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3. Annunciare la Parola – 29 novembre 2020


29 novembre 2020

1ª DOMENICA DI AVVENTO B

Il Signore viene, non ci trovi addormentati

PER RIFLETTERE E MEDITARE

In questo nuovo anno liturgico leggiamo il Vangelo di Marco, il più breve, che secondo la tradizione si rifarebbe alla testimonianza di Pietro. Vangelo che si interroga ripetutamente sull’identità di Gesù, e tuttavia si apre dicendo che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio. E si chiude con la stessa affermazione da parte di un centurione romano, che rimane profondamente colpito da come vede morire Gesù in croce.
Quella di Marco è un Vangelo per i romani, cristiani che vivono in un contesto pagano, un racconto senza fronzoli, quasi un reportage cronachistico.

Siate svegli, vegliate

Due sono gli atteggiamenti che ci chiede Dio, «il padrone della parabola»: fare attenzione e vegliare. Fare attenzione per dare importanza a ciò che viviamo, a come lo viviamo. Per aprire gli occhi e non essere superficiali. Stiamo costruendo ogni giorno una storia sacra, camminiamo su terreni benedetti da Dio, ma non sempre ci pensiamo.
E dobbiamo vegliare per attendere la sua venuta. Gesù viene, Gesù verrà e ci deve trovare svegli e impegnati. Il profeta Isaia usa parole piene di immagini suggestive per invitarci a un profondo rinnovamento. Parole piene di tenerezza verso Dio: «Noi siamo argilla, opera delle tue mani… non lasciarci vagare lontano dalle tue vie».
Purtroppo per molti cristiani l’Avvento è diventato una semplice preparazione al giorno di Natale, a una festa diventata buonista e caramellosa, nell’unica prospettiva del rivivere una bella storia che ha incantato l’umanità.

Gesù si fida di noi

Siamo colpiti dal modo di comportarsi del padrone di tante parabole, che è poi il comportamento di Dio, che affida a noi la sua casa, il suo mondo, dà a ciascuno il proprio incarico, e poi parte. Ma ci dice di fare attenzione e di vegliare. Perché può tornare all’improvviso: a sera, a mezzanotte, all’alba o al mattino. E vuole che prendiamo sul serio il tempo, le giornate della nostra vita.
Tutto l’Avvento sarà attesa di Qualcuno, ricerca di Dio. Una ricerca faticosa nel contesto della nostra società. Ricerca di un Dio che sembra nascondersi nelle pieghe dei nostri problemi.
Gesù è venuto al mondo atteso da un popolo, predicato dai profeti, desiderato da tanti giusti. Anche noi siamo chiamati ad attenderlo, a preparare la sua venuta, a disporci ad incontrarlo. L’attesa dà importanza ai nostri giorni, si fa progetto, programma di vita.

È lui che ci viene a cercare

In questo Avvento, come dice la parabola, dobbiamo disporci ad attendere il Signore. In realtà è lui che ci corre incontro e ci viene a cercare. Dio in Gesù si fa vicino, assume fino in fondo la nostra condizione umana, nasce in una famiglia, da una donna, tra un popolo.
Attendere. Non ne siamo più capaci. Siamo impazienti: se desideriamo qualcosa la vogliamo subito. Ma c’è chi non è più capace di attendere perché ha tutto ciò che può desiderare, ha le mani piene ed è sazio. E c’è chi ha perso ogni speranza ed è nella delusione, e si adatta a una vita senza slanci, spenta, e vive come coloro che non attendono nulla. Per questo ogni anno ritorna l’Avvento, per rinnovare la nostra speranza.
Vigilia di Natale: quasi quasi nemmeno le luminarie ci stupiscono più, tanto arrivano in anticipo e tanto sono sempre uguali. Eppure un altro anno è passato e noi siamo diversi. Siamo cambiati nel fisico e nell’anima. Possiamo – dobbiamo – preparaci a vivere un Natale diverso, per accogliere colui che ha squarciato i cieli ed è sceso tra noi, per vivere i giorni che ci conducono al suo arrivo definitivo con animo sveglio e vigile.

UN FATTO – UNA TESTIMONIANZA

«Natale per noi è diventato semplicissima cosa. Mentre tocca note complicate e tutte insieme: umiltà, gioia, mistica paura, drammatica perfino l’Attesa! Non è soltanto la più grande delle parole (“pace”, “festa”, “amore”). Natale: è una sfida che fa rimbombare bruscamente campane a mezzanotte, come cannoni» (Gilbert Keith Chesterton).

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4. Parola da Vivere – 29 novembre 2020

29 novembre 2020

1ª DOMENICA DI AVVENTO B

Il Signore viene, non ci trovi addormentati

COMMENTO

Siamo nell’anno B e iniziamo a leggere il vangelo secondo Marco. Questo brano è la conclusione del discorso che Gesù fa sugli ultimi tempi. Il centro è nel verbo «vegliare», in contrasto al dormire, simbolo della pigri- zia, che impedisce di agire, per realizzare qualcosa di buono. Il contrappunto è affidato al verbo «ritornare», che si riferisce al padrone.
E partiamo dal ritorno del padrone, che evidente- mente è Gesù. La traduzione «ritornerà» può portare fuori strada, inducendo l’idea che il Signore, salendo al cielo, si sia allontanato, che non sia presente nella vita quotidiana del «portiere» e dei «servi», e che ritornerà solo al termine della vita di ciascuno e alla fine dei tempi. Ma i vangeli, e tutto il Nuovo Testamento, sono pieni di espressioni che dicono la presenza attiva di Gesù nella vita della Chiesa. Le due verità non possiamo metterle in alternativa o in contrasto. Dicono entrambe la realtà. Il Cristo, salendo al Padre, non si allontana, ma inaugura un nuovo tipo di presenza, invisibile ma reale; è anche vero che alla fine verrà per raccogliere tutti gli eletti e consegnare il Regno al Padre.
Il verbo tradotto con «ritornerà» in greco è semplice- mente «viene», al presente, e l’indicazione delle quattro parti della giornata in cui il padrone «viene», dice che tutti devono essere svegli e pronti ad accoglierlo, in ogni ora del giorno e della notte. Non sa quando viene il padrone solo chi si mette a dormire. Cosa vuol dire questo fuori di parabola? Che Gesù effettivamente incontra i suoi discepoli in ogni ora e si rende visibile attraverso i piccoli e i poveri che hanno bisogno di aiuto, come abbiamo sentito domenica scorsa. Sapendo questo, il portiere, che rappresenta i pastori, e quelli che nella Chiesa hanno un compito particolare di servizio ai fratelli devono aiutare gli altri «servi» a essere svegli e attivi nel be- ne. Così nessun discepolo è autorizzato ad addormentarsi e impigrirsi nella cura egoistica di sé, trascurando i fratelli.
Può sembrare strano che l’evangelista riferisca che il padrone dà a tutti i servi un «potere». Sì, perché con il Battesimo tutti i cristiani, anche i più deboli e i più poveri, hanno il potere di servire i fratelli, come Gesù, che «non è venuto  per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti» (Mc 10,45).

SPUNTI PER L’ATTUALIZZAZIONE E LA PREGHIERA

1. Potere e missione. Non c’è vocazione e missione senza potere corrispondente. Il cristiano, di fronte al comandamento di amare e servire i fratelli, non può dire: «Non ce la faccio… è più forte di me… non ci riesco…». Equivale a dire che il Signore somiglia a un tiranno che chiede qualcosa di impossibile, per avere l’opportunità di punire. San Paolo traduce così: «Tutto posso in Colui che mi dà la forza» (Fil 4,13).

