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6. Speciale Pasqua – Commenti alle letture Domenica

DOMENICA DI PASQUA: RISURREZIONE DEL SIGNORE

TESTIMONI DELLA RISURREZIONE

La risurrezione di Cristo è l’evento sul quale si fonda la nostra fede. Senza di essa nulla della nostra esperienza storica e umana ha veramente senso.
Rimirare il sepolcro vuoto, tuttavia, non è sufficiente per essere testimoni credibili di quest’evento (non lo è stato neppure per i discepoli di Gesù). Occorre riflettere su ciò che abbiamo visto e sentito, considerarlo con occhi e orecchie nuove e rimodellare la nostra vita alla luce di questa verità: Cristo è risuscitato dai morti e la morte non ha più potere.

PRIMA LETTURA
Noi abbiamo mangiato e bevuto con lui dopo la sua risurrezione dai morti.
Il Pietro pavido e debole che rinnega per tre volte il suo maestro è un ricordo del passato. Lo stesso apostolo proclama quale sia la fonte del suo nuovo coraggio: è la risurrezione di Cristo che, se accolta, cambia gli uomini e li rinnova dal profondo.

Dagli Atti degli Apostoli                      At 10,34a.37-43

SALMO RESPONSORIALE                  Dal Salmo 117 (118)
Siamo noi la pietra scartata che, per intercessione della morte e risurrezione di Cristo, è divenuta testata d’angolo.
Rit. Questo è il giorno che ha fatto il Signore:
rallegriamoci ed esultiamo.

SECONDA LETTURA
Cercate le cose di lassù, dove è Cristo.
La risurrezione di Cristo dai morti ci mostra quale sia il vero valore della nostra vita. Essa non è un’esperienza vuota e banale: vale la pena di essere vissuta per costruire il regno dei cieli.

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Colossesi              Col 3,1-4

Oppure:
Togliete via il lievito vecchio, per essere pasta nuova.
L’apostolo Paolo individua due aspetti sulla base dei quali si può descrivere una Pasqua vissuta in maniera autentica: in essa siamo rinnovati e ricostruiti nella verità.

Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi 1 Cor 5,6b-8

SEQUENZA
Alla vittima pasquale,
s’innalzi oggi il sacrificio di lode.
L’Agnello ha redento il suo gregge, l’Innocente ha riconciliato
noi peccatori col Padre.
Morte e Vita si sono affrontate in un prodigioso duello.
Il Signore della vita era morto;
ma ora, vivo, trionfa.
«Raccontaci, Maria:
che hai visto sulla via?».
«La tomba del Cristo vivente, la gloria del Cristo risorto,
e gli angeli suoi testimoni, il sudario e le sue vesti.
Cristo, mia speranza, è risorto:
precede i suoi in Galilea».
Sì, ne siamo certi:
Cristo è davvero risorto. Tu, Re vittorioso,
abbi pietà di noi.

CANTO AL VANGELO    Cf 1 Cor 5,7-8
Alleluia, alleluia.
Cristo, nostra Pasqua, è stato immolato:
facciamo festa nel Signore.
Alleluia.

VANGELO
Egli doveva risuscitare dai morti.
Scegliendo un linguaggio semplice e pressoché privo di valutazioni, l’evangelista Giovanni sembra quasi voler nascondere la grandezza dell’evento che racconta. La narrazione comincia nel buio: un’oscurità che non può venire dissipata se non dalla fede, la quale, sola, permette di leggere i numerosi segni sotto la giusta luce.

Dal vangelo secondo Giovanni Gv 20,1-9
Oppure: Lc 24,1-12
Dove si celebra la Messa vespertina si può anche leggere: Lc 24,13-35

MEDITAZIONE
La risurrezione è lo specifico irrinunciabile e insostituibile del cristianesimo. Senza risurrezione di Cristo non c’è cristianesimo. Quando l’apostolo Pietro pronuncia il suo discorso nella casa del centurione Cornelio, in un primo momento riassume la vita di Gesù (cf At 10,37). Il centro del suo discorso, però, è l’annuncio degli eventi pasquali: «Essi lo uccisero appendendolo ad una croce, ma Dio lo ha risuscitato il terzo giorno» (At 10,39-40).

La predicazione degli apostoli
In stretta connessione con questo centro vi è il ruolo di alcuni che sono «testimoni prescelti da Dio» (At 10,41). La risurrezione di Cristo è il contenuto centrale della predicazione apostolica e costituisce il nucleo fondante della comunità di fede eretta sull’esperienza e sulla testimonianza di testimoni credibili di quell’evento.
La particolarità dell’esperienza di quei «testimoni prescelti» consiste nel fatto che «abbiamo mangiato e bevuto con lui dopo la sua risurrezione dai morti» (At 10,41). La relazione di comunione e di intimità che legava i discepoli con il Gesù storico, espressa dalla condivisione della mensa, non è interrotta dalla morte e continua grazie alla sua risurrezione. E poiché quella comunione e quell’intimità non è più costretta dai limiti dello spazio e del tempo, in virtù della risurrezione, essa giunge fino a noi.

La comprensione della risurrezione
Il Pietro che annuncia con tanta forza la sua fede nella casa di Cornelio è il prodotto fatto e finito. Ma per giungere lì, anche per lui il cammino non è stato semplice. E ciò viene incontro alle nostre difficoltà nell’accogliere e professare la fede.
Maria, Pietro, il discepolo che Gesù amava descritti nel vangelo delineano diverse e complementari tappe del cammino nella fede. Il mattino del primo giorno dopo il sabato, Maria di Màgdala si reca al sepolcro «quando era ancora buio» (Gv 20,1), specifica Giovanni. Non si tratta solo di un’indicazione cronologica, bensì simbolica. Nel cuore di questa donna appassionata di Gesù regna il buio della paura, dell’angoscia, del senso di fallimento dovuto all’aver assistito alla morte del maestro. Maria si reca al sepolcro manifestando una schietta e tenera devozione alla persona di Gesù, ma, essendo per lei un morto, è una devozione al cadavere. Il buio in cui ella si muove è quello della ristrettezza degli orizzonti di comprensione umana che al massimo giunge alla morte, che al limite si sforza di elaborare il lutto. Tanto che quando constata l’assenza del corpo reagisce in modo realistico e razionale, l’unica razionalità empirica possibile (cf Gv 20,2): hanno rubato il cadavere.
All’udire questa notizia Pietro e il discepolo che Gesù amava corrono al sepolcro. Il secondo, giunto al sepolcro, decifra i segni e compie il balzo nella fede.

