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8. Canto Liturgico – XXVII C, 6 ott ’19

Ecco a voi questa settimana un canto di INIZIO

TUTTA LA TERRA CANTI A DIO – canto plurilingue
(Nella Casa del Padre, n. 748 – Elledici)

1. Tutta la terra canti a Dio,
lodi la sua maestà!
Canti la gloria del suo nome:
grande, sublime santità!

Dicano tutte le nazioni:
non c’è nessuno uguale a Te!
Sono stupendi i tuoi prodigi,
nell’universo Tu sei Re!

2. Tu solo compi meraviglie
con l’infinita tua virtù.
Guidi il tuo popolo redento
dalla sua triste schiavitù.

Sì, Tu lo provi con il fuoco
e vagli la sua fedeltà;
ma esso sa di respirare
nella tua immensa carità.

3. Sii benedetto, eterno Dio;
non mi respingere da Te.
Tenti l’orecchio alla mia voce,
venga la grazia e resti in me.

Sempre ti voglio celebrare,
fin che respiro mi darai.
Nella dimora dei tuoi santi
spero che tu mi accoglierai.

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9. Narrazione – XXVII C, 6 ott ’19

Io non vedo, Signore, ma mi fido di Te.

AL SUO POSTO

Il vecchio eremita Sebastiano pregava di solito in un piccolo santuario isolato su una collina. In esso si venerava un crocifisso che aveva ricevuto il significativo titolo di «Cristo delle grazie». Arrivava gente da tutto il paese per impetrare grazie e aiuto.
Il vecchio Sebastiano decise un giorno di chiedere anche lui una grazia e, inginocchiato davanti all’immagine, pregò: «Signore, voglio soffrire con te. Lasciami prendere il tuo posto. Voglio stare io sulla croce».
Rimase silenzioso con gli occhi fissi alla croce, aspettando una risposta.
Improvvisamente il Crocifisso mosse le labbra e gli disse: «Amico mio, accetto il tuo desiderio, ma ad una condizione: qualunque cosa succeda, qualunque cosa tu veda, devi stare sempre in silenzio».
«Te lo prometto, Signore». Avvenne lo scambio.
Nessuno dei fedeli si rese conto che ora c’era Sebastiano inchiodato alla croce, mentre il Signore aveva preso il posto dell’eremita. I devoti continuavano a sfilare, invocando grazie, e Sebastiano, fedele alla promessa, taceva. Finché un giorno…

Arrivò un riccone e, dopo aver pregato, dimenticò sul gradino la sua borsa piena di monete d’oro. Sebastiano vide, ma conservò il silenzio.
Non parlò neppure un’ora dopo, quando arrivò un povero che, incredulo per tanta fortuna, prese la borsa e se ne andò. Né aprì bocca quando davanti a lui si inginocchiò un giovane che chiedeva la sua protezione prima di intraprendere un lungo viaggio per mare.
Ma non riuscì a resistere quando vide tornare di corsa l’uomo ricco che, credendo che fosse stato il giovane a derubarlo della borsa di monete d’oro, gridava a gran voce per chiamare le guardie e farlo arrestare.
Si udì allora un grido: «Fermi!».
Stupiti, tutti guardarono in alto e videro che era stato il crocifisso a gridare. Sebastiano spiegò come erano andate le cose. Il ricco corse allora a cercare il povero. Il giovane se ne andò in gran fretta per non perdere il suo viaggio.

Quando nel santuario non rimase più nessuno, Cristo si rivolse a Sebastiano e lo rimproverò.
«Scendi dalla croce. Non sei degno di occupare il mio posto. Non hai saputo stare zitto».
«Ma, Signore» protestò, confuso, Sebastiano. «Dovevo permettere quell’ingiustizia?».
«Tu non sai» rispose il Signore, «che al ricco conveniva perdere la borsa, perché con quel denaro stava per commettere un’ingiustizia.
Il povero, al contrario, aveva un gran bisogno di quel denaro. Quanto al ragazzo, se fosse stato trattenuto dalle guardie avrebbe perso l’imbarco e si sarebbe salvato la vita, perché in questo momento la sua nave sta colando a picco in alto mare».

