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3. Commento alle Letture – 6 APRILE 2025 5ª DOMENICA DI QUARESIMAPROSSIMA

6 APRILE

5ª DOMENICA DI QUARESIMA

IL DIO RI-CREATORE

COMMENTO

 Nei Vangeli ci sono 11 versetti che venivano censurati nelle prime comunità’ cristiane perché ritenuti pericolosi e scandalosi. Ci vollero secoli prima che venissero  a far parte delle celebrazioni cristiane.
La misericordia di Gesù verso l’adultera appariva eccessiva ai primi cristiani. Per cui li avevano “”purgati” eliminandoli dal Vangelo di Luca che ne è l’autore. Solo più tardi vennero riabilitati inserendoli nel Vangelo di Giovanni a cui per stile e linguaggio non appartengono.

La scena si svolge nel Tempio di Gerusalemme. È l’alba. Attorno a Gesù si raccolgono molte persone. Questo assembramento non passa inosservato alle guardie del Tempio che allarmano i sacerdoti e gli scribi. Costoro odiavano il Maestro, perché li aveva pubblicamente denunciati di aver corrotto la santità e profanato la sacralità del luogo trasformandolo in “una spelonca di ladri” e non in “una casa di preghiera”. Per questo avevano deciso che doveva morire.
Un fatto di cronaca offre loro l’opportunità di tendergli un tranello mortale. Proprio quella mattina una donna viene beccata in flagrante adulterio e loro la trascinano tra la folla gettandola per terra ai piedi di Gesù. La Legge non le lascia scampo: deve essere ammazzata. La legislazione precisava che se  il peccato veniva commesso durante l’anno dello sposalizio, durante il quale i promessi sposi si frequentavano ma non convivevano, la pena era la lapidazione. Se il “fattaccio”  avveniva dopo le nozze e gli sposi convivevano, la pena era il soffocamento della colpevole.
Siccome allora ci si sposava a tredici anni per la ragazza e a diciotto per il ragazzo, si può tranquillamente desumere che la peccatrice  era una povera ragazzina atterrita.

Gesù capisce subito che si tratta di un tranello. Se dà l’assenso a procedere con la lapidazione viene meno al suo insegnamento   che  Dio perdona sempre, deludendo così coloro che lo avevano scelto come Maestro. Se invece optava per la misericordia, a scapito della ferrea applicazione della legge mosaica,  violava pubblicamente la Legge mettendo a repentaglio la sua vita.
Gesù non prende  posizione. Compie un gesto  che disorienta  e manda in confusione sacerdoti, scribi ed anziani. Si china per terra e comincia a scrivere col dito nella sabbia.
A noi questo gesto dice nulla. Ma ai moralisti parrucconi fischiano le orecchie. Conoscono molto bene quello che c’è scritto nel libro del profeta Geremia: “Saranno scritti nella terra i nomi di quanti abbandonano il Signore”.
Conoscono la capacità di Gesù nel leggere nella coscienza. Troppo pericoloso per loro. Troppi scheletri, troppi desideri inconfessabili, troppe maschere, troppi tradimenti, troppi furti… Meglio non rischiare che il loro nome venga inciso nella sabbia perdendo faccia e buona reputazione.
Erano venuti in gruppo, si dileguano alla chetichella con la coda tra le gambe. Il gruppo che si era presentato compatto quando si trattava di condannare, evapora davanti al pericolo di essere pubblicamente smascherato.
I  cultori e custodi della legge che avevano trascinato una peccatrice da lapidare, lasciano campo libero al Figlio di Dio che vede davanti a sé solo una bambina da aiutare.
Non risulta che siano volate delle pietre.

Il messaggi è forte e chiaro per ognuno di noi. Spetta a noi trarre le dovute conseguenze.

MEDITAZIONE

La scorsa domenica, riflettendo sul sacramento della riconciliazione, si è osservato come la confessione dei peccati è in vista dell’accoglienza della misericordia, non della vergogna delle proprie miserie.
La memoria di sé è spiritualmente importante, ma a patto che non ci blocchi nel passato ma ci rilanci nel futuro. Anche nel sacramento della riconciliazione il riconoscimento del proprio peccato è in vista del futuro.
Le letture proposte portano a riflettere sul valore del secondo momento del sacramento della riconciliazione: il ricevimento del perdono nell’assoluzione sacramentale.