2. Vegliate. Il simbolo di questo comando non può essere la sveglia, perché essa autorizza a dormire e risveglia a un’ora prefissata. Il Signore ordina di essere sempre svegli, perché quando lui arriva, a qualunque ora, ci trovi al lavoro sulla missione ricevuta. È sempre e davvero sveglio colui che ama e serve i fratelli, senza interruzione.

3. Il portiere è il pastore della comunità. Ha il compito di vegliare come tutti in attesa del Signore e, in più, di vegliare sulla comunità; realizza questo secondo compito conoscendo, curando, incoraggiando, esortando, correggendo i fratelli che il Signore gli ha affidati.

4. Il Signore Gesù parte, ma non ci abbandona e non ci lascia soli e orfani, rimane con noi e ci dona il suo Spirito. L’Eucaristia domenicale è il sacramento che realizza questa verità, perché si prolunga in tutta la settimana, attraverso il contatto con la Parola e la vita fraterna nella comunità.

PROPOSTA DI IMPEGNO DELLA SETTIMANA

La sera, quando andiamo a dormire, decidiamo di servire un fratello o una sorella che abbiamo trascurato.

 


Tratto da: Messale delle domeniche e delle feste – Elledici – 2017

 

 

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5. Perdono e Preghiere dei Fedeli – 29 novembre 2020

29 novembre 2020

1ª DOMENICA DI AVVENTO B

Il Signore viene, non ci trovi addormentati

RICHIESTA DI PERDONO

  • Signore Gesù, che sei venuto al mondo per salvarci, abbi pietà di noi.
  • Cristo, che vieni a noi con la grazia del tuo Spirito, abbi pietà di noi.
  • Signore, che tornerai un giorno a giudicare le nostre opere, abbi pietà di noi.

PREGHIERA UNIVERSALE

Celebrante: Fratelli e sorelle carissimi, il Signore viene tra noi e ci affida un mondo da custodire, da servire e da amare. Preghiamo perché la nostra attesa sia operosa e sappiamo affrontare questo impegno con slancio e generosità.

Vieni, Signore, noi ti attendiamo!

  • Per la Chiesa, perché in questo tempo di Avvento sappia annunciare al mondo il Dio che viene tra noi per destarci dal sonno e dalla nostra indifferenza, preghiamo.
  • Perché la terra in cui Gesù è nato e cresciuto sia sorgente di pace per tutti i popoli, e Gerusalemme diventi il segno di un’umanità riconciliata, pregiamo.
  • Per i cristiani: questo Avvento sia per tutti tempo di risveglio, di nuova speranza e di attesa gioiosa del ritorno del Signore Gesù, preghiamo
  • Per tutti noi, affinché il Signore Gesù ci renda buoni compagni di viaggio nel nostro cammino verso il suo Natale, incarnazione del Figlio di Dio, preghiamo.

Celebrante: Accompagnaci, o Padre, in questo cammino di Avvento. Non manchino mai al nostro spirito la forza e il coraggio di attendere con fede viva, attenta e vigilante la venuta tra noi del tuo Figlio Gesù, che vive e regna nei secoli dei secoli.

 

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6. Vignetta di RobiHood – 29 novembre 2020

29 novembre 2020

1ª DOMENICA DI AVVENTO B

Il Signore viene, non ci trovi addormentati

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Pubblicazioni di Roberto Benotti (RobyHood) presso Elledici:

Laudato sii

Ancilla Domini

Un anno straordinario

Sorrisi divini

I Love Francesco

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1. Letture – Immacolata Concezione di Maria, 8 dic

PRIMA LETTURA
Porrò inimicizia tra la tua stirpe e la stirpe della donna

Dal libro della Gènesi 3,9-15.20

[Dopo che l’uomo ebbe mangiato del frutto dell’albero,] il Signore Dio lo chiamò e gli disse: «Dove sei?». Rispose: «Ho udito la tua voce nel giardino: ho avuto paura, perché sono nudo, e mi sono nascosto». Riprese: «Chi ti ha fatto sapere che sei nudo? Hai forse mangiato dell’albero di cui ti avevo comandato di non mangiare?». Rispose l’uomo: «La donna che tu mi hai posto accanto mi ha dato dell’albero e io ne ho mangiato». Il Signore Dio disse alla donna: «Che hai fatto?». Rispose la donna: «Il serpente mi ha ingannata e io ho mangiato».
Allora il Signore Dio disse al serpente:
«Poiché hai fatto questo,
maledetto tu fra tutto il bestiame
e fra tutti gli animali selvatici!
Sul tuo ventre camminerai
e polvere mangerai
per tutti i giorni della tua vita.
Io porrò inimicizia fra te e la donna,
fra la tua stirpe e la sua stirpe:
questa ti schiaccerà la testa
e tu le insidierai il calcagno».
L’uomo chiamò sua moglie Eva, perché ella fu la madre di tutti i viventi.
Parola di Dio


SALMO RESPONSORIALE Dal Salmo 97

Rit. Cantate al Signore un canto nuovo, perchè ha compiuto meraviglie.

Cantate al Signore un canto nuovo,
perché ha compiuto meraviglie.
Gli ha dato vittoria la sua destra
e il suo braccio santo.

Il Signore ha fatto conoscere la sua salvezza,
agli occhi delle genti ha rivelato la sua giustizia.
Egli si è ricordato del suo amore,
della sua fedeltà alla casa d’Israele.

Tutti i confini della terra hanno veduto
la vittoria del nostro Dio.
Acclami il Signore tutta la terra,
gridate, esultate, cantate inni!


SECONDA LETTURA
In Cristo Dio ci ha scelti prima della creazione del mondo.

Dalla lettera di san Paolo apostolo agli Efesini 1,3-6.11-12

Benedetto Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo,
che ci ha benedetti con ogni benedizione spirituale nei cieli in Cristo.
In lui ci ha scelti prima della creazione del mondo
per essere santi e immacolati di fronte a lui nella carità,
predestinandoci a essere per lui figli adottivi
mediante Gesù Cristo,
secondo il disegno d’amore della sua volontà,
a lode dello splendore della sua grazia,
di cui ci ha gratificati nel Figlio amato.
In lui siamo stati fatti anche eredi,
predestinati – secondo il progetto di colui
che tutto opera secondo la sua volontà –
a essere lode della sua gloria,
noi, che già prima abbiamo sperato nel Cristo.
Parola di Dio


CANTO AL VANGELO – Cfr. Lc 1,28

Alleluia, alleluia.
Rallègrati, piena di grazia,
il Signore è con te, benedetta tu fra le donne.
Alleluia.


VANGELO
Ecco concepirai un figlio e lo darai alla luce.

Dal Vangelo secondo Luca 1, 26-38

In quel tempo, l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: «Rallègrati, piena di grazia: il Signore è con te».
A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo. L’angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine».
Allora Maria disse all’angelo: «Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?». Le rispose l’angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio. Ed ecco, Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch’essa un figlio e questo è il sesto mese per lei, che era detta sterile: nulla è impossibile a Dio».
Allora Maria disse: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola». E l’angelo si allontanò da lei.
Parola del Signore.


