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4. Parola da Vivere – XXI C, 25 ago ’19

PASSATE PER LA PORTA STRETTA

Noi non possiamo salvarci con le nostre opere, ma siamo salvati da Lui. Certamente questa salvezza porta con sé la vita nuova, una vita che cammina nella strada stessa di Gesù. Una strada nella quale abbiamo sempre bisogno di Gesù e della sua opera di salvezza. Entrare per la porta stretta vuol dire riconoscere e seguire Gesù come il Salvatore di cui abbiamo assoluto bisogno.


(tratto da R. Paganelli – Vivere la domenica aprendoci alla Parola, anno C, Elledici 2015)

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5. Preghiere dei Fedeli – XXI C, 25 ago ’19

Gesù sul numero dei salvati

Celebrante. Con tutti gli uomini e i popoli della terra, siamo sollecitati dal Signore a entrare nella sua casa. A lui nella Preghiera dei fedeli diciamo la nostra riconoscenza per il dono della salvezza, e rinnoviamo la nostra volontà di bene.

Lettore. Preghiamo insieme e diciamo: Padre, venga il tuo Regno.

1. Preghiamo per la santa Chiesa, che ha la missione di stimolare e orientare la buona volontà degli uomini verso Dio.
Perché tutti i cristiani imparino a riconoscere il progetto del Signore sul mondo, e si impegnino a realizzare il suo Regno tra gli uomini, preghiamo.

2. Per i giovani del nostro tempo. Essi corrono il rischio di lasciarsi vincere dal fascino delle creature, e di ignorare il richiamo ai beni dello spirito, che viene loro dal Creatore dell’universo.
Perché – al di là del consumismo e della vita facile – sappiano orientare fin dalla prima ora il loro cuore e le loro forze alla ricerca di Cristo, preghiamo.

3. Per i genitori cristiani, che per legge di natura sono giustamente preoccupati perché i figli crescano sani, moderni, intelligenti.
Perché abbiano anche la preoccupazione di renderli robusti nella fede, radicati nella conoscenza del Vangelo, e membri vivi della Chiesa, preghiamo.

4. Per la società in cui viviamo. Lo vediamo e lo sappiamo: molti uomini si tengono lontani da Dio, rifiutano il Signore, la sua legge, la sua amicizia.
Perché la nostra società non rimanga ripiegata su se stessa, ma spalanchi le porte a Cristo, salvatore esigente ma liberante, preghiamo.

5. Per la nostra comunità (parrocchiale). Il regno di Dio può non essere ben compreso da chi vive accanto a noi, se noi ci lasciamo vincere dal rispetto umano e nascondiamo la nostra fede.
Perché nel nostro ambiente Cristo sia ben visibile, conosciuto e accettato anche grazie al nostro stile di vita apertamente cristiano, preghiamo.

Celebrante. O Padre, tu solleciti tutti gli uomini a entrare per la porta stretta della fedeltà e dell’impegno. Donaci la forza del tuo Spirito, perché vivendo in positiva serenità e coerenza, realizziamo nel mondo il tuo progetto di salvezza. Per Cristo nostro Signore.


(tratto da: E. Bianco, Preghiera dei fedeli, proposte per le domeniche e feste degli anni A-B-C – Elledici 2002)

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7. Aforismi – XXI C, 25 ago ’19

Raccolta di aforismi o testi utili per la riflessione o l’approfondimento

COMMENTO ANONIMO ALLA PARABOLA
Qualcuno ha detto: «Quando entreremo in paradiso, avremo tre sorprese. La prima: come mai non ci sono certe persone che io ritenevo sante? La seconda: misericordia! come sono potuti entrare qui certi tipi sospetti? La terza: toh, ci sono anch’io!».