Il «salto» della fede
I segni della risurrezione sono segni deboli: una pietra ribaltata, le bende e il sudario «non posato là con i teli, ma avvolto in un luogo a parte» (Gv 20,7), l’assenza di un corpo. Sono solo una prova in negativo: non hanno rubato il cadavere. È ancora poco per giungere a realizzare l’evento della risurrezione. È necessario il balzo che comprende nella fede gli stessi segni, ma in positivo.
Questo balzo trasforma l’orizzonte dell’esistenza. Paolo afferma che la risurrezione di Cristo non è solo un fatto storico da celebrare, ma è il principio primo che investe la storia dell’umanità, e quella di ciascuno (cf Col 3,1). La risurrezione è l’affermarsi di una vita nuova.
Per questo è necessario sperimentare delle anticipazioni di risurrezione. Esse si danno quando, consapevoli del perdono ricevuto (cf At 10,43), siamo in grado di instaurare relazioni riconciliate con Dio e con i fratelli; quando lasciamo che la risurrezione illumini la nostra intelligenza e la nostra affettività; quando la vita si innalza dall’appiattimento nelle piccole cose al gusto di una ricerca alta. Paolo invita a rivolgere «il pensiero alle cose di lassù, non a quelle della terra» (Col 3,2), cioè a leggere le cose di quaggiù valorizzandole secondo un’ottica di risurrezione e non di morte. Se ben compreso è un invito al maggiore degli azzardi: a scommettere sulla possibilità di realizzare la nostra umanità nella sua autenticità.

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5. Speciale Pasqua – Commenti alle letture Veglia pasquale

VEGLIA PASQUALE NELLA NOTTE SANTA

CRISTO RISORTO: PIENEZZA DELLA MISERICORDIA DI DIO

Il desiderio di Dio di vedere l’uomo libero attraversa le difficoltà della storia e trionfa in questa notte.
In Cristo, l’uomo viene ricostituito a immagine di Dio, al di là del cedimento di Adamo di fronte alle proposte del serpente, della prevaricazione dei potenti, dell’infedeltà del popolo d’Israele, del limite estremo della morte. Nel sepolcro vuoto, la miseria cede il passo alla misericordia.

MEDITAZIONE
Quaresima e Settimana Santa hanno avuto un unico punto di convergenza: la contemplazione della misericordia di Dio. Essa è una continua azione di Dio a favore dell’umanità; è servizio all’uomo.
La celebrazione della Veglia Pasquale, con la sua ricchezza di segni, simboli, gesti, riti, formule, e particolarmente con l’abbondanza della sua Liturgia della Parola che ripercorre tutta la Storia della Salvezza, è rimeditare la vicenda della misericordia divina che si offre all’umanità, per la sua salvezza e per la sua liberazione.
Le letture della liturgia della Veglia percorrono la storia della liberazione umana, dal suo rendersi necessaria fino alla sua realizzazione.

Storia della liberazione
La prima lettura è la narrazione della creazione. È una riflessione teologica sul cosmo (non spiegazione alternativa a quella scientifica) creato bello e armonico, secondo la volontà di Dio. L’uomo è al vertice di tale creazione.
Poi, come si sa, l’episodio del peccato dei progenitori. L’evento che turba tutte le relazioni armoniche precedenti.
La seconda lettura narra la scena drammatica di un padre (Abramo) che deve sacrificare il suo unico figlio (Isacco). Scandalo per noi moderni, ma cosa accettata nella religiosità dei popoli vicini a Israele. La condanna biblica del sacrificio umano comporta anche un risvolto teologico. Dio è colui che assume Abramo in una relazione di misericordia con sé e così libera l’umanità da un rapporto opprimente con il divino.
La lettura dell’Esodo, e il successivo cantico, raccontano la liberazione di Israele dall’Egitto, la terra della schiavitù, dove il popolo non può essere popolo perché privato della sua dignità, in quanto assoggettato alla volontà del più forte. La fuoriuscita dall’Egitto è l’inizio di un cammino che vedrà le sue difficoltà (camminare nel deserto), le sue tentazioni (la nostalgia della pentola della carne e delle cipolle), ma anche la sua meta: l’ingresso nella terra della libertà.
La profezia di Isaia riafferma il fondamento del percorso verso la libertà: il rapporto di reciproco innamoramento fra Dio e il popolo.
Anche nell’oracolo della quinta lettura, ancora tratta da Isaia, Dio si offre per una relazione nella quale ama l’uomo gratuitamente e per una nuova alleanza che si estende a tutta l’umanità, superando i limiti del nazionalismo religioso. Il profeta ribadisce l’intervento di Dio per la liberazione dell’uomo per mezzo della sua Parola efficace.
La lettura tratta dal profeta Baruc è un invito del profeta a considerare la legge, la delimitazione dello spazio delle giuste relazioni con sé, con Dio e con i fratelli, come legge per la vita. Il profeta invita l’umanità alla sua conoscenza e accoglienza, per ricevere in dono la vita e per avere la liberazione dall’oppressione e dalla morte.
Anche Ezechiele ritorna sul tema della Nuova Alleanza per la vita. Perché Dio donerà all’uomo un cuore nuovo. Un cuore di carne, non di pietra, perché, instaurandosi una relazione di rinnovato amore fra Dio e popolo, questo abbia la pienezza della vita.
Con la lettera ai Romani si passa dalla promessa alla realtà. È il battesimo, per mezzo del quale «siamo stati sepolti insieme a lui nella morte, perché come Cristo fu risuscitato dai morti per mezzo della gloria del Padre, così anche noi possiamo camminare in una vita nuova» (Rm 6,4). La liberazione che si era resa necessaria a causa del peccato, per la quale Dio ha operato fin dalla liberazione di Israele dall’Egitto, perché quest’ultimo fosse occasione di benedizione per tutti i popoli e perché dunque potesse diventare liberazione più profonda e per l’umanità intera, in Cristo morto e risorto giunge alla sua pienezza: è liberazione dal peccato e dalla morte.

