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4. Preghiere dei Fedeli – Assunzione B.V.M., 15 ago ’19

«Grandi cose ha fatto in me l’Onnipotente» • Lc 1,39-56

Celebrante. Maria, madre di Dio e madre della Chiesa, assunta in cielo, è per noi modello della nostra esistenza qui in terra. Nella Preghiera dei fedeli chiediamo a Dio di non perdere mai di vista la meta a cui anche noi siamo diretti.

Lettore. Preghiamo insieme: Maria, madre del Signore, intercedi per noi.

1. Preghiamo per la santa Chiesa. Come Maria, anch’essa cammina nella storia tra consolazioni e sofferenze, e con piena confidenza in Dio.
Perché sappia corrispondere sempre al progetto del Signore, che addita il cielo come traguardo ultimo della storia, preghiamo.

2. Perché sia riconosciuta la dignità di ogni uomo. Il corpo umano nella nostra società è facilmente esaltato, o disprezzato, e spesso profanato.
Perché sia invece rispettato come dono di Dio, come tempio dello Spirito, e destinato alla risurrezione e alla vita eterna, preghiamo.

3. Per il buon uso del tempo libero. In questo periodo di ferie non pochi accantonano il senso morale, e quasi si vantano di vivere nella trasgressione.
Perché questo tempo sia per noi non solo di riposo e distensione, ma anche di crescita spirituale e di più autentica vita cristiana, preghiamo.

4. Per quelli che si dibattono nella povertà. Sono tanti gli uomini, le donne, i bambini, anche nei paesi dell’opulenza, che vivono in condizioni infraumane, e muoiono nell’abbandono.
Perché la solidarietà dei cristiani li aiuti a occupare un posto dignitoso nel mondo, e accenda in loro la speranza, preghiamo.

5. Per la nostra comunità (parrocchiale). Noi professiamo nella messa: «Aspetto la risurrezione dei morti e la vita del mondo che verrà».
Perché con l’aiuto di Maria santissima ci teniamo fraternamente per mano, e percorriamo insieme con carità la strada che conduce alla patria del cielo, preghiamo.

Celebrante. O Padre, oggi contempliamo il mistero di Maria, associata in corpo e anima al trionfo del Cristo salvatore. Fa’ che, guardando a Maria assunta in cielo, sappiamo riconoscere in ogni persona un fratello da amare, e con cui accompagnarci lungo il cammino che porta a te. Per Cristo nostro Signore.


(tratto da: E. Bianco, Preghiera dei fedeli, proposte per le domeniche e feste degli anni A-B-C – Elledici 2002)

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5. Aforismi – Assunzione B.V.M., 15 ago ’19

Raccolta di aforismi o testi utili per la riflessione o l’approfondimento

LA DONNA DELLE SEI SALITE
La Madonna è stata la donna delle sei salite:
– è salita verso la montagna per visitare la cugina Elisabetta,
– è salita in Giudea per farsi registrare nel Censimento,
– è salita in pellegrinaggio al Tempio, con Gesù dodicenne per la Pasqua,
– è salita al Calvario,
– è salita con gli Apostoli al piano superiore del Cenacolo in attesa dello Spirito,
– e alla fine è salita al cielo.


(tratto da: E. Bianco, All’altare di Dio – Anno C – Elledici 2009)

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1. Letture – XIX C, 11 ago ’19

PRIMA LETTURA
Come punisti gli avversari, così glorificasti noi,
chiamandoci a te.

Dal libro della Sapienza 18,6-9

La notte [della liberazione] fu preannunciata
ai nostri padri,
perché avessero coraggio,
sapendo bene a quali giuramenti avevano prestato fedeltà.
Il tuo popolo infatti era in attesa
della salvezza dei giusti, della rovina dei nemici.
Difatti come punisti gli avversari,
così glorificasti noi, chiamandoci a te.
I figli santi dei giusti offrivano sacrifici in segreto
e si imposero, concordi, questa legge divina:
di condividere allo stesso modo successi e pericoli,
intonando subito le sacre lodi dei padri.
Parola di Dio.


SALMO RESPONSORIALE
Dal Salmo 32 (33)

R. Beato il popolo scelto dal Signore.

Esultate, o giusti, nel Signore;
per gli uomini retti è bella la lode.
Beata la nazione che ha il Signore come Dio,
il popolo che egli ha scelto come sua eredità.

