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7. Aforismi – IV Avv A e Natale, 22 e 25 dic ’19

Raccolta di aforismi o testi utili per la riflessione o l’approfondimento

IV di Avvento “A”:

«LA VERGINE PARTORIRÀ UN FIGLIO»
È il più celebre degli oracoli riguardanti il Messia, pronunciato dal profeta Isaia (capo 7, versetto 14) nell’anno 734 a.C. Contiene la promessa di un segno, offerto in nome di Dio ad Acaz re della Giudea, come sollecitazione a metter da parte alleanze militari e intrighi politici, e ad affidarsi al Signore. Re Acaz era diplomatico e scettico quanto basta, nel condurre la cosa pubblica, per fare a meno di Dio. In quel momento particolarmente difficile, il suo stato era preso tra due fuochi, vaso di coccio tra gli Assiri e Damasco. Egli ignorò l’invito di Isaia, perciò il profeta pronunciò – contro di lui – quell’oracolo sorprendente.
L’evento annunciato si sarebbe realizzato? Come? E quando? Al re Acaz sarà dato un segno: la nascita di quel bambino. Nascerà da chi?
– Il termine ebraico (in greco parthénos) indica: da una vergine. Ma allora significava di solito ragazza in genere, non ancora matura per il matrimonio.
– Tra i contemporanei si pensava anche alla «giovane donna per eccellenza», la sposa del re. Un modo di dire diffuso tra i popoli del Medio Oriente. È questa l’interpretazione oggi preferita dai biblisti, anche perché l’oracolo riguardava il casato di Davide. E di fatto presto ad Acaz nascerà Ezechia, che sarà l’esatto contrario del padre. Re giusto e pio, capace di suscitare le speranze del popolo. Ma poi di fatto deluderà in larga parte le attese poste in lui.
– Un’altra ipotesi si far? strada nel secondo secolo prima di Cristo: una parte della tradizione ebraica propenderà per la nascita eccezionale, ancora da venire, del Messia, da una vergine. Si sarebbe compiuto così in modo luminoso e convincente l’oracolo dell’Emanuele, Dio compagno di viaggio del popolo eletto. Con Matteo si compie così la trasposizione dell’oracolo a sette secoli più tardi. Del resto a Gesù si applica a meraviglia l’espressione «a lui sarà dato il nome Emmanuele, che significa Dio con noi». Quanto alla madre, per i cristiani – Matteo in testa – il riferimento va senza dubbio a Maria vergine, madre di Dio. E con Matteo viene ad aggiungersi ad Acaz, come destinatario dell’oracolo, anche Giuseppe. È come Acaz discendente di Davide, è futuro sposo di Maria, padre putativo di Gesù. All’opposto dello scettico Acaz crede nello sconvolgente intervento di Dio, dà la sua piena adesione, collabora senza riserve. Offre la copertura legale, quanto al casato, a quel figlio. Di più, consacrerà l’esistenza a quelle due persone a lui affidate, offrendo protezione e affetto senza confini. Così i due episodi lontani sette secoli – il rifiuto di Acaz, e il sì incondizionato di Giuseppe – in Matteo si saldano in una nuova prospettiva, e indicano la svolta dell’umanità in Cristo.


Natale:

25 DICEMBRE, TANTI ANNI FA
Di quell’avvenimento decisivo, che ha ridatato tutti gli avvenimenti della storia umana, non siamo in grado di indicare il giorno e l’anno in cui avvenne.
– Nel quarto secolo un monaco chiamato Dionigi il Piccolo credette di aver trovato quale fosse l’anno uno, ma poi altri studiosi scoprirono vari errori nei suoi calcoli, e ora ci spiegano che Gesù è nato quattro o cinque anni prima, o forse nove. Insomma, che oggi – anno… 2019 – saremmo in realtà nell’anno 2019, o 2024.
– Tanto meno sappiamo con precisione il giorno e mese di quella nascita: altri studiosi ci dicono che la data del 25 dicembre è stata solo una scelta saggia, ben calcolata, operata dalla Chiesa dei primi secoli, per sostituire – con una festa cristiana di alto contenuto spirituale – un’antichissima festa pagana. E decisamente pagana. Una festa che si celebrava nell’antica Roma in onore del «Sole invitto». In questo periodo dell’anno astronomico infatti le notti, che sono lunghissime, cominciano ad accorciarsi, e i giorni ad allungarsi. È la luce che la vince sulle tenebre, la vita che prevale sulla morte.
– Da parte dei cristiani, come non vedere in questa luce lo stesso Signore? Di fatto san Giovanni ha scritto di Gesù nel prologo al suo Vangelo: «In lui era la vita, e la vita era la luce degli uomini; la luce splende nelle tenebre…». Per i cristiani il Sole invitto era Gesù, e presero a festeggiarlo il 25 dicembre.

