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Recensione del libro I miei Papi di Tarcisio Bertone

I miei Papi

Un percorso che comprende sette ”incontri” con i sette grandi Pontefici che hanno costruito, negli ultimi settant’anni,
la Chiesa che oggi viviamo.

Prefazione del card. Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura.

Si riporta un estratto della recensione pubblicata il 3 luglio 2019 su NOTIZIE IN UN CLICK dedicata al libro I miei Papi di Tarcisio Bertone, a cura di Franco Cortese.

Sua Eminenza Tarcisio cardinale Bertone, quale “testimone privilegiato” ha voluto qui narrarci i principali fatti avvenuti durante il suo ministero pastorale (ed ancora da ragazzo), anche come Segretario della Congregazione della Fede, prima, e Segretario di Stato Vaticano, poi, e, ormai libero dagli incarichi svolti presso la Santa Sede, socializzando sia “le bontà delle rose” sia “le loro spine”. In questi ultimi casi, contrastando da una parte il tanto discusso attico a lui contestato di 700 mq nel centro di Roma (di proprietà vaticana) – “…un’abissale lontananza dalla verità…” – dall’altra, le presunte divergenze con Benedetto XVI e papa Francesco, confutate ampiamente nel libro.

Lo abbiamo di certo pensato in molti, se non tutti, che dietro ogni Papa, per svolgere al meglio quel pesante Ministero Pietrino, ci sono sempre state menti acute, preparate, attente, moderate, previdenti… e, soprattutto, illuminate dalla gioia del Vangelo, come quella del Supremo Pastore con cui condividere l’azione apostolica ed il greve fardello.

Il cardinale Bertone ha avuto, ha, ed ha utilizzato – insieme con altre, dal suo curriculum e nel libro ben percepibili – queste sue indubbie, peculiari qualità.

Centinaia, forse migliaia di occasioni lo hanno visto più o meno evidente protagonista in positivo: incontri, missioni, conclavi, fughe di notizie, encicliche, rapporti con i potenti della Terra… e il Concilio Vaticano II. Avvenimenti, questi, tutti presenti nelle pagine. Ogni aneddoto, ogni fatto narrato ed efficacemente sintetizzato è stato vissuto al fianco e sempre in accordo con i vari papi, profondamente intriso di “umanità e spiritualità”, se c’è permesso il dire, tra umane sofferenze e momenti di gioia, come l’avvicinamento dei mondi cristiano e islamico. Su quest’ultimo caso si ricorda la sua fattiva partecipazione, che si terminò (13 ottobre 2007) con la lettera di ringraziamento a papa Benedetto XVI di 138 esponenti mussulmani, a cui seguì un incontro di dialogo con udienza in Vaticano il 6 novembre 2008.

Umanità e fede uniti al principio di conciliazione e pacificazione che furono anche sottolineati dallo stesso cardinale Bertone nei colloqui per le maggiori istanze politiche per la concordia nazionale argentina.

Sono tanti gli esempi esposti, non tutti noti, di corretto e giusto, laicamente oltre che cristianamente, agire che si trovano sotto i vari pontificati, tradotto in azioni correnti pregne d’amore, nell’asperità del vivere.

L’onesta e lucida mente di Sua Eminenza non ha tralasciato di raccontare nemmeno gli aspetti più controversi vissuti da testimone vicino ai fatti ed ai documenti più scabrosi. Neppure quelli relativi alla “leggenda nera” che circonda papa Pio XII e le sue presunte indulgenze verso il nazismo, voci false che numerosi documenti ed atti smentiscono chiaramente, citate da coloro che con azioni e dichiarazioni – anche con una pièce teatrale! – hanno fatto scempio ed offesa alla ragione, all’obiettività, al buon senso e ai principi morali della fede cristiana.

Il libro si conclude con le testimonianze degli ottimi rapporti vissuti con papa Bergoglio, le 30 udienze in 8 mesi con questo papa per avviarlo alle relazioni istituzionali (lo ha accompagnato anche nel suo viaggio in Brasile per la XXVIII Giornata Mondiale della Gioventù) ottenendo, tra l’altro, queste parole, per la Prefazione di un suo libro, parole con le quali concludiamo anche noi: “[…] sono tanti e pregnanti gli spunti di questo lavoro che dimostra quanto il cardinale Bertone abbia saputo presentare l’annuncio evangelico, i valori e le grandi istanze della dottrina della Chiesa […]”.

Nato a Romano Canavese (Torino) nel 1934, cresciuto in una famiglia molto religiosa (suo padre, maestro di musica e contadino, era tra i pochi abbonati all’Osservatore Romano, che il ragazzino leggeva, formandosi spiritualmente), Tarcisio entra da giovane nei salesiani e diventa sacerdote; arriva quindi alla docenza in Diritto Canonico ed all’incarico di rettore Magnifico dell’Università Pontificia Salesiana. Fu consacrato vescovo nel 1991, e cardinale nel 2003, svolgendo il ministero tra Vercelli, Genova e Roma. Si è distinto come Segretario della Dottrina della Fede e poi come Segretario di Stato.

Una curiosità finale: Sua Eminenza è un tifoso convinto della Juventus ed è stato anche cronista sportivo.

Molto interessante e ben fondata è la degna prefazione a questo libro scritta dal cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del Consiglio della Cultura e della Pontificia Commissione di Archeologia Sacra.

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Recensione del libro Ancilla Domini di Roberto Benotti

Ancilla Domini

Sorrisi mariani

Si riporta la recensione pubblicata il 5 luglio 2019 sul settimanale LA NUOVA SCINTILLA dedicata al libro Ancilla Domini di Roberto Benotti, a cura di A.B.