Ecco, l’occhio del Signore è su chi lo teme,
su chi spera nel suo amore,
per liberarlo dalla morte
e nutrirlo in tempo di fame.

L’anima nostra attende il Signore:
egli è nostro aiuto e nostro scudo.
Su di noi sia il tuo amore, Signore,
come da te noi speriamo.


SECONDA LETTURA
Aspettava la città il cui architetto e costruttore
è Dio stesso.

Dalla lettera agli Ebrei 11,1-2.8-19

Fratelli, la fede è fondamento di ciò che si spera e prova di ciò che non si vede. Per questa fede i nostri antenati sono stati approvati da Dio.
Per fede, Abramo, chiamato da Dio, obbedì partendo per un luogo che doveva ricevere in eredità, e partì senza sapere dove andava.
Per fede, egli soggiornò nella terra promessa come in una regione straniera, abitando sotto le tende, come anche Isacco e Giacobbe, coeredi della medesima promessa. Egli aspettava infatti la città dalle salde fondamenta, il cui architetto e costruttore è Dio stesso.
Per fede, anche Sara, sebbene fuori dell’età, ricevette la possibilità di diventare madre, perché ritenne degno di fede colui che glielo aveva promesso. Per questo da un uomo solo, e inoltre già segnato dalla morte, nacque una discendenza numerosa come le stelle del cielo e come la sabbia che si trova lungo la spiaggia del mare e non si può contare. Nella fede morirono tutti costoro, senza aver ottenuto i beni promessi, ma li videro e li salutarono solo da lontano, dichiarando di essere stranieri e pellegrini sulla terra. Chi parla così, mostra di essere alla ricerca di una patria. Se avessero pensato a quella da cui erano usciti, avrebbero avuto la possibilità di ritornarvi; ora invece essi aspirano a una patria migliore, cioè a quella celeste. Per questo Dio non si vergogna di essere chiamato loro Dio. Ha preparato infatti per loro una città.
Per fede, Abramo, messo alla prova, offrì Isacco, e proprio lui, che aveva ricevuto le promesse, offrì il suo unigenito figlio, del quale era stato detto: «Mediante Isacco avrai una tua discendenza». Egli pensava infatti che Dio è capace di far risorgere anche dai morti: per questo lo riebbe anche come simbolo.
Parola di Dio.


CANTO AL VANGELO (Mt 24,42a.44)

Alleluia, alleluia.
Vegliate e tenetevi pronti,
perché, nell’ora che non immaginate,
viene il Figlio dell’uomo.
Alleluia.


VANGELO
Anche voi tenetevi pronti.

Dal Vangelo secondo Luca 12,32-48

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Non temere, piccolo gregge, perché al Padre vostro è piaciuto dare a voi il Regno.
Vendete ciò che possedete e datelo in elemosina; fatevi borse che non invecchiano, un tesoro sicuro nei cieli, dove ladro non arriva e tarlo non consuma. Perché, dov’è il vostro tesoro, là sarà anche il vostro cuore.
Siate pronti, con le vesti strette ai fianchi e le lampade accese; siate simili a quelli che aspettano il loro padrone quando torna dalle nozze, in modo che, quando arriva e bussa, gli aprano subito.
Beati quei servi che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli; in verità io vi dico, si stringerà le vesti ai fianchi, li farà mettere a tavola e passerà a servirli. E se, giungendo nel mezzo della notte o prima dell’alba, li troverà così, beati loro!
Cercate di capire questo: se il padrone di casa sapesse a quale ora viene il ladro, non si lascerebbe scassinare la casa. Anche voi tenetevi pronti perché, nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell’uomo».
Allora Pietro disse: «Signore, questa parabola la dici per noi o anche per tutti?».
Il Signore rispose: «Chi è dunque l’amministratore fidato e prudente, che il padrone metterà a capo della sua servitù per dare la razione di cibo a tempo debito? Beato quel servo che il padrone, arrivando, troverà ad agire così. Davvero io vi dico che lo metterà a capo di tutti i suoi averi.
Ma se quel servo dicesse in cuor suo: “Il mio padrone tarda a venire”, e cominciasse a percuotere i servi e le serve, a mangiare, a bere e a ubriacarsi, il padrone di quel servo arriverà un giorno in cui non se l’aspetta e a un’ora che non sa, lo punirà severamente e gli infliggerà la sorte che meritano gli infedeli.
Il servo che, conoscendo la volontà del padrone, non avrà disposto o agito secondo la sua volontà, riceverà molte percosse; quello invece che, non conoscendola, avrà fatto cose meritevoli di percosse, ne riceverà poche.
A chiunque fu dato molto, molto sarà chiesto; a chi fu affidato molto, sarà richiesto molto di più».
Parola del Signore.


