ti invitino anch’essi e tu abbia il contraccambio. Al contrario, quando offri un banchetto, invita poveri, storpi, zoppi, ciechi; e sarai beato perché non hanno da ricambiarti. Riceverai infatti la tua ricompensa alla risurrezione dei giusti».
Parola del Signore.


(tratto da: Nuovo Messale della comunità, Domeniche e feste – Elledici 2008)

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2. Esegesi – XXII C, 1 set ’19

METTITI ALL’ULTIMO POSTO

Siracide 3,19-21.30-31 (NV) [gr. 3.17-20.28-29] – Quanto più sei grande, tanto più fatti umile
Ebrei 12,18-19.22-24a – Vi siete accostati alla città del Dio vivente
Luca 14,1.7-14 – Amico, vieni più avanti

Umile, piegato al Signore
Il testo della prima lettura è un invito all’umiltà. L’umile è chi si curva sotto il giogo della legge di Dio, chi si piega all’ascolto del Signore e risponde conformemente alla sua volontà. È colui che vive della parola e dell’insegnamento del Signore e corrisponde in tutto al volere di Dio. Il brano mette fortemente in evidenza che non si tratta di cercare l’umiltà per l’umiltà, ma di lasciare agire e rivelarsi la potenza e la grandezza del Signore stesso. Dall’umile sgorga amore, grazia e gloria di Dio perché lascia trasparire dal suo essere chi è il Signore, chi è Colui davanti al quale si piega, e ciò avviene quando è tutto orecchio rivolto alla Parola di Dio. L’epistola ci presenta Colui al quale ci siamo accostati mediante il Battesimo: Dio e suo Figlio. Se ai piedi del Sinai, Israele si era accostato a qualcosa di tangibile: fuoco, oscurità, tenebra, squillo di tromba, a noi invece è dato in Cristo di accostarci alla realtà più vera del mistero di Dio. Questa seconda lettura trasforma il pranzo di cui ci parla il Vangelo in un episodio in cui l’uomo è confrontato con il suo Dio.

Tentati dal primo posto
Le parabole che oggi Gesù ci regala vengono mosse in Lui dall’osservazione di come, alla mensa del suo ospite fariseo, gli ospitati «sceglievano i primi posti». Siamo stati invitati, abbiamo accolto l’invito e stiamo prendendo posto attorno al tavolo. Nel fare questo non si tratta di misurarci gli uni gli altri. Uno solo è Colui sul quale ci dobbiamo misurare, Colui che ci ha invitati, il Signore davanti al quale non siamo che poveri peccatori. Quando l’uomo si presenta davanti a Dio deve sapere che uno solo è il suo posto, fra tutti quelli che si trovano attorno al tavolo: l’ultimo. I miti che operano nella storia sono amati più dei generosi. Ai miti Dio svela i suoi segreti. La mitezza, dono del Padre al cuore dei figli, non s’improvvisa; si costruisce nella pazienza, si cesella nell’ascolto della Parola, si manifesta quando il cuore è libero. Il mite non sceglie i primi posti, non combatte con le armi dell’orgoglio, ma in virtù della rivelazione dei segreti di Dio, vive nella gratitudine e diventa operatore di pace. Questo mettersi all’ «ultimo posto» non è una regola che peraltro potrebbe risultare piuttosto «perdente», né si può confinarlo tra i consigli pii per una vita umile. Di fatto si tratta dell’insegnamento su come nella nostra vita possiamo celebrare quell’ «ultimo posto» che il Figlio di Dio ha preso in mezzo a noi, fino alla sua Croce, e dal quale il Padre lo ha innalzato risuscitandolo dai morti.