Frescura mariana

Lo sfogli in pochi minuti, ma inevitabilmente torni indietro a gustare nuovamente il disegno lineare e sapido, che sorride con Maria e Giuseppe in viaggio per Betlemme, e Giuseppe che la tranquillizza: “Chi vuoi che vada a Betlemme in questo periodo?”. Prima ti sei goduto il paragone tra la mela sbucciata di Eva e quella intera di Maria, e il ‘Batti cinque, cugino!’ nell’incontro tra Maria ed Elisabetta. La vita di Maria viene percorsa di tappa in tappa, con le bellissime vignette di Gesù scovato nel tempio a dodici anni, che esclama esultante: “Mamma, ho preso dieci!”; “Bravo! Amore! – dice lei – In che materia?”. “In religione!!”. Commuove la figura di Maria disegnata con le braccia spalancate, sulla quale si sovrappone la figura del Crocifisso; fa sorridere la Mamma ancora apprensiva che raccomanda al Figlio nell’ascensione: “Chiama quando arrivi, non farmi restare in pensiero”. Non manca il richiamo ai quattro dogmi mariani, e il riflesso della presenza di Maria nella vita della Chiesa e di ogni cristiano. Il mistero cristiano è annuncio di letizia, e il linguaggio dei fumetti dell’italo-argentino Roberto Benotti, alias Robihood, rinfresca l’anima.

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Recensione del libro Allora Dio sarà tutto in tutti

Allora Dio sarà tutto in tutti

Escatologia cristiana

Si riporta la recensione pubblicata sul settimanale Gazzetta d’Asti del 21 giugno 2019 dedicata al libro di Vittorio Croce Allora Dio sarà tutto in tutti.

In seconda edizione con la ElleDiCi il libro di don Croce sull’escatologia o realtà ultima “Allora Dio sarà tutto in tutti”: la prospettiva della speranza

L’atteggiamento dominante nei confronti del futuro oltre la morte sembra essere oggi quello del silenzio. Un silenzio artificioso, però, perché la domanda si pone a forza di fronte all’evento sempre incombente della morte. Un silenzio perlopiù sovrastato dal logorroico discorso sulle cause di quella tale morte e sulle presunte responsabilità di questo o di quello.

Dopo le doverose onoranze funebri si torna rapidamente all’ordinario, al pensiero circa il lavoro, la famiglia, la politica, lo sport, la malattia, il vestito, la dieta, soprattutto i soldi. Sul dopo torna a permanere il silenzio. Non messo in crisi perlopiù neanche dalla riflessione proposta dalla liturgia funebre, doverosa ma ininfluente. La vita va avanti. Deve andare avanti. Ma in quale direzione e con quale prospettiva? Per quella presente domina, nell’età attiva, la volontà di programmazione. Volontà che permane anche nell’età della pensione, per tenersi vivi a tutti i costi. La speranza riguarda soltanto la salute, fisica e mentale, col conseguente impegno alimentare, medico e ginnico. Per il resto rimane la rassegnazione, sia nei confronti del distacco dal defunto sia della propria situazione personale. Ma per il sincero credente in Uristo la prospettiva passa, sull’aldilà della morte, alla considerazione del giudizio di Dio e alla conseguente triplice possibilità di esito personale: paradiso, inferno o purgatorio.

Nella normale supposizione secondo cui “l’inferno è solo per i supposizione peccatori” e il paradiso solamente per i santi , l’idea comune veleggia verso il purgatorio e quindi verso il dovere della preghiera di suffragio per il defunto e dell’impegno personale nelle opere buone per “salvarsi l’anima“. Il messaggio cristiano circa il futuro dopo la morte chiede di risuonare incisivo per chi copre col silenzio forzato il pensiero sul senso della vita e di echeggiare più chiaro per chi è aperto al discorso della fede in Cristo risorto. Compito della teologia è di lavorare nell’una e nell’altra direzione, studiando il messaggio biblico perché risulti anche oggi incisivo e illuminante. Impegno tutt’altro che facile, perché si tratta di capire e interpretare un linguaggio molto spesso cifrato, addirittura ermetico, sempre comunque puntato a parlare di realtà che non hanno riferimento a un’esperienza data come descrivibile e raccontabile. Il futuro è ignoto per definizione, proprio perché futuro. Ma il credente in Cristo è convinto, con buone ragioni, di trovare in lui un fascio di luce che indica una meta e il cammino di avvicinamento, partendo dall’evento della sua risurrezione.

Una luce più che sufficiente a far sperare nella vita, una vita vera più che mai, oltre la morte. Una vita però talmente nuova che non può essere descritta se non allusivamente mediante parole e simboli desunti dalla Scrittura tutta intera nel suo cammino di ascolto e ricerca culminante nella vicenda di Gesù di Nazaret, Figlio di Dio fattosi nostro fratello per accompagnarci fino alle soglie della morte e annullandone il pungiglione. Il trattato di escatologia, che raccoglie l’eredità del preconciliare De novissímis (Sulle ultime realtà), si presenta apparentemente meno determinato rispetto a quello, più sobrio e meno “informato”. Ma è certamente più radicato nel linguaggio biblico, ricco di narrazioni e di simboli che suggeriscono più che definire, indicano più che delineare, lasciando aperta la porta alla novità dell’ultimo evento, la manifestazione di Gesù. Cristo come Pantocratore, signore e giudice della storia. Sempre nell’intento di alimentare la virtù o meglio il dono della speranza, quella biblicamente rappresentata con l’àncora in mano, un’ancora che aggancia però in alto, all’angolo del tempio del cielo dove Cristo risorto è stato accolto dal Padre, con il compito di preparare un posto anche per ciascuno di noi. Notando subito, come esempio delle deviazioni possibili in questa delicata materia che non si tratterà di tornare alla casa del Padre, perché nessuno di noi ci è mai ancora stato. Solo Gesù ci ritorna, perché ne è disceso per la nostra illuminazione e salvezza. Questo libro di don Vittorio Croce, che costituisce la seconda edizione rispetto a quello pubblicato nel 1998, intende mettere in campo le possibili risposte, almeno quelle dimostrate come più accettabili, ai pesanti interrogativi sul futuro ultrastorico dell’umanità e di ogni persona umana nella forma dell’illustrazione possibile del messaggio che viene dal Nuovo Testamento. Ciò almeno nello sforzo di stilare con la maggiore chiarezza possibile lo status quaestionis alla luce delle attuali ricerche teologiche con relativi anche vivaci dibattiti.

