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7. Aforismi – 8 t.o. C

COME SI È FATTI DENTRO?
– Se facciamo come i bambini che smontano i loro giocattoli, troviamo dentro di noi tanti valori spirituali a cui di solito non badiamo. Le virtù, le buone abitudini, come rami dell’albero buono che produce frutti buoni.
– Una volta i cristiani mettevano l’elenco delle virtù nelle preghiere del mattino. Chi si ricorda? Si diceva: «Le quattro virtù cardinali: prudenza, giustizia, fortezza, temperanza. Le tre virtù teologali: fede, speranza, carità». Le prime quattro ci definiscono come uomini saggi, le seconde come cristiani veri. Erano preghiere? In un certo senso sì, perché era come se dicessimo: «O Signore, ricordami di praticare ogni giorno le virtù che mi rendono vero cristiano». Di fatto le quattro virtù cardinali erano (e sono) come i cardini su cui regge l’impalcatura della persona umana.
– La prudenza. Che confina con il buon senso, ma purtroppo – qualcuno ha osservato – tra i cinque sensi dell’uomo il buon senso non è compreso. Bisogna conquistarlo.
– La giustizia. È qualcosa che precede l’amore verso il prossimo. E lo fonda.
– La fortezza. Certo non si dovrebbe cadere mai. Ma davvero forte non è chi non cade, bensì chi dopo la caduta trova in sé, dal Signore, la forza di rialzarsi.
– La temperanza. Diceva il papa san Leone Magno: «L’uomo gode di vera pace e vera libertà, solo quando la carne è sottomessa allo spirito, e lo spirito è
sottomesso a Dio».

Le quattro virtù cardinali le hanno scoperte i filosofi antichi del mondo greco e latino, e i cristiani lungo i secoli le hanno fatte proprie perché le hanno ritenute fondamentali per ogni uomo uscito dalle mani di Dio.
– A completare e coronare la struttura del cristiano vengono poi le tre virtù teologali. Sono dette teologali perché fanno riferimento diretto a Dio.
– Con la fede riconosciamo in Gesù il figlio di Dio che ci ha rivelato il volto del Padre, il suo amore per noi, il senso della nostra esistenza.
– Con la speranza guardiamo con riconoscenza alle promesse di vita eterna che il Signore ci ha fatte: la risurrezione e il ritorno alla casa del Padre.
– Con la carità, amore generoso verso Dio e verso i fratelli, cerchiamo di meritarci – per quanto dipende da noi – ciò che Dio ci dona per amore.
– Quando l’impalcatura di queste virtù umane e cristiane è ben consolidata, allora si possiede la saggia onestà dell’albero buono, che non può produrre che frutti buoni. Di fatto la Chiesa, prima di proclamare un santo, si assicura con un lungo processo che abbia praticato a una a una tutte quelle virtù.


(tratto da: E. Bianco, All’altare di Dio – Anno C – Elledici 2009)

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9. Narrazione – 8 t.o. C

LA GATTA
C’era una volta una gatta che bruciava d’amore per un giovane.
Era tanto innamorata che chiese aiuto ad una fata perché la trasformasse in una donna molto bella, capace di conquistare il giovane.
La fata l’accontentò e la gatta assunse l’aspetto di donna.
Conobbe il giovane e ben presto iniziarono i preparativi per il matrimonio.
Venne il giorno delle nozze, che furono celebrate tra canti e danze e girotondi.
Molte luci illuminavano la festa e agli invitati venivano offerti cibi squisiti.
Tutto andava per il meglio.
Ma ecco che d’un tratto la sposa vide correre via un sorcetto, e immediatamente si lanciò a rincorrerlo.

La nostra società incoraggia l’inganno: siamo troppo abituati a credere alla pubblicità.
Continuiamo a dire: «Che piacere vederti!… Sentiamoci qualche volta… Ma che delizioso vestitino!»…
a persone che detestiamo, che preferiremmo evitare, che giudichiamo vestite orrendamente.
Abbiamo maschere per tutte le occasioni.
Una maschera per gli amici, una per il capoufficio, una per il marito o la moglie, una per i vicini di casa, una per Dio…
Ma arriva sempre il momento che è la fine di tutte le commedie.