Lo scrittore Piero Chiara, poco religioso, era molto amico dello scultore Francesco Messina, che era invece profondamente credente.
Quando Chiara era prossimo alla morte, Messina si recò al suo capezzale e, prendendogli la mano, gli chiese: «Dimmi, Piero, come stai a fede?».
Chiara lo fissò con gli occhi dolenti e rispose: «Io mi fido di te».
Sono le parole più belle che possiamo dire ad un amico: «Io mi fido di te».
È la preghiera più bella che possiamo rivolgere a Dio: «Io mi fido di Te».


(tratto da: B. Ferrero, 365 Piccole Storie per l’anima, Vol. 1, pag. 366 – Elledici 2016)

 

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10. Anche Noi Vogliamo Capire – XXVII C, 6/10/19

Per aiutare i nostri piccoli a vivere meglio la Liturgia della Parola

PRIMA LETTURA (Abacuc 1,2-3; 2,2-4)
Il profeta Abacuc chiede conto a Dio del suo silenzio e del suo lasciar fare ai ricchi e ai potenti, mentre i poveri e i deboli subiscono ingiustizie e violenze. La risposta del Signore è un invito a rimanere fedele e una promessa: la sua Parola si realizzerà e i giusti vivranno mentre gli empi soccomberanno.

* Capire le parole
Iniquità. Letteralmente significa “cosa non equa”. Si riferisce alle ingiustizie, ai soprusi, alle violenze causate ai deboli e agli indifesi, approfittando della loro condizione di inferiorità.
Il giusto vivrà per la sua fede. Quando sembra che Dio non vede e si disinteressa degli oppressi, in realtà sta solo concedendo al malvagio di recedere dalla sua condotta e cambiare vita e permette che il povero si mostri realmente saldo e fedele.


SECONDA LETTURA (2 Timoteo 1,6-8.13-14)
Questa lettera è rivolta a Timoteo e a tutti i pastori delle Chiese locali. Il dono del ministero che hanno ricevuto va vissuto con forza e amore a servizio della comunità. I fedeli vanno difesi con l’esempio e la testimonianza da coloro i quali introducono novità che contraddicono il Vangelo annunciato dagli apostoli.

* Capire le parole
Ravvivare il dono di Dio. Un sacramento è dato una volta per sempre perché Dio non si riprende indietro i suoi doni, impegno di alleanza. Ma da parte dell’uomo è necessario rinnovare costantemente la consapevolezza della bontà divina per accrescerne l’efficacia.
Il bene prezioso che ti è stato affidato. Il vescovo Timoteo ha ricevuto in custodia il gregge di Dio. Nulla è più prezioso e gli deve stare più a cuore che la salvezza delle anime.


VANGELO (Luca 17,5-10)
Di fronte agli insegnamenti del Signore i discepoli sentono il bisogno di crescere nella fede e chiedono a Gesù questo dono. La sua risposta è un incoraggiamento, perché tutto è possibile a chi crede in lui. La parabola ricorda a tutti noi cristiani che non possiamo accampare nessun diritto davanti a Dio per le nostre buone opere, come pretendevano i farisei.

* Capire le parole
Accresci in noi la fede! Questa richiesta degli apostoli sembra avere quasi un tono di magia, che scavalchi con facilità la fatica del credere. In realtà la fede è al tempo stesso un dono da parte di Dio e un atto di adesione della persona, una sua libera scelta.
Un granello di senape. Tra tutti i tipi di piante, Gesù sceglie quella che reca i semi più piccoli per avvertire la misura minima di fede che spesso neppure si ha nei riguardi delle cose di Dio.


PER RIASSUMERE… La liturgia di oggi mette in evidenza un aspetto fondamentale della vita del cristiano: la fede. Essa ci permette di essere forti e pazienti di fronte alle sofferenze e alle persecuzioni, di comprendere la volontà di Dio e di realizzarla, di lasciarci illuminare nel conoscere le verità rivelate, per viverle.


Le parole da capire sono curate dall’autore del sito liturgico; le parti in corsivo sono un libero adattamento da “Messale delle Domeniche e feste 2019 – LDC”

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1. Letture – XXVI C, 29 set ’19

PRIMA LETTURA
Ora cesserà l’orgia dei dissoluti.