(tratto da: Nuovo Messale della comunità, Domeniche e feste – Elledici 2008)

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2. Esegesi – XIX C, 11 ago ’19

SIATE PRONTI

Sapienza 18,6-9 – Glorificasti noi chiamandoci a te
Ebrei 11,1-2.8-19 – La fede è fondamento di ciò che si spera
Luca 12,32-48 – Fatevi borse che non invecchiano

Coinvolti dall’iniziativa di Dio
Credere è accettare il fatto di un’iniziativa di Dio che viene a liberarci e a metterci in cammino verso una meta lontana, ma garantita dalla sua promessa. E proprio questo orizzonte di speranza assicurato dalla promessa di Dio sospinge a camminare nella vita con senso di riconoscenza verso gli altri (Sap 18,9). Così è per tutti i personaggi ricordati nella seconda lettura, per tutti coloro che rispondono al Creatore. Credere è accettare il fatto storico dell’iniziativa di Dio che irrompe nella nostra vita, ci apre orizzonti di bene, mettendoci in cammino per una meta faticosa, ma raggiungibile grazie a Lui. Proprio questo orizzonte di speranza dà un tono tutto nuovo e attivo alla vita, all’inserimento nella comunità degli uomini e nel mondo.

Serviti da Cristo Gesù
È molto importante che il volto della vita cristiana sia qui tutto raccolto nell’immagine dell’attesa del Signore che viene. Il senso della vita è l’attesa di questo «ritorno», come evento di salvezza e di gioia. Ricordiamo che l’immagine di Gesù che serve è connessa con la Cena eucaristica: «…chi è più grande, chi sta a tavola o chi serve? Non è forse colui che sta a tavola? Eppure io sto in mezzo a voi come colui che serve» (Lc 22,24-27). I servi attendono il padrone «con le vesti strette ai fianchi» (v. 35), ma al v. 37 si dice del padrone che «si stringerà le vesti ai fianchi», li farà mettere a tavola, e Lui, il Signore, passerà a servire i suoi servi. La severità della vigilanza è del tutto intrecciata con la positività dell’evento.

Sempre rinnovati
Forse non ci pensiamo molto, ma peccare vuol dire fermarsi in sé, e non affidarsi o attendere con fiducia. Fermarsi perché incantati da qualcosa o da qualcuno, perché illusi di essere già arrivati, fermarsi perché decisi a chiudere il nostro orizzonte con una linea che racchiude alcuni ed esclude altri. La fede e la speranza, invece, ci coinvolgono costantemente in un impegno operoso nel mondo. La trasformazione non sarà mai finita perché l’amore di Dio e il nostro amore possono far scaturire sempre nuove possibilità di bene, di pace e di giustizia dalle cose che ci sono state donate. Peccato è sempre e soltanto farci padroni di noi stessi, esaltando la nostra autonomia, fino a non accogliere l’intervento e l’iniziativa di Dio e a non aprirci alla fiducia nella sua promessa. Per questi doni fondamentali, e per l’intera nostra presenza nel mondo, vale l’ammonimento evangelico: «A chiunque fu dato molto, molto sarà chiesto, a chi fu affidato molto, sarà chiesto molto di più» (v. 48).

Sorpresi dall’impossibile che si fa vero
Non c’è solo un gioco di dono e richiesta, c’è un affidare che è molto di più del semplice dare. Affidare significa che ciò che si riceve va custodito, curato, difeso; significa che Qualcuno mette nelle tue mani qualcosa di importante di prezioso e che si fida di te. Le famiglie che ricevono in affido bambini o ragazzi hanno la responsabilità di farli crescere, di aiutarli a diventare adulti. Tutto ciò diventa possibile se alla fiducia di chi ci affida qualcosa, rispondiamo con la fede anche quando l’impresa ci sembra ardua. Per fede Abramo, per fede Sara… per fede questi nostri padri hanno sperimentato l’impossibile che è diventato possibilità di manifestare l’opera di Dio nella storia. Per fede non si chiedono conferme, ma si continua a sperare e si continua a credere in ciò che altri vedranno. E la speranza e la fede sono quel di più che viene chiesto a chi corre il rischio di ricevere in affidamento i doni di Dio.