«Tenetevi lontani dal lievito dei farisei, dalla loro ipocrisia!
Perché non c’è nulla di nascosto che non sarà svelato,
nulla di segreto che non sarà conosciuto.
Quello che avete detto in segreto, sarà udito alla luce del giorno,
e quello che avete sussurrato all’orecchio all’interno
della casa sarà proclamato dalle terrazze» (Vangelo di Luca 12,1-3).

(tratto da: B. Ferrero, 365 Piccole Storie per l’anima, Vol. 1, pag. 80 – Elledici 2007)

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1. Letture – 7 t.o. C

PRIMA LETTURA
Il Signore ti aveva messo nelle mie mani
   e non ho voluto stendere la mano.

Dal primo libro di Samuèle 26,2.7-9.12-13.22-23

In quei giorni, Saul si mosse e scese nel deserto di Zif, conducendo con sé tremila uomini scelti d’Israele, per ricercare Davide nel deserto di Zif. Davide e Abisài scesero tra quella gente di notte ed ecco, Saul dormiva profondamente tra i carriaggi e la sua lancia era infissa a terra presso il suo capo, mentre Abner con la truppa dormiva all’intorno. Abisài disse a Davide: «Oggi Dio ti ha messo nelle mani il tuo nemico. Lascia dunque che io l’inchiodi a terra con la lancia in un sol colpo e non aggiungerò il secondo». Ma Davide disse ad Abisài: «Non ucciderlo! Chi mai ha messo la mano sul consacrato del Signore ed è rimasto impunito?».
Davide portò via la lancia e la brocca dell’acqua che era presso il capo di Saul e tutti e due se ne andarono; nessuno vide, nessuno se ne accorse, nessuno si svegliò: tutti dormivano, perché era venuto su di loro un torpore mandato dal Signore.
Davide passò dall’altro lato e si fermò lontano sulla cima del monte; vi era una grande distanza tra loro. Davide gridò: «Ecco la lancia del re: passi qui uno dei servitori e la prenda! Il Signore renderà a ciascuno secondo la sua giustizia e la sua fedeltà, dal momento che oggi il Signore ti aveva messo nelle mie mani e non ho voluto stendere la mano sul consacrato del Signore».
Parola di Dio

 

SALMO RESPONSORIALE Sl. 102(103)

R. Il Signore è buono e grande nell’amore.

Benedici il Signore, anima mia,
quanto è in me benedica il suo santo nome.
Benedici il Signore, anima mia,
non dimenticare tutti i suoi benefici.

Egli perdona tutte le tue colpe,
guarisce tutte le tue infermità,
salva dalla fossa la tua vita,
ti circonda di bontà e misericordia.

Misericordioso e pietoso è il Signore,
lento all’ira e grande nell’amore.
Non ci tratta secondo i nostri peccati
e non ci ripaga secondo le nostre colpe.

Quanto dista l’oriente dall’occidente,
così egli allontana da noi le nostre colpe.
Come è tenero un padre verso i figli,
così il Signore è tenero verso quelli che lo temono.

 

SECONDA LETTURA
Come eravamo simili all’uomo terreno,
   così saremo simili all’uomo celeste.

Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi 15,45-49

Fratelli, il primo uomo, Adamo, divenne un essere vivente, ma l’ultimo Adamo divenne spirito datore di vita.
Non vi fu prima il corpo spirituale, ma quello animale, e poi lo spirituale.
Il primo uomo, tratto dalla terra, è fatto di terra; il secondo uomo viene dal cielo. Come è l’uomo terreno, così sono quelli di terra; e come è l’uomo celeste, così anche i celesti.
E come eravamo simili all’uomo terreno, così saremo simili all’uomo celeste.
Parola di Dio

 

CANTO AL VANGELO Gv 13,34
Alleluia, alleluia.
Vi do un comandamento nuovo, dice il Signore:
come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri.
Alleluia.