Dal libro del profeta Amos 6,1a.4-7

Guai agli spensierati di Sion
e a quelli che si considerano sicuri
sulla montagna di Samaria!
Distesi su letti d’avorio e sdraiati sui loro divani
mangiano gli agnelli del gregge
e i vitelli cresciuti nella stalla.
Canterellano al suono dell’arpa,
come Davide improvvisano su strumenti musicali;
bevono il vino in larghe coppe
e si ungono con gli unguenti più raffinati,
ma della rovina di Giuseppe non si preoccupano.
Perciò ora andranno in esilio in testa ai deportati
e cesserà l’orgia dei dissoluti.
Parola di Dio.


SALMO RESPONSORIALE
Dal Salmo 145 (146)

R. Loda il Signore, anima mia.

Il Signore rimane fedele per sempre
rende giustizia agli oppressi,
dà il pane agli affamati.
Il Signore libera i prigionieri.

Il Signore ridona la vista ai ciechi,
il Signore rialza chi è caduto,
il Signore ama i giusti,
il Signore protegge i forestieri.

Egli sostiene l’orfano e la vedova,
ma sconvolge le vie dei malvagi.
Il Signore regna per sempre,
il tuo Dio, o Sion, di generazione in generazione.


SECONDA LETTURA
Conserva il comandamento
fino alla manifestazione del Signore.

Dalla prima lettera di san Paolo apostolo a Timòteo 6,11-16

Tu, uomo di Dio, evita queste cose; tendi invece alla giustizia, alla pietà, alla fede, alla carità, alla pazienza, alla mitezza. Combatti la buona battaglia della fede, cerca di raggiungere la vita eterna alla quale sei stato chiamato e per la quale hai fatto la tua bella professione di fede davanti a molti testimoni.
Davanti a Dio, che dà vita a tutte le cose, e a Gesù Cristo, che ha dato la sua bella testimonianza davanti a Ponzio Pilato, ti ordino di conservare senza macchia e in modo irreprensibile il comandamento, fino alla manifestazione del Signore nostro Gesù Cristo,
che al tempo stabilito sarà a noi mostrata da Dio,
il beato e unico Sovrano,
il Re dei re e Signore dei signori,
il solo che possiede l’immortalità
e abita una luce inaccessibile:
nessuno fra gli uomini lo ha mai visto né può vederlo.
A lui onore e potenza per sempre. Amen.
Parola di Dio.


CANTO AL VANGELO (2 Cor 8,9)

Alleluia, alleluia.
Gesù Cristo da ricco che era, si è fatto povero per voi,
perché voi diventaste ricchi per mezzo della sua povertà.
Alleluia.


VANGELO
Nella vita, tu hai ricevuto i tuoi beni,
e Lazzaro i suoi mali; ma ora lui è consolato,
tu invece sei in mezzo ai tormenti.

Dal Vangelo secondo Luca 16,19-31

In quel tempo, Gesù disse ai farisei:
«C’era un uomo ricco, che indossava vestiti di porpora e di lino finissimo, e ogni giorno si dava a lauti banchetti. Un povero, di nome Lazzaro, stava alla sua porta, coperto di piaghe, bramoso di sfamarsi con quello che cadeva dalla tavola del ricco; ma erano i cani che venivano a leccare le sue piaghe.
Un giorno il povero morì e fu portato dagli angeli accanto ad Abramo. Morì anche il ricco e fu sepolto. Stando negli inferi fra i tormenti, alzò gli occhi e vide di lontano Abramo, e Lazzaro accanto a lui. Allora gridando disse: “Padre Abramo, abbi pietà di me e manda Lazzaro a intingere nell’acqua la punta del dito e a bagnarmi la lingua, perché soffro terribilmente in questa fiamma”.
Ma Abramo rispose: “Figlio, ricòrdati che, nella vita, tu hai ricevuto i tuoi beni, e Lazzaro i suoi mali; ma ora in questo modo lui è consolato, tu invece sei in mezzo ai tormenti. Per di più, tra noi e voi è stato fissato un grande abisso: coloro che di qui vogliono passare da voi, non possono, né di lì possono giungere fino a noi”.
E quello replicò: “Allora, padre, ti prego di mandare Lazzaro a casa di mio padre, perché ho cinque fratelli. Li ammonisca severamente, perché non vengano anch’essi in questo luogo di tormento”. Ma Abramo rispose: “Hanno Mosè e i Profeti; ascoltino loro”. E lui replicò: “No, padre Abramo, ma se dai morti qualcuno andrà da loro, si convertiranno”. Abramo rispose: “Se non ascoltano Mosè e i Profeti, non saranno persuasi neanche se uno risorgesse dai morti”».
Parola del Signore.