La risurrezione di Cristo e la nostra liberazione
Il grande grido di questa notte è che Cristo è risorto. Anzi: Cristo «è vivo» (Lc 24,5). Cristo è oggi vivo. Nel suo essere vivo si compiono tutte le promesse. La creazione intera trova in lui la via per recuperare quella bellezza e armonia detta nel libro della Genesi.
Il suo essere vivo riscatta la nostra libertà. Pietro entrando nel sepolcro «vide solo i teli» (Lc 24,12). Quei teli che legavano il cadavere non hanno più potere sul Risorto, non costringono più il suo corpo nelle tenebre della morte.
L’uomo è costituzionalmente debole, fragile. Nella concretezza della storicità umana la libertà è sempre a rischio, soggetta alla caducità dell’esistenza: sempre soggetta al pericolo di una ricaduta nella schiavitù del peccato. La resurrezione è la liberazione da questa schiavitù: è il riscatto dalla nostra fragilità che riceviamo da Dio anche nell’estremo limite della nostra creaturalità.
Grazie alla risurrezione siamo creature nuove. Strappati alla morte e dunque liberati nel profondo del nostro essere. Questo fonda il nostro agire libero. Come direbbe san Paolo: un agire degno della nostra vocazione

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4. Speciale Pasqua – Commenti alle letture Venerdì Santo

VENERDÌ SANTO: PASSIONE DEL SIGNORE

LA CROCE, TRONO DEL CRISTO

Lo spartiacque della liturgia di oggi sta tutto nelle parole del sommo sacerdote Caifa: «È conveniente che un solo uomo muoia per il popolo» (Gv 18,14).
Possiamo condividere la ragionevolezza di un’osservazione come questa e provare un leggero senso di sollievo per essere arrivati alla fine di un giorno così triste, nel quale siamo stati obbligati a ricordarci che non tutto, in questo mondo, va per il verso giusto. Oppure possiamo lasciarci turbare e interrogare, ancora oggi, dalla morte di un innocente.

PRIMA LETTURA
Egli è stato trafitto per le nostre colpe (Quarto canto del Servo del Signore).
Nella figura del Servo sofferente di Yahweh rivive l’immagine del seno sterile di Sara: un’immagine di tristezza incolmabile, di inutilità e di promesse infrante. Come accadde ad Abramo e a sua moglie, è da questa sterilità che Dio farà nascere una moltitudine: una moltitudine di salvati.

SALMO RESPONSORIALE Dal Salmo 30 (31)
All’uomo che non ha più niente, non rimane che confidare nella giustizia del Signore.
Rit. Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito.

SECONDA LETTURA
Cristo imparò l’obbedienza e divenne causa di salvezza per tutti coloro che gli obbediscono.
La lettera agli Ebrei ci fornisce un’immagine troppo spesso dimenticata: quella di un Gesù che tiene alla sua vita e che non vuole perderla. Il testo ci dice anche, però, che egli non si rifiutò di obbedire al Padre. Essere cristiani non significa dunque essere degli eroi, ma fidarsi di Dio, fino alla fine.

Dalla lettera agli Ebrei Eb 4,14-16; 5,7-9

CANTO AL VANGELO Cf Fil 2,8-9
Gloria e lode a te, Cristo Signore!
Per noi Cristo si è fatto obbediente fino alla morte e a una morte di croce.
Per questo Dio lo esaltò
e gli donò il nome che è al di sopra di ogni nome.
Gloria e lode a te, Cristo Signore!

VANGELO
Passione del Signore.
La prima preoccupazione di Gesù, nel momento in cui i suoi aguzzini vengono a catturarlo, è quella di mettere al sicuro i suoi discepoli. Come accade per noi oggi, infatti, chi vorrà seguirlo sulla via del Calvario dovrà farlo per sua libera scelta.

Passione di nostro Signore Gesù Cristo secondo Giovanni
Gv 18,1–19,42

MEDITAZIONE
Tipico della celebrazione del Venerdì Santo è il tono di austerità, di essenzialità. Nel rito trova grande spazio il silenzio; tutte le sue parti sono volutamente sobrie.
Momento caratteristico di questa celebrazione è il rito della venerazione della croce che deve essere illuminato dalla liturgia della Parola.

L’ironia di Giovanni
Apparentemente contrasta molto con la serietà della celebrazione riconoscere nella narrazione giovannea della passione alcuni tratti ironici. che Gesù, appena arrestato, è condotto a processo innanzitutto da Anna e successivamente da Caifa (cf Gv 18,12-13). Si tratta probabilmente di un interrogatorio ufficioso ma, conoscendo i personaggi, si può leggere una sferzata alle opacità del potere. Caifa era il legittimo sommo sacerdote; Anna, suo suocero, fu sommo sacerdote ma fu deposto. Biasimato per la sua ambizione e avidità, dopo la sua esautorazione continuò a gestire il potere in maniera nepotistica.
Con la chiave dell’ironia si può leggere il dialogo di consegna di Gesù a Pilato (cf Gv 18,29-30). Ciò serve a Giovanni per annunciare il tipo di condanna, ma c’è un «sentore di tautologico» nella risposta dei Giudei, grazie al quale è possibile leggere un riferimento ai sofismi spesso utilizzati a giustificazione delle intenzioni malvagie.
I soldati, per ordine di Pilato, prendono Gesù, lo flagellano e poi, intrecciata una corona di spine e vestitolo con un mantello di porpora, lo scherniscono (cf Gv 19,3). Proprio quella burla, però, è la proclamazione, per bocca di pagani, della regalità di Gesù. Gesù è proclamato re dai soldati romani, mentre è rinnegato dai Giudei. Non è però senza ironia che nel farlo, coloro che accusavano Gesù di essere un bestemmiatore diventino loro stessi idolatri (cf Gv 19,15).
Sulla regalità Giovanni ritorna con insistenza parlando dell’iscrizione composta da Pilato e posta sopra la croce. Anche qui c’è dell’ironia, perché quella regalità è scritta, e letta, in tre lingue: ebraico, la lingua sacra; latino, la lingua dei dominatori del mondo; greco, la lingua più diffusa nel mondo antico. Grazie a quell’iscrizione il mondo intero può ricevere l’annuncio della regalità di Gesù.