(tratto da: Nuovo Messale della comunità, Domeniche e feste – Elledici 2008)

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2. Esegesi – Immacolata Concezione di Maria, 8 dic

(Lectio Divina tratta da A. Cilia, Lectio Divina Anno A – Elledici, 2010)

La Vergine Maria è la nostra terra sposata da Dio

La gioia piena del sì – Luca 1,26-38

1. LECTIO

a) Orazione iniziale

Già il tuo annuncio di gioia, o Signore, ha raggiunto il mio cuore! Ti prego, fa’ che io ti apra la porta, perché tu possa entrare e sia vero anche per me che tu sei qui, vivo e presente. Passi da me il turbamento dell’animo, dei pensieri e germogli la gioia più vera, quella che porta a dirti il mio sì, a ripeterti, come Maria: «Eccomi, sono tuo servo, tuo figlio amato!». Scenda lo Spirito Santo, ti prego e la sua ombra mi copra, anzi, ancor più, mi avvolga di te, come un abbraccio sereno, forte e sicuro; i rumori, le cose, le preoccupazioni del mondo rimangano fuori, perché possa davvero incontrarmi con te nel profondo, o mio Dio e lì tu faccia di me la tua terra, sposata per sempre. Amen.

b) Lettura del Vangelo: Luca 1,26-38
Al sesto mese, l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: «Rallégrati, piena di grazia: il Signore è con te». A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo. L’angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine».
Allora Maria disse all’angelo: «Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?». Le rispose l’angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio. Ed ecco, Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch’essa un figlio e questo è il sesto mese per lei, che era detta sterile: nulla è impossibile a Dio». Allora Maria disse: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola». E l’angelo si allontanò da lei.

c) Momenti di silenzio orante
Dopo una prima lettura del brano, mi soffermo ancora su queste parole: fisso lo sguardo sui personaggi che compaiono in scena, l’angelo, la vergine Maria, Giuseppe. Ascolto, con le orecchie del cuore, una ad una, le parole pronunciate da Dio, da Maria e poi, in un silenzio profondo, lascio sgorgare le mie, quelle più intime, più segrete. So che anche in me c’è un segreto di verginità e solo a Dio posso svelarlo, consegnando a lui ciò che di più intimo e caro io ho nella vita. E allora faccio silenzio, non dico altro che il mio povero «Eccomi»: «Signore, sono qui».


2. MEDITATIO

a) Chiave di lettura

«Nel sesto mese».
Questa specificazione temporale ritorna per due volte nel brano, a dire che non siamo in un tempo, in un momento qualsiasi della storia. La Parola del Signore ci ha condotti all’ora benedetta dell’appuntamento, al preciso instante in cui Dio Padre vuole rivelare al nostro cuore, alla nostra vita il suo immenso amore per noi, quell’amore, che, come dice Elisabetta, «si è degnato di togliere la nostra vergogna» (Lc 1,25), il nostro peccato, il nostro pianto. Questo è il tempo della grazia, della misericordia, in cui inizia la nostra storia d’amore con Dio. Tempo di gioia piena e vera, sicura e traboccante.

«L’angelo Gabriele».
È lui il primo ad apparire sulla scena, a farsi presente, a parlare; ancora una volta abbiamo la conferma che l’iniziativa è sempre di Dio. È lui che muove il primo passo, lui che decide e scende verso di noi; lui che rivolge per primo la parola, aspettando la nostra risposta. Il Forte – questo significa il nome Gabriele – si fa debole, il cielo si avvicina alla terra, l’annuncio di gioia risuona, a rallegrare le nostre tristezze.

«Una città della Galilea, chiamata Nàzaret».
Nulla è indifferente allo sguardo di Dio, nulla è senza importanza per lui, che tutto ama, tutto accoglie. Prima il tempo, e ora anche il luogo, in uno sguardo che si fa sempre più attento, sempre più concentrato su un punto ben preciso, quello e non un altro. Il nostro percorso spirituale ci conduce in Galilea, la terra delle genti, quella più lontana, più fuori mano, quella a cui nessuno darebbe fiducia, perché considerata impura, toccata dai pagani, da chi non porta in sé la vera fede, la vera e piena appartenenza. E poi Nàzaret, la città, il villaggio, luogo da poco, quasi disprezzato, come intuiamo dalle parole di Natanaele: «Da Nàzaret può mai venire qualcosa di buono?» (Gv 1,46). Evidentemente sì. Galilea, infatti, è terra santa di alleanza, luogo benedetto in cui Dio sposa l’uomo, come ci svela il mistero di questo nome, che significa, appunto, «anello». E Nàzaret è il fiore, che sboccia e porta il buon frutto dell’amore. Siamo noi la terra buona di Dio, il luogo da lui scelto per venire a fare alleanza, per sigillare con l’anello di un amore infinito, che non si spaventa della nostra piccolezza, del nostro povero nulla, perché ai suoi occhi noi siamo preziosi, cari, amati.

«A una vergine».
Queste parole ci fanno entrare nel cuore del mistero di questo vangelo, ci portano alle porte del cuore di Maria, l’Immacolata, la Vergine, ma anche la Sposa. Mistero di lei e di noi, invitati a questa festa solenne, a questa celebrazione dell’Amore. Il termine «vergine», che apre e chiude il versetto, porta in sé il segreto di tutta una vita. Se nella sua espressione greca «parthenos» esso contiene l’idea di pienezza, abbondanza, rigogliosità, floridezza, nell’ebraico, invece, viene ad esprimere piuttosto la dimensione del segreto, del nascondimento. Essere vergine, in senso biblico, non è prima di tutto una condizione fisica, ma uno stato profondo dell’essere, della persona. Questa verginità è vocazione di ognuno di noi, uomini e donne, figli tanto amati, tanto preziosi agli occhi di Dio. Per lui, che conosce il nostro segreto più intimo, più nascosto e profondo, la nostra esistenza è pienezza, abbondanza di dono, di gioia e presenza. Maria è la donna che, più di ogni altro essere umano, ha compreso, ha creduto e per questo ha custodito, ha conservato se stessa per l’incontro con Dio; sapeva che di lui poteva fidarsi, che a lui valeva la pena confidare il proprio segreto di vita.

«Promessa sposa».
Un’altra parola importante, un altro mistero d’amore, consegnato anche a noi, se lo vogliamo. Il termine greco, che Luca sceglie in questo passaggio, è stupendo, pieno di luce; deriva, infatti, da un verbo che significa «ambisco», «aspiro a» e che dà origine al termine «richiesto». Scopriamo, così, sempre di più, quanto la nostra vita sia bella per Dio; lui, che ci ama, davvero ambisce ad averci con sé, richiede la nostra presenza, o forse anche solo uno sguardo (Ct 4,9). Maria ha capito, ha sentito dentro di sé il soffio leggero di un amore così e ha detto il suo sì. Da allora, da quel giorno nella casa di Nàzaret, la strada è aperta anche per noi, l’abbraccio è già pronto.

«Un uomo della casa di Davide di nome Giuseppe».
Giuseppe è l’esempio che tutto questo è vero, è ancora possibile. Lui, della stirpe di Davide, che significa «Amato». Lui, che è l’aggiunto – questo vuol dire il nome Giuseppe, in ebraico. Sì, c’è sempre un posto in più alla tavola dell’Amore del Padre; nessuno è destinato a rimanere in disparte, a non sedere alla mensa dove il povero è re.

«Entrando da lei».
È bellissimo questo verbo, che esprime l’azione divina più sorprendente per noi: Dio scende, Dio si avvicina, Dio sta alla porta dei nostri giorni e poi, finalmente, eccolo! Lui entra. Quest’unico passo segna tutta una vita, cambia, trasforma, fa passare dalla solitudine alla compagnia, dall’angoscia alla speranza ritrovata. «Entrare» è il verbo biblico legato alla Terra promessa, alla conquista del Luogo santo. Prima di Israele, prima di noi, è stato Dio a percorrere la lunghissima strada fino a Canaan, attraverso tutto il deserto; il Signore entra sempre per primo. Entra dentro di noi, che siamo la sua Terra promessa, il luogo più santo del suo desiderio. È Lui ad aprire ogni porta, a dare inizio alla gioia…

«Rallegrati, piena di grazia».
Questa è la prima parola sulle labbra di Dio, portata dalla bocca dell’angelo. Parola dall’eco antichissima, già a lungo ascoltata nelle pagine sante dei grandi profeti: Gl 2,21; Sof 3,14; Zc 9,9. Maria riascolta l’annuncio di gioia, lo riconosce, lo accoglie nella vita, nel cuore; capisce che anche per lei si sta realizzando la profezia, il volere di Dio.