DIO FATTO UOMO: QUELL’AZZERAMENTO
L’Incarnazione può sembrare un fallimento, un annientamento; con la morte in croce sembra addirittura capovolto il progetto di Dio. Ma l’esito finale risulterà opposto: la risurrezione e ascensione di Cristo. E noi con lui. Lo ha spiegato Paolo, con non nascosto entusiasmo (Fil 2,1-14). Un teologo ha detto che Dio con le sue creature si è comportato come fa la mamma, ogni mamma, col suo bambino. Quante volte avremo visto quel gesto. Lei alta, grande, lui piccolino – due soldi di cacio – a terra. Ma ecco lei si china, si abbassa, si porta al livello del suo bambino. Si fa piccola con lui, come lui. Poi lo afferra con le mani, si alza, e lo porta in alto con sé. Lo solleva fino alla propria altezza, e gli dona un bacio. È ci? che nell’incarnazione del Verbo ha fatto Dio con l’uomo. Il significato del Natale è qui: Dio scende e si fa come uno di noi perché l’uomo possa risalire all’altezza di Dio. «Il Verbo di Dio si è fatto uomo, per fare di noi una creatura divina» (sant’Atanasio).


(tratto da: E. Bianco, All’altare di Dio – Anno A – Elledici 2009)

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8. Canto Liturgico – IV Avv A e Natale, 22 e 25 dic ’19

Ecco a voi questa settimana un canto di INIZIO

O REDENTORE DELL’UOMO – Turoldo-Marcianò
(Nella Casa del Padre, n. 454 – Elledici)

1. O Redentore dell’uomo discendi,
vieni e rivela il mistero di Dio:
cosa si celi in un cuore di carne,
quanto egli ami la nostra natura.

2. Il Padre, il Verbo, lo Spirito , dicano:
Facciamo l’uomo ancora e per sempre!.
È Lui l’immagine vera, perfetta,
l’ultimo frutto, il nato da Vergine.

3. Ormai la terra, il mare, le stelle
e quanto vive quaggiù sotto il cielo,
il canto innalzino a Lui che viene,
al benedetto nel nome di Dio.

4. A te, Gesù, che il Padre riveli
e sveli insieme il nostro destino,
a te, che nuove le cose rifai,
il nostro canto di grazie e di lode.

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9. Narrazione – IV Avv A e Natale, 22 e 25 dic ’19

DUE ASINELLI

Alla grotta di Betlemme arrivarono anche due asinelli.
Erano stanchi e macilenti.
Le loro groppe erano spelacchiate e piagate dai pesanti sacchi che il mugnaio loro padrone caricava quotidianamente e dai colpi di bastone che non risparmiava.
Avevano sentito i pastori parlare del Re dei Re venuto dal cielo ed erano accorsi anche loro.
Rimasero un attimo a contemplare il Bambino.
Lo adorarono e pregarono come tutti.
All’uscita li attendeva lo spietato mugnaio.
I due asinelli ripartirono a testa bassa, con il pesante basto sulla groppa.
«Non serve a niente» disse uno. «Ho pregato il Messia che mi togliesse il peso e non l’ha fatto».
«Io invece», ribatté l’altro che trotterellava con un certo vigore, «io gli ho chiesto di darmi la forza di portarlo».