La regalità di Gesù
L’ironia di Giovanni è funzionale alla sua proposta teologica, e cioè affermare la regalità di Gesù. Gesù è re e il suo trono è la croce. Gesù è intronizzato per ordine di un pagano e dall’alto del suo trono esercita la sua sovranità.
Sulla croce, infatti, si compiono le parole che progressivamente egli aveva pronunciato nel corso del vangelo. La croce è il luogo dal quale egli attirerà tutto il mondo a sé (cf Gv 12,32). È il luogo dove manifesterà la sua regalità non come dominio ma come servizio (cf Gv 19,37). Il riferimento è alla profezia di Zaccaria: «In quel giorno io mi impegnerò a distruggere tutte le nazioni che verranno contro Gerusalemme. Riverserò sopra la casa di Davide e sopra gli abitanti di Gerusalemme uno spirito di grazia e di consolazione: guarderanno a me, colui che hanno trafitto» (Zc 12,9-10). La croce è il luogo dal quale Gesù salva gli uomini dal veleno del loro peccato che mitridatizza la loro esistenza (cf Gv 3,14).

Il compimento delle profezie
Verso la croce si focalizza l’attenzione di oggi. Le letture sostanziano il rito della venerazione. Dalla profezia di Isaia si traggono robuste indicazioni riguardo la passione di Gesù sulla croce.
«Egli è stato trafitto per le nostre colpe, per le nostre iniquità» (Is 53,5): a causa dei nostri peccati egli è stato trafitto e questo induce alla contrizione. «Noi tutti eravamo sperduti come un gregge, ognuno di noi seguiva la sua strada» (Is 53,6): sulla croce Gesù è pienamente e compiutamente il Buon Pastore, secondo la descrizione che lui stesso ne ha fatto (cf Gv 10). «Quando offrirà se stesso in sacrificio di riparazione, vedrà una discendenza, vivrà a lungo, si compirà per mezzo suo la volontà del Signore» (Is 53,10): la sua passione è offerta di sé per compiere la volontà del Padre, è libera adesione al progetto della nostra salvezza in piena consapevolezza (cf Gv 18,4). «Il giusto mio servo giustificherà molti» (Is 53,11): per la sua passione ci è donata la giustificazione. La giustizia di Dio, in Cristo, non giustifica giustiziando, ma rendendo giusti. In questo sta la speranza dei credenti davanti alla croce.

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3. Speciale Pasqua – Commenti alle letture Giovedì Santo

CENA DEL SIGNORE

AMORE, SERVIZIO
E CONSAPEVOLEZZA

In tutti i film drammatici che si rispettino, arriva un momento in cui il protagonista fa un discorso toccante. La vita e la predicazione di Gesù, però, non sono un film drammatico.
Negli ultimi istanti trascorsi coi suoi amici, infatti, prima di affrontare la morte di croce, egli non li impressiona con arringhe formidabili, ma affida loro un impegno molto concreto e lo illustra nella migliore maniera possibile: dando l’esempio.

PRIMA LETTURA
Prescrizioni per la cena pasquale.
La liberazione del popolo ebraico dalla terra d’Egitto è figura di ogni possibile liberazione. Ciò non significa che il contesto storico in cui essa si colloca non conti. Ogni piccolo particolare di quella vicenda infatti, perfino la fretta, assume un valore rituale e si trasforma in memoriale di salvezza.

Dal libro dell’Esodo       Es 12,1-8.11-14

SALMO RESPONSORIALE Dal Salmo 115 (116)
Il doni che abbiamo ricevuto dal Signore sono tanti e tali che non si può
«contraccambiare», solo innalzare una preghiera di lode.
Rit. Il tuo calice, Signore, è dono di salvezza.

SECONDA LETTURA
Ogni volta che mangiate questo pane e bevete al calice, voi annunciate la morte del Signore.
Prendere parte alla celebrazione eucaristica significa farsi testimoni della morte e risurrezione di Cristo. Questa testimonianza è anche un impegno, a non lasciare che un così grande dono sia dimenticato e a non permettere che venga accolto con superficialità.

Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi             1 Cor 11,23-26

CANTO AL VANGELO Gv 13,34
Gloria e lode e onore a te, Cristo Signore!
Vi do un comandamento nuovo, dice il Signore:
come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri.
Gloria e lode e onore a te, Cristo Signore!

VANGELO
Li amò sino alla fine.
L’evangelista Giovanni inizia il racconto della lavanda dei piedi concentrandosi sulla piena consapevolezza di Gesù. Questa scelta sta a sottolineare che il gesto che egli compie non è casuale. Prendersi cura dei fratelli non significa, infatti, compiere una buona azione tra le tante, significa modellarsi a immagine di Cristo.

Dal vangelo secondo Giovanni                   Gv 13,1-15

MEDITAZIONE
Il gesto più notevole e specifico della Messa in Coena Domini è la lavanda dei piedi. Il rischio di questo rito, però, è di ridurlo a teatrino. In tal modo si perde il senso del rito: del rito in generale, in quanto esso è condensazione simbolica di un significato profondo, e nello specifico di questo rito, immiserito a mera ripetizione di un gesto narrato dal vangelo di Giovanni, senza che si penetri la significatività dell’azione di Gesù.

L’amare e il sapere di Gesù
Il capitolo 13 di Giovanni pone subito al primo versetto i due verbi che reggeranno tutta l’ultima parte del quarto vangelo (cf Gv 13,1).
«Amare» è il primo fra i due. Gesù ha amato e ama i suoi discepoli. Si approssima alla passione per amore dell’umanità. Nella parte finale del capitolo consegna il «comandamento nuovo» (cf Gv 13,34a); invita i discepoli ad amare seguendo il suo esempio (cf Gv 13,34b); indica l’amore come la testimonianza più credibile del discepolato (cf Gv 13,35). L’amore di Gesù accetta l’abbassamento radicale della croce, del dono della vita (cf Gv 15,13).
L’amore, però, deve tradursi in azioni concrete di servizio. Di questo Gesù dà l’esempio con il suo chinarsi davanti ai discepoli per compiere un gesto di umiltà estrema: lavare loro i piedi.
Il secondo verbo che reggerà tutta l’ultima parte del vangelo di Giovanni è «sapere». Gesù è consapevole di quanto sta accadendo; accondiscende, perché condivide la volontà di salvezza del Padre; accetta in piena libertà le conseguenze della scelta e gli eventi. Ne è testimonianza la lettura dei fatti della passione, dei quali, nel quarto vangelo, Gesù stesso è protagonista, quasi regista. Nella lavanda Gesù depone le vesti e le riprende (cf Gv 13,4.12), riferimento al suo consegnare la vita nella passione, per poi riaverla nella resurrezione.