Un riesame complessivo della situazione teologica, che non dà conto di ogni dibattito in dettaglio, ma cerca di cogliere l’essenziale delle risposte, molte volte in forma congetturale, come è normale che sia in una materia così sfuggente. Il panorama spazia dalla visione biblica e teologica della virtù della speranza per fondare poi il discorso sul messaggio centrale del Nuovo Testamento, quello della manifestazione finale di Cristo come Signore e giudice, passando a illustrarne la ricaduta sulla decisione umana circa il senso della propria vita, tra riuscita piena (paradiso) e fallimento radicale (inferno), e quindi esaminare la dimensione comunitaria del futuro che è già presente (comunione dei santi) e la realtà ultramondana di angeli e demoni con il loro influsso sugli umani.

“Non c’è questione – afferma don Croce, docente di teologia per oltre 40 anni- che non sia affrontata in riferimento all’interpretazione biblica nella forma più completa, come alla lettura patristica in forma più essenziale, cosi come per quanto riguarda gli interventi magisteriali del passato e pure quelli recenti. Su questi ultimi, tutti sostanzialmente di ispirazione ratzingeriana, mi sono permesso anche qualche osservazione critica non trattandosi di dichiarazioni dogmatiche vere e proprie. Vorrei tanto che questa pubblicazione, che credo rigorosamente professionale ma insieme abbordabile da molti, non lasci stagnare il dibattito teologico. E non solo per interesse accademico. Ne va di mezzo la corretteza della fede e la serietà della vita di fronte alla morte e al giudizio che con essa incombe sul futuro personale e sociale”.

Don Vittorio Croce ha al suo attivo molti libri di teologia, oltre a pubblicazioni di storia locale e personaggi astigiani come il cardinal Massaja. Gli ultimi con la ELLEDICI: Trattato sul Dio cristiano. Dall’esperienza del sacro alla rivelazione della Trinità (2004), Gesù il Figlio e il mistero della croce. Cristologia e soteriologia (2010), Il principio carità e il divino umanesimo di Gesù (2016), Il sacramento della nuova alleanza. L’Eucaristia fonte e culmine della liturgia e della vita cristiana (2015).

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Infosfera e dintorni: intervista a don Luca Peyron su Città Nuova

Infosfera e dintorni
Intervista a don Luca Peyron su Città Nuova

Si riporta l’articolo pubblicato il 19 giugno 2019 sul sito di Città Nuova da parte di Daniela Baudino in merito all’intervista effettuata a don Luca Peyron, autore del libro Elledici “Incarnazione digitale“.

CITTA’ NUOVA – Era il 12 marzo 1989 quando Tim Berners-Lee presentava al Cern di Ginevra il progetto che ha dato avvio al Web, che fu alla base di Internet e oggi della rivoluzione digitale. Don Luca Peyron, sacerdote della Diocesi di Torino e autore di “Incarnazione digitale” (Elledicì) ci aiuta a tracciare una strada futura sulla reale possibilità di custodire l’umano dentro alla rivoluzione digitale in cui siamo immersi quotidianamente.

Don Luca, il termine infosfera non indica solo gli strumenti digitali che ogni giorno utilizziamo, ma un vero e proprio spazio relazionale: quale le sembra la sfida più urgente, per l’uomo di oggi dentro a questo nuovo ecosistema?

Le sfide sono tre: la prima è prendere coscienza del mondo in cui viviamo, che non è quello di ieri con qualche cambiamento. Questo non è scontato per i nativi digitali, che sanno usare gli strumenti ma sanno fino ad un certo punto cosa c’è dietro, ma neanche per chi è nato “analogico” e non si rende conto di quanto questo significhi nel concreto delle nostre esistenze, e che l’ambiente digitale non sono i social e due siti, ma molto di più. La seconda sfida è culturale e politica: come ci posizioniamo, come scegliamo che cosa questo mondo è e sarà? L’infosfera è qualcosa che stiamo costruendo noi e siamo noi che dobbiamo decidere ed essere consapevoli di come, per chi e per cosa la costruiamo. La terza questione è decidere dove vogliamo andare rispetto alla centralità della persona umana: non tutto ciò che si può fare, siccome si può fare, ha un carattere veritativo. Non dobbiamo avere paura, ma dobbiamo avere ben chiaro un obiettivo e un orizzonte che ci permetta di non trovarci una mattina in un posto senza sapere come ci siamo arrivati.

Come responsabile della pastorale universitaria del Piemonte e docente dell’Università Cattolica di Milano ha modo di entrare nella vita quotidiana di quelli che oggi chiamiamo “nativi digitali”, spesso descritti come superficiali, disattenti, narcisisti. Le sembra che questi termini li raccontino per quello che realmente sono o c’è di più?

Noi giudichiamo questa generazione a partire dalla differenza che vediamo tra quello che noi eravamo e quello che loro sono. Se notiamo dei ragazzi sulla metro con il cellulare in mano li critichiamo, ma noi in mano avevamo il quotidiano: non c’è differenza. Critichiamo le nuove generazioni perché hanno l’attitudine ad utilizzare strumenti che a noi fanno paura, e ciò che fa paura viene stigmatizzato. Facciamo più fatica a capirli di quanto ogni generazione passata ha fatto fatica a capire la successiva perché il salto è molto più ampio, ma questa generazione è molto di più di queste etichette. Molto del negativo se l’è trovato costruito da noi: abbiamo chiesto loro di essere dei clienti e dei consumatori più che delle persone, gli stiamo proponendo un’adultità non desiderabile copiando la loro giovinezza, invece che raccontare un’adultità che vale la pena vivere. Per questo è sempre più necessario un dialogo dove interessa ciò che l’altro pensa, e partendo da quello dare una risposta per generare qualcosa di nuovo che appartiene a ciascuno dei due.

Nel tuo saggio scrivi: «L’architettura dell’infosfera sta contribuendo a illudere la coscienza del conoscere, facendo venir meno il desiderio di verità». Quali sono gli elementi dell’esperienza cristiana che possono aiutarci a vivere una vera incarnazione digitale?