(tratto da: Nuovo Messale della comunità, Domeniche e feste – Elledici 2008)

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2. Esegesi – XXVI C, 29 set ’19

FIGLIO, RICORDATI

Amos 6,1a.4-7 – Guai agli spensierati di Sion
1 Timoteo 6,11-16 – Combatti la buona battaglia della fede
Luca 16,19-31 – Hanno Mosè e i Profeti, ascoltino loro

Usare bene il denaro
Le tre letture comportano un insegnamento sull’uso del denaro e sul rapporto fra ricchezza e giustizia. Amos interviene nella storia di Israele in un momento di prosperità economica dovuta all’indebolimento della Siria, colpita dall’espansionismo assiro. Prosperità economica significa spesso tempo di rilassamento per quanti hanno in mano le redini del potere. Gli affari vanno bene ed è l’unica cosa che conta, anche se ciò comporta il dilagare dell’ingiustizia. Il problema del denaro e del benessere è molto complesso, e si è tentati di cercare un compromesso con esso. Paolo nella seconda lettura esce con una frase che non lascia molte speranze su un ipotetico buon uso del denaro: «Ma tu, uomo di Dio, fuggi queste cose!» (v. 11) per cercare la giustizia, la pietà, la fede, la carità, la pazienza e la mitezza, per attaccarsi a Cristo nel quale tutto ciò trova la sua realizzazione e la sua pienezza.

Abissi invalicabili
Anche il Vangelo mette in evidenza che non c’è patto possibile tra il denaro e la fede. Il ricco va in rovina. Significativo il fatto che nella parabola di Gesù il ricco non abbia un nome, fa tutt’uno col suo denaro, al punto che ormai ha un nome solo, quello di «ricco», a lui si oppone Lazzaro, il cui nome significa «Dio viene in aiuto». L’abisso tra Dio e il ricco è invalicabile, l’unica via è la conversione, l’ascolto di Mosè e dei profeti, il ritorno cioè a Dio nella povertà. Il contrasto drammatico tra la condizione del ricco e quella del povero è assoluto, fino al non accorgersi, da parte del ricco, della realtà che gli è davanti. La chiusura egoistica del ricco è data sia dalla sua ricchezza materiale, sia dalla chiusura farisaica che fa della sua pretesa giustizia l’elemento di separazione e di giudizio verso il povero e verso il fratello.

Misericordia da esercitare in terra
L’esistenza terrena è un ponte gettato sull’abisso tra l’inferno e il seno di Abramo. Quest’arco della vita lo si attraversa esercitando quella misericordia che poi sarà invocata anche da chi l’ha derisa. Per prendere decisioni corrette è utile porsi dal punto di vista della fine, e fare ora ciò che allora si vorrebbe aver fatto. Dopo è inutile piangere sul latte versato. Questo racconto pone l’aldilà come orizzonte dell’aldiquà. Presente e futuro non si negano. Stanno tra loro in contrapposizione e in continuità, come la semina e il raccolto. Cristo Gesù non compie un giudizio, ma un atto di correzione fraterna verso i ricchi. Non è venuto per giudicare, ma per salvare. E salva accogliendo senza riserve e illuminando con sincerità. Non si tratta di una condanna dei ricchi e un’esaltazione dei poveri. È piuttosto un ammonimento ad aprire gli occhi e usare giustamente dell’ingiusto «mammona».