«Il Signore è con te» (cf pag. 626s).
Anche questa è parola già detta, già ascoltata sulle Pagine sante, lette ogni sabato: «Io sono con te», dice il Signore, «non ti lascerò, non ti abbandonerò» (Gn 26,24; 28,15; Es 3,12; Dt 31,23; Gs 1,5; Gdc 6,16; 1 Re 11,38; Is 41,10; 43,5; Ger 1,8.19; 46,28).

«Fu molto turbata».
Maria, all’udire la parola di Dio, si sente attraversata da un forte tremore, è scossa, come avviene quando c’è il terremoto. È interessante notare che il verbo scelto da Luca per descrivere questo momento non è il semplice «esser turbata», ma qualcosa di più, espresso dal prefisso, che vuol dare l’idea di attraversamento, divisione, durata. Sembra quasi che Maria si senta spezzata dentro, divisa, travolta da quanto la sta attraversando: la storia di Dio che entra nella sua storia di donna.

«Si domandava».
Cioè dibatteva dentro di sé, come se parlasse, se discutesse. Torna, anche qui, lo stesso prefisso di prima; Maria parla attraverso, tracciando nel cuore i solchi del dubbio, della sorpresa, forse anche della paura.

«Non temere».
Ma il Signore previene, perché ama davvero. Subito pronuncia questa parola, che risana e consola. Come fece con Abramo (Gn 15,1), Isacco (Gn 26,24), Giacobbe (Gn 28,13; 46,3), ora fa anche con Maria, la Vergine chiamata a partire, a tracciare strade nuove per Dio e per l’uomo, suo figlio. «Non temere» è anche per noi. Se abbiamo aperto la porta, se il Signore ha messo dimora dentro di noi, se ha già cominciato a parlare, a raccontare il suo sogno, davvero non dobbiamo temere.

«Hai trovato grazia».
Maria ha trovato, perché ha cercato e continuerà sempre a cercare, a correr dietro al Figlio che ama. Luca stesso registra questi suoi movimenti di donna, di madre: angosciata Lei cerca il Signore (Lc 2,45-46) e lo trova. Sembra di sentire le parole della sposa del Cantico: «L’ho trovato e non lo lascerò» (Ct 3,4). Lasciamoci trovare anche noi, raggiunti da questa infinita tenerezza divina; se stiamo cercando, saremo trovati, ancor prima di riuscire a trovare.

«Concepirai un figlio».
Bellissimo, ancora una volta, il verbo greco, che, tradotto alla lettera, significa «prendere con». Già l’unione con Dio è realizzata, già la vita di Maria è presa, afferrata tra le mani del Padre e così, insieme, ora afferrano, portano, offrono. Si vede bene che non esiste più solitudine nella vita di chi ha aperto la porta di casa al Signore che viene. E poi non c’è altro modo perché nasca da noi un figlio, perché vita nuova germogli, se non così: unendo le mani a quelle di Dio, per prendere insieme, per concepire la gioia.

«Come avverrà questo?».
Maria risponde con una domanda. Ma lei non è come noi, che vogliamo subito sapere il perché delle cose che accadono, pretendiamo di capire, di essere informati a dovere, per poter fare i calcoli, le previsioni. Lei, la Vergine, non pensa così; sa che il perché appartiene a Dio, al suo cuore, ma vuole solo sapere come avverrà. Perché, dice Lei, «io non conosco».

«Lo Spirito Santo scenderà su di te… ti coprirà con la sua ombra».
Come la nube della gloria di Dio stava sulla tenda del convegno (Es 40,35), così l’ombra dello Spirito Santo rimarrà su Maria. Il grembo vergine, ma fecondo di lei diventa la nuova distesa di acque che ricoprono la terra e su di esse, come al principio, aleggia lo Spirito di Dio (Gn 1,2); qui la nuova creazione è già in atto, nasce, ormai, la creatura rinnovata, il figlio dell’amore. Per noi scende l’ombra di Dio, per noi Egli spalanca sulla vergine il suo abbraccio di Padre, per noi il suo soffio onnipotente culla le acque… Appena un poco, un poco appena (Is 10,25), ed ecco, anche noi nasceremo di nuovo.

«Era detta sterile».
Maria è la terra: terra buona, feconda, nuova; terra arata da Dio, riscaldata dal sole del suo Spirito, irrigata dalle acque della sua nube. Elisabetta, invece, l’altra parte di noi, è sterile, cioè «sradicata», tolta via, tagliata e gettata lontano, secondo il significato molto forte del termine ebraico. Eppure anche per una ferita così, per un taglio tanto profondo che può aver attraversato la nostra storia, lontana o vicina nel tempo, c’è ancora speranza, c’è una salvezza già preparata…

«Nulla è impossibile a Dio».
Per noi così increduli non è facile dare fiducia a questa parola, seguire Maria fino alla fine, arrivare con Lei a dire anche noi il nostro piccolo sì. Ma, ancora una volta, è la stessa Scrittura ad insegnarci, a parlarci diritto nel cuore: «C’è forse qualche cosa d’impossibile per il Signore?» (Gn 18,14); «Signore, a te nulla è impossibile!» (Ger 32,17); «Ecco, io sono il Signore, Dio di ogni essere vivente: c’è forse qualcosa di impossibile per me?» (Ger 32,27); «Se questo sembra impossibile agli occhi del popolo… sarà forse impossibile anche ai miei occhi?» (Zc 8,6).

«Ecco la serva del Signore».
La meta ormai è raggiunta, lo sguardo accolto, l’abbraccio ricambiato; Maria pronuncia tutta la sua disponibilità al disegno, al desiderio, alla volontà di Dio. Dice il suo sì in un modo nuovo, tutto suo; si sente cambiata, intimamente, da questo incontro con Dio, tanto che ora si presenta con un nome nuovo: «Serva». Che significa «strumento». Si affida, così, alle mani di Dio, si abbandona, si consegna serena, sicura dell’opera che egli compirà attraverso di lei… anche per noi.

b) Alcune domande

Per aiutarci nella meditazione e nell’orazione.
– Riconosco che anche per me questo è il tempo, è il luogo segnato da Dio? Accolgo la mia situazione di oggi come una possibilità che il Signore mi offre per incontrarlo e lasciarmi incontrare da lui?
– So qual è il mio segreto, il dono prezioso che porto nascosto nel cuore? Ho mai letto in profondità la mia anima, per scoprire la bellezza che il Signore ha scritto anche dentro di me? E allora sono disposto a consegnare questo tesoro a lui, che me l’ha affidato da sempre? Mi sento anch’io «vergine», cioè persona «custodita», «serbata » per il rapporto con Dio? Oppure mi sento tanto lontano, tanto indegno del Padre, di Maria, che è vergine e immacolata?
– Ho mai vissuto un momento forte di incontro con Dio? Ho mai sentito il suo tocco alla mia porta? Ho mai aperto, prima di oggi, tutto il mio cuore alla sua venuta? Desidero che lui entri dentro di me? Voglio fargli spazio nella mia vita? O preferisco ancora tener chiusa la porta, mettere barriere, porre distanze?
– Ha ancora senso, per me, la parola gioia? E qual è la gioia, la felicità che io vado cercando? Ho mai creduto che, davvero, dall’incontro con Dio, possa venire la gioia?
– Cos’è più forte, nella mia vita: il senso di solitudine o la comunione? Se mi guardo dentro, se provo ad ascoltare il mio cuore, sento che il Signore è con me, o piuttosto mi vedo abbandonato da lui, dimenticato, non tenuto in alcun conto? Sento forse rabbia per un Padre, che non si fa incontrare, che non viene a cercare suo figlio? E se leggo i versetti della Scrittura che ripetono «Il Signore è con te», cosa provo, dentro di me? Ci credo, almeno un po’? E perché non cominciare oggi, proprio ora?
– Maria ha trovato… Sono pronto, oggi, a mettermi anch’io alla ricerca sincera di Dio, sulle sue orme, magari invisibili, confuse, sulle strade del mondo? Cosa porto con me, in questa ricerca?
– Faccio mie le parole di Maria, quel suo «Io non conosco», così umile e schietto? Sono disposto a presentarmi così, a mani vuote, davanti al Signore? Le tenderò verso le sue, perché insieme possiamo camminare su una via nuova, che «io non conosco»?
– C’è forse una parte di me che si sente sterile, strappata, ferita in profondità? Sento che ancora esce sangue dal cuore? Forse sì; ma la Parola del Signore mi assicura che nulla è troppo difficile per lui, che nessuna ferita è inguaribile davanti alla medicina del suo amore infinito. Credo, io, a questo miracolo, preparato anche per me?
– E ora, alla fine, prendo con me le parole di Maria, la vergine, l’Immacolata? Ripeto con lei quelle semplici sillabe, come fossi un bambino nato da poco: «Eccomi», «Avvenga»?