Invitati dal Signore
La seconda parabola evangelica prima di essere un’indicazione sul modo di scegliere i nostri inviti è una rivelazione su Dio che invita. Gli uomini sono soltanto degli storpi, dei poveri e dei ciechi, assolutamente inadatti al servizio del Signore. Eppure in Cristo proprio essi sono invitati dal Signore per appartenere al suo popolo. Dio non aspetta nulla da quelli che invita, se non che riconoscano la loro reale condizione di invitati senza nessun diritto e di salvati per la sola opera di Cristo Gesù. Se uno si sa invitato dal Signore, nonostante la sua miseria, a maggior ragione anch’egli inviterà alla sua tavola chi non è in grado di ricambiargli l’invito. Allora farà l’esperienza più meravigliosa dell’umiltà: non solo avrà invitato dei ciechi, degli storpi e degli zoppi a casa sua, ma scoprirà in essi il Signore stesso che viene alla sua tavola, perché si è identificato con coloro che erano nel bisogno. Il suo pranzo e la sua cena diventeranno l’anticipazione del banchetto messianico in cui la gloria di Dio si rifletterà sul volto di ogni invitato.

Sorpresi del primo posto
I miti erediteranno la terra non per dominarla, ma per custodirla. Non si ribellano, non perché sono vigliacchi, ma perché accolgono il presente come opportunità per manifestare quella Parola che salva, quella ricompensa promessa in abbondanza. Il nostro modo di partecipare al pranzo indica tutto il modo di intendere e vivere la nostra presenza nel grande banchetto della vita. Possiamo o meno occupare il prezioso posto di Cristo, perché ormai, con Lui, il ritmo dell’esistenza si è capovolto e non si va più dal tentativo di prendere i posti alti al precipizio del posto che è la morte, ma si va dalla morte alla vita, dal basso verso l’alto, ed è il Padre stesso che a questo ci invita.


PER IL CONFRONTO NEL GRUPPO
– Perché preferisci il primo posto all’ultimo?
– Quando non sei stato considerato per quello che pensavi di valere, che cosa hai fatto, che cosa hai detto?


IN FAMIGLIA
Anche in famiglia capita di pensare che qualcuno sia primo e qualcun altro meno capace e relegato in second’ordine.
Dedichiamo un po’ di tempo per mettere in luce tutto il bello che si manifesta quando si è capaci di mettersi in atteggiamento di servizio.
Esaltiamo il bello che viene da simili comportamenti per gareggiare nello stimare le piccole cose quotidiane.


(tratto da: R. Paganelli – Vivere la domenica aprendoci alla Parola, anno C – Elledici 2015)

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3. Annunciare la Parola – XXII C, 1 set ’19

• Sir 3,17-18.20.28-29 – Umìliati e troverai grazia davanti al Signore.
• Dal Salmo 67 – Rit.: Sei tu, Signore, il Padre degli umili.
• Eb 12,18-19.22-24a – Vi siete accostati al monte di Sion e alla città del Dio vivente.
• Canto al Vangelo – Alleluia, alleluia. Il Signore mi ha mandato ad annunziare ai poveri la buona novella, a proclamare ai prigionieri la liberazione. Alleluia.
• Lc 14,1.7-14 – Chi si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato.

PER COMPRENDERE LA PAROLA

Le massime di saggezza della 1ª lettura sono orientate nello stesso senso della prima parte del Vangelo (vv. 7-11).

PRIMA LETTURA
Estratti dalla lunga raccolta di sentenze di Ben Sirac, questi pochi versetti sono consigli di umiltà. Non fanno parte semplicemente del saper vivere. Due motivi religiosi li giustificano: trovar grazia davanti a Dio e rendergli gloria. C’è anche un invito ad ascoltare la Sapienza, che è l’opposto dell’orgoglio.

SALMO
Salmo dei poveri: esprime la gioia dei giusti e in particolare di tutti i poveri: vedove, orfani, prigionieri, che non hanno altro difensore che il Signore.
La bontà verso il povero si estende a tutti gli umili, a coloro che si riconoscono poveri.