«Ti basta la mia grazia. La mia potenza si manifesta in tutta la forza proprio quando uno è debole» (2 Corinzi 12,9).


(tratto da: B. Ferrero, 365 Piccole Storie per l’anima, Vol. 1, pag. 346 – Elledici 2016)

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1. Letture – III Avv A, 15 dic ’19

PRIMA LETTURA
Ecco il vostro Dio, egli viene a salvarvi.

Dal libro del profeta Isaìa 35,1-6a.8a.10

Si rallegrino il deserto e la terra arida,
esulti e fiorisca la steppa.
Come fiore di narciso fiorisca;
sì, canti con gioia e con giubilo.
Le è data la gloria del Libano,
lo splendore del Carmelo e di Saron.
Essi vedranno la gloria del Signore,
la magnificenza del nostro Dio.
Irrobustite le mani fiacche,
rendete salde le ginocchia vacillanti.
Dite agli smarriti di cuore:
«Coraggio, non temete!
Ecco il vostro Dio,
giunge la vendetta,
la ricompensa divina.
Egli viene a salvarvi».
Allora si apriranno gli occhi dei ciechi
e si schiuderanno gli orecchi dei sordi.
Allora lo zoppo salterà come un cervo,
griderà di gioia la lingua del muto.
Ci sarà un sentiero e una strada
e la chiameranno via santa.
Su di essa ritorneranno i riscattati dal Signore
e verranno in Sion con giubilo;
felicità perenne splenderà sul loro capo;
gioia e felicità li seguiranno
e fuggiranno tristezza e pianto.
Parola di Dio.


SALMO RESPONSORIALE
Dal Salmo 145 (146)

R. Vieni, Signore, a salvarci.

Oppure: Alleluia, alleluia, alleluia.

Il Signore rimane fedele per sempre
rende giustizia agli oppressi,
dà il pane agli affamati.
Il Signore libera i prigionieri.

Il Signore ridona la vista ai ciechi,
il Signore rialza chi è caduto,
il Signore ama i giusti,
il Signore protegge i forestieri.

Egli sostiene l’orfano e la vedova,
ma sconvolge le vie dei malvagi.
Il Signore regna per sempre,
il tuo Dio, o Sion, di generazione in generazione.


SECONDA LETTURA
Rinfrancate i vostri cuori,
perché la venuta del Signore è vicina.

Dalla lettera di san Giacomo apostolo 5,7-10

Siate costanti, fratelli miei, fino alla venuta del Signore. Guardate l’agricoltore: egli aspetta con costanza il prezioso frutto della terra finché abbia ricevuto le prime e le ultime piogge. Siate costanti anche voi, rinfrancate i vostri cuori, perché la venuta del Signore è vicina.
Non lamentatevi, fratelli, gli uni degli altri, per non essere giudicati; ecco, il giudice è alle porte. Fratelli, prendete a modello di sopportazione e di costanza i profeti che hanno parlato nel nome del Signore.
Parola di Dio.


CANTO AL VANGELO Is 61, 1 (cit. in Lc 4, 18)

Alleluia, alleluia.
Lo Spirito del Signore è sopra di me,
mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio.
Alleluia.


VANGELO
Sei tu colui che deve venire
o dobbiamo aspettare un altro?

Dal Vangelo secondo Matteo 11,2-11

In quel tempo, Giovanni, che era in carcere, avendo sentito parlare delle opere del Cristo, per mezzo dei suoi discepoli mandò a dirgli: «Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?». Gesù rispose loro: «Andate e riferite a Giovanni ciò che udite e vedete: I ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunciato il Vangelo. E beato è colui che non trova in me motivo di scandalo!».
Mentre quelli se ne andavano, Gesù si mise a parlare di Giovanni alle folle: «Che cosa siete andati a vedere nel deserto? Una canna sbattuta dal vento? Allora, che cosa siete andati a vedere? Un uomo vestito con abiti di lusso? Ecco, quelli che vestono abiti di lusso stanno nei palazzi dei re! Ebbene, che cosa siete andati a vedere? Un profeta? Sì, io vi dico, anzi, più che un profeta. Egli è colui del quale sta scritto: “Ecco, dinanzi a te io mando il mio messaggero, davanti a te egli preparerà la tua via”.
In verità io vi dico: fra i nati da donna non è sorto alcuno più grande di Giovanni il Battista; ma il più piccolo nel regno dei cieli è più grande di lui».
Parola del Signore.