 

VANGELO
Siate misericordiosi,
   come il Padre vostro è misericordioso.

Dal Vangelo secondo Luca (6,27-38)

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«A voi che ascoltate, io dico: amate i vostri nemici, fate del bene a quelli che vi odiano, benedite coloro che vi maledicono, pregate per coloro che vi trattano male. A chi ti percuote sulla guancia, offri anche l’altra; a chi ti strappa il mantello, non rifiutare neanche la tunica. Da’ a chiunque ti chiede, e a chi prende le cose tue, non chiederle indietro.
E come volete che gli uomini facciano a voi, così anche voi fate a loro. Se amate quelli che vi amano, quale gratitudine vi è dovuta? Anche i peccatori amano quelli che li amano. E se fate del bene a coloro che fanno del bene a voi, quale gratitudine vi è dovuta? Anche i peccatori fanno lo stesso. E se prestate a coloro da cui sperate ricevere, quale gratitudine vi è dovuta? Anche i peccatori concedono prestiti ai peccatori per riceverne altrettanto. Amate invece i vostri nemici, fate del bene e prestate senza sperarne nulla, e la vostra ricompensa sarà grande e sarete figli dell’Altissimo, perché egli è benevolo verso gli ingrati e i malvagi.
Siate misericordiosi, come il Padre vostro è misericordioso.
Non giudicate e non sarete giudicati; non condannate e non sarete condannati; perdonate e sarete perdonati. Date e vi sarà dato: una misura buona, pigiata, colma e traboccante vi sarà versata nel grembo, perché con la misura con la quale misurate, sarà misurato a voi in cambio».
Parola del Signore


(tratto da: Nuovo Messale della comunità, Domeniche e feste – Elledici 2008)

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2. Esegesi – 7 t.o. C,

FACCIO UNA COSA NUOVA

1 Samuele 26,2.7-9.12-13.22-23 – Davide vince la propria violenza
1 Corinzi 15,45-49 – Portiamo l’immagine celeste
Luca 6,27-38 – Da’ a chi ti chiede

Il nemico interiore
La liturgia odierna affianca, con genialità che si potrebbe quasi dire «drammaturgica», testi assai lontani per origine e genere, ma tali che esprimono con forza il messaggio cristiano. Si comincia proprio con un «racconto di Re», l’incursione notturna di David nell’accampamento di Saul, con la possibilità e l’invito di uccidere il potente nemico nel sonno. Atto che David non compie per un «timor di Dio» in lui più forte della passione per la vittoria e persino dell’istinto di sopravvivenza. Questo non è solo il racconto della magnanimità di Davide nei confronti del suo nemico, ma anche quello dell’obbedienza alla volontà di Dio sulla cattiva inclinazione dell’uomo rappresentato da Abisai. È il racconto di una lotta interiore che sfocia in un atteggiamento in cui Davide manifesta di essere stato, egli stesso, oggetto della misericordia di Dio.

Scoprirsi del cielo
Rimanendo ancorati alla terra si rimane anche legati all’ordine dell’istinto e della «legge», che fa rendere a ciascuno in base a quanto da lui si riceve. La novità della vita cristiana sta invece nell’accoglienza incessante dello Spirito, che è dato senza misura e che sovrabbonda proprio là dove maggiore è il bisogno. Siamo figli di Dio non per virtù nostra, ma in quanto il Figlio di Dio, accolto nella nostra vita, ci rende partecipi della sua vita filiale e ce ne dà la forza. L’uomo celeste è tale perché la sua vita è raggiunta e segnata dall’amore di Dio, che si manifesta soprattutto nell’amore per i nemici. L’opera della resurrezione del Signore in noi fa sì che portiamo impressa l’immagine di Cristo nella nostra vita: vi siete spogliati dell’uomo vecchio con le sue azioni e avete rivestito il nuovo, che si rinnova, per una piena conoscenza, a immagine del suo Creatore (Col 3,9.10).