SECONDA LETTURA
“Non rifiutate di ascoltare colui che vi parla”. Questa frase non si trova in questo brano dell’epistola, ma lo segue immediatamente e lo chiarisce. Si tratta infatti di richiamare alla fedeltà coloro che sono preoccupati per la persecuzione e rischiano di ritornare al passato, al giudaismo. La lettera rimette quindi a confronto l’Antica e la Nuova Alleanza.
I segni che accompagnavano la prima erano “terreni”, materiali: il fuoco, l’oscurità, la tempesta. Non hanno fatto altro che spaventare i figli di Israele. È comprensibile che essi, scoraggiati, abbiano finito per scongiurare Dio “che non rivolgesse più loro la parola”.
L’iniziazione ai misteri cristiani, invece, è avvenuta in modo del tutto diverso.
La realtà terrena ha fatto posto a quella celeste: Sion è diventata la città del Dio vivente. Ormai c’è soltanto la Gerusalemme celeste, dove ci uniamo agli angeli festanti e ai santi.
Finalmente tutto trova il suo centro in Gesù, il “Mediatore della Nuova Alleanza”, e “in Dio, giudice di tutti”, sottolineando così il carattere universale della Nuova Alleanza.
Il contesto della lettera ci porta a capire una cosa: nonostante le persecuzioni non dobbiamo guardare indietro, non dobbiamo attaccarci a simboli decaduti e a un’alleanza che si esaurisce sulla terra. Dobbiamo invece continuare ad ascoltare Gesù che ci conduce in cielo.

VANGELO
A una prima impressione, sembra un insegnamento di saggezza: richiamo all’umiltà; non è prudente mettersi subito al primo posto… In realtà, dietro tale consiglio, c’è una legge del Regno. Può essere colta a diversi livelli:
– in casa del fariseo dove Gesù è a tavola: l’insegnamento riguarda i contemporanei di Gesù. È una lezione morale sui sentimenti di superiorità, sulla ricerca degli onori;
– nelle comunità cristiane: per loro Luca riferisce il consiglio di Gesù. Si tratta di superare le rivalità che oppongono i cristiani venuti dal paganesimo e di accogliere i poveri (1 Cor 11,21-22 presenta il caso concreto);
– per tutti i cristiani: la lezione è universale purché si superi il semplice buon senso per leggervi il comportamento dello stesso Cristo: “Egli ha preso l’ultimo posto in modo definitivo, per cui nessuno glielo può togliere” (Abbé Huvelin). È la legge fondamentale del Vangelo, che Gesù ha vissuto sino a lavare i piedi degli apostoli: “Io sono in mezzo a voi come uno che serve” (Lc 22,24-27).
È anche l’appello al disinteresse: visitare i poveri… Fare un favore senza aspettarsi la ricompensa. È l’insegnamento del discorso della montagna (Lc 6,32-34). È il comportamento di Dio nella parabola degli invitati al banchetto, nella storia della salvezza.


PER ANNUNCIARE LA PAROLA (piste di omelia)