Sono due elementi che fanno parte dell’esperienza cristiana che possono essere sostanziali e sostanzianti. Il primo è il tempo. Il Dio eterno sceglie di farsi uomo in un tempo, sceglie di darsi un tempo e di manifestarsi come Dio dopo un tempo molto lungo. Nel diluvio di informazioni di oggi abbiamo bisogno di un tempo congruo per scegliere, discernere, ragionare, decidere, per assumere una postura verso la realtà. Non dobbiamo entrare in competizione con le macchine ed essere più veloci di loro: la loro velocità ci restituisce del tempo che dobbiamo utilizzare per esprimere la differenza. Il secondo aspetto è la dimensione del silenzio. Nella vita di Gesù ci sono tanti momenti di silenzio con il Padre. Per noi può essere la nostra interiorità, che serve per portare a compimento il tanto, il bello, il buono e il vero che questo tempo ha. Dobbiamo riappropriarci di un tempo di mistica, di silenzio informativo, in cui far risuonare dentro di noi quello che è davvero importante per poter dare risposte che non siano solo emotive.

Quello dell’Intelligenza Artificiale è un tema con cui dovremo inevitabilmente prendere confidenza. Credi che il nostro destino sia quello di essere sostituiti dalle macchine e dagli algoritmi?

Questo dipende da che tipo di mondo decidiamo di abitare e dalla coscienza che abbiamo o non abbiamo rispetto a quello che ci sta accadendo. Sempre più le macchine sono in grado di appropriarsi e occupano lo spazio cognitivo che fino ad oggi era esclusivamente umano. Ma la macchina va nella direzione in cui noi decidiamo essa vada, e la direzione dobbiamo darla noi. Per questo dobbiamo decidere quale è l’obiettivo da perseguire e utilizzare le macchine per farlo. Quello che c’è in più oggi è che le macchine stanno diventando in grado di scegliere autonomamente una direzione: ma se permettiamo questo allora stiamo eliminando dall’essere umano quella dimensione che gli è propria e non replicabile, la dimensione trascendente. Decidere che questa sia la dimensione che dà direzione al vivere e ci aiuta a disegnare il mondo in cui viviamo non ci salverà necessariamente dalle macchine, ma ci aiuterà ad utilizzare le macchine per accogliere la salvezza che ci è data.

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Recensione del libro La Bibbia dell’ecologia di Roberto Cavallo

La Bibbia dell’ecologia

Riflessioni sulla cura del Creato

Si riporta la recensione pubblicata il  16 giugno 2019 sulla rivista CREDERE dedicata al libro La Bibbia dell’ecologia di Roberto Cavallo, a cura di Ilaria Beretta.

IL MONDO È UN GIOCO D’EQUILIBRIO A TRE: DIO, UOMO E NATURA
Roberto Cavallo

Agronomo di professione, credente appassionato di temi ambientali, ha scritto La Bibbia dell’ecologia scovando nell’Antico Testamento una miniera di spunti per affrontare le sfide attuali del nostro pianeta.


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Recensione del libro I giovani di Benedetto a cura di Matteo Liut

I giovani di Benedetto

Una rilettura del pensiero di Ratzinger e il mondo giovanile

Riportiamo qui la recensione pubblicata sul quotidiano nazionale italiano AVVENIRE del 12 giugno 2019 a cura di  Matteo Liut, dedicata al libro I giovani di Benedetto.

C'è una speranza sulla nostra via

Fede, gioia, vocazione: quattro guide autorevoli per i giovani si confrontano con i grandi temi dell'educazione alla vita cristiana. In un libro i loro appunti sugli insegnamenti di papa Benedetto alle nuove generazioni.

Matteo Liut

Come fili sottili partiti da lontano e poi intrecciatisi a disvelare una tela complessa ma organica, testimonianza dei tempi attuali: così si mostrano i temi della pastorale giovanile nel libro I giovani di Benedetto. Una rilettura del pensiero di Ratzinger sul mondo giovanile (Elledici, 88 pagine; 6.90 euro). Si tratta di un volumetto pubblicato da poco, che si propone come omaggio a Benedetto XVI e che rintraccia le radici delle attuali sfide della pastorale giovanile, emerse in modo organico al Sinodo dell'ottobre scorso.

A guidare il lettore in questa ricerca sono sei voci autorevoli. La prefazione del libro, curato da don Giacomo Ruggeri, è di padre Federico Lombardi, già direttore della Sala stampa vaticana e presidente della Fondazione Ratzinger. Seguono poi gli interventi dei responsabili del Servizio nazionale per la pastorale giovanile che si sono succeduti nel tempo (riportiamo alcuni stralci delle loro riflessioni in questa pagina):

  • Domenico Sigalini, vescovo emerito di Palestrina, sul tema «Riscoprite la vostra vocazione nella società»;
  • Paolo Giulietti, ideatore del libro, arcivescovo di Lucca, sul tema «La fede non è un'idea ma una vita»;
  • Nicolò Anselmi, vescovo ausiliare di Genova, sul tema «Seguire Gesù è camminare nella comunione della Chiesa»;
  • Michele Falabretti, attuale responsabile del Servizio, sul tema «La verità è dialogica perché cerca il meglio».

La ricerca della verità, percorso quotidiano faticoso e affascinante

Michele Falabretti

Papa Benedetto XVI non ha mai fatto un suo discorso senza accennare al tema della verità: c'è voluto del coraggio (o della convinzione) per farlo in un contesto culturale come questo, per ché anche chi si trova sotto al casco della parrucchiera vuole poter dire ciò che pensa. Purtroppo, sempre più spesso, si è scambiatala libertà con la sensazione che basta aprire la bocca per poter toccare la verità. E sembrato, nei suoi discorsi ai giovani, che questo fosse ben presente nella mente del Papa… La sera della veglia della Gmg di Sydney (2008) ero sulla spianata con i giovani della mia diocesi. Il tema non era dei più semplici: lo Spirito Santo… Benedetto iniziò a raccontare di come sant'Agostino spiega l'azione dello Spirito Santo. Da buoni italiani, facevamo fatica a seguire il discorso in inglese; ma quello che mi sorprese fu a un certo punto notare la concentrazione dei ragazzi che con stupore si scambiavano qualche occhiata ed erano sempre più concentrati sulle parole pronunciate dal Papa… Fece davvero impressione vedere come si potesse parlare di sant'Agostino a dei giovani, seduti sul loro sacco a pelo, in un ippodromo dall'altra parte del mondo, con delle cuffie infilate nelle orecchie nel tentativo di seguire il filo del discorso. La traduzione simultanea procedeva con il tono freddo e piatto di chi sembrava stesse leggendo l'elenco del telefono. Ma il cuore dei giovani si scaldava: laggiù era una sera d'inverno; a caratteri cubitali i giornali locali (molto diffidenti nei giorni precedenti) titolarono la mattina seguente: «Holy Night». Non fu il professore di teologia, a parlare quella sera. Era un Papa che stava dimostrando come la ricerca della verità fosse un percorso di vita faticoso, ma affascinante. Era il Papa che stava offrendo ai suoi giovani uno squarcio della propria biografia, proponendo tutto il valore di una ricerca intellettuale che sa trasformarsi in una decisione di vita, nel gioco della propria libertà. direttore del Servizio nazionale per la pastorale giovanile