Il significato cristologico
Il gesto della lavanda, quindi, è innanzi tutto un condensato simbolico con valenza cristologica. Tutto di questo evento narrato da Giovanni parla della Pasqua di morte e risurrezione. A sua volta, la Pasqua di Gesù (cf Gv 13,1) è il compimento della Pasqua narrata nel libro dell’Esodo (cf prima lettura).
Il gesto che Gesù compie lavando i piedi ai discepoli può essere compreso solo nella fede. Lo dimostrano gli atteggiamenti di Giuda e Pietro. Il primo, ormai sotto il dominio del diavolo che «aveva già messo in cuore a Giuda, figlio di Simone Iscariota, di tradirlo» (Gv 13,2), è completamente distaccato nella sede del suo comprendere
e deliberare (il cuore) dall’amore di Gesù. Il secondo non accetta di farsi lavare i piedi. La lavanda è segno di quella purificazione interiore che si realizza con la passione. Qui, per Pietro – e per noi – si danno due difficoltà. La prima consiste nell’accettare di aver bisogno di essere purificati, cioè nel riconoscere il proprio peccato e la propria condizione di peccatori. La seconda, testimoniata dalla resistenza di Pietro, è la fatica ad accettare il ministero messianico di Gesù come si realizza. Un messia sofferente e sconfitto. Nei sinottici la stessa problematica emerge subito dopo la confessione di Cesarea (cf Mc 8,32 e paralleli). Mettere in questione la lavanda dei piedi, dunque, è mettere in questione tutta la rivelazione di Gesù.

Lo stile cristiano
La seconda parte del tratto di vangelo ha indole più esortativa. Gesù lascia ai discepoli il comando della ripetizione del suo gesto (cf Gv 13,15). Su questa esortazione bisogna recuperare il senso vero del rito. Celebrare la lavanda dei piedi nella Messa in Coena Domini, non può limitarsi a essere un’occasione, ma deve diventare uno stile di vita per i cristiani. Tutta la vita del cristiano deve essere improntata al servizio. Anche quando si rivestano ruoli di responsabilità, essi devono essere vissuti come servizio dell’autorità. Si noti, infatti, che il rito prevede che il sacerdote, nell’approssimarsi al rito della lavanda, si sveste dei paramenti sacri per inginocchiarsi. Si spoglia, dunque, delle insegne, per chinarsi e servire.
Il comando della ripetizione nel testo di Giovanni è parallelo al comando della ripetizione nell’istituzione eucaristica (cf 1 Cor 11,24.25). L’evangelista Giovanni non riporta l’episodio dell’istituzione dell’Eucaristia. Nella narrazione al suo posto pone la lavanda. Il che suggerisce una più stretta relazione fra i due episodi. Poiché la motivazione è sempre la stessa, l’amore, si può dedurre che celebra rettamente l’Eucaristia chi impronta la sua vita al servizio; e questo è celebrato sacramentalmente nell’Eucaristia.

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9. Narrazione – Pasqua

LA PIETRA AZZURRA

Il gioielliere era seduto alla scrivania e guardava distrattamente la strada attraverso la vetrina del suo elegante negozio.
Una bambina si avvicinò al negozio e schiacciò il naso contro la vetrina.
I suoi occhi color del cielo si illuminarono quando videro uno degli oggetti esposti.
Entrò decisa e puntò il dito verso uno splendido collier di turchesi azzurri.
«È per mia sorella. Può farmi un bel pacchetto regalo?».
Il padrone del negozio fissò incredulo la piccola cliente e le chiese: «Quanti soldi hai?».
Senza esitare, la bambina, alzandosi in punta di piedi, mise sul banco una scatola di latta, la aprì e la svuotò.
Ne vennero fuori qualche biglietto di piccolo taglio, una manciata di monete, alcune conchiglie, qualche figurina.
«Bastano?» disse con orgoglio. «Voglio fare un regalo a mia sorella più grande. Da quando non c’è più la nostra mamma, è lei che ci fa da mamma e non ha mai un secondo di tempo per se stessa. Oggi è il suo compleanno e sono certa che con questo regalo la farò molto felice. Questa pietra ha lo stesso colore dei suoi occhi».
L’uomo entra nel retro e ne riemerge con una stupenda carta regalo rossa e oro con cui avvolge accuratamente l’astuccio.
«Prendilo» disse alla bambina. «Portalo con attenzione».
La bambina partì orgogliosa tenendo il pacchetto in mano come un trofeo.
Un’ora dopo entrò nella gioielleria una bella ragazza con la chioma color miele e due meravigliosi occhi azzurri.
Posò con decisione sul banco il pacchetto che con tanta cura il gioielliere aveva confezionato e dichiarò: «Questa collana è stata comprata qui?».
«Sì, signorina».
«E quanto è costata?».
«I prezzi praticati nel mio negozio sono confidenziali: riguardano solo il mio cliente e me».
«Ma mia sorella aveva solo pochi spiccioli. Non avrebbe mai potuto pagare un collier come questo!».
Il gioielliere prese l’astuccio, lo chiuse con il suo prezioso contenuto, rifece con cura il pacchetto regalo e lo consegnò alla ragazza.
«Sua sorella ha pagato. Ha pagato il prezzo più alto che chiunque possa pagare: ha dato tutto quello che aveva».

«Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo unico Figlio perché chi crede in lui non muoia ma abbia vita eterna» (Giovanni 3,16).


tratto da “365 Piccole Storie per l’anima”, Vol. 1, pag. 353 – Bruno Ferrero, Elledici)

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Domenica di Pasqua – 4 aprile 2021

4 aprile

DOMENICA DI PASQUA

Risurrezione del Signore   

Risorti con Cristo

È Pasqua. Oggi la liturgia è attraversata da sentimenti di una gioia incontenibile. Dall’Exultet cantato in questa notte in tutte le chiese, all’alleluia che ritorna come un ritornello di gioia ritrovata. Gesù è veramente risorto! Su questo fatto si fonda tutta la nostra fede. È la festa delle feste, la domenica che dà significato a tutte le altre. Mistero che ci rivela profondamente chi è Gesù, la sua identità ultima, l’irrompere di Dio nella nostra vita e il nostro destino.