Una proposta nuova
A voi che ascoltate, io dico…: la Parola di Gesù continua a rivolgersi ai discepoli, a quanti cioè dispongono il proprio cuore ad imparare da Lui la via dell’amore, la perfetta carità che costituisce la novità del messaggio evangelico. Per il dono dello Spirito Santo, riversato nel cuore dei credenti (cfr. Rm 5,5b), è possibile vivere di grazia, cioè del dono di Dio, per operare efficacemente ciò che il Vangelo dice (cfr. Ef 1,13). L’amore verso il nemico è il vertice dell’amore di Dio. Solo alla sua Luce è dato di vedere con occhi limpidissimi la condizione miserevole di chi, non sapendo amare perché non sa di essere amato, rimane prigioniero delle proprie tenebre. Dalla coscienza di essere tutti gratuitamente salvati proviene quella dilatazione del cuore che va oltre l’umana correttezza i rapporti, della quale sono capaci anche i pagani. L’alternativa alla condizione di chi non si occupa della fatica dell’altro, in apparenza invidiabile, non è un «sentimento», non è un’«idea»: ma quel che davvero conta, è un «fare».

Il fare difficile
È quel particolarissimo fare che non si fa mai, e neppure si desidera, a meno che il cuore non sia già toccato e posseduto da ciò che si deve chiamare «grazia», «Spirito», amore e timore di Dio, che è possibile come un inizio di risposta nostra alla sua misericordia. «Fate a loro» ciò che «vorreste fosse fatto a voi». «Non giudicate», «non condannate», «perdonate sempre». Non vi è luce più forte di questa. Potrebbe illuminare giorni e anni della nostra vita, secoli e millenni della storia dei popoli. Il comandamento dell’amore, l’offerta di una seconda guancia dopo quella colpita, è invito e possibilità universale, una strada benedetta per tutti.
Questo permette di non guardare al contraccambio, ma di attendere nell’abbandono della fede la ricompensa celeste promessa dal Padre. Grazia è l’amore di Cristo, puro dono di Dio: se tu conoscessi il dono di Dio… (cfr. Gv 4,10).

PER IL CONFRONTO NEL GRUPPO
– Sono davvero difficili da fare le cose richieste dal Vangelo?
– Ci sentiamo più della terra o del cielo, e perché?

IN FAMIGLIA
All’interno del nucleo familiare ci conosciamo abbastanza bene.
Ognuno individua un impegno o un gesto che sia gradito ai diversi membri della famiglia e lo realizza.
Alla fine della settimana ci si incontra per dirsi quali sono stati i gesti che ci hanno sorpreso e ognuno prova ad indovinare quello che ognuno ha pensato e voluto per l’altro.


(tratto da: R. Paganelli – Vivere la domenica aprendoci alla Parola, anno C – Elledici 2015)

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3. Annunciare la Parola – 7 t.o. C,

PER COMPRENDERE LA PAROLA

Non bisogna rendere male per male. È la legge del perdono riportata dal Vangelo. La liturgia usa la 1ª lettura come esemplificazione di questo tema.

PRIMA LETTURA
È un episodio a gloria di Davide, in quanto contribuisce a consolidarne l’autorità di fronte a coloro che gli si oppongono. Saul stesso lo riconosce al termine del racconto: “Tu saprai fare e riuscirai in tutto” (v. 25).
Il racconto proviene da una tradizione popolare. Il cap. 24 ne offre una versione diversa; vi troviamo quasi la vivacità d’un fumetto. Il cap. 26 fa intervenire Dio per spiegare l’impresa straordinaria: Dio immerge l’accampamento in un profondo sonno, per cui nessuno si accorge dell’incursione di Davide. Perciò Davide, che non approfitta certamente della situazione offertagli da Dio, dà prova di magnanimità.
Un’altra ragione spiega il comportamento di Davide: a tutti coloro che più tardi saranno suoi sudditi vuole inculcare l’idea che la persona del re è intoccabile (cf 2 Sam 1).