Il Dio creatore e ri-creatore

Isaia si rivolge al popolo deportato in Babilonia. È un oracolo diviso in tre parti. Nella prima (cf Is 43,16-17) egli fa memoria dell’azione di Dio in favore di Israele schiavo in Egitto. La seconda parte attira l’attenzione su quanto sta accadendo (cf Is 43,19). La terza parte è la promessa del ritorno dall’esilio babilonese (cf Is 43,19b-21). Il Dio liberatore è lo stesso Dio creatore. E con il ritorno in patria il Dio creatore è il Dio ri-creatore.

Svolta esistenziale

La dimensione personale ed esistenziale di quest’affermazione emerge nella seconda lettura. Paolo, dopo aver narrato la sua autobiografia, cioè dopo aver fatto memoria di sé, imprime una svolta al discorso: «Per lui [Gesù Cristo] ho lasciato perdere tutte queste cose e le ritengo spazzatura» (Fil 3,8). Paolo rilegge il proprio passato alla luce dell’evento fondante della sua nuova esistenza: l’essere stato «conquistato da Gesù Cristo» (Fil 3,12). La relazione con Cristo di cui Paolo parla è una relazione affettiva e mistica (cf Fil 3,10), totalizzante che, pur senza negare il passato (non ne ha appena fatto il racconto?), tuttavia lo proietta verso il futuro (cf Fil 3,13) Anche nella lettera di Paolo dunque il Dio creatore è ri-creatore.
Paolo, però, aggiunge un tassello. Ciò che opera la ri-creazione non è una presunta auto-giustificazione che può venire dall’osservanza della legge, bensì la grazia che viene dalla fede (cf Fil 3,9). E da questo punto di vista si può leggere il brano di vangelo.

La peccatrice perdonata

La scena narrata da Giovanni è un conflitto fra Gesù, scribi e farisei. In questo conflitto la donna è solo causa e strumento. Se non fosse per l’attenzione che Gesù le riserva, tutti sarebbero disinteressati alla sua persona. Lei è il suo peccato, è bloccata nel suo passato e nel suo peccato.
L’interesse vero degli accusatori è di trovare il modo di mettere Gesù in contraddizione con Mosè o con se stesso. La Legge dichiara questa donna colpevole, e condannabile alla lapidazione. Questo è il massimo che può fare una legge. Stabilire il confine fra bene e male; dare chiarezza di ciò che è bene e ciò che è male. Prevedere premi e punizioni. Ma è incapace di dare perdono. Grazie alla legge si può sapere cosa bisognerebbe fare, ma la legge non dà la forza di farlo. Per questo ci vuole la grazia.
Nel dialogo fra Gesù e i suoi interlocutori, Gesù non raggiunge solo il risultato di non far lapidare la donna, ma anche di porre tutti di fronte a se stessi. Chi può arrogarsi di giudicare gli altri se appena guarda se stesso in onesta coscienza?
Nel successivo dialogo con la donna, Gesù si relaziona con lei mettendo al centro dell’attenzione la sua persona, non il suo peccato. Non è un rapporto bugiardo sminuente la gravità della sua azione. La prende seriamente, anche nel suo peccato. Ma non la blocca nel suo peccato: le offre una nuova possibilità di vita (cf Gv 8,11).

La riconciliazione

La vicenda dell’adultera è l’immagine del percorso del peccatore riconciliato. È qui che giunge alla sua pienezza il cammino incominciato con il riconoscimento del proprio peccato. Nel perdono che ci raggiunge nel sacramento, Dio è realmente il creatore ri-creatore, e con il suo perdono ci dischiude orizzonti di vita nuova. Questo è l’effetto del perdono: siamo ri-creati a sua immagine e somiglianza; restituiti alla nostra dignità di figli ricevuta nel battesimo, purificata nell’ascesi, visualizzata nella trasfigurazione, desiderata dalla pazienza misericordiosa di Dio. Siamo liberati dalla nostra colpa, rivestiti degli abiti di figli, e rilanciati verso la vita. In ciò sta il senso della Quaresima. A questo punto è possibile avviarsi verso la settimana santa.