L’APOSTOLO PAOLO, RAHNER E I CRISTIANI ANONIMI
Paolo scrivendo ai Romani ha affrontato la situazione dei pagani che si comportavano secondo coscienza, e pur non conoscendo la Legge (la Toràh), di fatto la praticavano: «Quelli che mettono in pratica la Legge saranno giustificati. Quando i pagani, che non hanno la Legge, per natura, agiscono secondo la Legge, essi pur non avendo Legge sono legge a se stessi. Essi dimostrano che quanto la Legge esige è scritto nei loro cuori» (Rm 2,13-15).
Dunque – ritiene Paolo – “legge dei cuori”, perché la volontà di Dio è scritta nel cuore di ogni uomo.
Karl Rahner ha portato alle estreme conseguenze il discorso di Paolo, delineando per analogia la figura del cristiano anonimo, in alternativa al cristiano esplicito.
Per il teologo gesuita, cristiano anonimo è chi nelle scelte della vita si comporta come discepolo di Gesù di Nazaret, senza per? averne coscienza. Al limite, per Rahner va considerato cristiano anonimo perfino chi abbia rifiutato esplicitamente il messaggio di Gesù, ma di fatto lo segua con i suoi comportamenti. Rahner riconosce così a ogni uomo, a prescindere dalla religione che professa, la capacità – appunto perché uomo – di mettersi in dialogo con Dio, e in pratica di seguire Gesù.
Così i cristiani anonimi – e risultano numerosi nel mondo – saranno coloro che con nostra sorpresa entrano per la porta stretta, e da ultimi diventeranno primi?
L’idea dei cristiani anonimi seduce per la sua apertura, al punto che… è stato assegnato un posto nella categoria a pensatori e scrittori come Eric Fromm e Pier Paolo Pasolini, e perfino ai mitici Pinocchio e Harry Potter.


(tratto da: E. Bianco, All’altare di Dio – Anno C – Elledici 2009)

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8. Canto Liturgico – XXI C, 25 ago ’19

Ecco a voi questa settimana un canto di Comunione

MOLTE LE SPIGHE – F. Rainoldi
(Nella Casa del Padre, 679 – Elledici)

1. Molte le spighe, per un solo pane;
tante le uve, per un solo vino.
Tutte le genti per la sola Chiesa:
un cuore solo.

2. Questo è il tuo corpo, per la nostra fame;
questo è il tuo sangue, per la nostra sete.
Fame d’amore, sete di perdono,
di vera pace.

3. Cibo pasquale, manna nel cammino,
dono nuziale, vino della gioia:
semi del regno che germoglia in terra
i cieli nuovi.

4. Dio e fratello, Verbo fatto carne,
nuova alleanza per un cuore nuovo,
fa che ci amiamo, colmi del tuo Spirito,
come tu ami.

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9. Narrazione – XXI C, 25 ago ’19

LA SPERDUTA

Roma, tanti anni fa, la Basilica di Santa Maria Maggiore era ancora circondata dalla campagna e il suono delle sue campane, specialmente alla sera, arrivava molto lontano e invitava alla preghiera tutti gli abitanti delle casette sparse nei dintorni.
Da una di quelle casette uscì un giorno una bambina, Maria, per andare a far visita ad alcuni parenti che abitavano in aperta campagna.
Maria credeva di conoscere bene la strada, invece, sopraggiunta la notte, non seppe più orientarsi e si smarrì tra sentieri e stradicciole, senza più riuscire a trovare la strada di casa.
Dopo aver girato e rigirato senza concludere nulla, anzi confondendosi sempre più, si mise a sedere su una pietra e scoppiò in un pianto dirotto.
Ma nessuno passava di notte per quelle strade e nessuno poteva aiutarla.
Si ricordò della Madonna e incominciò a recitare l’Ave Maria.
Arrivata alle parole «prega per noi, adesso…», sentì il suono di una campana.
Il suono si prolungava, si ripeteva, come una voce insistente nella notte.
La bambina seguì quella voce e di sentiero in sentiero si ritrovò alla Basilica di Santa Maria Maggiore e poté tornare a casa.
Da quella volta, la campana che tutte le sere, all’una di notte, suona per qualche minuto è detta «La Sperduta» e ricorda la bambina che si era perduta nella campagna romana e i tanti che si perdono oggi nelle città del mondo.

Gesù ci ha donato la sua mamma perché qualunque cosa capiti possiamo essere certi che non ci molla.


(tratto da “365 Piccole Storie per l’anima”, Vol. 1, pag. 398 – Bruno Ferrero, Elledici)

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10. Anche Noi Vogliamo Capire – XXI C, 25/8/19

Per aiutare i nostri piccoli a vivere meglio la Liturgia della Parola

PRIMA LETTURA (Is 66,18-21)
Il profeta durante l’esilio ha visto che il Signore agisce anche in coloro che non appartengono a Israele, i quali, anche senza saperlo, compiono la sua volontà. A lui Dio rivela il proprio progetto di salvezza per tutti i popoli e la sua intenzione di trovare collaboratori e ministri anche tra i pagani.