SALMO
È un inno di ringraziamento a Dio per la sua bontà. Il Signore la manifesta soprattutto quando non ci tratta secondo le nostre colpe.

SECONDA LETTURA
Il cap. 15 affronta il conflitto provocato in seno alla comunità da coloro che non credono nella risurrezione dei morti (cf domenica precedente). Contro di loro Paolo ha sostenuto la realtà di tale risurrezione. Ora cerca di spiegare ai Greci (tali sono i Corinzi) in che senso egli intende la risurrezione.
Lo fa anzitutto (vv. 35-45) partendo da un’antropologia nella quale non si trova a suo agio: “Gli esseri viventi non sono tutti uguali”…
Poi rievoca (vv. 45-49) i due capi dell’umanità, Adamo e Gesù. Lo fa anche in Rm 5 per contrapporre peccato e morte a giustificazione e vita. Qui afferma che da Adamo riceviamo la vita che chiamiamo terrena, mentre da Cristo riceviamo la vita che ci fa appartenere al cielo. Questo dualismo presenta dei limiti per molti nostri contemporanei. Comunque, questa prospettiva biblica – e non filosofica – ci insegna che noi siamo destinati al cielo, non per un’immortalità naturale dell’anima, ma per un’appartenenza e una conformità al Cristo risorto.
La traduzione liturgica, nella sua esattezza, facilita la comprensione del testo.

VANGELO
È il seguito delle Beatitudini: Luca aggiunge alcune precisazioni sull’applicazione della legge del Regno.
Gesù insiste anzitutto su una delle qualità dell’amore: la gratuità. Si deve amare senza aspettarsi un contraccambio, amare persino i nemici. Gesù indica alcuni esempi così concreti che la sua esigenza lascia turbati: in realtà l’amore non ammette limiti, non ammette calcoli.
In tale contesto, viene indicata “la Regola d’oro” (cf Mt 7,12). Tale regola viene già enunciata, ma in forma negativa, nell’Antico Testamento (Tb 4,15) (e anche nella Dichiarazione dei diritti dell’uomo). Il Vangelo ne offre una formulazione positiva, più esigente.
Siccome però il Vangelo non è un testo di morale sociale, Luca riporta i motivi che giustificano le esigenze della legge evangelica. Bisogna superare il comportamento dei peccatori (Matteo parla di pubblicani e pagani: 5,46-47). Si tratta soprattutto (cf Mt 5,41) di imitare il Signore nella sua misericordia infinita.
La pericope termina con un invito alla liberalità, espressione dell’amore generoso.


PER ANNUNCIARE LA PAROLA (piste di omelia)

Amare senza condizioni né limiti (Vangelo e 1ª lettura)
È bene ricordare che la legge evangelica non è una piacevole banalità, e che nessuno è – anche sul piano morale – naturalmente cristiano.
Così come è riferita da Luca, la legge di Gesù dà il capogiro: non rendere male per male (come Davide con Saul); lasciarsi sfruttare e derubare; dare senza aspettarsi alcun ricambio umano; amare i nemici.
Nessuno mette totalmente in pratica una simile morale, e si cercano giustificazioni: si parla quindi di utopia, di paradosso semitico…
Invece, prima di liquidare questa pagina del Vangelo, bisognerebbe ricordare che molti discepoli l’hanno vissuta: santi famosi e tante persone che hanno consacrato gratuitamente la loro vita a poveri disgraziati che per loro erano nulla e che non dimostravano alcuna riconoscenza.

Amore fraterno e spirito filiale
Nel campo dell’amore fraterno il Vangelo è molto esigente.
Per arrivare a questo amore, però, la via non è quella di cercare in se stessi la forza d’una rinuncia eroica a vantaggio degli altri. Non è questa la via cristiana.
A noi è chiesto di credere nella bontà del nostro Padre celeste, di sforzarci di ispirarci ad essa e di lasciare soltanto a Dio il pensiero di ricompensarci.
La prima ricompensa sarà di diventare i migliori figli del nostro Padre (Lc 6,35). Inoltre, Dio si comporterà con noi sempre meglio di quanto noi ci saremo comportati con gli altri. Se noi abbiamo misericordia per gli altri, Dio avrà misericordia per noi. Se noi non giudichiamo, Dio rinuncerà a giudicarci. Se trattiamo generosamente gli altri, Dio sarà ugualmente generoso con noi (Lc 6,36-38).
Il Vangelo non è per gli eroi, né per i superuomini. È per coloro che hanno in Dio la fiducia di un cuore di figlio.