(tratto da: Nuovo Messale della comunità, Domeniche e feste – Elledici 2008)

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2. Esegesi – III Avv A, 15 dic ’19

ESULTA

Is 35,1-6a.8a.10 – Dite agli smarriti di cuore: «Coraggio»
Gc 5,7-10 – Siate costanti
Mt 11,2-11 – Ecco, davanti a te mando il mio messaggero

Si apre una via santa
Allora si apriranno gli occhi dei ciechi e si schiuderanno gli orecchi dei sordi: l’opera di salvezza del Signore si rivolge a un’umanità malata, ciechi, sordi, zoppi, nella quale la malattia fisica è solo il segno esterno di una malattia spirituale di cecità rispetto alle opere di Dio, di sordità rispetto alla sua parola, di fatica a camminare secondo i suoi precetti. Ma tutto questo non sarà più, si apre una via santa, e la via è santa perché il Signore stesso vi cammina con il suo popolo, perché è diretta verso il suo monte santo, e perché chi vi cammina riceve la purificazione da ogni macchia di peccato. La salvezza è spesso descritta come un ritorno a casa (vedi la parabola del figliol prodigo), dove la vera casa è Gerusalemme (Sal 86/87,5). Tutto questo si realizza con pazienza e con l’atteggiamento interiore tipico del credente di fronte alla storia. L’invito alla pazienza è richiamo a imitare la pazienza di Dio, che sola ci conduce alla conversione (cf Rm 2,4). Nella sua magnanimità Dio crea in noi lo spazio per una vita nuova e perdonandoci ci rende capaci di aprirci al prossimo. In questo senso la pazienza non è una virtù, ma è il primo frutto della carità, dell’amore di Dio in noi: l’amore è paziente (1 Cor 13,14).

In Cristo Gesù è cambiata la storia
Giovanni Battista, sottoposto alla prova del carcere e quindi del senso di fallimento e di impotenza, ascolta le notizie su Gesù e dubita della potenza di Dio e del suo Cristo. Alla domanda dei discepoli del Battista, Gesù non risponde «sono io», ma dice che è cambiata la storia. I discepoli devono tornare da Giovanni e riferirgli quello che loro stessi hanno udito e visto. Anche noi ogni giorno, stando nelle nostre «prigioni», ascoltiamo la buona notizia del Vangelo. Bisogna annunciare la buona novella a partire da quello che noi stessi sentiamo e vediamo. La testimonianza del fratello è indispensabile per comunicare il Vangelo. «Beato è chi non sarà scandalizzato di me»: le opere di Gesù sono grandi, mentre lui è piccolo e povero fino alla croce. Questo è insopportabile per chi spera in un Messia trionfante. Beato chi ode e vede con un cuore pieno di fede.

Cristo Gesù apre le porte del Regno
Tra i nati di donna non è sorto uno più grande di Giovanni Battista; tuttavia il più piccolo nel regno dei cieli è più grande di lui: c’è una differenza radicale fra la generazione dei nati di donna e quella del Regno dei cieli, dove si è generati da Dio e si è portatori, nella propria piccolezza, del mistero di Dio. Gesù, venendo fra noi, con la sua Pasqua ci ha spalancato le porte del Regno. Nella fede abbiamo i segni della pienezza Il credente non si lascia spaventare, e nemmeno preoccupare, nella prova, così come non si lascia sedurre da prospettive o da imprese lontane dalla luce serena del Cristo. Ma non si tratta esclusivamente di un’attesa! La fede coglie «già» presenti i segni di quella pienezza di cui attende il compimento. Il credente è entrato ormai in un modo «nuovo» di vedere, sentire, interpretare (i ciechi vedono, i sordi odono, ai poveri è annunziata la buona notizia); anzi, solo adesso ci vede «veramente», cioè è in grado di cogliere lo strato profondo e autentico della realtà.