Una religione nuova?
Gli Ebrei ai quali è indirizzata la lettera si trovavano in una situazione di vero disagio. Col cristianesimo, la pratica della fede era totalmente trasformata. Da una parte Gesù aveva introdotto nella continuità dell’Alleanza un elemento radicalmente nuovo e definitivo. Da un’altra parte, le tradizioni della loro infanzia venivano ad essere relativizzate. Anche in ciò c’è un elemento nuovo e permanente introdotto da Cristo: il valore relativo delle tradizioni.
Il ritorno alla fede della nostra infanzia sotto un aspetto è senz’altro buono: conserviamo certe intuizioni che in quei primi anni erano per noi di una chiarezza totale. Sotto un altro aspetto, però, questo ritorno rivela una nostalgia malsana, la sostituzione della riflessione con le norme esteriori, la fuga di fronte ai problemi insolubili ma reali del presente.
È doveroso purificare continuamente la nostra fede:
– dalle ingenuità anche se poetiche, che impediscono che siamo presi sul serio: pie leggende, interpretazioni semplicistiche della Scrittura, riti arcaici, ecc.;
– dalle durezze verbali sul peccato e l’inferno, che ci hanno “spaventati”, come il Sinai spaventò i Giudei. Certamente non sono state esse a farci amare di più il Signore;
– da un modo di metterci in rapporto agli “altri” che favorisce l’orgoglio (1ª lettura). Esso ci dà sicurezza nei riguardi degli increduli o dei seguaci di altre religioni, ma ostacola il dialogo e l’apostolato;
– talvolta persino dagli aspetti estetici d’una liturgia che rischiano sempre di nascondere la Parola e l’Eucaristia sotto vesti sontuose.
Pur senza disprezzare il valore positivo di questi segni, bisogna riconoscerne la relatività. Ed è anche un invito a verificare se ogni cambiamento è veramente autentico.
Soprattutto, nella nostra fede, nella nostra liturgia, nella nostra attività cristiana, Gesù ha il posto unico che gli compete: il “Mediatore della Nuova Alleanza”?
Le forme attuali della religione ci avvicinano alla “città del Dio vivente” oppure sostituiscono un formalismo con un altro? Ci permettono di imbevere di fede tutta la nostra vita personale e sociale?
Siamo preoccupati che il nostro Dio sia il Dio di “tutti gli uomini”, o piuttosto che sia il loro “giudice”?
Siamo uniti coi “primogeniti, i cui nomi sono scritti in cielo, che sono già arrivati alla perfezione”, i santi? Una Chiesa che rinnegasse la tradizione dei santi sarebbe ancora Chiesa? La nostra religione respira la gioia? È quell’“adunanza festosa di angeli” di cui parla la lettera?
Infine, siamo pronti ad altri cambiamenti, siamo umili e disponibili per essere i continuatori di “colui che parla”?

Onorare i poveri
Tutte le società umane hanno una loro gerarchia, i loro gradi di onore e di influenza: l’amministrazione, l’università, le imprese industriali, ecc. La contestazione di tale gerarchia porta quasi sempre a crearne un’altra. Ciò rivela una “scala di valori”.
Persino nella Chiesa ci sono i piccoli che non osano farsi avanti, coloro che accendono un cero vicino all’entrata, coloro che non riescono a esprimere il loro parere.
Il Vangelo sconvolge sempre l’ordine stabilito, capovolge la gerarchia di stima e di onore che i posti acquisiti di per sé esprimono: “Chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato”.
Come metter in pratica questo principio, senza cadere nell’affettazione e in un altro formalismo?
– Nelle nostre assemblee: mettendo ognuno a proprio agio, ascoltando tutti singolarmente, facendo regnare maggior semplicità. Lavare i piedi dei poveri il Giovedì Santo non è sempre un segno di rispetto.
– Nella vita abituale: rispettando gli umili, coloro che si presentano nei dispensari o negli ospedali; evitando di favorire le persone altolocate o raccomandate; favorendo un dialogo dignitoso e reciprocamente rispettoso fra persone socialmente diverse, ecc…


(tratto da: M. Gobbin, Omelie per un anno – vol. 2, anno C, tempo ordinario – Elledici 2003)

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4. Parola da Vivere – XXII C, 1 set ’19

METTITI ALL’ULTIMO POSTO

La fede e la speranza ci rendono disincantati nel mondo. Nulla e nessuno può incantarci erigendosi di fronte a noi come idolo, come autorità assoluta o meta definitiva. La nostra vita diventa un pellegrinare continuo senza patria definitiva su questa terra, per la consapevolezza della fiducia immensa che Dio ha riposto in noi e per la speranza di raggiungere il bene che Dio ci ha promesso e che allarga il nostro orizzonte di vita e di azione all’infinito.


(tratto da R. Paganelli – Vivere la domenica aprendoci alla Parola, anno C, Elledici 2015)

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5. Preghiere dei Fedeli – XXII C, 1 set ’19

Parabola sulla corsa ai primi posti

Celebrante. Con la sua parabola Gesù non ci ha dato una lezione di galateo, ma di vita. Pur essendo Dio egli accettò la condizione umana, e si rivelò come uno che serve e si dona. Nella Preghiera dei fedeli chiediamo che ci insegni a offrire ai piccoli il primo posto nel nostro cuore.