* Capire le parole
Genti. Questo termine indica l’insieme di tutti gli altri popoli della terra, non ancora raggiunti dalla conoscenza di Gesù e della sua buona novella.
Gloria. La gloria di Dio è la sua infinita bellezza, manifestata e riconosciuta in ogni genere di qualità possibile e immaginabile. La gloria degli uomini è passeggera. La gloria di Dio è eterna.


SECONDA LETTURA (Eb 12,5-7.11-13)
Alcuni credenti si adagiano sulla ricerca di una vita fatta di benessere e di privilegi, per questo si stupiscono e si amareggiano per le persecuzioni.

* Capire le parole
Correzione. Nel momento in cui gli capita di star male, il credente non comprende il valore di purificazione e di elevazione spirituale presente nella sofferenza. Lo comprenderà dopo.
Dio vi tratta come figli. L’autore della lettera spiega loro la pedagogia di Dio: è un Padre che vuole educare e rendere forti i suoi figli. Per questo non risparmia loro le difficoltà e le sofferenze che la vita e la fede comportano.


VANGELO (Lc 13,22-30)
Luca in questo brano raccoglie diversi elementi tratti da Marco e Matteo e li rielabora per istruire i discepoli e la folla su come si possa entrare nel regno dei cieli, per partecipare al banchetto della salvezza. Non ci sono privilegi né corsie preferenziali per predestinati, entrano solo gli «operatori» di giustizia.

* Capire le parole
Quelli che si salvano. La domanda posta a Gesù è in linea col pensiero dell’uomo di tutti i tempi, il quale pensa ai “salvati” come ad una specie di numero chiuso. La volontà di Dio è che tutti siano salvati.
Verranno da… I quattro punti cardinali qui riportati indicano l’universalità della salvezza. Il cristiano non deve adagiarsi su una specie di privilegio, quanto piuttosto sentirsi responsabile del dono ricevuto di una esplicita conoscenza della salvezza portata da Gesù.


PER RIASSUMERE… In Israele molti pensavano di essere l’unico popolo destinato alla salvezza, anche se i Profeti avevano cercato di allargare lo sguardo a tutti i popoli. Ma il Signore Gesù è venuto per salvare tutta l’umanità. Non ci sono privilegiati, neanche per meriti «religiosi». Se all’inizio della Chiesa il passaggio è stato dal vecchio al nuovo popolo di Dio, oggi chi sono quelli che «verranno da oriente e da occidente, da settentrione e da mezzogiorno e siederanno a mensa nel regno di Dio»? E chi sono quelli che, credendosi privilegiati, corrono il rischio di restare fuori?


Le parole da capire sono curate dall’autore del sito liturgico; le parti in corsivo sono un libero adattamento da “Messale delle Domeniche e feste 2019 – LDC”

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1. Letture – XX C, 18 ago ’19

PRIMA LETTURA
Mi hai partorito uomo di contesa
per tutto il paese (Ger 15, 10).

Dal libro del profeta Geremìa 38,4-6.8-10

In quei giorni, i capi dissero al re: «Si metta a morte Geremìa, appunto perché egli scoraggia i guerrieri che sono rimasti in questa città e scoraggia tutto il popolo dicendo loro simili parole, poiché quest’uomo non cerca il benessere del popolo, ma il male». Il re Sedecìa rispose: «Ecco, egli è nelle vostre mani; il re infatti non ha poteri contro di voi».
Essi allora presero Geremìa e lo gettarono nella cisterna di Malchìa, un figlio del re, la quale si trovava nell’atrio della prigione. Calarono Geremìa con corde. Nella cisterna non c’era acqua ma fango, e così Geremìa affondò nel fango.
Ebed-Mèlec uscì dalla reggia e disse al re: «O re, mio signore, quegli uomini hanno agito male facendo quanto hanno fatto al profeta Geremìa, gettandolo nella cisterna. Egli morirà di fame là dentro, perché non c’è più pane nella città». Allora il re diede quest’ordine a Ebed-Mèlec, l’Etiope: «Prendi con te tre uomini di qui e tira su il profeta Geremìa dalla cisterna prima che muoia».
Parola di Dio.