 RICHIESTA DI PERDONO

  • Signore Gesù, tu sei risorto per la nostra salvezza, abbi pietà di noi.
  • Cristo, nostra Pasqua, perdona la debolezza della nostra testimonianza, abbi pietà di noi.
  • Signore Gesù, che sulla croce hai aperto il Paradiso al buon ladrone, abbi pietà di noi.

 PRIMA LETTURA

Noi abbiamo mangiato e bevuto con lui dopo la sua risurrezione dai morti.

«Noi siamo testimoni», dice Pietro a Cesarea, in casa del centurione Cornelio, che sta per ricevere il battesimo con tutta la sua famiglia. È questo uno degli otto discorsi che Pietro pronuncia negli Atti degli apostoli, nel quale offre la testimonianza matura della sua fede, che vede nell’ultima drammatica vicenda di Gesù il realizzarsi delle profezie, e la piena consapevolezza della missione di continuare l’opera di Gesù, affidata da Dio a lui e agli apostoli, quali «testimoni prescelti».

Dagli Atti degli Apostoli.                                                                                      At 10,34a.37-43

In quei giorni, Pietro prese la parola e disse: «Voi sapete ciò che è accaduto in tutta la Giudea, cominciando dalla Galilea, dopo il battesimo predicato da Giovanni; cioè come Dio consacrò in Spirito Santo e potenza Gesù di Nàzaret, il quale passò beneficando e risanando tutti coloro che stavano sotto il potere del diavolo, perché Dio era con lui.
E noi siamo testimoni di tutte le cose da lui compiute nella regione dei Giudei e in Gerusalemme. Essi lo uccisero appendendolo a una croce, ma Dio lo ha risuscitato al terzo giorno e volle che si manifestasse, non a tutto il popolo, ma a testimoni prescelti da Dio, a noi che abbiamo mangiato e bevuto con lui dopo la sua risurrezione dai morti.
E ci ha ordinato di annunciare al popolo e di testimoniare che egli è il giudice dei vivi e dei morti, costituito da Dio. A lui tutti i profeti danno questa testimonianza: chiunque crede in lui riceve il perdono dei peccati per mezzo del suo nome».

Parola di Dio.

SALMO RESPONSORIALE                                                                Dal Salmo 117 (118)

Il salmo è un inno al Signore della vita e al Padre del Signore risorto, che nel suo amore ha reso piena gloria al proprio Figlio Gesù.

Rit. Questo è il giorno che ha fatto dal Signore:
rallegriamoci ed esultiamo.

Oppure:

Rit. Alleluia, alleluia, alleluia.

Rendete grazie al Signore perché è buono,
perché il suo amore è per sempre.
Dica Israele:
«Il suo amore è per sempre».

La destra del Signore si è innalzata,
la destra del Signore ha fatto prodezze.
Non morirò, ma resterò in vita
e annuncerò le opere del Signore.

La pietra scartata dai costruttori
è divenuta la pietra d’angolo.
Questo è stato fatto dal Signore:
una meraviglia ai nostri occhi.

SECONDA LETTURA

Cercate le cose di lassù, dove è Cristo.                                                

In pochi versetti Paolo esprime in modo pieno ed efficace la sua fede nel Signore Risorto ed esorta a vivere una vita nuova; a cercare «le cose di lassù», dove siede glorioso il Cristo di Dio, con il quale condivideremo anche noi la sua gloria.

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Colossesi.                                                        Col 3,1-4

Fratelli, se siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù, dove è Cristo, seduto alla destra di Dio; rivolgete il pensiero alle cose di lassù, non a quelle della terra.
Voi infatti siete morti e la vostra vita è nascosta con Cristo in Dio! Quando Cristo, vostra vita, sarà manifestato, allora anche voi apparirete con lui nella gloria.

Parola di Dio.

Oppure:

Togliete via il lievito vecchio, per essere pasta nuova.        

A partire da un caso di grave infedeltà nella comunità, Paolo esorta alla vita nuova. Come un po’ di lievito può far fermentare tutta la pasta, così i cristiani sono chiamati a testimoniare la novità della risurrezione. 

Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi.                                           1Cor 5,6b-8 

Sequenza

Alla vittima pasquale,
s’innalzi oggi il sacrificio di lode.
L’Agnello ha redento il suo gregge,
l’Innocente ha riconciliato
noi peccatori col Padre.
Morte e Vita si sono affrontate
in un prodigioso duello.
Il Signore della vita era morto;
ma ora, vivo, trionfa.

«Raccontaci, Maria:
che hai visto sulla via?».
«La tomba del Cristo vivente,
la gloria del Cristo risorto,
e gli angeli suoi testimoni,
il sudario e le sue vesti.
Cristo, mia speranza, è risorto:
precede i suoi in Galilea».

Sì, ne siamo certi:
Cristo è davvero risorto.
Tu, Re vittorioso,
abbi pietà di noi.

Canto al Vangelo    1 Cor 5,7-8

Alleluia, alleluia.

Cristo, nostra Pasqua, è stato immolato:
facciamo festa nel Signore.

Alleluia.

VANGELO

Egli doveva risuscitare dai morti.                 

Maria corre di buon mattino alla tomba dove è stato deposto Gesù. È ancora buio. La sepoltura di Gesù è avvenuta in tutta fretta ed è stata sommaria, Maria intende completare le cose, prendersi cura del suo cadavere. Ma la pietra è ribaltata e la tomba è vuota. Corre a dirlo a Pietro e a Giovanni, pensando che qualcuno lo abbia portato via di nascosto. I due apostoli accorrono, osservano ogni cosa, ricordano le parole della Scrittura, e dello stesso Gesù, e diventano i primi testimoni privilegiati della sua risurrezione.