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2. introduzioni – 6 APRILE 2025 5ª DOMENICA DI QUARESIMA

6 APRILE

5ª DOMENICA DI QUARESIMA

IL DIO RI-CREATORE

Prepararsi alla settimana santa significa ri-costruire le proprie relazioni in due direzioni.
La prima è quella che va verso Dio, il quale, se ci rivolgiamo a lui coscienti dei nostri peccati e desiderosi di ricevere il suo perdono, non ci rifiuta mai e ri-conferma la sua scelta di considerarci figli. La seconda è quella che va verso il nostro prossimo, salvato, come noi, dalla misericordia del Padre e dunque nostro fratello nel difficile cammino verso il Regno.

PRIMA LETTURA

Ecco, io faccio una cosa nuova e darò acqua per dissetare il mio popolo.
Il profeta si rivolge a un popolo prostrato dall’esilio in Babilonia. La vera sciagura, tuttavia, non è la condizione di servitù, dalla quale Israele è già stato liberato in passato, ma l’assenza di fiducia nell’opera del Signore.

SALMO RESPONSORIALE                

Dal Salmo 125 (126)

È il Signore a decidere della nostra sorte, anche quando essa sembra già segnata dalle circostanze sfavorevoli, dal giudizio degli uomini o dall’ineluttabilità della morte.

SECONDA LETTURA

A motivo di Cristo, ritengo che tutto sia una perdita, facendomi conforme alla sua morte.
Il credente in Cristo non è più intrappolato nel calcolo dei meriti e dei demeriti stabiliti dalla Legge. Una certezza lo anima: il Signore continua ad amarlo. Il tempo presente, perciò, è da vivere orientati al futuro, nella fede in Cristo risorto e nella speranza di giungere alla piena comunione con lui.

VANGELO

Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei.
Gli scribi e i farisei di cui si parla oggi hanno la tendenza a dare molto per scontato: la salvezza in conseguenza dell’ottemperanza ai precetti della Legge, la dannazione di fronte alla sua violazione e, soprattutto, la differenza tra loro e l’adultera. Gesù, al contrario, non dà nulla per scontato, tantomeno l’importanza di una persona e del suo rapporto intimo con la misericordia di Dio.

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4. Letture – 6 APRILE 2025 5ª DOMENICA DI QUARESIMA

6 APRILE

5ª DOMENICA DI QUARESIMA

IL DIO RI-CREATORE

PRIMA LETTURA

Ecco, io faccio una cosa nuova e darò acqua per dissetare il mio popolo.
Il profeta si rivolge a un popolo prostrato dall’esilio in Babilonia. La vera sciagura, tuttavia, non è la condizione di servitù, dalla quale Israele è già stato liberato in passato, ma l’assenza di fiducia nell’opera del Signore.

Dal libro del profeta Isaia           Is 43,16-21

Così dice il Signore,
che aprì una strada nel mare
e un sentiero in mezzo ad acque possenti,
che fece uscire carri e cavalli,
esercito ed eroi a un tempo;
essi giacciono morti, mai più si rialzeranno,
si spensero come un lucignolo, sono estinti:
«Non ricordate più le cose passate,
non pensate più alle cose antiche!
Ecco, io faccio una cosa nuova:
proprio ora germoglia, non ve ne accorgete?
Aprirò anche nel deserto una strada,
immetterò fiumi nella steppa.
Mi glorificheranno le bestie selvatiche,
sciacalli e struzzi,
perché avrò fornito acqua al deserto,
fiumi alla steppa,
per dissetare il mio popolo, il mio eletto.
Il popolo che io ho plasmato per me
celebrerà le mie lodi».
Parola di Dio.

SALMO RESPONSORIALE                

Dal Salmo 125 (126)

È il Signore a decidere della nostra sorte, anche quando essa sembra già segnata dalle circostanze sfavorevoli, dal giudizio degli uomini o dall’ineluttabilità della morte.

Rit. Grandi cose ha fatto il Signore per noi.

Quando il Signore ristabilì la sorte di Sion,
ci sembrava di sognare.
Allora la nostra bocca si riempì di sorriso,
la nostra lingua di gioia.

Allora si diceva tra le genti:
«Il Signore ha fatto grandi cose per loro».
Grandi cose ha fatto il Signore per noi:
eravamo pieni di gioia.

Ristabilisci, Signore, la nostra sorte,
come i torrenti del Negheb.
Chi semina nelle lacrime
mieterà nella gioia.

Nell’andare, se ne va piangendo,
portando la semente da gettare,
ma nel tornare, viene con gioia,
portando i suoi covoni.