Cristo Gesù chiave per aprire
Se non si ascolta l’AT, non si può neanche ascoltare Gesù, il quale è venuto per aprire la Scrittura. Gesù è la chiave, ma occorre che ci sia qualcosa da aprire. Per comprendere Cristo Gesù è necessario ascoltare e mettere in pratica l’AT. La parabola mette in scena un ricco e un povero, più che categorie sociali, sono categorie religiose. Il povero non è salvato perché povero, ma perché ascolta l’AT il quale annuncia che il Vangelo viene proclamato ai poveri. Egli si ritrova insieme con i poveri che aprono il Vangelo di Luca, Elisabetta, e Zaccaria, Maria e Giuseppe, i pastori a Betlemme, Anna e Simeone. Il ricco è condannato per la sua ricchezza che ha reso il suo cuore grasso (Sal 119,70) e opaco, incapace di accogliere le ammonizioni dei profeti e quindi lo stesso Cristo. Non possiamo dividere in due la realtà con asprezza e chiusura, tra buoni e cattivi, tra ricchi e poveri. In questo tradiamo la persona di Gesù e il dono divino che Egli ci porta. Il giudizio divino mostra drammaticamente il capovolgimento della situazione agli occhi di Dio. Il possidente stolto si converta nell’amministratore saggio. Si mostra per immagini quel rovesciamento di criteri già cantato nel Magnificat (Lc 1,46-55).


PER IL CONFRONTO NEL GRUPPO
– Che rapporto hai con il denaro?
– Cosa si può fare con i tanti poveri che bussano alle nostre porte?


IN FAMIGLIA
In un incontro di famiglia si presenta il bilancio delle entrate e delle spese che vengono sostenute perché ognuno si renda conto di quanto costa la vita e di cosa si può fare per sviluppare la solidarietà verso chi non ha nulla.


(tratto da: R. Paganelli – Vivere la domenica aprendoci alla Parola, anno C – Elledici 2015)

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3. Annunciare la Parola – XXVI C, 29 set ’19

• Am 6,1ª.4-7 – Voi che vi date a vita dissoluta andrete in esilio.
• Dal Salmo 145 – Rit.: Beati i poveri in spirito.
• 1 Tm 6,11-16 – Conserva irreprensibile il comandamento, fino alla manifestazione del Signore.
• Canto al Vangelo – Alleluia, alleluia. Beati voi che ora avete fame, dice il Signore, perché sarete saziati. Alleluia.
• Lc 16,19-31 – In vita tu hai ricevuto beni e Lazzaro mali; ora lui è consolato e tu sei in mezzo ai tormenti.

PER COMPRENDERE LA PAROLA

Dio punisce coloro che disprezzano i poveri o non se ne curano.

PRIMA LETTURA
Si tratta d’un oracolo pronunciato in un periodo eccezionale di prosperità.
Amos, un Giudeo andato ad abitare al Nord, pensa soprattutto al regno del Nord immerso nell’infedeltà: separatismo cultuale, godimento egoistico dei ricchi, ecc. Ciò rende la situazione precaria. In conseguenza del disordine e delle rivalità, il regno si sfascerà e gli incoscienti saranno deportati.
Amos pensa anche a Gerusalemme, a meno che l’oracolo non sia stato usato dopo l’evento per mettere in agitazione i Giudei.
Il lusso e la spensieratezza vi sono presentati come perversioni che attirano il castigo.

SALMO
È un incitamento a fidarsi del Signore, di cui presenta l’intervento come un giudizio in favore di tutti coloro che si trovano in situazione di povertà. Vengono citate tutte le categorie di poveri della Bibbia.
Il salmo corrisponde perfettamente alla mentalità di Amos, molto esplicita nel cap. 2,6-8.

SECONDA LETTURA
Fra i consigli di Paolo a Timoteo, quelli del brano odierno mirano più alla sua vita personale che al suo compito di pastore: perseverare nelle virtù fondamentali, continuare la buona battaglia della fede.
Tale perseveranza si fonda sulla chiamata alla quale Timoteo ha risposto con la professione di fede che lo rende conforme a Cristo.
L’autore colloca questi consigli nella prospettiva del ritorno di Cristo; ciò gli ispira la dossologia finale, certamente usata nelle sinagoghe e anche nelle comunità cristiane.