Dal vangelo secondo Giovanni.                                                                         Gv 20,1-9

Il primo giorno della settimana, Maria di Màgdala si recò al sepolcro di mattino, quando era ancora buio, e vide che la pietra era stata tolta dal sepolcro.
Corse allora e andò da Simon Pietro e dall’altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: «Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l’hanno posto!». Pietro allora uscì insieme all’altro discepolo e si recarono al sepolcro.
Correvano insieme tutti e due, ma l’altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro. Si chinò, vide i teli posati là, ma non entrò.
Giunse intanto anche Simon Pietro, che lo seguiva, ed entrò nel sepolcro e osservò i teli posati là, e il sudario – che era stato sul suo capo – non posato là con i teli, ma avvolto in un luogo a parte. Allora entrò anche l’altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette. Infatti non avevano ancora compreso la Scrittura, che cioè egli doveva risorgere dai morti.

Parola del Signore.

Oppure, per l’anno B:

Gesù Nazareno, il crocifisso, è risorto.                                                              

Secondo Marco, sono tre le donne che vanno al sepolcro il mattino di Pasqua, vedono la tomba vuota, e un angelo annuncia loro la risurrezione di Gesù. L’angelo le manda ad annunciare la risurrezione agli apostoli, ma le donne, spaventate e tremanti per la paura, non dicono niente a nessuno.

 Dal vangelo secondo Marco.                                                      Mc 16,1-7

Passato il sabato, Maria di Màgdala, Maria madre di Giacomo e Salome comprarono oli aromatici per andare a ungerlo.
Di buon mattino, il primo giorno della settimana, vennero al sepolcro al levare del sole. Dicevano tra loro: «Chi ci farà rotolare via la pietra dall’ingresso del sepolcro?».
Alzando lo sguardo, osservarono che la pietra era già stata fatta rotolare, benché fosse molto grande. Entrate nel sepolcro, videro un giovane, seduto sulla destra, vestito d’una veste bianca, ed ebbero paura.
Ma egli disse loro: «Non abbiate paura! Voi cercate Gesù Nazareno, il crocifisso. È risorto, non è qui. Ecco il luogo dove l’avevano posto. Ma andate, dite ai suoi discepoli e a Pietro: «Egli vi precede in Galilea. Là lo vedrete, come vi ha detto»».

Dove si celebra la Messa vespertina si può anche leggere: Lc 24,13-35.

RIFLETTERE E MEDITARE

È la domenica 9 aprile dell’anno 783 dalla fondazione di Roma. Nessuno si aspetta niente dopo la morte in croce di Gesù. Una sepoltura fatta in fretta, gli apostoli, paurosi e un po’ vigliacchi, sopraffatti dalla tragicità degli avvenimenti, nascosti a porte chiuse nel cenacolo, storditi dalla piega che hanno preso le ultime ore di Gesù. Anche loro, ebrei dalla mentalità vincente, non potevano accettare la sconfitta del messia. Solo le donne rimangono in attesa dell’alba del nuovo giorno per poter completare i riti della sepoltura, troppo affrettati in quel tramonto del venerdì.

L’esperienza della risurrezione
Ci sorprendono nelle letture le parole di Pietro, la testimonianza di Maria di Magdala, la fede di Giovanni che insieme a Pietro corre alla tomba «vede e crede», illuminato dalla fede e dall’amore. Qualcosa improvvisamente è cambiato nell’animo di chi finora non aveva compreso che cosa potesse significare che Gesù «doveva risuscitare da morte».
La risurrezione è anzitutto un fatto testimoniato dalla trasformazione degli apostoli, che non sono vittime di un’allucinazione collettiva, loro che erano uomini concreti e poco complicati. Non è una visione o un’apparizione di Gesù, perché gli apostoli e le donne semplicemente lo rivedono vivo, mangiano e bevono con lui.
La risurrezione non è nemmeno un miracolo alla maniera di Lazzaro, che dalla morte ritorna alla vita normale, ma è la trasfigurazione definitiva dell’esistenza umana della persona di Gesù, primizia e inizio di tutto il genere umano rinnovato.
Su questo fatto, scrive Paolo, chiamato alla fede in modo straordinario dal Cristo risorto: «Vi ho trasmesso anzitutto quello che anch’io ho ricevuto: che cioè Cristo morì per i nostri peccati secondo le Scritture, fu sepolto ed è risuscitato il terzo giorno secondo le Scritture, e che apparve a Cefa e quindi ai Dodici. In seguito apparve a più di cinquecento fratelli in una sola volta: la maggior parte di essi vive ancora, mentre alcuni sono morti. Inoltre apparve a Giacomo, e quindi a tutti gli apostoli. Ultimo fra tutti apparve anche a me come a un aborto. Io infatti sono l’infimo degli apostoli, e non sono degno neppure di essere chiamato apostolo, perché ho perseguitato la Chiesa di Dio» (1Cor 15,1-11).

La trasformazione degli apostoli
La testimonianza degli apostoli non nasce dunque da ragionamento, ma da un’esperienza che li ha sorpresi e li ha trasformati. «Rimane per noi un profondo enigma come mai discepoli così deboli abbiamo potuto trasformarsi, in breve tempo, in apostoli coraggiosi» (Endo Shusaku). Scrive l’evangelista Giovanni: «Chi ha visto ne dà testimonianza e la sua testimonianza è vera ed egli sa che dice il vero, perché anche voi crediate» (Gv 19,35).
La storia è piena di uomini eroici e dinamici, di profeti e santi. Anche Gesù, a vedere le cose solo nel momento della sua morte in croce, non sarebbe altro che un uomo straordinario e fedelissimo a Dio. È la sua risurrezione che pone il sigillo su di lui, che ne autentica l’azione e le parole, che lo colloca totalmente dalla parte di Dio e dà significato assoluto alla sua missione.
«Quale segno ci dai?», gli avevano chiesto, E Gesù aveva risposto: «Distruggete questo tempio e io lo ricostruirò in tre giorni!» E parlava del tempio del suo corpo.