PER IL CONFRONTO NEL GRUPPO
– In che modo Cristo Gesù si fa nostro servo?
– Siamo disposti a rinnovarci o ci siamo un po’ seduti?


IN FAMIGLIA
Ogni componente della famiglia ha doni particolari e unici.
Ci è chiesto di non nasconderli ma di valorizzarli per il bene di tutti.
Ognuno scopre o indica il dono che a suo modo di vedere
è più presente negli altri e prova a dire perché gli piace tanto
e come lo vede attuato nella vita familiare.


(tratto da: R. Paganelli – Vivere la domenica aprendoci alla Parola, anno C – Elledici 2015)

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3. Annunciare la Parola – XIX C, 11 ago ’19

• Sap 18,3.6-9 – Come punisti gli avversari, così ci rendesti gloriosi, chiamandoci a te.
• Dal Salmo 32 – Rit.: Beato il popolo che appartiene al Signore.
• Eb 11,1-2.8-19 – Aspettava la città il cui architetto e costruttore è Dio.
• Canto al Vangelo – Alleluia, alleluia. Vegliate e state pronti, perché non sapete in quale giorno verrà il Signore. Alleluia.
• Lc 12,32-48 – Anche voi tenetevi pronti.

PER COMPRENDERE LA PAROLA

La notte, il Signore passa: beato colui che sa riconoscerlo e accoglierlo. La 1ª lettura ricorda la Pasqua ebraica, la notte della liberazione pasquale. Il Vangelo annuncia il ritorno del Signore, la grande speranza dei discepoli. La sua risurrezione è l’inizio del suo ritorno.

PRIMA LETTURA
Il popolo dell’Antico Testamento vive del ricordo e del richiamo dell’Esodo, tipo e garanzia di ogni liberazione. Nella Diaspora, nel secolo I avanti Cristo, il popolo era tentato di dubitare del passaggio del Signore e della liberazione. L’autore invita tutti a comportarsi da “figli santi dei giusti, sicuri delle promesse di Dio”.
Dio libera il suo popolo perché gli renda gloria. L’intervento di Dio che risparmia i figli degli Ebrei è dato come risposta alla speranza dei Padri, dei Patriarchi. La realtà supera sempre ciò che si intravede chiaramente.

SALMO
Un salmo sapienziale, un inno alla provvidenza di Dio, che ricorda le opere di Dio nel passato. Dio continua la sua opera: “Egli libera dalla morte e nutre in tempo di fame”. Quanto più nella Nuova Alleanza: beato il popolo che Dio si è “scelto come erede”.

SECONDA LETTURA
L’elogio della fede dei patriarchi arriva a proposito nella lettera: da una parte Gesù ci apre l’accesso a un santuario nel quale il sacerdozio dell’Antico Testamento ci impediva di entrare; dall’altra parte, i credenti in Gesù sono messi alla prova.
È il caso dei destinatari di questa lettera (10,23-29). Essi non devono capitolare. Gli antenati sono per loro un esempio: essi non hanno conseguito i beni promessi: “Avendoli solo veduti e salutati di lontano”. Erano spinti in avanti da un avvenire mal conosciuto (cf 1ª lettura). Cristo è stato il culmine di questo moto di speranza (cf 20ª domenica, 2ª lettura).
“Se l’illusione ha già nella vita umana un potere così grande da tenere in piedi la vita, quanto deve essere grande il potere per la vita di una speranza assolutamente fondata e come deve essere invincibile una vita che la possieda. “Cristo, nostra speranza”: la formula di Paolo è la forza della nostra vita” (D. Bonhoeffer, Lettera del 25.7.1944, in Resistenza e resa, Bompiani 1969, p. 272).