SECONDA LETTURA

A motivo di Cristo, ritengo che tutto sia una perdita, facendomi conforme alla sua morte.
Il credente in Cristo non è più intrappolato nel calcolo dei meriti e dei demeriti stabiliti dalla Legge. Una certezza lo anima: il Signore continua ad amarlo. Il tempo presente, perciò, è da vivere orientati al futuro, nella fede in Cristo risorto e nella speranza di giungere alla piena comunione con lui.

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Filippesi    Fil 3,8-14

Fratelli, ritengo che tutto sia una perdita a motivo della sublimità della conoscenza di Cristo Gesù, mio Signore. Per lui ho lasciato perdere tutte queste cose e le considero spazzatura, per guadagnare Cristo ed essere trovato in lui, avendo come mia giustizia non quella derivante dalla Legge, ma quella che viene dalla fede in Cristo, la giustizia che viene da Dio, basata sulla fede: perché io possa conoscere lui, la potenza della sua risurrezione, la comunione alle sue sofferenze, facendomi conforme alla sua morte, nella speranza di giungere alla risurrezione dai morti.
Non ho certo raggiunto la mèta, non sono arrivato alla perfezione; ma mi sforzo di correre per conquistarla, perché anch’io sono stato conquistato da Cristo Gesù. Fratelli, io non ritengo ancora di averla conquistata. So soltanto questo: dimenticando ciò che mi sta alle spalle e proteso verso ciò che mi sta di fronte, corro verso la mèta, al premio che Dio ci chiama a ricevere lassù, in Cristo Gesù.

Parola di Dio.

CANTO AL VANGELO

Cf Gl 2,12-13

Lode e onore a te, Signore Gesù!

Ritornate a me con tutto il cuore, dice il Signore,
perché io sono misericordioso e pietoso.

Lode e onore a te, Signore Gesù!

VANGELO

Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei.
Gli scribi e i farisei di cui si parla oggi hanno la tendenza a dare molto per scontato: la salvezza in conseguenza dell’ottemperanza ai precetti della Legge, la dannazione di fronte alla sua violazione e, soprattutto, la differenza tra loro e l’adultera. Gesù, al contrario, non dà nulla per scontato, tantomeno l’importanza di una persona e del suo rapporto intimo con la misericordia di Dio.

Dal vangelo secondo Giovanni          Gv 8,1-11

In quel tempo, Gesù si avviò verso il monte degli Ulivi. Ma al mattino si recò di nuovo nel tempio e tutto il popolo andava da lui. Ed egli sedette e si mise a insegnare loro.
Allora gli scribi e i farisei gli condussero una donna sorpresa in adulterio, la posero in mezzo e gli dissero: «Maestro, questa donna è stata sorpresa in flagrante adulterio. Ora Mosè, nella Legge, ci ha comandato di lapidare donne come questa. Tu che ne dici?». Dicevano questo per metterlo alla prova e per avere motivo di accusarlo.
Ma Gesù si chinò e si mise a scrivere col dito per terra. Tuttavia, poiché insistevano nell’interrogarlo, si alzò e disse loro:
«Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei». E, chinatosi di nuovo, scriveva per terra. Quelli, udito ciò, se ne andarono uno per uno, cominciando dai più anziani.
Lo lasciarono solo, e la donna era là in mezzo. Allora Gesù si alzò e le disse: «Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata?». Ed ella rispose: «Nessuno, Signore». E Gesù disse: «Neanch’io ti condanno; va’ e d’ora in poi non peccare più».

Parola del Signore.

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5. Preghiere di perdono e dei fedeli – 6 APRILE 2025 5ª DOMENICA DI QUARESIMA.

6 APRILE

5ª DOMENICA DI QUARESIMA

IL DIO RI-CREATORE

RICHIESTA DI PERDONO

  • Signore, pensiamo che sia tipico dei forti giudicare con durezza, ma non abbiamo il coraggio assumerci la responsabilità delle
    nostre condanne.
      Kyrie eleison.
  • Cristo, approfittiamo del tuo perdono per non convertirci e per ricadere negli stessi sbagli.  Christe eleison.
  • Signore, non crediamo che, anche di fronte alle nostre colpe, tu possa davvero volerci ancora bene.  Kyrie eleison.