PER IL CONFRONTO NEL GRUPPO
– Che cosa facciamo per dare continuità alla via santa aperta dal Signore?
– Come leggi, tu, la realtà? Come ti chiede di leggerla l’Evangelo?


IN FAMIGLIA
In famiglia diamo valore a tutte le attese e possiamo piantare un bulbo di fiore che pian piano germoglia e, vedendo questo segno, attendiamo la vita che sempre germoglia.
Con una preghiera litanica proviamo a dire quali sono in questo momento i motivi di esultanza e di gioia.
Gioisco perché il Signore è con noi.
Gioisco per i figli.
Gioisco per l’amore che c’è tra noi.
Gioisco per la Chiesa.
Gioisco…


(tratto da R. Paganelli – Entrare nella domenica dalla porta della Parola, anno A, Elledici 2015)

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3. Annunciare la Parola – III Avv A, 15 dic ’19

• Is 35,1-6a.8a.10 – Il nostro Dio viene a salvarci.
• Dal salmo 145 – Rit.: Vieni, Signore, a salvarci (oppure: Alleluia, alleluia, alleluia).
• Gc 5,7-10 – Rinfrancate i vostri cuori, perché la venuta del Signore è vicina.
• Canto al Vangelo – Alleluia, alleluia. Lo spirito del Signore è su di me, mi ha mandato a portare il lieto annunzio ai poveri. Alleluia.
• Mt 11,2-11 – Sei tu colui che deve venire, o dobbiamo attenderne un altro?

PER COMPRENDERE LA PAROLA

PRIMA LETTURA
Destinatario e occasione della profezia: il popolo esiliato a Babilonia, umiliato dalla prova. La terra degli antenati è abbandonata e ridotta a un deserto incolto, la città santa in rovina nelle mani dello straniero.
Il movimento del messaggio
– Le immagini brillanti di un paese che riprende vita: il paese deserto, la terra arida, si ricoprano di fiori di campo, come i prosperi paesi vicini: il Libano, il Carmelo, il Saron. Questa rappresentazione idilliaca si può avvicinare al quadro delineato da Is 11,6-9: «Il lupo dimorerà insieme con l’agnello».
– Un invito al coraggio: «Irrobustite le mani fiacche…».
– I segni del rinnovamento: «Si apriranno gli occhi dei ciechi…». È il rinnovamento di cui parlano Is 43,19 e Ap 21,5.
– Dietro a tutto ciò sta l’intervento meraviglioso del Signore: «Essi vedranno la gloria del Signore»… «Ecco il vostro Dio, giunge la vendetta, la ricompensa divina. Egli viene a salvarvi». È una «teofania»: la salvezza dei poveri è una manifestazione di Dio.
Per accettare questa presentazione di un Dio vendicatore, è necessario valutare e in certo modo condividere la sofferenza dei deportati. Molti oracoli profetici presentano la loro situazione come un castigo meritato dall’infedeltà. Qui Dio è solidale con i poveri: «Ecco il vostro Dio». Egli è con loro, annuncia loro la sua rivincita, il rovesciamento del disordine stabilito, il ritorno a Gerusalemme nella gioia. È un capovolgimento di situazione (cf le beatitudini).
La guarigione degli infermi è contemporaneamente fisica e morale: la gioia restituisce le gambe non soltanto agli storpi, ma anche ai pigri, rende loquaci coloro che erano rassegnati a tacere. I ciechi, che rifiutavano di vedere l’azione di Dio, devono arrendersi all’evidenza. Coloro che si turavano gli orecchi finiscono per sentire la Buona Novella della salvezza.
La profezia di Isaia serve da riferimento al Vangelo di Matteo che viene letto oggi. Essa era familiare agli uditori di Gesù; sicché, sentendo dire ai discepoli di Giovanni: «i ciechi ricuperano la vista…», gli uditori non intendono soltanto: «Ecco i miracoli che io compio», ma anche: «Oggi si compie fra voi la manifestazione di Dio annunciata da Isaia».
Nel periodo di Avvento questo «oggi» ridiventa attuale; noi dobbiamo intendere la profezia per questo momento della storia della salvezza.