3. ORATIO

a) Salmo 85 (84)
Signore, apri tu la strada e io verrò dietro di te!
Signore, sei stato buono con la tua terra,
hai ristabilito la sorte di Giacobbe.
Hai perdonato la colpa del tuo popolo,
hai coperto ogni loro peccato.
Ritorna a noi, Dio nostra salvezza…
Non tornerai tu a ridarci la vita,
perché in te gioisca il tuo popolo?
Mostraci, Signore, la tua misericordia
e donaci la tua salvezza.
Ascolterò che cosa dice Dio, il Signore:
egli annuncia la pace per il suo popolo, per i suoi fedeli,
per chi ritorna a lui con fiducia.
Sì, la sua salvezza è vicina a chi lo teme,
perché la sua gloria abiti la nostra terra.
Amore e verità s’incontreranno,
giustizia e pace si baceranno.
Verità germoglierà dalla terra
e giustizia si affaccerà dal cielo.
Certo, il Signore donerà il suo bene
e la nostra terra darà il suo frutto;
giustizia camminerà davanti a lui:
i suoi passi tracceranno il cammino.

b) Orazione finale
Signore Gesù, ti ringrazio di questo incontro con te, di questo dono grande, inaspettato, che mi supera. La Vergine Immacolata mi è sempre sembrata così lontana, così diversa da noi e invece ho scoperto tutta la concretezza della sua strada con te, del suo cammino di fede. Entrando tu nella mia vita, hai portato anche lei, come sorella, come amica per me. Grazie per le tue parole così semplici e forti; mi sono sentito cambiato, rinnovato, come una terra che viene di nuovo arata, dopo tanto tempo di attesa. Grazie per l’abbraccio del tuo Spirito Santo, sceso anche per me, come quel giorno sulla Vergine Maria; la sua ombra diventi certezza di fede, diventi fiducia incrollabile nel tuo amore di Padre. E grazie, alla fine, anche per il povero sì, uscito dalle mie labbra, dal cuore. Signore, io credo che nulla è impossibile a te e per questo mi affido al tuo amore, oggi e per sempre. Amen.


4. CONTEMPLATIO

Ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù…
Mi soffermo su queste parole, che sono il centro, il cuore del brano; tutto si muove in funzione di questo, tutto conduce al Figlio, a Gesù…
Concepirai… darai alla luce… chiamerai…
In particolare ritorno sul primo verbo: concepire, portare con, portare insieme. Il greco, fra l’altro, aggiunge «nel grembo». Quindi scendo laggiù, nel mio grembo, nel punto profondo del cuore, dell’anima, dove nessuno può giungere, se non io solamente… con Dio, che vi abita già, da sempre, dall’eternità.
Un figlio… Gesù, nasce dal mio incontro con Dio. Gesù da donare ai fratelli, alle sorelle, a tutti quelli che camminano sulla mia strada, che condividono con me i passi da fare, gli impegni di vita, le fatiche, le gioie.
È Gesù che vince la mia sterilità, la mia solitudine, forse il mio pianto: è Lui il Figlio che porta la gioia, che realizza davvero la Parola detta dall’angelo, all’inizio di questo vangelo: «Rallegrati!».
Rimango così, tenendo stretta la gioia di Dio, la promessa del suo amore per noi e, da dentro il mio grembo, ripeto, senza più avere paura: «Eccomi… avvenga per me!».

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3. Annunciare la Parola – Immacolata Concezione di Maria, 8 dic

PER COMPRENDERE LA PAROLA (Lectio)

PRIMA LETTURA
Questo passo della Genesi viene immediatamente dopo il racconto della caduta (Gn 3,1-6). Dio cerca una confessione; ma Adamo e poi Eva tentano di discolparsi (vv. 9-13). Iahvè pronuncia allora una serie di maledizioni all’indirizzo del serpente (vv. 14-15), della donna (Gn 3,16) e dell’uomo (Gn 3,17-19). Il v. 20, aggiunto alla nostra lettura, ricorda che la donna ha ricevuto un nome che esprime la sua maternità rispetto al genere umano.

a) Il peccato è visto da Israele come la sorgente di un disequilibrio nell’ordine creato. L’uomo sapeva che era nudo; ma la concupiscenza in lui si sveglia soltanto dopo la colpa, che è di ordine spirituale. L’autore del racconto non pensa a una colpa carnale; la concupiscenza è la conseguenza del peccato. Questo consiste nella perdita dell’amicizia con Dio.

b) La maledizione del serpente mette in luce una costante dell’Antico Testamento. Quando Dio punisce l’uomo, la condanna non è assoluta: rimane possibile un avvenire. In certo modo il racconto sottolinea che Dio si mette dalla parte dell’uomo. Nello stesso momento in cui maledice il serpente, Dio apre la via alla speranza. Una prospettiva di salvezza è almeno presentita nel fatto che Iahvè stabilisce una ostilità tra il serpente e la discendenza della donna. La traduzione dei Settanta preciserà che un figlio della donna sarà vincitore, e la Volgata latina traduce come se la donna dovesse riportare la vittoria. Ma è chiaro che l’interpretazione messianica non si impone al livello del testo originale.
L’interpretazione mariologica s’impone ancora meno; e questo l’hanno visto bene i Padri della Chiesa. Tuttavia la scelta di questa lettura per la festa dell’Immacolata Concezione è appoggiata dalla tradizione e si spiega molto bene. Di fatto la Vergine Maria è, nella discendenza della Donna, colei in cui Dio ha pienamente restaurato la sua amicizia con l’uomo prima di fondarla definitivamente nel figlio di Maria, l’Uomo-Dio.

SALMO
Il nostro cuore fa continuamente esperienza del peccato. Ma può essere rigenerato nella speranza se si lascia affascinare dalle meraviglie dell’amore divino. Meraviglie che contempliamo oggi in Maria.