SALMO RESPONSORIALE
Dal Salmo 39 (40)

R. Signore, vieni presto in mio aiuto.

Ho sperato, ho sperato nel Signore,
ed egli su di me si è chinato,
ha dato ascolto al mio grido.

Mi ha tratto da un pozzo di acque tumultuose,
dal fango della palude;
ha stabilito i miei piedi sulla roccia,
ha reso sicuri i miei passi.

Mi ha messo sulla bocca un canto nuovo,
una lode al nostro Dio.
Molti vedranno e avranno timore
e confideranno nel Signore.

Ma io sono povero e bisognoso:
di me ha cura il Signore.
Tu sei mio aiuto e mio liberatore:
mio Dio, non tardare.


SECONDA LETTURA
Corriamo con perseveranza
nella corsa che ci sta davanti.

Dalla lettera agli Ebrei 12,1-4

Fratelli, anche noi, circondati da tale moltitudine di testimoni, avendo deposto tutto ciò che è di peso e il peccato che ci assedia, corriamo con perseveranza nella corsa che ci sta davanti, tenendo fisso lo sguardo su Gesù, colui che dà origine alla fede e la porta a compimento.
Egli, di fronte alla gioia che gli era posta dinanzi, si sottopose alla croce, disprezzando il disonore, e siede alla destra del trono di Dio.
Pensate attentamente a colui che ha sopportato contro di sé una così grande ostilità dei peccatori, perché non vi stanchiate perdendovi d’animo. Non avete ancora resistito fino al sangue nella lotta contro il peccato.
Parola di Dio.


CANTO AL VANGELO (Gv 10,27)

Alleluia, alleluia.
Le mie pecore ascoltano la mia voce, dice il Signore,
e io le conosco ed esse mi seguono.
Alleluia.


VANGELO
Non sono venuto a portare pace sulla terra,
ma divisione.

Dal Vangelo secondo Luca 12,49-53

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Sono venuto a gettare fuoco sulla terra, e quanto vorrei che fosse già acceso! Ho un battesimo nel quale sarò battezzato, e come sono angosciato finché non sia compiuto!
Pensate che io sia venuto a portare pace sulla terra? No, io vi dico, ma divisione. D’ora innanzi, se in una famiglia vi sono cinque persone, saranno divisi tre contro due e due contro tre; si divideranno padre contro figlio e figlio contro padre, madre contro figlia e figlia contro madre, suocera contro nuora e nuora contro suocera».
Parola del Signore.


(tratto da: Nuovo Messale della comunità, Domeniche e feste – Elledici 2008)

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2. Esegesi – XX C, 18 ago ’19

SONO VENUTO A PORTARE LA DIVISIONE

Geremia 38,4-6.8-10 – Geremia affondò nel fango
Ebrei 2,1-4 – Corriamo con perseveranza nella corsa che ci sta davanti
Luca 12,49-53 – Si divideranno padre contro figlio

La lotta del cristiano
Al cuore di questa liturgia sta l’annuncio della morte, prefigurata dalla sorte di Geremia, profetizzata e commentata da Gesù e continuata nella persona dei suoi discepoli. La prima lettura con la figura di Geremia, come pure la seconda, ci ricordano che può discernere questo tempo colui la cui vita riproduce la sorte di Cristo stesso, colui che viene perseguitato come annuncia Gesù nel Vangelo. Il discernimento lo può fare chiunque sa che la vita cristiana è una lotta senza tregua contro sé, mediante la preghiera e la vigilanza. Gesù è venuto a portare il giudizio attraverso il quale Dio manifesta la sua collera contro tutto il peccato dell’uomo, è venuto Egli stesso a subire questo giudizio in modo che gli uomini siano salvati. Ma Gesù porta pure agli uomini il grande dono dello Spirito perché Egli per primo ha ricevuto il Battesimo di Spirito quando ha accettato di fare della sua croce il nuovo albero della vita dal quale ognuno possa attingere vita e rigenerazione.