Amare come Dio
Gesù non è un moralista. La sua missione è di farci conoscere quel Dio che nessuno ha mai visto (Gv 1,18). Il suo insegnamento morale è un modo per rivelare Dio: fate così e sarete “come il Padre vostro”, misericordiosi, benevoli verso gli ingrati e i malvagi. Amate gratuitamente e sarete i figli dell’Altissimo (vedi il salmo del giorno).
Verità umana profonda, rivelata dalla pedagogia evangelica: si conosce Dio soltanto facendo proprio il suo comportamento spirituale. Un principio che si può estendere alla conoscenza del prossimo: lo si conosce veramente soltanto ispirandosi all’ideale che lo fa vivere.
Davide rinuncia a vendicarsi di Saul, perché “consacrato del Signore”. Il discepolo di Cristo sa che ogni uomo è sacro agli occhi di Dio, che è chiamato a diventare figlio di Dio. Per questo motivo non si vendica di nessuno.
Conseguenza d’una morale ispirata dal comportamento di Dio: se si vive il Vangelo, anche senza tante parole si rivela Dio agli altri. Ciò però suppone che ci si comporti in modo diverso dai peccatori (Lc 6,32-34).

Adamo e Cristo (2ª lettura)
Paolo non si pone sul piano morale, ma sul piano della vita dell’umanità:
– da Adamo gli uomini ereditano una vita che appartiene solo alla terra;
– da Cristo ricevono la vita del cielo.
Anche se la prospettiva è diversa, il parallelismo è pregnante:
– Cristo comunica un senso umano, un senso dell’amore diverso da quello dei “peccatori” (cioè, in questo caso, di coloro che non accettano il Vangelo);
– così pure comunica una vita alla quale non partecipano coloro che accettano unicamente la vita che proviene da Adamo.
La vita celeste, la vita divina è l’Amore, ma quale ce l’ha rivelato Cristo.


(tratto da: M. Gobbin, Omelie per un anno – vol. 2, anno C, tempo ordinario – Elledici 2003)

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5. Parola da Vivere – 7 t.o. C,

FACCIO UNA COSA NUOVA
La grazia esprime con forza quello che nessuna persona può conquistare, meritare, o comperare, o rubare, perché è sempre e solo «dono» del Signore. Il regalo supremo che possiamo ricevere noi poveri peccatori è quello di poter vivere, pensare e agire come Gesù ci ha mostrato in se stesso. Il cristiano non è uno «bravo». È piuttosto uno che senza merito e senza fatica ha ricevuto il supremo regalo della vita di Dio. È il regalo del Vangelo.


(tratto da R. Paganelli – Vivere la domenica aprendoci alla Parola, anno C, Elledici 2015)

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6. Preghiere dei Fedeli – 7 t.o. C,

Ai discepoli: amore anche ai nemici

Celebrante. Ora abbiamo imparato quanto è esigente la legge dell’amore fraterno promulgata da Cristo: raggiunge anche i nemici. Nella Preghiera dei fedeli chiediamo al Signore che ci renda capaci di solidarietà e amicizia verso tutti.

Lettore. Preghiamo insieme e diciamo: Insegnaci, Padre, a vivere nel tuo amore.

1. Preghiamo per la santa Chiesa di Dio. Essa è chiamata a essere nel mondo il simbolo dell’amore gratuito e universale del Padre per le sue creature.
Perché la Chiesa sia di fatto, anche per mezzo nostro, uno stimolo alla concordia, alla pace e alla speranza di un mondo migliore, preghiamo.