PREGHIERA UNIVERSALE

In Cristo, Dio non ha atteso che fossimo degni della sua presenza, ma ci ha raggiunto nella nostra miseria, per portarci la sua misericordia. Preghiamo insieme e diciamo:

Signore, siamo peccatori: non condannarci.

• Perché, quando sono in gioco l’incolumità, la libertà o la felicità di altri esseri umani, riflettiamo con saggezza e agiamo con prudenza. Preghiamo. 

• Perché il nostro desiderio di punire nel tuo nome sia deluso dall’inconfondibile chiarezza del Vangelo. Preghiamo.

• Perché sappiamo vederci come uomini nuovi, rigenerati nel sacramento della riconciliazione.
Preghiamo.

• Perché abbiamo il coraggio di considerarci e di considerare i nostri fratelli persone, senza affidarci alla comodità del «così si dice» e del «così si suole fare». Preghiamo.


O Padre, ci hai chiesto di rinunciare alla sicurezza del nostro giudizio di condanna, per aprirci all’onnipotenza del tuo amore. Fa’ che, con il tuo aiuto, progrediamo nel cammino di fede e nella comunione con i fratelli.
Te lo chiediamo per Cristo nostro Signore.

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6. Vignetta di RobiHood – 6 APRILE 2025 5ª DOMENICA DI QUARESIMA.

6 APRILE

5ª DOMENICA DI
QUARESIMA

IL DIO
RI-CREATORE

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Pubblicazioni di Roberto Benotti (RobyHood) presso Elledici:

Laudato sii

Ancilla Domini

Un anno straordinario

Sorrisi divini

I Love Francesco

Testi e i commenti proposti per la domenica 

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3. Commento alle Letture – 30 MARZO 2025 4ª DOMENICA DI QUARESIMA

30 MARZO 2025

4ª DOMENICA DI QUARESIMA

(Domenica «laetare»)

FRA MISERIA E MISERICORDIA

COMMENTO

La parabola del “Figliuol prodigo” la conosciamo quasi a memoria. L’intento di Luca, nella sua narrazione, è quello di farci entrare in zucca che Dio non ci ama a motivo dei nostri meriti acquisiti  attraverso la puntigliosa e rigorosa osservanza (tipicamente farisaica), ma lo fa perché Padre di tutti e risponde ai bisogni di ogni persona  senza richiedere la fedina penale immacolata a nessuno.

È un racconto impregnato di ironia nel parlare, ed urticante per l’udito dei farisei e scribi che lo pedinano da vicino. Costoro venivano scandalizzati dai discorsi che Egli teneva a degli uditori che loro detestavano per la loro condotta.

Luca 15,1 ci informa che tra i seguaci di Gesù numerosi erano gli esattori delle tasse e i pubblici peccatori. Categorie considerate impure che ogni buon ebreo doveva disprezzare ed assolutamente evitare per non contaminarsi. Per chiarire il suo pensiero al riguardo il Messia ci presenta un fatto di vita che avviene nell’ambito di normale famiglia formata da un Padre e due figli. Naturalmente, secondo la mentalità rigorosamente misogina dell’epoca,  la madre e le eventuali figlie non vengono menzionate. Il Padre ama con tutto se stesso i due figli. Li tratta ed educa allo stesso modo, ma con risultati opposti. Il primogenito si cala nella parte del bravo ragazzo tutto casa e lavoro. Il secondogenito si lascia prendere dall’ebbrezza della libertà e del vivere e finisce per rovinarsi con le sue mani. Il primogenito è quello che erediterà tutti i beni familiari. Lo sa e, quindi si adegua. Sempre presente, sempre disciplinato, sempre micragnoso osservante di ogni comando paterno. Il fratello minore è già stato liquidato nelle sue spettanze. Se ne è andato per i fatti suoi lasciando campo libero. La tradizione familiare lo blinda nei suoi diritti di unico erede rimasto. La sua tranquillità paciosa viene sbriciolata da una musica di festa che lo accoglie, stanco, al suo ritorno a casa. Rimane sorpreso.
La gioia non abitava più nella casa a partire dal giorno in cui suo fratello si era eclissato. Questo fatto aveva reso triste il padre. Egli amava quella testa vuota del suo figlio minore più di se stesso. Da allora i suoi giorni si erano trasformati in una trepida attesa di rivederlo a casa. Quando ne vede la sagoma riapparire  all’orizzonte in lui scatta una gioia esplosiva. Perde la testa. La sua gioia si trasforma in abbracci, anello, vestiti di alta moda. lauto banchetto. Sembra impazzito.
Il padre viene fulminato dall’atteggiamento cinico, farisaico del figlio più grande. Pensava di averlo educato sulla stessa onda dei suoi valori. Rimane basito di fronte alla freddezza, alla cattiveria, all’egoismo, alla supponenza di un bellimbusto  che tutto preso dal suo voler essere perfetto nell’osservanza, come i farisei, ha perso ogni sentimento di perdono, di accoglienza, di fratellanza. Il fratello minore non è più considerato fratello. La frase “questo tuo figlio  che ha divorato il tuo patrimonio” è intrisa di cattiveria che lo acceca e lo riempie di ingratitudine.
In questa parabola i sono in abbondanza spunti di meditazione per ognuno di noi
È così densa di insegnamenti che solo il fariseismo più cieco può annullarne il messaggio.