VANGELO
Il Signore parte da un fatto diverso (“Gesù disse ai farisei” è un’aggiunta al testo). Questa pericope, propria di Luca, mette in scena due uomini: un ricco – che il Vangelo non chiama “cattivo” – e un povero. A Luca piacciono queste antitesi. Il brano offre due insegnamenti (cf 6,20-28; 16,1-13: 25a domenica).
Il giudizio di Dio ricompensa i giusti o i poveri e punisce i cattivi o i ricchi.
È già l’insegnamento delle Beatitudini (6,20-23) e di diverse parabole.
Ritorna il tema del banchetto: anzitutto una scena col banchetto del ricco, poi una seconda scena con la situazione capovolta: Lazzaro accanto ad Abramo come Giovanni accanto a Gesù alla Cena (Gv 13,23). È l’immagine del banchetto eterno.
Un grande abisso separa il ricco da Lazzaro: dà l’impressione di essere stato creato dal comportamento del ricco sulla terra (cf 16,9-13); non può essere superato: il giudizio è irreversibile, fissa la sorte come in un luogo da cui non si può uscire. In Mt 25,11-12 il giudizio è definitivo: nessun limite di tempo.
Basta la Parola di Dio per chi vuole ascoltarla. È inutile mandare altri messaggeri. È un invito ad accogliere con attenzione e fedeltà la parola del Signore.


PER ANNUNCIARE LA PAROLA (piste di omelia)

Il Vangelo e la ricchezza
L’opposizione è categorica: o Dio o il denaro (cf 25ª domenica). Per quale motivo?

La ricchezza è precaria
È il difetto minore, pur tuttavia importante: è difficile convincersene. I ricchi di Israele “si considerano sicuri” nelle loro feste. Il risveglio sarà duro.
Quando il senso della precarietà s’impossessa della mente, rende infelice chi si è abituato al lusso, perché è continuamente oppresso dalle inquietudini.
Sarebbe il caso di esaminare quale sia la causa di una vita facile…, su quali strutture sociali si basa la nostra agiatezza, e vedere se tali strutture non nascondano in se stesse le cause della precarietà.
Semplice buonsenso. Ma il Vangelo non disdegna certo il buonsenso.

La ricchezza sminuisce grandemente l’uomo
La ricchezza impoverisce i rapporti dell’uomo. Egli non vede più gli altri. Ha gli occhi e il cuore chiusi. Amos rimprovera ai ricchi il disinteresse per le sorti del paese. Nel loro lusso non vedono più niente.
I ricchi hanno sempre fatto fatica a vedere. Non riescono a scorgere tutta la realtà. Il ricco non vede Lazzaro.
Il seme è caduto fra le spine. “Sono coloro che dopo aver ascoltato, strada facendo si lasciano sopraffare dalle preoccupazioni, dalla ricchezza e dai piaceri della vita, e non giungono a maturazione” (Lc 8,14). La vera mutilazione prodotta dalla ricchezza è la mancanza d’amore.

Cristo è venuto a rivelare la vera ricchezza
La vera ricchezza, quella per cui la vita merita di essere vissuta, è l’amore fiducioso in Dio Padre, è l’amore per i fratelli fino a condividere tutto con loro.
Il mondo è una vera ricchezza se è ricchezza per tutti: un campo dove si sviluppa uno spirito fraterno senza frontiere né esclusivismi. In caso contrario, diventa esplosivo. “(La creazione) sottomessa alla caducità, non per suo volere” (Rm 8,20) determina la nostra perdita.
Un mondo diviso è la prospettiva spalancata dalla parabola: nell’ora della verità, fra il ricco e il povero ci sarà un enorme fossato. Un fossato scavato dalla mancanza di amore, dal pensare unicamente al proprio benessere. L’abisso d’indifferenza e di disinteresse prepara l’abisso dell’aldilà. Noi rimarremo eternamente ricchi d’una sola cosa: il nostro vero amore.