2. Per tutti i cristiani. È loro fondamentale impegno morale infrangere le barriere dell’egoismo, e aprirsi agli altri nella carità.
Perché con il servizio cordiale reso ai fratelli più poveri dimostrino la verità del loro amore verso il Padre che è nei cieli, preghiamo.

3. Per quanti, soprattutto giovani, lottano contro le tante forme di discriminazione, razzismo, violenza. Non sono pochi i veri cristiani che si impegnano con coraggio in questo senso, nel privato e nel sociale.
Perché trovino in Dio Padre misericordioso, e in Cristo che fu il primo dei non-violenti, il modello per la loro azione nel quotidiano, preghiamo.

4. Per quelli che si sentono sfiduciati, ignorati, sfruttati. Molti, nel groviglio della società, si trovano tagliati fuori e abbandonati a se stessi.
Perché incontrando la solidarietà fattiva dei cristiani acquistino nuova fiducia in sé, e la forza di risollevarsi, preghiamo.

5. Per la nostra comunità (parrocchiale). Anche molte persone accanto a noi incappano in ingiustizie, e trovano difficoltà a vivere in condizioni umane.
Perché a imitazione del Signore noi sappiamo interrompere la spirale della violenza, portando la carità per primi, e nonostante tutto, nella nostra famiglia,
nell’ambiente di lavoro, nel quartiere, nella società, preghiamo.

Celebrante. O Padre, tu ci hai creati a tua immagine e somiglianza. Rendici capaci – sull’esempio della tua paternità – di amare anche i nemici, e vivere in amicizia, carità e misericordia verso tutti. Per Cristo nostro Signore.


(tratto da: E. Bianco, Preghiera dei fedeli, proposte per le domeniche e feste degli anni A-B-C – Elledici 2002)

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8. Aforismi – 7 t.o. C,

AMORE FRATERNO: C’È UNA STRADA GIUSTA…
– Non parlate d’amore al vostro fratello: amatelo. Agostino
– Amare qualcuno significa vederlo com’era nelle intenzioni di Dio. Dostoevskij
Se vuoi amare Cristo stendi la carità sul mondo intero, poiché le membra di Cristo sono sparse in tutto il mondo. Agostino
Dal momento della risurrezione, Cristo non ha altro corpo visibile che quello dei cristiani, né altro amore da donare se non il loro. Louis Evely
– La vera fraternità umana abita solo nei cuori che riconoscono la paternità di Dio. Pierre Grelot
– L’amore di Dio e l’amore del prossimo sono due battenti di una porta, che non si possono aprire e chiudere se non insieme. Soeren Kierkegaard
– Il più bel viaggio che si possa fare quaggiù, è quello che si fa andando l’uno verso l’altro. Paul Morand
– Se uno mi cavasse per odio l’occhio sinistro, sento che lo guarderei benevolmente con l’occhio destro. Se mi cavasse anche questo, mi resterebbe il cuore per volergli bene. Francesco di Sales
– L’amore del prossimo è la misura del nostro amore di Dio. Edith Stein
– Vedo Dio in ogni essere umano. Madre Teresa di Calcutta
– Signore, fa’ che viva a braccia aperte. Non farò carriera, ma avrò tanta gente da abbracciare. Pino Pellegrino
– Là dove non c’è amore, mettete amore e raccoglierete amore. Giovanni della Croce
– La sola verità è amarsi. Raoul Follereau