SECONDA LETTURA
Brani dell’inno di benedizione (Ef 1,3-18) che Paolo ha formulato all’inizio della sua lettera agli Efesini. Esso è composto secondo le leggi classiche dell’azione di grazie giudaica: un’introduzione (v. 3), una prima strofa chiusa con una benedizione di Dio (vv. 4-6), una seconda strofa che si chiude essa pure con una glorificazione di Dio (vv. 7-12, che in parte mancano nella lettura), infine una preghiera epicletica in cui Paolo domanda a Dio per i suoi corrispondenti la conoscenza del suo disegno (vv. 13-18, omessi dalla lettura).
Questa azione di grazie si ispira probabilmente a una preghiera del quotidiano rituale giudaico, da dove essa ha preso dei temi come quello della paternità di Dio (v. 3), dell’elezione (v. 4), ecc. Rimane un’importante differenza tra le due preghiere: il rituale giudaico rende grazie a Dio per il dono della Legge, la preghiera di Paolo per il dono del Figlio.

a) Il versetto introduttivo (v. 3) fissa i grandi temi non soltanto della preghiera, ma dell’intera epistola. Si tratta infatti di una azione di grazie per la salvezza (presentata qui come una «benedizione») voluta dal Padre, meritata dal Cristo e realizzata dallo Spirito.
Le benedizioni salutari per le quali si loda Dio sono la morte e la glorificazione di Cristo (Ef 1,7 e 10), l’inizio della vita divina nell’uomo, grazie alla fede e al battesimo (Ef 1,13), e nel mondo, grazie alla signoria di Cristo (Ef 1,10). L’espressione «nei cieli» che qualifica queste benedizioni designa tutto ciò che non è né «carne e sangue» (Ef 6,12), né «potenze celesti» spodestate da Cristo (Col 2,15; 1 Cor 15,24). Quanto all’espressione «nel Cristo» designa la mediazione attraverso la quale si realizzano le benedizioni del Padre dopo che Cristo si è sostituito alla «carne» e agli «spiriti» nell’ordine della salvezza.

b) La prima strofa (vv. 4-6) spiega come la benedizione di Dio rechi beneficio all’uomo, chiamato da Cristo alla santità. Essa infatti è elezione da parte dell’amore del Padre che fa degli uomini i figli di Dio. Il tema di questa strofa mette in rilievo l’iniziativa di Dio nell’opera della salvezza e di conseguenza la certezza della salvezza. L’oggetto di questa elezione è la santità: la comunicazione della vita stessa di Dio (Lv 19,2). Il segreto di questa comunicazione è l’amore, un amore che giunge all’adozione degli uomini. I versetti della seconda strofa, conservati nella nostra lettura (vv. 11-12), non fanno che riaffermare questo tema dell’elezione e dell’iniziativa di Dio.
La scelta di questa lettura per la festa dell’Immacolata Concezione mette in piena luce la parte che spetta a Dio nel mistero di Maria. Ella è per eccellenza colei che è stata eletta «prima della creazione del mondo» (v. 4). Ma ella ha risposto pienamente a questa elezione, essendo per eccellenza colei che «in anticipo ha sperato in Dio» (v. 12). L’iniziativa di Dio è messa tanto più in rilievo in quanto colei che ha risposto l’ha fatto con un atto di piena libertà spirituale, il cui contenuto si chiama speranza!

VANGELO
La forma particolare di questo racconto, una specie di midrash dove ogni parola ed ogni espressione è carica di evocazioni, esige un commento versetto per versetto, che permetterà di coglierne le linee essenziali.

a) Il quadro e il contesto storico (vv. 26-27)
L’apparizione di Gabriele situa la scena dell’Annunciazione nel contesto profetico ed escatologico, perché la tradizione considerava Gabriele come depositario del segreto riguardante il computo delle settanta settimane precedenti l’instaurazione definitiva del Regno (cf Dn 8,16; 9,21.24-26).
In effetti, l’angelo appare dapprima a Zaccaria nel Tempio (Lc 1,11), poi a Maria sei mesi più tardi (180 giorni) (Lc 1,26). Cristo viene al mondo nove mesi dopo (270 giorni), ed è presentato al Tempio quaranta giorni più tardi. In tutto sono 490 giorni o settanta settimane, le cui tappe sono segnalate dall’espressione: «compiuti i giorni…» (Lc 1,23; 2,6.22), che conferisce agli avvenimenti il significato del compimento di una profezia.
Cristo è dunque, ad un tempo, il Messia previsto da Dn 9 e il Messia umano e Figlio d’uomo quasi divino (Dn 7,13). Gli avvenimenti che annunciano la sua nascita preparano l’entrata della gloria di Iahvè, personificato in Cristo, nel suo tempio definitivo.

b) I titoli di Maria (vv. 27-28)
La semplicità dell’Annunciazione che si svolge in una casa di Galilea, regione disprezzata (Gv 1,46; 7,41), contrasta con l’apparato dell’annuncio della nascita del Battista nel Tempio (Lc 1,5-25). L’opposizione tra Maria e Gerusalemme già si delinea e si preciserà nel saluto dell’angelo che ricalca un saluto che Sofonia (3,16) e Zaccaria (9,9) rivolgono a Gerusalemme per annunciarle la prossima venuta del Signore «nel tuo seno» [in mezzo a te] (senso letterale della formula di Sof 3,16). L’angelo trasferisce su Maria i privilegi fino allora attribuiti a Gerusalemme. Del resto, l’influenza di Sofonia si prolunga in tutto il racconto (Lc 1,28 e Sof 3,15; Lc 1,30 e Sof 3,16; Lc 1,28 e Sof 3,14).
In Luca l’espressione «piena di grazia» significava probabilmente che Maria era «graziosa», come Rut davanti a Booz (Rt 2,2.10.13), Ester davanti ad Assuero (Est 2,9.15.17; 5,2.8; 7,3; 8,5) ed ogni donna agli occhi del proprio sposo (Prv 5,19; 7,5; 18,22; Ct 8,10). Questo contesto matrimoniale è ricco di evocazioni. Da lungo tempo Dio cerca una sposa fedele. Egli ha ripudiato Israele, la sposa precedente (Os 1-3), ma è disposto a un nuovo «fidanzamento». Maria, interpellata con una delle espressioni frequenti nelle relazioni tra sposi, comprende che Dio realizzerà in lei il mistero delle nozze promesse nell’Antico Testamento, operando l’unione delle due nature – divina ed umana – nella persona di Gesù.

c) I titoli del Messia (vv. 31-33)
I primi titoli applicati a Gesù si ispirano al vocabolario regale delle promesse di Natan (2 Sam 7,11): Gesù sarà «grande» (cf 2 Sam 7,11), sarà Figlio dell’Altissimo, titolo riservato ai grandi personaggi (Sal 2,7; 28,1; 81,6; 88,7) e al Messia in 2 Sam 7,14. Egli si assiderà sul trono di Davide (2 Sam 7,16; Is 9,6). Ma l’angelo va oltre le previsioni di Natan predicendo l’estensione del Regno di Cristo alla casa di Giacobbe (alle dieci tribù del Nord). Gesù farà dunque l’unità di Giuda e di Israele (Ez 37,15-28; Dn 7,14; Mic 5,4-7), in attesa di poter realizzare quella tra Giudei e pagani.
Il fatto che l’angelo non impone al figlio di Maria il nome di Emmanuele (Is 7,14) non ha nulla di strano. In effetti ben una dozzina di nomi erano stati previsti per il Messia, ma nessuna tradizione aveva pensato a «Gesù», che significa «Iahvè nostro salvatore». Questo nome richiama due personaggi che hanno avuto una parte importante nella storia del popolo eletto: il giudice Giosuè nel deserto (Sir 46,1-2) e il sacerdote Giosuè al ritorno dall’esilio (Zc 3,1-10; Ag 2,1-9). Passando attraverso la sofferenza e la morte, Gesù meriterà a sua volta il nome di «salvatore» dell’umanità.

d) Le circostanze della concezione (vv. 34-38)
L’angelo predice la concezione del bambino in termini presi da Es 40,35, dove l’apparizione della nube manifesta la presenza di Dio. Il bambino che nascerà sarà il frutto di un intervento specialissimo di Dio; egli apparterrà a quel mondo divino e celeste che la nube generalmente simboleggia (v. 35).
Questo intervento divino suppone una collaboratrice libera (v. 37). Maria intendeva, sembra, restare vergine. Le giovani potevano ottenere questa autorizzazione dallo sposo specialmente nell’ambiente esseno. L’affermazione di Maria di non conoscere affatto uomo (mentre conosceva Giuseppe) va intesa nella maniera simbolica di tutto questo midrash. Maria rappresenta Gerusalemme, oggetto di promessa di fecondità. Non conoscere uomo, per Gerusalemme è vivere il marasma della sua situazione di ripudiata, di abbandonata, di derelitta (cf Is 60,15; 62,1-4). Maria reca su di sé la desolazione della città ripudiata mentre le si dice che nozze novelle saranno celebrate dove Dio riprenderà in lei l’antica fidanzata. L’Annunciazione compie il mistero delle nozze di Dio e del suo popolo.
Luca parla di Maria e della sua verginità; lo fa nel quadro preciso della sua comunione nuziale con Dio e in vista del frutto di questa comunione: il Messia.
Ad ogni modo, credere a questa verginità di Maria nelle sue nozze spirituali con Dio è affermare qualche cosa su Cristo. La visuale rimane fondamentalmente cristologica.