Anche noi risorti con Cristo
La risurrezione mette a prova la nostra fede e dà un senso pieno alla nostra vita. Con la risurrezione di Gesù la nostra fede piccola diventa inadeguata. Siamo chiamati anche noi a entrare in quella tomba, guardare, credere. Gesù ha stupito e trasformato gli apostoli, può trasformare anche noi. Duemila anni di storia del cristianesimo hanno come fondamento questo fatto. Se continuiamo nella nostra vita cristiana, se cerchiamo di fare il bene senza stancarci, è perché Cristo è risorto. È stata questa la forza dei santi.
Ci sono montagne di libri sulla risurrezione di Gesù. Tutti cercano di capire come storicamente questo fatto sia possibile, quanto siano attendibili i racconti dei Vangeli e quale sia il valore della testimonianza degli apostoli e delle donne che lo hanno rivisto vivo. Tante pagine per affrontare non certo un problema in astratto, perché «se Cristo non è risorto, allora è senza fondamento la nostra predicazione e la nostra fede è senza valore», come dice Paolo (1Cor 15,14). «Con queste drastiche parole, Paolo sottolinea l’importanza fondamentale della risurrezione di Cristo per la fede cristiana. Con la risurrezione di Cristo tale fede sta o cade» (Jürgen Moltmann).
Tutte le vicende narrate dal Vangelo sono pervase da stupore e meraviglia. Soprattutto Matteo (28,11-15), che usa un genere letterario particolare per mettere maggiormente in risalto la singolarità e la sicurezza storica della risurrezione. Le donne vanno al sepolcro per visitare un cadavere e non si aspettano nulla. Vanno a piangere su una tomba, e ritrovano Gesù vivo. Lo adorano per prime e sono le prime annunciatrici di questo grande mistero, quasi a sottolineare il ruolo che la donna potrà avere nella Chiesa e soprattutto il primato dell’amore, perché è l’amore che le spinge a cercare Gesù anche dopo la sua morte.
«A partire dalla risurrezione di Cristo può soffiare un vento nuovo, purificatore, del mondo attuale», dice Dietrich Bonhoeffer. «Se alcuni lo credessero veramente, molte cose cambierebbero».

UN FATTO – UNA TESTIMONIANZA
Il cardinale Biffi racconta ciò che gli è capitato dopo una sua lezione di teologia tenuta a Milano sulla risurrezione di Gesù. È stato così convincente, che una donna alla fine è andata a sincerarsi e a chiedere conferma: «Davvero Gesù si è presentato vivo dopo essere stato ucciso?». E alla conferma del cardinale, la donna ha concluso: «Devo proprio dirlo a mio marito!». La settimana seguente, la signora si è ripresentata dal cardinale e gli ha detto che cosa aveva risposto suo marito: «Avrai certamente capito male!».

PREGHIERA UNIVERSALE

Celebrante. Cristo è risorto e vive per sempre. Uniamo le nostre voci per chiedergli che renda efficaci in noi i frutti della sua risurrezione.

Cristo, nostra Pasqua, ascoltaci!

  • Per la Chiesa: come i primi discepoli sappia testimoniare ovunque e in ogni tempo la fede nella risurrezione del Signore Gesù, preghiamo.
  • Per gli uomini di buona volontà, impegnati a costruire un mondo nuovo, sappiamo trovare nel Signore risorto la forza di non arrendersi, preghiamo.
  • Ogni famiglia cristiana sappia essere annuncio e testimonianza di vita e di speranza, e in ogni casa la risurrezione sia celebrata nella gioia e nella fraternità, preghiamo.
  • Per chi ha bisogno di te, o Cristo, per chi è dubbioso o si è ormai stancato e rassegnato e non ti cerca più, affinché possa incontrarti e vederti risorto e vivo, preghiamo.

Celebrante. Signore della vita, che risorgendo hai vinto la morte, concedici di essere esauditi nelle preghiere che ti abbiamo rivolto e di ottenere in pienezza i frutti della tua risurrezione. Tu che sei Dio e vivi e regni con Dio Padre, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.


 

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5. Preghiere dei Fedeli – Pasqua

«Egli doveva risuscitare dai morti» • Gv 20,1-9

Celebrante. Pasqua è la massima festa di noi cristiani: Gesù risorto vive per sempre, un mondo nuovo è cominciato con lui. Nella Preghiera dei fedeli chiediamo al Padre che la forza liberatrice di questo evento ci trasformi.

Lettore. Preghiamo insieme: Signore, vita e risurrezione nostra, ascoltaci.

1. Preghiamo per la santa Chiesa di Dio. La tomba di Cristo, trovata vuota, è diventata la culla della Chiesa e di una nuova umanità.
Perché i credenti sappiano annunciare al mondo con gioia e gratitudine la risurrezione del Signore, e il loro messaggio sia persuasivo e bene accolto dagli uomini, preghiamo.

2. Per il Papa, i vescovi, i sacerdoti e i cristiani che prolungano l’opera del Cristo, e propongono al mondo la novità del Regno di Dio.
Perché siano i testimoni coraggiosi che indicano un futuro di speranza, e orientino gli incerti alla strada che porta a Cristo Signore, preghiamo.

3. Per le nostre famiglie. È bello pensare che l’evento pasquale viene celebrato in ogni casa, per la gioia di piccoli e grandi, nella sincerità e nella verità.
Perché sappiamo condividere il dono del Signore con una festosa ospitalità estesa anche ai poveri, ai dimenticati e ai sofferenti, preghiamo.

4. Per i cristiani presi nella morsa del dubbio, per gli increduli che vorrebbero credere, per tutti quelli che cercano con passione la verità.
Perché illuminati dalla grazia di Cristo, primizia dei risorti, tutti gli incerti possano giungere a scoprire la Pasqua come primavera della storia e del mondo, preghiamo.

5. Per la nostra comunità (parrocchiale), che al mattino della Pasqua riconosce con gioia, nel pane spezzato e condiviso, il Cristo risorto per noi.
Perché sappiamo liberarci dalle incrostazioni del tempo e dalla tiepidezza, e ritrovando lo slancio dei primi cristiani, giungiamo a contagiare coloro che ci vivono accanto, preghiamo.

Celebrante. O Padre, nella Pasqua, centro e cuore della fede, conferma la nostra speranza in una vita al di là della morte. Fa’ che non ci lasciamo più vincere dal timore, ma collaboriamo a costruire un mondo migliore di fratelli rinnovati in Cristo. Lui che vive e regna nei secoli dei secoli.


(tratto da: E. Bianco, Preghiera dei fedeli, proposte per le domeniche e feste degli anni A-B-C – Elledici 2002)