VANGELO
Luca ricorda ai suoi lettori la necessità dell’attesa vigilante del Signore. Essi erano già portati a dimenticare, per volgersi ad altre ricchezze.
L’espressione “piccolo gregge” forse accenna a una qualche delusione nel popolo, che aveva pensato e sperato un’estensione più rapida della Chiesa. È un richiamo del tema del “piccolo resto” dell’Antico Testamento (cf Is 30,17; Ger 44,12-14; Gl 3,5). Il piccolo resto è il nucleo della speranza che è assicurata dal continuo interessamento del Padre.
I diversi elementi di questo Vangelo:
– vv. 32-34: Un invito alla fiducia nell’avvenire. L’elemosina mette il nostro tesoro al sicuro e fa tendere verso il cielo. Il Regno esige tale investimento.
– vv. 35-38: La parabola dei servi che aspettano fedelmente il padrone. Il v. 37b è l’elemento centrale: al banchetto escatologico è il Signore che passa a servire i suoi servi (a differenza di altre parabole, però cf Ap 3,20). Nell’ultima Cena, Cristo, in veste di servo, lava i piedi degli apostoli. Una caratteristica di ogni Eucaristia.
– vv. 39-40: Un invito a vigilare con prudenza. Il Figlio dell’uomo si comporterà come un ladro… uno spunto di parabola da reinventare per armonizzare i due versetti.
– vv. 41-48: Un’altra parabola.
v. 42: Chi meriterà la fiducia?
vv. 43-44: È il servo coscienzioso. A lui sarà affidata la responsabilità.
vv. 45-46: Colui che abusa dei beni del padrone sarà messo da parte.
vv. 47-48: Ci sono due tipi di infedeltà e di abuso: quello di chi conosce la volontà del padrone e quello di chi non la conosce. Si noti che a parlare di castigo è sempre la parabola, della quale non ci vien data l’applicazione.
Luca ha uno scopo: dare un insegnamento ai pastori o agli aspiranti pastori della Chiesa primitiva. Vuole che siano diversi dai capi pagani che si fanno servire. È il tema che ritorna nelle lettere pastorali e nella prima lettera di Pietro.


PER ANNUNCIARE LA PAROLA (piste di omelia)

Di appello in appello
Noi sappiamo qual è, in linea di principio, il mondo che cerchiamo: un mondo nel quale regni l’amore di Cristo. Non conosciamo però i particolari dell’itinerario. Bisogna mettersi in viaggio come Abramo, il quale “partì senza sapere dove andava”. Ma sapeva perché partiva.
Quando dei prigionieri (come gli Ebrei o altri) riescono a evadere dal paese della loro detenzione, sono ben lungi dal conoscere tutte le scelte che dovranno fare, le astuzie o gli eroismi che saranno necessari per arrivare alla meta. Sanno però di andare verso il loro paese, verso coloro che li aspettano. E ciò è sufficiente. “O terra beata, dove finalmente potremo amare!”.
Da parte sua il credente cerca con tutte le forze di raggiungere Gesù Cristo. Come i personaggi di Beckett (Aspettando Godot), egli aspetta il maestro che non ha mai visto. Tuttavia sa che la sua attesa non è vana. Non ha mai visto Gesù, però lo conosce. Lo conosce così bene che lo riconosce a colpo sicuro sotto le vesti del mendicante o negli occhi del bimbo che si maltratta o al quale si fa paura. Riconosce la sua voce – senza timore d’errare – nell’appello umano che sollecita il dono della sua persona. In tal modo, un po’ alla volta, si compone per il credente il volto di Gesù. Attraverso ogni accettazione (e anche rifiuto) si avvicina al Regno di Dio. Più contribuisce alla trasformazione del mondo, più comprende a che cosa rassomiglia il mondo “il cui architetto e costruttore è Dio stesso” (2ª lettura). Di appello in appello, il credente avanza sulla sua strada.