SALMO
Fa il confronto tra il ricorso deludente ai potenti della terra e la fiducia posta in Dio.
I versetti proclamati oggi fanno eco alle promesse di Isaia: Dio rende giustizia a tutti gli oppressi.
All’immagine abituale del Signore protettore di Israele si sostituisce quella di protettore dei poveri: la vedova, l’orfano e anche lo straniero. Ma anche Israele è povero, quindi è il protetto del Signore.

SECONDA LETTURA
Per le comunità della Chiesa primitiva, la venuta del Signore è il suo ritorno finale che deve por fine alle nostre prove e stabilire la giustizia definitiva. Nell’attesa, si impongono due consigli:
– Siate pazienti. L’apostolo Giacomo suggerisce l’esempio di pazienza dato dagli agricoltori. Si vedano le parabole della zizzania e del granellino di senape (Mt 13,24ss).
– Non lamentatevi gli uni degli altri. Lasciate il giudizio al Signore. «Non giudicate e non sarete giudicati» (Lc 6,37; cf 1 Cor 4,3).
Per giustificare questo consiglio, l’Apostolo afferma: «Il giudice è alle porte». È in certo qual modo un correttivo all’invito alla pazienza, che, preso isolatamente, rischia di «smobilitare», di intorpidire l’attesa.
Nel tempo di Avvento la Chiesa deve contemporaneamente alimentare la sua pazienza e ridestare la sua impazienza, poiché il Signore è alle porte, anche se tarda a manifestarsi. Sottolineiamo infine la continuità in questo invito alla pazienza: s. Giacomo si fonda sull’esempio dei «profeti», cioè dei santi dell’Antico Testamento (egli pensa particolarmente a Giobbe), i quali, pur coinvolti in tutte le sventure, non hanno mai perduto la speranza.

VANGELO
Questo passo riferisce l’intervista che i discepoli di Giovanni Battista fanno a Gesù.
La missione del Precursore si conclude nell’umiltà. Egli non è lo sposo, ma soltanto l’amico dello sposo che «è presente e l’ascolta, esulta di gioia alla voce dello sposo»… «Egli deve crescere e io invece diminuire» (Gv 3,29-30). Forse tradisce anche una certa inquietudine: quella dell’uomo che avanza negli anni e si domanda in che modo si compirà la sua missione.
La pedagogia di Giovanni consiste nel condurre i suoi discepoli a porre essi stessi le domande, nel metterli alla presenza di Gesù. Lo ha indicato a Giovanni e ad Andrea, che sono andati a domandargli: «Rabbi, dove abiti?» (Gv 1,38).
Giovanni avrebbe potuto facilmente tenere i suoi discepoli intorno a sé; in certo modo, egli faceva più impressione di Gesù con il suo ascetismo, meglio appropriato all’immagine del profeta che fustiga e minaccia.
La pedagogia di Gesù con i discepoli di Giovanni: li rimanda contemporaneamente ai fatti e alla Parola di Dio. Egli cita (liberamente) Isaia come farà nella sinagoga di Nazaret (Lc 4,21): «Oggi si è adempiuta questa Scrittura che voi avete udito con i vostri orecchi». È proprio ciò che ogni omelia deve mettere in luce. Accanto ai segni che coincidono, ci sono quelli che disorientano; Gesù è completamente diverso da Giovanni il Battista e rischia di sconcertare i discepoli di Giovanni, se non lo stesso Giovanni. È un profeta di stile nuovo: beato chi non si scandalizzerà di lui!
Con la folla Gesù si serve della circostanza, dell’attualità, per educare i testimoni della scena. Li riporta a se stessi: «Che cosa siete andati a vedere?». Purifica l’intenzione, il significato dell’essersi recati ad ascoltare Giovanni. Probabilmente essi erano stati spinti dalla curiosità, ma anche da qualcosa di più. Perché sono andati a vedere quel pover’uomo, vestito di pelli di cammello?
È l’occasione di situare la missione di Giovanni Battista: è il più grande dei profeti. Ma adesso, con Gesù, incomincia un fatto nuovo: il regno dei cieli.