Un messaggio chiaro Gesù come amico ma amando la Chiesa

Nicolò Anselmi

Rileggendo la grande quantità di discorsi, omelie, messaggi che Benedetto XVI, durante il suo Pontificato, ha rivolto ai giovani sembra quasi emergere un'ecclesiologia precisa; Benedetto XVI sembra voler proporre alle giovani generazioni un'idea molto chiara: la Chiesa e Gesù non sono fra loro separabili… Ai giovani Benedetto XVI chiede di amare Gesù e di amare la Chiesa. Questa proposta nasce ovviamente dalle certezze teologiche del Santo Padre ma anche da alcune convinzioni pastorali che il Papa certamente possiede: giovani e adulti dicono di essere credenti, si professano incamminati sulla strada di Gesù ma in nessun modo manifestano una disponibilità a collaborare nei fatti alla vita della comunità cristiana. Molti giovani credenti vedono in Gesù una figura di riferimento e s'impegnano in azioni di servizio e volontariato, ma faticano a partecipare alla vita della parrocchia, all'Eucaristia domenicale, agli incontri con il vescovo e, in alcuni casi, si dimostrano critici verso l'insegnamento del magistero riguardo a certi temi. Benedetto XVI chiede ai giovani di amare la Chiesa per amare Gesù…

Li invita ripetutamente a essere protagonisti della missione della Chiesa, li sprona a donare la fede, fonte di gioia, anche a chi l'ha smarrita o non l'ha mai avuta… Nei suoi discorsi ai giovani, Benedetto XVI li invita a essere protagonisti nella vita della Chiesa… La Chiesa è per i giovani una seconda famiglia, una famiglia spirituale che, come tutte le famiglie, accompagna la crescita dei suoi figli… Per la grandissima parte dei giovani la famiglia è il riferimento fondamentale della loro vita. In famiglia si vive quell'amore di cui ogni persona ha un bisogno insostituibile. In famiglia si celebrano i compleanni, si ama chi è malato, si aiuta chi è in difficoltà, si ascoltano e si risolvono i problemi, si prega per i nonni, si pranza, si fatica, si gioisce e si soffre insieme, si celebrano i matrimoni, le nascite, le promozioni e le lauree, ci si parla e ci si vuole bene. vescovo ausiliare di Genova.

La sfida di coltivare la relazione con Dio

Paolo Giuletti

In profonda continuità con il magistero di san Giovanni Paolo II, Benedetto XVI ha costruito il suo dialogo con i giovani attorno a un nucleo fondamentale: l'avvenimento di Cristo sperimentabile attualmente nella Chiesa… In più di un passaggio, Benedetto XVI mostra di avere ben presente da una parte il rischio di ridurre il cristianesimo a una morale o a un'ideologia, dall'altra la profonda ricerca di verità e di felicità che anima il mondo giovanile… Afferma quindi ripetutamente che il cristianesimo è Cristo, cioè una persona vivente con la quale entrare in relazione: è in lui che si schiude la verità su Dio, sull'uomo e sulla realtà; è in lui che diventa possibile creare un mondo nuovo, con la forza rivoluzionaria dell'amore; è in lui che trovano risposta le domande e le attese del cuore dei giovani…

La cristologia che Benedetto XVI offre alle nuove generazioni fa ampio uso della categoria della relazione. In Cristo, infatti, è Dio che si fa vicino all'uomo… Il conformarsi a Cristo è l'originale vocazione di ogni giovane cristiano… Ma qual è il “luogo” in cui oggi Cristo dà appuntamento ai giovani per poterli incontrare? Papa Benedetto ribadisce che tale opportunità si dà nella Chiesa, che egli descrive ai giovani come una comunità, una famiglia, una compagnia, una madre…

Benedetto XVI non manca di invitare i giovani a rinnovare la Chiesa, rendendosi protagonisti della sua vita e della sua missione. Riconosce la grazia della giovinezza come dono per la comunità ecclesiale, che ha necessità dell'entusiasmo, delle energie e delle intuizioni delle nuove generazioni. Esse rappresentano non solo il futuro, ma il presente della comunità cristiana; a loro infatti è dato di poter contribuire alla comprensione crescente della fede, alla vitalità delle proprie realtà ecclesiali e soprattutto all'annuncio del Vangelo presso i coetanei…

Nei discorsi rivolti da Papa Ratzinger ai giovani si apprezza l'arte del maestro, capace di dire cose difficili in maniera semplice, trovando le parole giuste per l'uditorio che si trova dinanzi. arcivescovo di Lucca.