MEDITAZIONE

La liturgia di Quaresima dell’anno C, seguendo il vangelo di Luca, conduce lungo un percorso di scoperta e di coinvolgimento nella misericordia del Signore. È in ragione di tale misericordia che si dischiude per l’uomo la possibilità della fuoriuscita dalla propria condizione di peccato, per accogliere in pienezza il dono della risurrezione.
Così si giunge a questa domenica, penultima di Quaresima, in cui la contemplazione si fissa con maggior intensità proprio sul tema centrale: la misericordia.

Il percorso analogo dei due figli

La parabola proposta, forse la più famosa di tutto il Vangelo, è erroneamente detta la parabola del Figliol Prodigo. È meglio chiamarla, come ormai sempre più spesso si fa, la parabola del Padre Misericordioso. Il padre ha due figli. Il minore è quello su cui l’attenzione normalmente si ferma di più. Si allontana da casa dopo aver chiesto l’eredità. Rompe la relazione in modo evidente. Nulla più lo trattiene nella casa del padre e liberamente sceglie il proprio cammino. In questo percorso dissipa tutto ciò che ha, fino al colmo dell’aberrazione: pascola i porci e, addirittura, ne vorrebbe mangiare le carrube (cf Lc 15,14-16). A questo punto si pente, anche se il suo pentimento è piuttosto sospetto: vero ritorno o solo fame che a casa del padre sa di poter soddisfare?
Ma l’atteggiamento del figlio maggiore è molto differente da quello del figlio minore? Vero che non se ne va di casa, ma è mai stato a casa? Al ritorno del fratello si rivolge al padre con parole (cf Lc 15,29-30) che dimostrano la sua incapacità di gioire della sua gioia, perché non è mai stato in comunione con lui. Un estraneo in casa sua. Alla fin fine bisogna riconoscere che, seppure secondo modalità diverse, l’atteggiamento di fondo dei due fratelli non li differenzia affatto.

Il padre misericordioso

E qui si ritrova la figura del padre. Silenziosamente aveva accettato la libera decisione del figlio minore di allontanarsi. Silenziosamente, ma con evidente apprensione, lo aveva atteso. Al solo vederlo in lontananza gli corre incontro. Gioisce per il ritorno. Chiama il maggiore a condividere la sua gioia, irrigidito nella sua presunta bontà per essere capace di condividere la gioia. D’altronde questa parabola (e le due precedenti) è stata narrata da Gesù per farisei e scribi che «mormoravano dicendo: “Costui accoglie i peccatori e mangia con loro”» (Lc 15,2).
La reazione del padre stona però anche con l’atteggiamento del figlio minore. Forse perché mosso più dalla fame che da reale pentimento torna a casa con un discorso preparato (cf Lc 15,18-19) nel quale afferma che non è possibile per lui ritornare a essere considerato figlio. Il padre invece, e qui è la misericordia, non solo non lo lascia finire di parlare, ma, ancor più, chiama i servi per restituirgli tutti i segni della sua dignità (cf Lc 15,22).
Tale è il rapporto con Dio annunciato anche da Paolo nella seconda lettura. Un rapporto che ha in Cristo il mediatore della riconciliazione (cf 2 Cor 5,19). Riconciliazione che inaugura una totale novità, che rinnova tutte le dimensioni dell’uomo: la sua identità e le sue relazioni (cf 2 Cor 5,17). È una novità di vita che viene dall’essere inseriti in Cristo, dal riscoprire la nostra dignità di figli ricevuta nel battesimo. Il senso del cammino quaresimale.