PER ANNUNCIARE LA PAROLA (piste di omelia)

Preparerà la tua via davanti a te!
In questa settimana ci si prepara al Natale; non soltanto nella Chiesa, ma anche nel mondo: strade illuminate, negozi, ecc.
Ma chi è «colui che deve venire»? Si rischia di festeggiare soltanto il «re del consumismo». È uno scandalo! «Beato colui che non si scandalizza di me!». Nel Vangelo, la preparazione avviene nel deserto; non perché sia il luogo della felicità voluta da Dio (il deserto deve «rifiorire»), ma perché bisogna passare di lì: è il luogo della prova, della tentazione, della sete e quindi del desiderio; è il luogo dove le parole di speranza acquistano un significato.
In questo tempo di Avvento dobbiamo ritornare nel deserto: i luoghi dai quali la vita si è ritirata, miseria fisica e morale, ingiustizia, scoraggiamento e smarrimento. Non si deve andare tanto lontano: anche i bus stracolmi e i grandi agglomerati sono, a modo loro, dei deserti. Dobbiamo fare l’inventario del nostro deserto interiore.
In questo tempo di Avvento dobbiamo sentire le parole di speranza: «Coraggio! Non temete»; credere che il rinnovamento verrà in primo luogo da Dio: «Ecco il vostro Dio!»; ma verrà anche da noi, trasformati e rinvigoriti da Dio: «I ciechi ricuperano la vista, gli storpi camminano».

Pazienza e impazienza
Sono i due modi con cui gli uomini affrontano i problemi, e ciascuno ha le sue possibilità e i suoi rischi.
I pazienti agiscono lentamente, si rassegnano, accettano i compromessi con troppa facilità. Gli impazienti vogliono tutto subito, sono intransigenti, talvolta mancano di realismo.
Durante l’Avvento la Chiesa trova nella Bibbia tutte le espressioni dell’urgenza e dell’imminenza della salvezza. «Ecco il vostro Dio, giunge la vendetta» (1a lettura). «Ecco, il giudice è alle porte» (2a lettura). «Sei tu colui che deve venire?» (Vangelo).
Essa scuote la nostra apatia, ravviva la nostra sete, si unisce agli impazienti. Ma il Vangelo è ben diverso dalla rivoluzione o dalla conquista del mondo. Esso deve guarire in profondità, cambiare veramente il mondo, far «rifiorire il deserto».
La Chiesa predica anche la pazienza, come s. Giacomo, non per paura, ma per rispetto dell’azione di Dio, che agisce nel tempo e con il tempo.
La pazienza non è rassegnazione; già oggi dobbiamo farci coraggio e metterci al lavoro; fin d’ora i ciechi vedono e gli storpi camminano.
Ma l’opera di Dio è misteriosa e soltanto nel tempo escatologico sarà pienamente compiuta.

Sei tu colui che deve venire?
La nostra fede si vive e si rafforza affrontando i problemi della vita. I timidi ne sono turbati; non si devono mettere in discussione le certezze rassicuranti: il Messia è venuto; non pensiamoci più. Ma molti uomini, molti cristiani si interrogano e sono i più vivi: «Se il Messia non ha cambiato il mondo, non è il vero Messia». Gesù accetta di essere interrogato, non teme la prova dei fatti e invoca per sé la duplice testimonianza della Scrittura e delle opere.
Oggi questa testimonianza mette in discussione la vita dei credenti: sono essi dei ciechi che vedono, degli zoppi che camminano? Come al tempo del Vangelo, i fatti da soli non sono sufficienti a convincere tutti. È necessario che la parola li metta in luce. Cerchiamo insieme la manifestazione attuale della potenza del Salvatore e la testimonianza della parola che la mette in luce.