…E CI SONO I DEPISTAGGI
– Noi abbiamo imparato a volare come gli uccelli, a nuotare come i pesci, ma non abbiamo imparato l’arte di vivere come fratelli. Martin Luther King
– Il guaio di chi ama tutti in generale, è che non ama nessuno in particolare. Claudio Lamparelli
– Come può un uomo dire di amare Dio e di non aver nulla di più caro, quando vede nell’immondezza l’immagine di Colui che ama, e non si dà pensiero di tirarlo fuori? Bonaventura da Bagnoregio
– Molti amano il prossimo loro soltanto quando è miserabile, ammalato, agonizzante; quando insomma sono sicuri della propria superiorità. Ugo Ojetti
– Spesso è più facile amare le piante che amare gli uomini. Claude Aubrun
– Io amo l’umanità. È la gente che non sopporto! Charles Schulz [Linus]
– Pensiamo meno all’umanità, e più agli uomini. Elisabeth Leseur
– Ama il prossimo. Non questo… il prossimo. Anonimo
– «Noi siamo sulla terra per aiutare gli altri». «E gli altri, allora, cosa ci stanno a fare?». Anonimo
– Amare gli uomini come sono, è impossibile. Eppure proprio questo è il comandamento. Perciò metti da parte i tuoi sentimenti, chiudi il naso e gli occhi, e ama. Fédor Dostoevskij


(tratto da: E. Bianco, All’altare di Dio – Anno C – Elledici 2009)

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10. Narrazione – 7 t.o. C,

DUE BLOCCHI DI GHIACCIO
C’erano una volta due blocchi di ghiaccio.
Si erano formati durante il lungo inverno, all’interno di una grotta di tronchi, rocce e sterpaglie in mezzo ad un bosco sulle pendici di un monte.
Si fronteggiavano con ostentata reciproca indifferenza.
I loro rapporti erano di una certa freddezza.
Qualche «buongiorno», qualche «buonasera».
Niente di più.
Non riuscivano cioè a «rompere il ghiaccio».
Ognuno pensava dell’altro: «Potrebbe anche venirmi incontro».
Ma i blocchi di ghiaccio, da soli, non possono né andare né venire.
Ma non succedeva niente e ogni blocco di ghiaccio si chiudeva ancor di più in se stesso.
Nella grotta viveva un tasso.
Che un giorno sbottò: «Peccato che ve ne dobbiate stare qui. È una magnifica giornata di sole!».
I due blocchi di ghiaccio scricchiolarono penosamente.
Fin da piccoli avevano appreso che il sole era il grande pericolo.
Sorprendentemente quella volta, uno dei due blocchi di ghiaccio chiese: «Com’è il sole?».
«È meraviglioso… È la vita» rispose imbarazzato il tasso.
«Puoi aprirci un buco nel tetto della tana… Vorrei vedere il sole…» disse l’altro.
Il tasso non se lo fece ripetere.
Aprì uno squarcio nell’intrico delle radici e la luce calda e dolce del sole entrò come un fiotto dorato.
Dopo qualche mese, un mezzodì, mentre il sole intiepidiva l’aria, uno dei blocchi si accorse che poteva fondere un po’ e liquefarsi diventando un limpido rivolo d’acqua.
Si sentiva diverso, non era più lo stesso blocco di ghiaccio di prima.
Anche l’altro fece la stessa meravigliosa scoperta.
Giorno dopo giorno, dai blocchi di ghiaccio sgorgarono due ruscelli d’acqua che scorrevano all’imboccatura della grotta e, dopo poco, si fondevano insieme formando un laghetto cristallino, che rifletteva il colore del cielo.
I due blocchi di ghiaccio sentivano ancora la loro freddezza, ma anche la loro fragilità e la loro solitudine, la preoccupazione e l’insicurezza comuni.
Scoprirono di essere fatti allo stesso modo e di aver bisogno in realtà l’uno dell’altro.
Arrivarono due cardellini e un’allodola e si dissetarono.
Gli insetti vennero a ronzare intorno al laghetto, uno scoiattolo dalla lunga coda morbida ci fece il bagno.
E in tutta questa felicità si rispecchiavano i due blocchi di ghiaccio che ora avevano trovato un cuore.

A volte basta solo un raggio di sole.
Una parola gentile.
Un saluto.
Una carezza.
Un sorriso.
Ci vuole così poco a fare felici quelli che ci stanno accanto.
Allora, perché non lo facciamo?


(tratto da: B. Ferrero, 365 Piccole Storie per l’anima, Vol. 1, pag. 407 – Elledici 2007)