Lettore. Preghiamo insieme e diciamo: Insegnaci, Padre, a vivere nel tuo amore.

1. Preghiamo per la santa Chiesa di Dio, sollecitata da Gesù a valorizzare e vivere una modalità apparentemente assurda, il paradosso dell’ultimo posto.
Perché Cristo susciti sempre nei suoi discepoli le energie del rinnovamento, il desiderio di collaborazione, la gioia della comunione, preghiamo.

2. Per i cristiani che hanno fatto dono di sé al Signore nella vita religiosa, consacrandosi ai fratelli. Essi sono chiamati a spendersi nel servizio degli ultimi, per la crescita dell’umanità.
Perché il loro impegno per il bene comune susciti una società di uomini uguali, e proponga a tutti la novità cristiana dell’ultimo posto, preghiamo.

3. Per i giovani che alimentano per la loro vita i programmi più ambiziosi. Non pochi sono smaniosi di affermarsi a ogni costo, di primeggiare e collocarsi al di sopra degli altri.
Perché crescendo negli anni crescano anche nella generosità, e nell’accoglienza cordiale verso quelli che non hanno voce nel mondo, preghiamo.

4. Per i cristiani che cercano i primi posti nella scala sociale, e sovente vedono negli altri solo dei concorrenti da battere e scavalcare. Ricordino le parole di Gesù: «Il più grande tra voi sia il servo di tutti».
Perché avvertano l’ambiguità di un’esistenza incentrata sull’egoismo, sul profitto, il consumismo e la carriera, preghiamo.

5. Per la nostra comunità (parrocchiale). Essa è viva nella misura in cui c’è comprensione, rispetto dei piccoli, incontro fraterno, e nessuno viene escluso.
Perché la partecipazione all’unico Pane eucaristico aumenti la nostra fede, e accresca la nostra carità per il prossimo della porta accanto, preghiamo.

Celebrante. O Dio nostro Padre, tu riservi ai piccoli, ai poveri e agli umili i primi posti alla mensa del tuo Regno. Donaci un cuore grande e accogliente, perché sappiamo riservare il primo posto a te, e agli ultimi che tu prediligi. Per Cristo nostro Signore.


(tratto da: E. Bianco, Preghiera dei fedeli, proposte per le domeniche e feste degli anni A-B-C – Elledici 2002)

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7. Aforismi – XXII C, 1 set ’19

Raccolta di aforismi o testi utili per la riflessione o l’approfondimento

Sulla parabola dei posti a tavola.
Gli invitati si disputavano quelli di maggior prestigio, volevano stare accanto al padrone, fare bella figura, ricevere i bocconi migliori. Non stupisce, la corsa ai primi posti è da tutti i tempi, e la storia è piena di casi clamorosi.
Cesare diceva di sé: «Piuttosto primo in un villaggio, che secondo a Roma».
– Il principe Valentino, proposto come esempio da Machiavelli, gli ha fatto eco: «Aut Caesar aut nihil». «Se non arrivo a primeggiare come il grande Cesare, preferisco essere niente e nessuno».
– Ricordiamo gli “llaneros” (i gauchos o cow boys delle pianure) dalla lontana Colombia, che si dicevano come slogan: «Sopra il mio cavallo, io solo. E sopra di me, soltanto il mio sombrero».

Sulla seconda parabola, che riguarda chi si deve invitare a cena.
– Diceva con umorismo santa Teresa di Lisieux alle giovani suore sue novizie: «La sola cosa che non sia invidiata in questo mondo, è l’ultimo posto».
– Eppure «Noi siamo angeli con un’ala sola, e possiamo volare solo tenendoci abbracciati» (Luciano De Crescenzo).
– E «se ciascuno aiutasse gli altri, ognuno sarebbe aiutato» (Marie von Ebner-Eschenbach).
– I pigmei, piccoli cacciatori d’Africa, hanno un proverbio da suggerirci: «Quelli che si aiutano a vicenda, portano a casa l’elefante».


(tratto da: E. Bianco, All’altare di Dio – Anno C – Elledici 2009)