Il Figlio dell’uomo verrà
Il credente è in cammino verso Dio, almeno in linea di principio. Per fortuna anche Dio è in cammino. Viene incontro a noi. Bisogna certamente andare alla ricerca di Dio: ma bisogna ancor più accettare che Dio sia alla nostra ricerca.
È Dio che chiama Abramo. È Dio che manda Mosè, e il Signore viene personalmente da noi in Gesù Cristo. Le sue parole continuano a cercare la strada del nostro cuore.
Non mancano gli ostacoli: il lavoro, il frastuono, le preoccupazioni per tutto e per niente, la fretta, i piaceri sempre nuovi, il denaro. Dio cerca il nostro cuore. Talvolta una parola ci colpisce. Quante altre però le abbiamo ignorate?
Le circostanze, gli incontri sono altrettanti passi di Dio verso di noi, con tutte le domande che solleva nel nostro cuore.
Se costruiamo secondo il suo spirito, con coraggio e onestà, ci ricompensa facendoci capire meglio quale dovrebbe essere la città che vuol realizzare per gli uomini.
Cristo tuttavia ci raggiunge pienamente soltanto nel mistero della morte. Morte comune a lui e a noi. “Il Figlio dell’uomo verrà nell’ora che non pensate”.
Bisogna insomma accettare che Dio sia il costruttore, che porti a compimento questo mondo di cui non arriveremo mai al termine. E che, eliminando il peccato, ci introduca personalmente in esso.

Che significa oggi “aspettare Gesù Cristo”?
Non vuol dire mettersi in regola per l’incontro eventuale (in senso puramente escatologico e individualista). La vicinanza cristiana non è fatta di sfiducia e paura, ma di speranza e fiducia. Colui che ha puntato tutto sulla speranza, riconosce i veri valori negli avvenimenti e nelle persone. A ogni cosa dà il giusto peso. Non ogni avvenimento è automaticamente passaggio del Signore. La fede rende capaci di interrogare gli avvenimenti e affrontarli alla luce della Parola di Dio.
La vigilanza mette in uno stato di tensione inevitabile fra ciò che esiste e ciò che esisterà, fra ciò che la vita è e ciò che sarà. È una prova costante, di tutti i tempi (Abramo, Israele, prima comunità cristiana), l’attesa della salvezza è vissuta in una gioiosa speranza, perché Dio è fedele alle sue promesse. Essa è vissuta da una comunità. Altri hanno atteso prima di noi, con meno luce (Abramo…). La loro attesa non è stata vana: hanno la loro discendenza.
“Non temere, piccolo gregge”. Forse dietro a queste parole si nasconde una delusione che cominciava a paralizzare la speranza dei primi cristiani. Piccolo gregge anche oggi: non necessariamente la massa, la maggioranza, la cristianità… Una comunità di persone che aspettano Dio e che hanno il coraggio di vegliare. Non è cosa facile: vegliare, come a dire che altri preferiscono dormire. Piccolo gregge: cioè non solo una comunità poco numerosa, ma un popolo aperto ai piccoli, alle persone senza influenza e senza potere, ai poveri.


(tratto da: M. Gobbin, Omelie per un anno – vol. 2, anno C, tempo ordinario – Elledici 2003)

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4. Parola da Vivere – XIX C, 11 ago ’19

SIATE PRONTI

La fede e la speranza ci rendono disincantati nel mondo. Nulla e nessuno può incantarci erigendosi di fronte a noi come idolo, come autorità assoluto o meta definitiva. La nostra vita diventa un pellegrinare continuo in questa vita senza patria definitiva su questa terra, per la consapevolezza della fiducia immensa che Dio ha riposto in noi e per la speranza di raggiungere il bene che Dio ci ha promesso e che allarga il nostro orizzonte di vita e di azione all’infinito.


(tratto da R. Paganelli – Vivere la domenica aprendoci alla Parola, anno C, Elledici 2015)

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5. Preghiere dei Fedeli – XIX C, 11 ago ’19

Parabole sulla vigilanza

Celebrante. Noi siamo il «piccolo gregge» che il Signore ha invitato a non avere timore. Nella Preghiera dei fedeli chiediamo al Padre che ci renda vigilanti anche nei momenti oscuri della nostra esistenza, e operosi in attesa del nuovo giorno senza tramonto.

Lettore. Preghiamo insieme e diciamo: Guidaci, Padre, nel cammino verso di te.

1. Preghiamo per la santa Chiesa. Il Signore dona ai cristiani sparsi nel mondo un capitale immenso di buona volontà e spirito di servizio.
Perché i discepoli del Signore sappiano impegnare la loro vita, corpo, spirito, volontà, intelligenza, tempo, per la realizzazione del Regno, preghiamo.

2. Per gli educatori, gli insegnanti nelle scuole, gli animatori dei gruppi giovanili. È loro compito sviluppare e far crescere i germi del divino che si trovano sopiti nel cuore di ogni ragazzo venuto a questo mondo.
Perché la loro opera di formazione porti nei ragazzi i frutti della maturazione cristiana e della fede operosa, preghiamo.