Il ristabilimento dei valori
Le opposizioni indicate dal Vangelo non possono essere fissate con distinzioni nette: non esiste il ricco o il povero allo stato puro.
In ognuno di noi c’è un po’ dell’uno e un po’ dell’altro.
La nostra morte e la nostra risurrezione saranno l’ora della verità: il tormento del ricco e la glorificazione del povero.
Qualche volta è saggio farsi l’idea di ciò che bisognerebbe eliminare per poter seguire Gesù sino alla fine.
Lazzaro imita il cammino di Cristo, risorge. Egli non è la beatificazione della miseria. È semplicemente vissuto come figlio di Abramo, e la morte ne rivela la vera situazione. Prima era stato trascurato, chiedeva elemosina, aspettava. È questo l’atteggiamento biblico. Perciò egli è il tipo di colui che è amato da Dio (Lazzaro significa: Dio aiuta).

Quale richiamo possiamo aspettarci da Dio?
La risurrezione?
“Neanche se uno risuscitasse dai morti, sarebbero persuasi”. Dio richiama all’ordine mediante i suoi profeti: Amos se la prende coi benestanti. Abramo rimanda il ricco alle parole di Mosè. Il loro messaggio è un invito a entrare nelle vedute di Dio, ad anticipare il Regno, a vivere nell’amore fraterno, a professare la fede come Cristo davanti a Pilato (2ª lettura).
Oggi per noi rimangono valide le parole dei profeti, ma più ancora il Vangelo, le parole categoriche di Cristo sulla scelta da fare. Il Vangelo è l’“anti-denaro”. Ci troviamo di fronte anche a situazioni concrete che ci gridano la volontà di Dio. Un giorno Dio rimprovererà pure noi di non aver visto, di non averlo visto.
Dio ci richiama all’ordine mediante i poveri (non solamente i poveri di denaro). La loro presenza è un segno, un appello di Dio: “Fatevi degli amici…”. I poveri sono degli inviati di Gesù Cristo. Egli si riconoscerà in loro (Mt 25). I poveri, individui o gruppi sociali, invitano i ricchi alla condivisione. Non rispondervi è un peccato d’omissione: omissione di condivisione che è rifiuto di entrare nel Regno.


(tratto da: M. Gobbin, Omelie per un anno – vol. 2, anno C, tempo ordinario – Elledici 2003)

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4. Parola da Vivere – XXVI C, 29 set ’19

FIGLIO, RICORDATI

Guai a chi disprezza il povero e non agisce come uno che deve essere giudicato secondo la legge nuova. «Il giudizio sarà senza misericordia contro chi non avrà usato misericordia: la misericordia invece ha sempre la meglio sul giudizio» (Gc 2,13). Il vero problema quindi è credere alla Parola di Dio. Essa ci dona la misericordia del Padre e invita tutti a partecipare alla sua gioia per il Figlio morto e risorto. Fin che siamo vivi, siamo chiamati ad ascoltarlo e non deriderlo.


(tratto da R. Paganelli – Vivere la domenica aprendoci alla Parola, anno C, Elledici 2015)

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5. Preghiere dei Fedeli – XXVI C, 29 set ’19

La parabola del ricco mangione

Celebrante. Gesù ci ha dunque spiegato come il possesso delle ricchezze può rendere un uomo egoista, e incapace di far posto a Dio nella sua vita. Con la Preghiera dei fedeli gli chiediamo che ci aiuti a comprendere e far nostre le verità sull’esistenza e sull’eternità, che è venuto a portarci in terra.

Lettore. Preghiamo insieme: Signore, vita e risurrezione nostra, ascoltaci.

1. Preghiamo per la santa Chiesa di Dio, chiamata – in un mondo che adora gli idoli del benessere materiale – a testimoniare i valori dello spirito.
Perché essa sia segno di rinnovamento e coscienza critica, ricordando a tutti che l’uomo non è padrone ma solo amministratore temporaneo dei beni della terra, preghiamo.

2. Per coloro che vivono nell’abbondanza. Sovente il benessere ottenebra i loro occhi, impedendo di vedere i poveri Lazzari che giacciono mendicando alla loro porta.
Perché chi possiede molte ricchezze sappia aprirsi agli altri, e mettere con generosità le proprie risorse a loro disposizione, preghiamo.