Tutta la, pastorale dev'essere «vocazionale»

Domenico Sigalini

La parola vocazione è da sdoganare da un ecclesialese, che j la riferisce quasi sempre alla proposta di diventare prete o suora… Lo sguardo di papa Benedetto si porta molto sulla vita della persona, uomo o donna, giovane o ragazza, intesa proprio come risposta generosa a una chiamata del Signore…

Potremmo dire che non c'è pastorale giovanile, formazione cristiana, educazione alla fede, sviluppo di ruoli e di impegni per i giovani, se non c'è un punto di partenza obbligatorio o un riferimento essenziale che è la chiamata di Gesù a ciascuno di noi. Ogni pastorale o è vocazionale o non lo è affatto. Papa Benedetto ritiene che gli attori principali della nostra esistenza non sono le nostre velleità o i nostri gusti indotti, oppure le elucubrazioni intellettuali, ma una esplicita chiamata personale di Gesù… La vocazione cristiana scaturisce da una proposta d'amore del Signore e può realizzarsi solo grazie a una risposta d'amore…

Se vuoi trovare una strada che è proprio la tua devi saper ascoltare; Dio ha collocato negli altri, nel mondo, nel sussurro dell'umanità la sua chiamata e devi tendere l'orecchio…

Il primo ascolto va dato a una Parola che non viene da noi, che viene da Dio e che si esprime nella persona di Gesù, nel suo Vangelo, nelle sue parole, nei suoi rapporti con le persone… Non possiamo non sentire il bisogno di tanti di una buona notizia, di una speranza, di una visione della vita che si apra a orizzonti ampi, ci tolga dai nostri loculi e noi la doniamo… Essere giovani significa per forza transitare o imprimere nella vita una esperienza d'amore…

La vocazione del giovane, se è così impostata, apre sicuramente proprio per come è data da Dio ad affrontare le sfide del mondo e a fare dono al mondo di una giovinezza che sa dedicarsi, sa sacrificarsi, sa dare la sua impronta… L'annuncio gioioso del Vangelo è destinato a tutti gli ambiti della nostra vita, senza alcun limite attraverso: il campo delle comunicazioni sociali, in particolare il mondo di internet; il campo della mobilità. presidente del Centro orientamento pastorale (Cop), vescovo emerito di Palestrina.

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Perché ancora la Bibbia? – dentro il testo di Bibbia ieri e oggi

Perché ancora la Bibbia?

La conoscenza delle scritture rimane una sfida da raccogliere.
Perché farne a meno vorrebbe dire rinunciare all’anima della civiltà di cui siamo parte, ai valori e alle idee a cui tuttora facciamo riferimento.
Ora questi, l’inviolabilità della dignità umana e la sua responsabilità nel cammino della Storia.

A cura di Enzo Appella
Docente di Esegesi e Teologia biblica presso la Pontificia Facoltà Teologica dell’Italia meridionale, Sezione San Luigi

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Recensione del libro I giovani di Benedetto a cura di Giacomo Ruggeri

I giovani di Benedetto

Una rilettura del pensiero di Ratzinger e il mondo giovanile

Riportiamo qui la recensione pubblicata sul settimanale TOSCANA OGGI del 9 giugno 2019 a cura di don Giacomo Ruggeri, dedicata al libro I giovani di Benedetto.

«Non è stato certo il suo unico gesto, né tantomeno l’ultimo. Ma per i giovani fu probabilmente quello più immediato e (ancora oggi) rimasto emblematicamente impresso nella loro memoria».

Prima di capire a quale «gesto» ci stiamo riferendo, anticipo subito la conclusione: i giovani italiani, e non solo, nei gesti appassionati di Ratzinger hanno trovato vie quotidiane per declinare il Vangelo. I giovani italiani non si sono lasciati schermare dalle etichette che vedevano il teologo tedesco freddo e rigido. La parola di Benedetto XVI ha lasciato traccia profonda ancor di più con i gesti da lui compiuti nel Pontificato, non da ultimo il giorno del decollo con l’elicottero dal Vaticano a Castel Gandolfo.

Il gesto impresso nella memoria dei giovani è raccontato da don Michele Falabretti nel suo contributo al testo «I giovani di Benedetto»:

«Ai giovani basta poco», scrive don Falabretti «soprattutto se un gesto è vero. Un momento così forte c’è stato: è successo durante la GMG di Madrid con la bufera di vento e di acqua. Papa Benedetto rimase seduto, col sorriso sulle labbra a ricevere la sua parte di acqua. Fu un’immagine indimenticabile».

L’immagine di un uomo che, come seme, diventa un tutt’uno con la terra. Senza passione nulla nasce, cresce, matura. La passione di Dio per l’uomo, la passione di Cristo per l’umanità, della Chiesa per tutti i suoi figli nessuno escluso. È ciò che don Falabretti ha rimarcato al convegno di Palermo: l’unica cosa che non deve mancare è

«la passione, la stessa passione che Dio coltiva nel proprio cuore per l’uomo».

Una passione che non è sentimentalismo, ma è ecclesiale, anzi ecclesiologica. Paolo Giulietti, nel suo contributo al libro, ricorda come

«nel contesto dei raduni giovanili – dalle grandi platee delle GMG agli incontri nelle diocesi – Papa Benedetto ha approfittato spesso della possibilità di far quasi “toccare con mano” la sua visione ecclesiologica, invitando i giovani a constatare la bellezza, l’utilità e il “mistero” della Chiesa, in cui Cristo si può ancor oggi incontrare».

Chiesa in uscita, dice Bergoglio, in uscita in primis nella stessa canonica, con mentalità e pensiero da rendere ancor più ecclesiale.

«Benedetto XVI» evidenzia Giulietti «tiene a dire che l’incontro con Cristo nella Chiesa è stato il fatto decisivo dei suoi anni giovanili e continua ad esserlo oggi. Un maestro e un testimone che tanti giovani non dimenticheranno».

E sul file rouge della Chiesa, traccia il suo contributo al libro Nicolò Anselmi:

«La Chiesa e Gesù non sono fra loro separabili. Ai giovani Benedetto XVI chiede di amare Gesù e di amare la Chiesa. Benedetto XVI chiede ai giovani di amare la Chiesa per amare Gesù».

Dopo il Sinodo con e per i giovani viene da dire che le scuse stanno a zero. E Anselmi mette il dito su un tasto che richiede concretezza non più rinviabile:

«Negli organismi di partecipazione della vita della Chiesa, i giovani sono spesso assenti e, in molti casi, la loro voce è poco ascoltata».