Capire ciò che contraddistingue
Nel Vangelo Gesù annuncia uno scontro tra chi sa discernere questo tempo e chi no. Ciò significa riconoscere in Gesù «Colui che doveva venire», oppure quello che è giusto, e riconoscerlo proprio quando annuncia la sua morte nel mondo. Per noi, questo significa che due sono fondamentalmente i problemi circa i segni dei tempi. Si pone innanzitutto il problema della qualità del segno. Dopo la venuta del Cristo, sembra chiaro che ogni segno non può che rimandare a Cristo stesso che è il segno per eccellenza. In secondo luogo, non qualunque cosa può diventare il segno dei tempi, bensì ciò che rende presente il Cristo morto e risorto e ciò che rinvia a Lui. È segno dei tempi ciò che invita a conversione, a un ritorno vero e radicale a Dio. C’è un battesimo che devo ricevere… il battesimo della fedeltà, della passione e morte per poter cambiare le cose. Ecco perché Gesù dice «credete che sia venuto a portare la pace?» (v. 51). Il senso che noi abbiamo della pace è molto diverso da quello profondo che è nella pace che il Signore ci dona. La nostra pace è sempre un po’ ambigua: io posso essere in pace con tutti e avere l’inferno dentro di me e viceversa.

Dividere per condividere
La nostra pace, troppe volte, è appena una tregua tra sconfitti e vittoriosi, tra potenti e servi. La pace di Cristo Gesù è quella che viene dalla fedeltà a Lui, alla sua Parola. Se si vive in questa fedeltà, si diventa segno di contraddizione… nelle proprie famiglie, nelle comunità religiose (v. 53), però è lì che il Signore diventa «fuoco che arde nel cuore della terra e incendia i vulcani». È importante ricordare che la seconda parte del nostro brano non introduce una nota «negativa», ma, al contrario, talvolta anche attraverso passaggi difficili e addirittura dolorosi, il dono evangelico annuncia e compie tutta la sua infinita ricchezza. Il verbo «dividere» e il termine «divisione» presenti nei vv. 51-53 li troviamo in Luca 22,17 dove del calice Gesù dice, secondo la traduzione italiana, «prendetelo e fatelo passare tra voi», ma il testo originale dice «prendetelo e dividetelo tra voi». E ancora troviamo lo stesso verbo in Atti 2,3: «Apparvero loro lingue come di fuoco, che si dividevano e si posarono su ciascuno di loro» e in Atti 2,45: «Vendevano le loro proprietà e sostanze e le dividevano con tutti, secondo il bisogno di ciascuno».

Diversi per arricchirci
Dunque un significato altamente positivo, di condivisione e non di divisione. È lecito e possibile attribuire lo stesso significato anche al nostro brano, intendendo che, posandosi su ciascuno, il dono di Dio evidenzia e glorifica le diversità delle persone. E lo stesso dono di Dio, che è lo Spirito Santo, si manifesta nella straordinaria varietà dei suoi doni. Tutto quello che Gesù dice e compie è sempre annuncio, celebrazione e consegna di sé per la salvezza del mondo. L’intera vita cristiana, dalla prima sua pasqua che è il Battesimo, alla sua ultima pasqua per passare da questo mondo al Padre, è tutta raccolta all’interno del dono battesimale, del dono dello Spirito Santo, del dono della comunione d’amore. Ora sappiamo sia dalla Scrittura sia dall’esperienza che tale «varietà» può e forse deve passare attraverso travagli anche penosi, ma che è irrinunciabile. Quanta fatica, quanto dolore, e quanti errori si fanno, quando si pretende e si impone di identificare unione e comunione con una pretesa e violenta uniformità. E quanto è bello e soave che i fratelli vivano insieme nell’unità del Signore manifestata ed espressa dalla ricchezza e varietà dei doni accolti e custoditi da ciascuno.


PER IL CONFRONTO NEL GRUPPO
– Da che cosa nascono le divisioni?
– La diversità che cosa porta nel tuo gruppo?


IN FAMIGLIA
Mettiamo sotto la lente di ingrandimento l’ultima discussione che c’è stata in famiglia.
Proviamo a capire qual è stata la causa scatenante, accogliamo chi ha sofferto maggiormente,
facciamo spazio al racconto per liberarci da ogni ombra,
regaliamoci al termine del confronto un abbraccio di pace.