3. Per coloro che soffrono nell’indigenza, e sovente senza loro colpa sono nell’impossibilità di sollevarsi, da soli, da un’ingiusta situazione.
Perché trovino nei legislatori civili e nei responsabili del bene pubblico il sostegno e l’aiuto necessario, e sappiano suscitare in sé la forza morale per intraprendere una vita dignitosa, preghiamo.

4. Per gli educatori della gioventù. È loro compito formare i ragazzi a una coscienza delicata, aperta ai valori sociali e al trascendente.
Perché sappiano orientarli oltre il naturale egoismo verso il mondo degli ideali con princìpi chiari, offrendo l’esempio della propria fede, preghiamo.

5. Per la nostra comunità (parrocchiale). Il Signore Gesù ci ha insegnato a condividere il pane, a sollevare i malati e rialzare i caduti.
Perché impariamo a impegnarci per la giustizia qui nel nostro quartiere, compiendo oggi fra noi quei gesti cordiali di solidarietà che ci aprono la casa del Padre, preghiamo.

Celebrante. O Padre, coloro che considerano unico scopo della vita accumulare ricchezze, hanno Mosè e i profeti ma non li ascoltano: «Neanche se uno risuscitasse dai morti, sarebbero persuasi». Tu ci hai mandato il tuo Figlio, risuscitato dai morti: fa’ che lo accogliamo, ascoltiamo la sua parola, e collochiamo la nostra vita presente e futura in te. Per Cristo nostro Signore.


(tratto da: E. Bianco, Preghiera dei fedeli, proposte per le domeniche e feste degli anni A-B-C – Elledici 2002)

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7. Aforismi – XXVI C, 29 set ’19

Raccolta di aforismi o testi utili per la riflessione o l’approfondimento

PAROLE-CHIAVE DELLA PARABOLA

* Farisei. Ossia separati. Movimento piuttosto diffuso ai tempi di Gesù. I suoi membri praticavano una rigorosa osservanza della legge mosaica, e realizzavano la separazione di fatto da chi non vivesse nell’osservanza. I più erano molto ostili a Gesù, che consideravano trasgressore della Legge e peccatore.

* Epulone. Non è nome di persona, ma aggettivo (dal latino epulum, banchetto) usato a indicare una persona eccessivamente incline ai piaceri della tavola. Infatti Epulone «tutti i giorni banchettava lautamente».

* Lazzaro. È il solo caso, in tutti i Vangeli, in cui al personaggio di una parabola è assegnato un nome di persona. Lazzaro in ebraico significa «il mio Dio aiuta». Ma applicato al mendicante della parabola, sembra piuttosto rimandare al Lazzaro fratello di Marta e Maria tornato dall’aldilà perchè risuscitato da Gesù.

* Abramo, terzo personaggio della parabola. Il patriarca, capostipite, e “fondatore” d’Israele. Era considerato amico di Dio, uno che dava del tu a Dio. Vissuto 1700 anni prima di Gesù, secondo la stima popolare era di sicuro in paradiso.

* Accanto ad Abramo. È il posto toccato a Lazzaro nell’aldilà. «Accanto» è traduzione italiana libera, mentre in greco si ha l’espressione più densa: in seno ad Abramo. Cioè tra le braccia, o sulle ginocchia. Lazzaro è ora commensale nel banchetto celeste, vicino al grande patriarca. Un posto privilegiato.

* Negli Inferi fra i tormenti. Epulone è nell’inferno, immaginato sotto terra. Gli Inferi sono – secondo la rappresentazione degli ebrei del tempo – il soggiorno dei morti colpiti dal castigo eterno.

* Un grande abisso. Altra immagine popolare dell’aldilà: indica che con la morte il destino degli uomini è stabilito in modo irrevocabile, per sempre.

Per una corretta interpretazione della parabola, notare che Gesù non intendeva descrivere l’aldilà, ma solo utilizzò i termini comuni del linguaggio popolare. Potremmo dire, come per il caso Galileo: Gesù nella parabola non ci ha spiegato come è fatto il cielo, ma come si va in cielo.


(tratto da: E. Bianco, All’altare di Dio – Anno C – Elledici 2009)