(tratto da: M. Gobbin, Omelie per un anno – vol. 1, anno A, tempi forti – Elledici 2003)

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4. Parola da Vivere – III Avv A, 15 dic ’19

ESULTA

Con Cristo Gesù noi assistiamo al riscatto pieno delle situazioni più ferite, in quanto tutto è assunto dalla Croce e quindi tutto è misterioso grembo di vita. Ecco perché anche la steppa esulta e fiorisce; ecco perché in ogni vicenda cantiamo la speranza. La sapienza cristiana indica quella «strada appianata» che si chiama «via santa», possibilità reale, per ogni uomo e donna, e per l’intero cosmo, di dirigersi verso la pienezza della vita. Non solo si tratta di «vedere» i segni della salvezza e della pace. Anche l’«agire» dell’uomo nuovo rivela cose nascoste. Custodendosi rigorosamente nella «pazienza» della storia e nell’attesa finale, il credente opera per la rivelazione di cose nascoste («apocalittiche»). In tempi di «ritorno a Caino» noi siamo chiamati a farci in ogni modo «facitori di pace»: solo così riconosciamo che Gesù è veramente Colui che deve venire e che quindi non dobbiamo attenderne un altro per esultare.


(tratto da R. Paganelli – Entrare nella domenica dalla porta della Parola, anno A, Elledici 2015)

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5. Preghiere dei Fedeli – III Avv A, 15 dic ’19

Invito alla ricerca

Celebrante. Sappiamo di doverci mettere in cerca del Signore che viene. Nella Preghiera dei fedeli gli presentiamo il nostro vivo desiderio di incontrarlo, e di scoprire e vivere i valori di fede che egli ci ha portato.

Lettore. Preghiamo insieme e diciamo: Dio, nostra speranza, ascoltaci.

1. Per il Papa, i vescovi, i sacerdoti. Essi hanno la missione delicata e sublime di annunciare a tutti la Buona Notizia del Vangelo.
Perché parlando agli uomini in nome di Dio, li aiutino a porre in lui solo la loro fiducia e le loro vite, preghiamo.

2. Per i fanciulli del catechismo e gli studenti che frequentano l’ora di Religione. Gli anni della loro crescita fisica e intellettuale possono diventare un tempo felice di ricerca e di grazia, che porterà frutto per tutta la vita.
Perché non imparino soltanto le nozioni astratte di una dottrina, ma giungano a incontrare la persona di Gesù loro amico, preghiamo.

3. Per i cristiani nel mondo. Non pochi di loro trascorrono il Natale con spirito superficiale e distratto, come se si trattasse di una festa mondana.
Perché vivano i giorni di attesa del Salvatore in atteggiamento di ricerca del vero, di conversione dall’egoismo, e di impegno a rendere la società più giusta, preghiamo.

4. Per coloro che vacillano nella fede. Nell’oscurità e nella penombra ci si trova a disagio, si è a rischio di passi falsi, si prova senso di frustrazione e inutilità.
Perché quanti vivono nel dubbio trovino nella meditazione della parola di Dio, e nell’esempio di vita dei veri cristiani, la luce e la gioia di una fede rinfrancata, preghiamo.

5. Per la nostra comunità (parrocchiale). La venuta del Signore ci trovi vigilanti nella preghiera, operosi nella carità, e capaci di diffondere gioia.
Perché rinnovati interiormente dallo Spirito che ci vivifica, con la solidarietà concreta diventiamo un annuncio di salvezza per quanti incontriamo sul nostro cammino, preghiamo.

Celebrante. Donaci, Padre, la volontà di cercarti sempre, e la gioia di trovarti e ascoltarti. Così la tua parola trasformerà le nostre vite, e ci renderà capaci di realizzare ciò che è bene, tra i nostri cari e i nostri amici. Per Cristo nostro Signore.


(tratto da: E. Bianco, Preghiera dei fedeli, proposte per le domeniche e feste degli anni A-B-C – Elledici 2002)