Sperimentare la misericordia

Nella vicenda del figlio minore della parabola il punto di svolta si ha quando «ritornò in sé» (Lc 15,17). È un momento di consapevolezza, di presa di coscienza della propria situazione.
La Quaresima è un tempo forte in cui ci si accosta a celebrare il sacramento della riconciliazione. Perché non sia solo un rito sterile, dettato esclusivamente dall’abitudine, è opportuno che ci si identifichi con il cammino di esilio e ritorno del figlio minore.
La confessione del proprio peccato, nella sua asprezza, educa all’introspezione, è un autentico momento di verità, nasce dalla preziosa capacità di mettersi onestamente di fronte a se stessi, ma non cede alla disperazione. È l’identificazione di quei precisi punti su cui dobbiamo crescere per essere ciò che veramente siamo, non per vergognarci di ciò che siamo stati.
La confessione dei propri peccati è l’ammissione umile della propria miseria, ma solo perché questa è accolta e sanata dalla misericordia di Dio. Fra miseria e misericordia ciò che conta è la misericordia.

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2. introduzioni – 30 MARZO 2025 4ª DOMENICA DI QUARESIMA

30 MARZO 2025

4ª DOMENICA DI QUARESIMA

(Domenica «laetare»)

FRA MISERIA E MISERICORDIA

La liturgia della quarta domenica di Quaresima ci propone, sia nella prima lettura, sia nella seconda, sia nel vangelo, il tema della riconciliazione col Padre.
Tale riconciliazione è, in un senso importante, innanzitutto un ritorno: alla nostra libertà, dopo la schiavitù del peccato; alla nostra condizione di uomini, creati a immagine e somiglianza di Dio, dopo la distorsione del suo volto operata dal male; alla nostra dignità di figli, dopo l’apparente vittoria della morte.

PRIMA LETTURA

Il popolo di Dio, entrato nella terra promessa, celebra la Pasqua.
Per gli Israeliti, giunti finalmente nella terra promessa, il ricordo della schiavitù patita presso gli Egiziani non è più un’umiliazione. Dio ha infatti provveduto a fare del grido di dolore del suo popolo un punto di partenza per condurlo fino alla libertà.

SALMO RESPONSORIALE                

Dal Salmo 33(34)

Tutti siamo poveri di fronte a Dio. Tutti abbiamo dunque motivo di ascoltare la sua Parola e di rallegrarci per la sua misericordia.

SECONDA LETTURA

Dio ci ha riconciliati con sé mediante Cristo.
Dopo la croce e risurrezione di Cristo, il punto non sono più i nostri peccati, che possono essere vinti dalla misericordia di Dio, ma la nostra volontà di aprirci o meno a tale misericordia.

VANGELO

Questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita.
Dio non è «particolarmente paziente» secondo i nostri canoni, è semplicemente a un altro livello. In questo brano del vangelo di Luca, sia il figlio minore, sia il figlio maggiore continuano a ragionare in termini di meriti e di demeriti; il padre, invece, mette in gioco un nuovo elemento che sconvolge l’intera storia: un amore infinito.

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4. Letture – 30 MARZO 2025 4ª DOMENICA DI QUARESIMA

30 MARZO 2025

4ª DOMENICA DI QUARESIMA

(Domenica «laetare»)

FRA MISERIA E MISERICORDIA

PRIMA LETTURA

Il popolo di Dio, entrato nella terra promessa, celebra la Pasqua.
Per gli Israeliti, giunti finalmente nella terra promessa, il ricordo della schiavitù patita presso gli Egiziani non è più un’umiliazione. Dio ha infatti provveduto a fare del grido di dolore del suo popolo un punto di partenza per condurlo fino alla libertà.

Dal libro di Giosuè             Gs 5,9a.10-12

In quei giorni, il Signore disse a Giosuè: «Oggi ho allontanato da voi l’infamia dell’Egitto».
Gli Israeliti rimasero accampati a Gàlgala e celebrarono la Pasqua al quattordici del mese, alla sera, nelle steppe di Gerico. Il giorno dopo la Pasqua mangiarono i prodotti della terra, àzzimi e frumento abbrustolito in quello stesso giorno.
E a partire dal giorno seguente, come ebbero mangiato i prodotti della terra, la manna cessò. Gli Israeliti non ebbero più manna; quell’anno mangiarono i frutti della terra di Canaan.