(tratto da: R. Paganelli – Vivere la domenica aprendoci alla Parola, anno C – Elledici 2015)

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3. Annunciare la Parola – XX C, 18 ago ’19

• Ger 38,4-6.8-10 – Hai fatto di me un uomo di contesa su tutta la terra.
• Dal Salmo 39 – Rit.: Vieni presto, Signore, a liberarmi.
• Eb 12,1-4 – Corriamo con perseveranza nella corsa che ci sta davanti.
• Canto al Vangelo – Alleluia, alleluia. Apri, Signore, il nostro cuore e comprenderemo le parole del Figlio tuo. Alleluia.
• Lc 12,49-57 – Non sono venuto a portare la pace sulla terra, ma la divisione.

PER COMPRENDERE LA PAROLA

Come Gesù, anche il profeta è causa di divisioni. Egli è vittima del suo ministero, ma persevera. La passione di Geremia annuncia quella di Cristo.

PRIMA LETTURA
L’episodio di Geremia gettato nella cisterna avviene in uno dei momenti più tragici della storia di Gerusalemme e della vita del profeta, durante il secondo assedio della città (588-587). Dieci anni avanti, dopo la prima vittoria, Nabucodonosor aveva deportato i migliori in Caldea e messo sul trono un re abbastanza simpatico a Geremia, ma incapace di prendere una decisione.
Geremia prende posizione contro i partigiani della guerra, politicamente assurda, che si fondano su un ottimismo religioso falso, su una fiducia nella protezione di Dio non certo legittimata dalla degradazione morale e religiosa del paese. Nella sua consapevolezza religiosa egli sa che la vera rinascita può venire soltanto attraverso la prova e che la speranza della nazione sta più in coloro che sono già deportati a Babilonia che nella casta militare e politica di Gerusalemme.
Certamente la missione di Geremia ha una dimensione politica – del resto non è l’unico caso tra i profeti (cf ad es. Is 37, ecc.) – ed è talvolta difficile capire a tanta distanza il legame fra il ruolo profetico e l’intervento temporale. Del resto il problema non interessa solo l’esegeta, perché tutt’oggi rimane vivo nell’esistenza di ogni credente. La Parola di Dio comporta implicazioni concrete e attuali.

SALMO
Fa da eco alla 1a lettura e canta l’intervento di Dio (chinato e ascolto). Dio agisce e protegge il suo fedele, che ha sperato in lui. Dio è l’unica vera sicurezza, non resta che l’abbandono fiducioso.

SECONDA LETTURA
L’autore della lettera agli Ebrei, dopo aver precisato chiaramente l’importanza di Cristo per la nostra salvezza, invita i cristiani a vivere secondo la fede, contro ogni tentazione di scoraggiamento. Ha già ricordato come esempio tutti i santi della storia biblica (cap. 11, cf 19a domenica), i quali nella speranza hanno attinto lo slancio e il coraggio della loro vita. Adesso invita i cristiani a tener lo sguardo fisso in Cristo per perseverare (si notino i verbi sopportare, resistere e le altre espressioni correlative).

VANGELO
Le diverse affermazioni di questo brano riguardano gli avvenimenti ai quali bisogna prepararsi. Da un certo punto di vista, l’opera di Cristo è il giudizio del mondo. Giudizio nel fuoco dello Spirito, una prova attraverso la quale passa lo stesso Gesù. Questo giudizio, che è progressivo, divide gli uomini, li porta a scegliere e li contrappone fra loro.


PER ANNUNCIARE LA PAROLA (piste di omelia)