PER ANNUNCIARE LA PAROLA (piste di omelia)

Maria e la storia della salvezza
Il dogma dell’Immacolata Concezione svela, alla sua sorgente, il ruolo eccezionale della Vergine Maria nell’«Avvento» dell’umanità in cerca della sua salvezza. Che la madre del Salvatore sia esente dal peccato originale costituisce certo un privilegio unico, che dipende dalla grazia onnipotente di Dio! Ma il cristiano non si può accontentare di cogliere questo dogma mariano in termini di privilegio; ci sarebbe il rischio di strappare la Vergine alla condizione comune degli uomini, di farne un caso isolato senza che ne derivi una maggiore comprensione della storia della salvezza in cui tutti siamo impegnati.
Al contrario, cogliendo il privilegio dell’Immacolata Concezione non soltanto da parte della benevolenza onnipotente di Dio, che prepara in Maria una dimora degna del Figlio, ma soprattutto da parte di Maria stessa e della risposta attiva e libera al disegno di Dio sull’uomo, ci si procura il mezzo di comprendere quale luce questo dogma proietti su tutta l’avventura spirituale dell’umanità.
Le Scritture non ci parlano dell’Immacolata Concezione come tale. Grandi teologi hanno manifestato al riguardo forti esitazioni, e la Chiesa non si è pronunciata solennemente se non nel sec. xix. Se l’ha fatto è perché questa proclamazione dogmatica le è sembrata essenziale al giusto equilibrio del mondo della fede.

La Vergine Immacolata alla sommità della religione dell’Attesa
L’arrivo di Israele al regime della fede costituisce una svolta nella storia religiosa dell’umanità. La religione dell’Attesa prende definitivamente corpo.
Sotto la guida dei profeti, l’uomo giudaico impara a gettare sull’esistenza uno sguardo assai più realistico dell’uomo pagano. Della realtà che vive, egli non si accontenta più di ritenere i valori stabili e ricorrenti, i cicli cosmici, le leggi naturali, il dominio dell’immobile e del prevedibile, tutto ciò che fa della vita un «eterno ritorno» e fonda una sicurezza commisurata alle risorse umane; al contrario, egli si dà a considerare l’evento stesso con il suo peso di non-senso e di imprevedibile. È sul terreno della storia che Israele scopre il suo Dio che gli viene incontro. Un incontro eminentemente attuale e concreto!
L’esperienza religiosa di Israele lo invita ad approfondire i rapporti inaugurati dall’Alleanza del Sinai. Iahvè è il Dio Assolutamente-Altro, padrone della storia concreta del popolo che si è scelto, il solo che conosce in lungo e in largo gli eventi che la compongono. Egli è il creatore di tutte le cose, visibili e invisibili, e non deve rendere conto a nessuno del proprio agire. Egli guida il suo popolo, ed è il Fedele per eccellenza, perché ama. Di fronte a Dio, l’uomo è un niente, una creatura fallibile, a cui però Dio richiede una risposta attiva e libera. Una risposta del cuore, che impegna la parte più intima dell’essere!
Scoprendo che Iahvè può salvare l’uomo, Israele percepisce che l’atto divino che lo salva non l’aliena; Iahvè ricerca nell’uomo un interlocutore in un dialogo di amore. Ma a quali condizioni l’uomo può essere un partner di Dio? Queste condizioni non gli sembrano adempiute nel presente; Israele si volge verso l’avvenire, nell’attesa di un uomo che potrà dire a Dio il «sì» del partner. Il regime della fede si sviluppa in una religione dell’Attesa.
Questa religione dell’Attesa, Maria l’ha vissuta fin nelle sue ultime conseguenze. La sua domanda circa l’avvenire non conosce compromesso. Se Iahvè è l’Assolutamente-Altro, la risposta che si attende dall’uomo sarà tutt’altra da quello che possono produrre le risorse dell’uomo: nessuna realtà umana, si tratti dell’appartenenza ad Israele o dell’osservanza della Legge, può costruire questa risposta. La povertà richiesta all’uomo è il rinnegamento di se stesso e la disponibilità all’intervento divino. Il peccato non ha alcun posto in Maria.

Gesù Salvatore, figlio di Maria
La qualità della fede di Maria è tale che in lei si può realizzare il passaggio dall’Attesa al Compimento. In questa fede culmina la ricerca religiosa dell’umanità. Che cosa significa la maternità di Maria per la comprensione dell’umanità di Cristo?
L’incarnazione del Figlio di Dio significa anzitutto che egli ha preso carne da una donna in un popolo determinato e in un preciso momento della storia. L’Incarnazione non si è prodotta sulla terra d’Israele per caso, circa dodici secoli dopo che il popolo eletto era stato costituito nel deserto, e più di cinque secoli dopo l’esilio di Babilonia, dopo che una serie di profeti ha permesso a questo popolo di approfondire il cammino della fede, nel momento in cui la diaspora giudaica è penetrata in tutto il mondo allora conosciuto. In quanto è possibile accostare l’itinerario spirituale di Israele, si può affermare che il Figlio di Dio è intervenuto nella storia nel momento più adatto alla sua missione.
Ciò che sappiamo di Maria ci permette di progredire oltre nell’intelligenza del mistero di Cristo. Dando i natali al Messia, Maria non si è limitata a dargli un corpo; ella è stata sua madre in tutta la pienezza del termine. Ciò vuol dire che il Figlio di Dio si è inserito nell’itinerario spirituale di Israele come uno che doveva anzitutto essere modellato da una tradizione vivente; da sua madre Gesù ha ricevuto i tesori di fede accumulati da generazioni di credenti in Israele ed è stato lungamente educato nella fede dei suoi padri.
Di più, la maternità di Maria comporta qualche cosa di unico, in ragione della sua stessa Concezione Immacolata. Essendo senza peccato, Maria ha vissuto in una religione dell’Attesa la povertà spirituale che sarebbe stata quella di suo Figlio nella religione del Compimento. Dando a Gesù quanto di meglio ella aveva in sé, Maria ha realmente preparato Gesù ad entrare nella via dell’obbedienza fino alla morte di croce.
Dio manifesta nell’Incarnazione di suo Figlio un infinito rispetto dell’umanità e della sua ricerca spirituale: al livello della sua umanità Gesù ha ricevuto tutto da Maria, a parte quel dono di vita eterna che egli vi incarna perché è il Figlio eterno del Padre. Questo ci rivela il dogma dell’Immacolata Concezione: fino a questo livello di profondità il Salvatore ha sposato la ricerca spirituale dell’umanità!