Parola di Dio.

SALMO RESPONSORIALE                

Dal Salmo 33(34)

Tutti siamo poveri di fronte a Dio. Tutti abbiamo dunque motivo di ascoltare la sua Parola e di rallegrarci per la sua misericordia.

Rit. Gustate e vedete com’è buono il Signore.

Benedirò il Signore in ogni tempo,
sulla mia bocca sempre la sua lode.
Io mi glorio nel Signore:
i poveri ascoltino e si rallegrino.

Magnificate con me il Signore,
esaltiamo insieme il suo nome.
Ho cercato il Signore: mi ha risposto
e da ogni mia paura mi ha liberato.

Guardate a lui e sarete raggianti,
i vostri volti non dovranno arrossire.
Questo povero grida e il Signore lo ascolta,
lo salva da tutte le sue angosce.

SECONDA LETTURA

Dio ci ha riconciliati con sé mediante Cristo.
Dopo la croce e risurrezione di Cristo, il punto non sono più i nostri peccati, che possono essere vinti dalla misericordia di Dio, ma la nostra volontà di aprirci o meno a tale misericordia.

Dalla seconda lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi                               2 Cor 5,17-21

Fratelli, se uno è in Cristo, è una nuova creatura; le cose vecchie sono passate; ecco, ne sono nate di nuove.
Tutto questo però viene da Dio, che ci ha riconciliati con sé mediante Cristo e ha affidato a noi il ministero della riconciliazione. Era Dio infatti che riconciliava a sé il mondo in Cristo, non imputando agli uomini le loro colpe e affidando a noi la parola della riconciliazione.
In nome di Cristo, dunque, siamo ambasciatori: per mezzo nostro è Dio stesso che esorta. Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio. Colui che non aveva conosciuto peccato, Dio lo fece peccato in nostro favore, perché in lui noi potessimo diventare giustizia di Dio.

Parola di Dio.

CANTO AL VANGELO

Lc 15,18

Lode e onore a te, Signore Gesù!

Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò:
Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te.

Lode e onore a te, Signore Gesù!

VANGELO

Questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita.
Dio non è «particolarmente paziente» secondo i nostri canoni, è semplicemente a un altro livello. In questo brano del vangelo di Luca, sia il figlio minore, sia il figlio maggiore continuano a ragionare in termini di meriti e di demeriti; il padre, invece, mette in gioco un nuovo elemento che sconvolge l’intera storia: un amore infinito.

Dal vangelo secondo Luca

In quel tempo, si avvicinavano a Gesù tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro».
Ed egli disse loro questa parabola: «Un uomo aveva due figli. Il più giovane dei due disse al padre: “Padre, dammi la parte di patrimonio che mi spetta”. Ed egli divise tra loro le sue sostanze. Pochi giorni dopo, il figlio più giovane, raccolte tutte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò il suo patrimonio vivendo in modo dissoluto. Quando ebbe speso tutto, sopraggiunse in quel paese una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. Allora andò a mettersi al servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei suoi campi a pascolare i porci. Avrebbe voluto saziarsi con le carrube di cui si nutrivano i porci; ma nessuno gli dava nulla. Allora ritornò in sé e disse: “Quanti salariati di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi salariati”. Si alzò e tornò da suo padre.
Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. Il figlio gli disse: “Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio”. Ma il padre disse ai servi: “Presto, portate qui il vestito più bello e fateglielo indossare, mettetegli l’anello al dito e i sandali ai piedi. Prendete il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”. E cominciarono a far festa.
Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; chiamò uno dei servi e gli domandò che cosa fosse tutto questo. Quello gli rispose: “Tuo fratello è qui e tuo padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo”. Egli si indignò, e non voleva entrare. Suo padre allora uscì a supplicarlo. Ma egli rispose a suo padre: “Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai disobbedito a un tuo comando, e tu non mi hai mai dato un capretto per far festa con i miei amici. Ma ora che è tornato questo tuo figlio, il quale ha divorato le tue sostanze con le prostitute, per lui hai ammazzato il vitello grasso”. Gli rispose il padre: “Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”».

Parola del Signore.