Il fuoco della terra
Il fuoco è il contrario d’un comportamento passivo, d’una pura aspettativa. Geremia ha tanti nemici perché è stato preso, “sedotto” da un Dio che non gli lascia un minuto di riposo, “come un fuoco che mi bruciava le ossa” (Ger 20,9). Una passione viscerale. Un fuoco che si manifesta durante tutta la sua vita.
La 2a lettura è un invito a correre, a tenere lo sguardo fisso su Gesù che deve sedurre anche noi, fino a ottenere la nostra testimonianza col sangue. Anche la folla immensa di testimoni è una storia generosa che, di generazione in generazione, non è mai venuta meno. Anche Gesù è colmo dello Spirito di Dio. E questo Spirito è il fuoco che mediante la Pentecoste egli lancia nel mondo. Conosciamo l’aspetto passionale della fede di Pietro, di Giovanni, di Paolo, ognuno a suo modo.
In certe circostanze, anche la nostra fede deve essere determinante, categorica, capace di trascinare noi e gli altri, talvolta intuitivamente più sicura di qualunque sottigliezza o ragionamento. Deve rivelarsi positivamente appassionata, capace di riscaldarci il cuore, in qualunque circostanza della vita.
Giovanni Battista aveva annunciato: “Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco” (Lc 3,16).
“Chi è vicino a me è vicino al fuoco, chi è lontano da me è lontano dal Regno” (Logion del Signore, citato da Origene).
“Se il fuoco è disceso nel cuore del Mondo, è finalmente per possedermi e per assorbirmi. Non basta perciò che io lo contempli e che, con fede coltivata, accresca incessantemente il suo ardore attorno a me. Bisogna che, dopo aver cooperato con tutte le mie forze alla consacrazione che lo fa divampare, io acconsenta infine alla comunione che gli darà, nella mia persona, l’alimento che egli è venuto a cercare” (Teilhard de Chardin, La Messa sul Mondo).

Tre contro due, due contro tre
Se la fede è un fuoco dal cielo, non è qualcosa di tutto riposo. Dove ci sono dei credenti, c’è lotta, c’è contestazione. Avviene una scelta, un giudizio, non senza scontri.
Ciò non vuol dire che da una parte ci sono i buoni, dall’altra i cattivi. Nessuna contestazione è mai pura, come nessuna resistenza alla contestazione. Ma lo scontro è inevitabile, quando si crede a una causa. Ancor più quando ci si lascia prendere dalla verità.
Il fuoco è pure il fuoco del giudizio: “Ogni albero che non produce buoni frutti viene tagliato e gettato nel fuoco” (Mt 3,10; 5,22; 13,40; Gv 15,6).
La fede è una forza di contestazione di noi stessi. “Se la tua mano, se il tuo occhio ti sono occasione di scandalo, gettali via” (Mt 5,29s). Noi abbiamo bisogno di essere sotto lo sguardo di Dio, che ignora la complicità ed è pieno di misericordia nel desiderio di convertirci. Gli avvenimenti, prima di spingerci a giudicare gli altri, mettono in questione il nostro personale modo di vivere. “Deponiamo tutto ciò che ci è di peso”. “Non avete ancora resistito fino al sangue” (2a lettura).
La fede è una forza di contestazione fraterna (Vangelo). Le tensioni sorgono nei rapporti reciproci, alimentate dal proprio ideale di vita, dall’esigenza d’un amore puro, dall’uso del denaro. Il cristianesimo, fattore di pace? Certamente: l’Eucaristia è il sacramento della pace, ma una pace fatta di lotte, di scelte, di opzioni di ogni momento.
Abbiamo il dovere di interrogarci sulla pace nelle nostre famiglie, nelle nostre assemblee cristiane… È una pace che tende a soffocare? Che tende ad assopire? Oppure il frutto di tensioni vinte nell’amore e nella libertà di Cristo?
La fede è una forza di contestazione politica (cf Geremia). Tra cristiani e non cristiani, e anche fra di noi. Perché solamente essa, se la viviamo, ci dà una piena libertà spirituale. La Parola di Dio comporta implicazioni concrete nell’ambito della giustizia e dell’organizzazione del mondo, e può farci soffrire reciprocamente. Non è un insieme di ricette date in anticipo. Ognuno, secondo la sua esperienza, deve inventare le applicazioni che ritiene valide. Ciò non coincide mai col cammino del vicino.
Dobbiamo credere a un’unità che supera le nostre diverse opzioni, che supera noi stessi: Cristo Gesù, e cercare in lui il dialogo che non sacrifica niente d’una verità o di una giustizia conservate a frammenti.
La fede è necessariamente contestata. Lo è perché il Vangelo di natura sua sconvolge ogni cosa. Lo è perché coloro che sostengono il Vangelo, quali siamo noi, hanno le loro debolezze, le loro corte vedute. Questa però non è una ragione per ridurre la fede a un comportamento pusillanime. Per fortuna contestando la nostra testimonianza, gli altri ci spingono alla contestazione di noi stessi, inseparabile da ogni azione in mezzo al prossimo.


(tratto da: M. Gobbin, Omelie per un anno – vol. 2, anno C, tempo ordinario – Elledici 2003)