Il ruolo materno di Maria e la Chiesa
La maternità di Maria immacolata ci aiuta pure ad approfondire il mistero della Chiesa, di cui Maria è la prima credente. Quantunque eccezionale, la fede di Maria ottiene il suo valore salvifico soltanto da Cristo; lo stesso si dica della fede della Chiesa. Ma, di riscontro, la qualità stessa della fede di Maria rivela a che punto Dio chiami l’uomo a contribuire alla realizzazione del suo disegno di salvezza; la fede della Chiesa ha questo stesso significato. La Chiesa è il Corpo di Cristo, ma ne è pure la Sposa, colei che collabora e reca il suo contributo unico ed insostituibile alla costruzione della salvezza.
Per salvaguardare l’assoluta trascendenza dell’essere e dell’agire di Cristo, si può essere tentati di considerare la Chiesa soltanto come la «zona di espansione» del Risuscitato, di non vedere in essa che lo strumento di cui si serve Cristo glorioso. La maternità di Maria non ce lo permette. La Chiesa è il Corpo di Cristo, ma questo corpo prende la sua «materia» dagli uomini concreti che lo compongono. Come Maria ha generato il corpo del Figlio di Dio, la Chiesa non cessa, lungo il corso della storia, di generare il Corpo di Cristo.

Il mistero di Maria e l’«Avvento» dell’Umanità
La Tradizione ha evocato spesso il ruolo di Maria in quelle che vengono dette le «preparazioni provvidenziali» alla salvezza di Cristo. Immersa nella storia della salvezza d’Israele, ella ha detto l’ultima parola di una religione dell’Attesa; ella ha portato al suo punto estremo la ricerca spirituale del suo popolo. Avendolo percorso ella stessa, conosce meglio di chiunque altro l’itinerario da seguire per andare incontro al dono di Dio. Quando diventa la madre del Figlio di Dio ella misura quanto sia stretto il legame tra la religione dell’Attesa e quella del Compimento. Quando il Figlio di Dio s’incarna, tutto è nuovo: la storia della salvezza può cominciare; quella precedente era stata soltanto preistoria della salvezza. Tra la preistoria e la storia della salvezza la continuità è indissolubile.
Il ruolo unico che Maria ha avuto nella storia d’Israele lo continua segretamente durante tutta la storia della salvezza. Un lungo Avvento è necessario, perché il mistero di Cristo si incarni nell’itinerario spirituale di un popolo o di una cultura. Il mistero di Cristo, infatti, a poco a poco prende forma nella materia stessa di questo itinerario spirituale. Maria è presente in questa lenta maturazione. Ella possiede il segreto dell’Avvento che conduce ad accogliere il Signore; ella presagisce le vie per le quali passano le nuove generazioni del Verbo e, grazie alla comunione dei santi, svolge un ruolo determinante perché tali vie siano di fatto accettate dalle Nazioni.
La contemplazione del mistero di Maria è un’esigenza di tutta la spiritualità missionaria. La Vergine Maria ha preceduto il missionario.

La celebrazione eucaristica e la storia della salvezza
La festa dell’Immacolata Concezione è al suo posto nel tempo liturgico dell’Avvento. La sua celebrazione può permettere ai cristiani radunati di approfondire dei dati essenziali della partecipazione all’Eucaristia.
L’Eucaristia è un atto di Cristo; non avrebbe alcun valore senza di lui. Ma è pure l’atto di una comunità; e, in questo caso, essa ha il volto di coloro che si sono radunati. Non si viene all’Eucaristia soltanto per ricevere; ciascuno è invitato a recare la sua parte alla realizzazione di questo atto principale della storia della salvezza. Ciò che abbiamo detto del mistero della Chiesa, alla luce del mistero di Maria, vale in modo particolare per l’evento eucaristico. I «sì» che vi sono pronunciati impegnano il volto concreto della Chiesa e perciò il destino dell’umanità. I cristiani dovrebbero avere una coscienza acuta di ciò che avviene quando si radunano per l’Eucaristia. Partecipare del Pane e della Parola arreca oggettivamente il più intimo legame con Cristo vivo; per cui il «sì» pronunciato in questa partecipazione è quello che impegna più profondamente i membri del Corpo di Cristo.
Del resto, non si viene soli all’Eucaristia. Si viene carichi di una rappresentanza: quella delle comunità naturali cui si appartiene, quella di un popolo e di un mondo culturale. Si viene perciò portatori di un Avvento collettivo, di tutto ciò che costituisce la ricerca di queste comunità, di questo popolo, di questo mondo. Affinché la generazione di Cristo continui «fino a che egli ritorni»!


(tratto da: M. Gobbin, Omelie per un anno – vol. 1, anno A, tempi forti – Elledici 2003)

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4. Parola da Vivere – Immacolata Concezione di Maria, 8 dic

ECCOMI
Gesù che vince la mia sterilità, la mia solitudine, forse il mio pianto: è Lui il Figlio che porta la gioia, che realizza davvero la Parola detta dall’angelo, all’inizio di questo vangelo: «Rallegrati!». Rimango così, tenendo stretta la gioia di Dio, la promessa del suo amore per noi e, da dentro il mio grembo, ripeto,
senza più avere paura: «Eccomi… avvenga per me!».


(tratto da A. Cilia, Lectio Divina Anno A – Elledici, 2010)

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5. Preghiere dei Fedeli – Immacolata Concezione di Maria, 8 dic

«Ti saluto, o piena di grazia, il Signore è con te»

Celebrante. In Maria Immacolata, preservata da ogni colpa, Dio ci ha offerto l’immagine dell’umanità nuova, redenta da Cristo. Nella Preghiera dei fedeli gli domandiamo il coraggio di prendere Maria come nostro modello.

Lettore. Preghiamo insieme e diciamo: Maria, piena di grazia, prega per noi. 

1. Preghiamo per la Chiesa. La prima comunità cristiana in Gerusalemme si riuniva stringendosi con gioia attorno a Maria, che Gesù dalla croce aveva affidato all’apostolo Giovanni.
Perché anche oggi la Chiesa viva unita alla Madonna imitando la sua fedeltà a Cristo, e risplenda sulla terra più santa e immacolata, preghiamo.

2. Per tutte le donne del mondo. Nel progetto di Dio, a loro sono affidati compiti di massima delicatezza e importanza.
Perché ogni donna trovi in Maria l’aiuto a riscoprire e realizzare il significato della sua vocazione nella famiglia, nella Chiesa, nella società, preghiamo.

3. Per i giovani, impegnati a costruire e realizzare i loro progetti di vita.
Perché vedano in Maria, giovane mamma del Salvatore, il modello della loro vita, e sappiano imitarla nell’innocenza e nella santità, preghiamo.

4. Per le persone sofferenti, colpite nel fisico o nel morale, che tante volte sono messe a dura prova dal dolore.
Perché trovino nella protezione di Maria, madre addolorata e madre di tutte le grazie, un motivo di consolazione e di speranza, preghiamo.

5. Per la nostra comunità di fede, chiamata a vivere sul nostro territorio con la presenza serena e costruttiva che aveva Maria santissima tra la gente nel suo villaggio di Nazaret.
Perché sappiamo essere, sull’esempio della Madonna, docili all’ascolto della Parola del Signore, capaci di meditarla nel nostro cuore, e pronti a realizzarla nella vita di ogni giorno, preghiamo.

Celebrante. O Dio nostro Padre, esaudisci le preghiere che ti abbiamo presentato con fiducia di figli, per intercessione di Maria Immacolata. E fa’ che con la tua grazia viviamo sempre, sull’esempio di Maria, lontani dalla tristezza del peccato, e costruttori di tutto ciò che è bene tra i fratelli. Per lo stesso Cristo nostro Signore.


(tratto da: E. Bianco, Preghiera dei fedeli, proposte per le domeniche e feste degli anni A-B-C – Elledici 2002)