A ribadire la lungimiranza di Papa Benedetto sui giovani e sulla Chiesa è il contributo di Domenico Sigalini, pioniere della pastorale giovanile alla CEI. Con stile diretto, egli ricorda che

«non viviamo nella stratosfera, ma abbiamo i piedi ben piantati a terra, viviamo nel mondo, abbiamo relazioni con tutti, viviamo in una precisa epoca, siamo legati a una realtà che continuamente ci interpella, non possiamo decidere di noi senza collocarci in questo contesto, non per farci condizionare, ma per lasciarci interpellare. Tutti i giovani che annegano nel mediterraneo sono coetanei, con gli stessi ideali, la stessa sofferenza dell’impotenza, la decisione dell’andare, l’aspirazione alla felicità, che si seppellisce nell’ingordigia di altri uomini o nell’indifferenza che costruisce solo muri e non ponti».

La voce rosa del testo è affidata a Manuela Robazza, suora salesiana. Ella, nel testo, scrive:

«Traendo suggerimento dalla pedagogia salesiana credo che ogni progetto educativo di una comunità parrocchiale pensato per i giovani trovi il suo fondamento sul sentire la necessità di incontrarli de visu e non solo nelle bacheche social e nei profili digitali».

Una persona che ha avuto con Papa Benedetto XVI un rapporto intenso è il gesuita p. Federico Lombardi. A chiosa della sua Prefazione, egli traccia il ponte di continuità tra Ratzinger e Bergoglio:

«Ora, nella Chiesa in uscita di Francesco, i giovani sono lanciati con forza verso un rinnovato entusiasmo d’impegno di servizio. Ma l’impegno della ricerca della verità rimane un’eredità e un dono di valore permanente di cui i giovani saranno sempre grati a Papa Benedetto».

don Giacomo Ruggeri

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Recensione del libro Che idea di Chiesa abbiamo? di don Giovanni Villata

Che idea di Chiesa abbiamo?

Tra conversione e rinnovamento

Riportiamo qui la recensione pubblicata sul settimanale LA VOCE E IL TEMPO del 9 giugno 2019 a cura di Luca Rolandi, dedicata al libro Che idea di Chiesa abbiamo? di Giovanni Villata.

RECENSIONE «TRA CONVERSIONE E RINNOVAMENTO», IL LIBRO DI DON GIOVANNI VILLATA ANALIZZA CIÒ CHE I NOSTRI TEMPI CI INDICANO PER PROSEGUIRE IL CAMMINO VERSO IL REGNO

«Che idea di Chiesa abbiamo?» L’ultima fatica di don Giovanni Villata, prete della diocesi di Torino, membro del Consiglio presbiterale e già insegnante di Teologia pastorale alla Urbaniana («Che idea di Chiesa abbiamo? Tra conversione e rinnovamento», Elledici, pp. 240, euro 16), ha un grande pregio, quello di riassumere in una dinamica dialogante e profonda ciò che di essenziale e fondamentale dovrebbe essere nella comunità cristiana universale e particolare, cosa significa essere Chiesa. Se infatti, riprendendo il discorso di Francesco al Convegno ecclesiale di Firenze 2015, siamo dentro ad un cambiamento d’epoca, è fondamentale interrogarsi per poi agire su prassi concrete su quale idea si basi il fondamento della sequela di Gesù Cristo, il figlio di Dio che ha salvato l’umanità.

Un libro, quello di Villata, nato da incontri di progettazione pastorale e da una analisi, puntuale e saggia, di ciò che i nostri tempi ci indicano per proseguire il cammino verso il Regno, testimoniando la buona novella ai compagni di strada che abitano il mondo.

Il saggio si compone di una prima parte in cui don Villata descrive le sfide del mondo moderno e le proposte perché la Chiesa si assuma tutta la responsabilità della testimonianza. Nella seconda si fa riferimento agli orientamenti, agli strumenti della pastorale che evolvono come del resto il mondo stesso nella sua complessità e misteriosa relazione tra Terra e Cielo. Se infatti la Teologia pastorale o pratica ha un suo oggetto specifico (il ‘qui e ora’ della storia), attraverso un metodo (denominato teologico-empirico critico), essa si occupa della prassi dentro il contesto attuale in cui si esprime. Il suo agire, infatti, consiste nell’offrire opportunità d’incontro dell’uomo con Dio e di Dio con l’uomo in un preciso e determinato tempo e momento storico. La sua relazione con la prassi, questo è il suo principale problema da sempre, non si esplicita in modo funzionale o strumentale, ma attraverso l’attuazione, di volta in volta, di un virtuoso circolo ermeneutico, nel quale interagiscono teoria e prassi, grammatica e pratica, nel pieno rispetto di ciascuna, senza sottovalutazioni o confusioni di competenze. Don Giovanni Villata ci ricorda come le risposte siano radicate nella Scrittura, nella Tradizione e nel Magistero ed esprimono fedeltà ai segni dei tempi, cioè alle sfide che, di volta in volta, la situazione sociale, culturale ed ecclesiale pone. Tali risposte sono il frutto di uno stretto e continuo dialogo con le discipline teologiche sorelle e con le scienze umane. Proprio perché strettamente ancorata alla storia, la Teologia pastorale racconta percorsi mutevoli e sempre innovativi, mai racchiudibili in schemi fissi, validi universalmente.

Il volume si colloca in una collana di testi rigorosi e agili a un tempo, rivolti soprattutto al pubblico di università, facoltà teologiche, istituti di scienze religiose e seminari. Un volume da prendere come guida e base di indirizzo per una progettazione pastorale oggi.

Luca ROLANDI

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Intervista a don Emilio Salvatore, nuovo direttore di “BIBBIA ieri e oggi”

BIBBIA

ieri e oggi.

Una valida rivista, completamente rinnovata, per gli appassionati e cultori del mondo biblico, gli animatori di gruppi biblici, i catechisti, gli insegnanti di religione e tutti gli amanti della Bibbia, desiderosi di migliorarne la comprensione.

Inoltre

Con il nuovo numero di quest'anno, diamo il benvenuto al nuovo direttore della rivista,

don Emilio Salvatore

docente di Sacra Scrittura della Facoltà Teologica dell'Italia Meridionale di Napoli, sezione San Luigi, fondatore e direttore editoriale di Clarus, periodico della Diocesi di Alife-Caiazzo, e parroco a Piedimonte Matese.