3. Per le giovani generazioni che crescono sulla terra. Esse sono preziose, in quanto depositarie delle attese e delle aspirazioni della società.
Perché giungano a vedere nel Cristo il modello dell’umanità nuova, a cui ispirarsi per le grandi scelte della vita, preghiamo.

4. Per quelle persone che si lasciano assorbire unicamente da progetti terreni. Ricordino di guardare in alto, poiché – come ha detto un poeta – «fabbrica troppo basso chi fabbrica sotto le stelle».
Perché tutti gli uomini giungano ad ampliare i loro orizzonti, e a collocare al primo posto nell’esistenza ai valori dello spirito, preghiamo.

5. Per la nostra comunità (parrocchiale). Siamo sollecitati dal Signore a impiegare nel bene le nostre capacità e risorse, proprio nel posto in cui ci troviamo.
Perché sappiamo conseguire la nostra tranquillità di spirito solo col costante impegno nel servizio cordiale a quanti ci vivono accanto, preghiamo.

Celebrante. O Padre, tu hai mandato il tuo Figlio in mezzo a noi non per essere servito ma per servire, e donare la vita per la salvezza degli uomini. Concedici di vivere sempre vigilanti, solleciti nella fraternità, aperti a chi si trova nel bisogno. Per Cristo nostro Signore.


(tratto da: E. Bianco, Preghiera dei fedeli, proposte per le domeniche e feste degli anni A-B-C – Elledici 2002)

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7. Aforismi – XIX C, 11 ago ’19

Raccolta di aforismi o testi utili per la riflessione o l’approfondimento

PERCHÉ NON EDUCARSI ALLA LETTURA DEI SIMBOLI?
Un giorno o l’altro dovremo educare – prima noi stessi, e poi gli altri – alla lettura dei simboli che la Bibbia ci propone in continuità. Forse solo allora la Sacra Pagina risulterà accessibile quanto basta, gradita, senza equivoci, senza ingenuità?, ed efficace. Pensando e dicendo più o meno così.
* Perché nella Bibbia tanti simboli? Viene da pensare: ma perché Dio è mistero, impenetrabile. Al di sopra della nostra comprensione. Noi con la ragione comprendiamo che due più due fa quattro, ma Dio lo raggiungiamo più col cuore che con i sillogismi.
* Del resto anche noi ricorriamo abitualmente ai simboli. Il mondo è pieno di segni, di significanti e significati. E dobbiamo imparare a leggerli, perché non sempre è tutto trasparente. Diciamo per esempio: «Quel tale è un coniglio». Mica intendiamo dire che ha le orecchie a ventola, i baffi e la coda. Vogliamo dire solo che è timido e pauroso.
* Così anche la Parola di Dio ci introduce nel mistero ricorrendo ai simboli, ma non sempre è tutto chiaro. Va data massima attenzione al senso vero a cui essi rimandano. Sinclair Lewis ci ha avvertiti, sia pure in modo paradossale, osservando: «Quando Cristo ci disse di essere come colombe, non intendeva dire che avremmo dovuto anche deporre le uova».
* Oggi nelle Letture che abbiamo udito i simboli abbondano, straripano: vi si parla di notte, tenebre, di un padrone con i servi, cintura ai fianchi, lampade accese, luce, schiavitù, liberazione… Occorre sollevare il velo del simbolo, se vogliamo capire il messaggio che – attraverso gli autori ispirati – ci è stato proposto da Dio.


(tratto da: E. Bianco, All’altare di Dio – Anno C – Elledici 2009)

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8. Canto Liturgico – XIX C, 11 ago ’19

Ecco a voi questa settimana un canto che può essere eseguito all’INIZIO

GRAZIE TI VOGLIO RENDERE – Lyon/Albisetti
(Nella Casa del Padre, n. 656 – Elledici)

1. Grazie ti voglio rendere del dono che mi fai,
qui, nel tuo tempio, medito il bene che mi dai.

2. Tu mi rallegri l’intimo di sante realtà,
dinanzi a me fai splendere l’eterna verità.

3. Ora e per tutti i secoli dirò la tua bontà:
sì, o Signore altissimo, sei somma carità.