Di seguito, si riporta  l'intervista rilasciata da don Emilio Salvatore in merito al suo nuovo incarico con la rivista Elledici
BIBBIA ieri e oggi

Come nasce il progetto?

In realtà io mi sono inserito all'interno di una rivista già esistente, che aveva già una ricca serie di interventi, presenze e firme qualificate. L'invito, che mi è stato rivolto, è stato diretto a riportare la rivista al titolo originario, cioè BIBBIA “ieri” e “oggi”. Si tratta di riscoprire non solo il movimento che porta ciascuno di noi a comprendere il suo significato letterale, inquadrandolo in un contesto storico, geografico e culturale ma anche, in un secondo momento, quello di portare il testo verso noi oggi, arricchito dalla lunga storia interpretativa dei testi.
Ci sono così due movimenti che segue la rivista: il primo che in parte lo allontana da noi ma per poterlo contestualizzare nel suo mondo originario e quindi comprenderlo meglio; il secondo invece che lo avvicina a noi per renderlo attuale e più vicino alla sensibilità dell'uomo di oggi. Nel titolo della rivista è già detto questo duplice dinamismo interpretativo.

Nello specifico, a chi si rivolge la Rivista?

A tutti coloro che vogliono comprendere la Bibbia: laici, religiosi, catechisti, sacerdoti, insegnanti. Tutti noi in realtà abbiamo a che fare con la Bibbia: se siamo credenti in quanto la consideriamo Parola di Dio; altrimenti, come semplici uomini e donne, che ritrovano in essa la base per poter conoscere meglio la cultura occidentale. Lo dimostrano le rubriche su Bibbia e musica o Bibbia ed arte: un'ignoranza sulla Bibbia è un'ignoranza della nostra cultura. L'altro aspetto è per il credente, in quanto attraverso la Bibbia egli riesce a cogliere l'intenzionalità di Dio sulla storia del mondo e anche su ciascuno di noi.

Per quanto riguarda la sua esperienza personale: che cosa lo ha fatto innamorare del Testo sacro?

Diciamo che il mio approccio iniziale è stato con i Vangeli. Da ragazzo, nel momento in cui ho incominciato a voler capire veramente la religione, così come vissuta nel mio ambiente di origine, un piccolo centro dell’Alto casertano, e procedendo negli studi liceali e all'università, ad un certo punto ho sentito il desiderio di andare direttamente alla fonte, di leggere i Vangeli per incontrare la voce di Gesù di Nazaret. Da allora, mi è sempre piaciuto approfondire la Bibbia, grazie anche poi al ruolo di catechista e di animatore di giovani. Quindi ho vissuto dall'interno questo bisogno di conoscenza della Bibbia. Ma anche dall’esterno stupisce che nella nostra cultura odierna si approfondiscano tante epopee e grandi saghe narrative senza conoscere però la Bibbia. È un’esigenza anche scolastica quella di riscoprire la ricchezza dell’insegnamento biblico, altrimenti come si spiegherebbe ai ragazzi ad es. Dante e gran parte della cultura occidentale e dell'arte?

Riprendendo il titolo della Rivista “Bibbia ieri e oggi” e contestualizzandolo alla società odierna, dove sembra venir meno la fede, quale può essere “l'oggi” della rivista?

La nostra società cerca risposte facili, a volte anche per questioni importanti. Le grandi domande richiedono un approfondimento. Il nostro compito è dunque quello di aiutare tutte le persone a capire che per “comprendersi” e per comprendere il senso della vita bisogna avere la pazienza di approfondire, di decifrare la Bibbia, un testo, nella sua originalità, ricco di una grande esperienza di Dio ma anche dell’umanità. La Bibbia resta così un punto d'incontro tra quanti cercano di penetrare nel mistero della vita. Questa rivista vuole far nascere nel lettore il gusto del sapere e del conoscere, far “assaggiare” dei sapori antichi importanti ed essenziali della nostra vita e pian piano educare la gente al gusto di questi sapori (e saperi) che sono però sempre nuovi e sempre attuali. Questo può essere fatto attraverso una serie di passaggi graduali.
La rivista è così una sorta di iniziazione alla Bibbia con un livello qualitativo elevato rispetto ad una lettura superficiale dei testi biblici. Rimane importante far innamorare della Parola, perciò ci vuole un gusto accattivante: BIBBIA ieri e oggi ha fatto questa scelta con un corredo fotografico ampio, una ricchezza di rubriche interessanti e dettagliate che entrano anche nel contesto attuale. La rivista ha la funzione di mostrare questo panorama di prospettive diverse con anche approfondimenti di attualità.

Dopo aver parlato dell' “oggi”, qual è invece il “futuro” della Rivista?

Questo dipenderà anche dalla risposta dei lettori. Oggi molte riviste, anche di un buon livello, fanno fatica, a favore del mondo social e delle notizie disponibili sul web. Prima che la rivista venga fidelizzata e apprezzata dalle persone occorre del tempo, occorre che entrino nello spirito di questa proposta e comprendano la ricchezza che offre. Io credo molto in questa proposta.

Quali novità possiamo trovare nella nuova impostazione della Rivista?

Il nuovo taglio che vogliamo dare alla rivista parte dalla volontà di stare comunque dentro all’attualità, cioè di partire da fatti attuali ed emergenti che viviamo oggi, andando ad approfondirli in maniera puntuale, seria e con un linguaggio semplice. Ad esempio come viene riportato nella rubrica “Bibbia e testimonianza”. La nuova impostazione riporta anche una rubrica interessante di interviste legate a personalità del mondo della cultura e delle diverse confessioni cristiane, per sapere la storia del rapporto che hanno avuto con la Bibbia. Ad esempio, l'intervista al Cardinale Ravasi. Il taglio che vogliamo dare vede insieme sia un approccio interdisciplinare, che tiene conto del dato culturale, e poi quello della testimonianza religiosa, legato alla spiritualità.

Perché abbonarsi alla Rivista “BIBBIA ieri e oggi”?

Perché fornisce un valido percorso di approfondimento della Bibbia, caratterizzato da una varietà e da un panorama ampio di contenuti, con un linguaggio accessibile, semplice e vivace che da gusto al sapere contenuto nelle varie rubriche della rivista.