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#SiRiparteConPrudenza#LaFedeNonSiÉMaiFermata

#SiRiparteConPrudenza
#LaFedeNonSiÉMaiFermata

Caro amico/cara amica,

Dal 18 maggio Elledici riparte “con prudenza” e in sicurezza, come molte attività in Italia. Con prudenza vuol dire che non riapriremo tutto subito e non tutti i nostri dipendenti e collaboratori saranno sempre presenti in azienda, al fine di limitare ancora, per qualche periodo, il più possibile gli spostamenti e i contatti, almeno fino a quando la situazione non sarà più chiara e più sicura per tutti. Ci scusiamo, pertanto, se non tutti i nostri operatori saranno sempre disponibili e suggeriamo a chiunque la mail come migliore mezzo di comunicazione per essere certi che il vostro messaggio arrivi.

Per qualsiasi urgenza se non avete mail dirette e se non trovate qualcuno per telefono, vi chiediamo di scrivere a info@elledici.org e la vostra mail verrà girata a chi di competenza che vi risponderà quanto prima.

In ogni caso l’attività, non si è mai fermata. In fedeltà allo spirito delle origini, la Casa Editrice di don Bosco ha impiegato questo tempo per re-immaginare nuovi spazi di animazione culturale, pastorale e catechistica per non far mancare oggi e domani, come in passato, la sua presenza al fianco di chi ricerca strumenti validi e all’avanguardia.

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“Il cortile dietro le sbarre: il mio oratorio al Ferrante Aporti” – Intervista a don Domenico Ricca

Il cortile dietro le sbarre: il mio oratorio al Ferrante Aporti

Intervista a don Domenico Ricca

Salesiano da 35 anni cappellano al carcere minorile di Torino

(29 aprile 2020)

Le memorie personali del cappellano del carcere minorile torinese inserite nella vasta storia dell’istituzione carceraria minorile

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Presentazione del libro “La bellezza e il coraggio del matrimonio” di Primo Soldi

La bellezza e il coraggio del matrimonio

PRIMO SOLDI

PRESENTAZIONE DEL LIBRO

Giovedì 12 marzo 2020

Ore 21.00

Aula Magna
Università Pontificia Salesiana
Torino, via Caboto 27

Introduce l’Autore don Primo Soldi.

Interviene don Roberto Carelli, docente di Antropologia teologica all’Università Pontificia Salesiana.

Seguirà lettura di brani di testimonianze tratte dal libro.

Modera Adriano Moraglio, scrittore.

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Recensione del libro “Carlo Acutis. 15 anni di amicizia con Dio” di Umberto De Vanna

Carlo Acutis

15 anni di amicizia con Dio

Il 21 febbraio scorso, Papa Francesco ha autorizzato la Congregazione delle cause dei santi a promulgare i rispettivi decreti riguardanti il miracolo attribuito all’intercessione del giovane Carlo Acutis, morto a 15 anni per una leucemia fulminante.

La Voce e il Tempo dedica un articolo al futuro beato e al libro Elledici di don Umberto De Vanna che racconta la vita di Carlo Acutis. Si riporta di seguito l’articolo che sarà pubblicato domenica 1 marzo 2020, a cura di Michele Gota.

Acutis sarà beato, un libro lo presenta

«È stato un giovane libero e lieto, Carlo Acutis, contento della vita, capace di compassione e di gratuità. Ha vissuto i suoi 15 anni ‘alla grande’, all’altezza dei suoi desideri più veri».

Così scrive mons. Paolo Martinelli, Vescovo ausiliare di Milano, nella presentazione di questo libro.

Carlo Acutis nasce nel 1991 a Londra, dove i genitori si trovano per motivi di lavoro; poi, la famiglia si trasferisce a Milano; lui frequenta scuole cattoliche; è appassionato di sport ed informatica (realizza programmi, crea siti web, cura la redazione di giornalini); ha una valanga di amici; muore di leucemia acuta, a Monza, ad appena 15 anni, nel 2006. Per suo desiderio è sepolto ad Assisi, nel santuario della Spogliazione. Da poco, Papa Francesco lo ha dichiarato venerabile e parlando di lui, ha detto che «ha saputo usare le nuove tecniche di comunicazione per trasmettere il Vangelo, per comunicare valori e bellezza». Basterebbero questi cenni per intuire che «Carlo è il santo che non ti aspetti perché ha tutte le caratteristiche dei ragazzi d’oggi», e anche per- ché è «innamorato di Dio».

I suoi gesti, la sua testimonianza quotidiana, anche negli ultimi giorni in ospedale, lasciano tutti meravigliati. E chi lo ha conosciuto, a scuola, nell’oratorio, al Meeting di Rimini, sul web, in ospedale appunto, ne parla con le lacrime agli occhi. Una citazione tra le tante: per il suo fidato Rajesh, l’induista che vive in casa sua come domestico, Carlo è un tale esempio di spiritualità e santità – «perché un ragazzo così giovane, così bello e così ricco normalmente preferisce fare una vita diversa» – che si fa battezzare.

Ed oggi sono tantissime le persone, non soltanto in Italia, che si rifanno alla testimonianza di Carlo per vivere la fede con gioia ed entusiasmo. Un adolescente, dunque, da portare come esempio e soprattutto da imitare. In questo aiutati anche dal bel volumetto del salesiano Umberto De Vanna, autore di numerosi libri di catechesi e spiritualità giovanile e già direttore di riviste Elledici.

Il testo propone, com’è comprensibile, una biografia di Carlo, ma in modo quanto mai giovanile, con frasi, scritti, commenti suoi e delle persone che lo hanno conosciuto, alternati a tante foto a colori. Immagini quasi in ogni pagina, dove lui – già da bambino, ma ancor più adolescente – è sempre allegro e sorridente, e sembra chiedere a chi le guarda: perché non anche tu? Perché Carlo «era affascinato da una forte spiritualità che ha vissuto senza complessi, respirando il mondo della fede con la spontaneità di uno che si direbbe caduto giù dal cielo». Perché, come è stato scritto, Carlo è «il vero ‘scandalo’ di oggi: un giovane che aspira alla santità». Perché ha vissuto «la sua adolescenza come occasione per portare il Vangelo».

Sono testi e immagini che non lasciano indifferenti, anzi commuovono il lettore. A questo vanno aggiunti i suggerimenti, presenti alla fi ne di ogni capitolo, per la riflessione personale e di gruppo. Un libro, quindi, utile per conoscere la vita di Carlo, stimolante anche per i meno giovani e un valido strumento per educatori e animatori di gruppi.

Michele GOTA

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Convegno IdR 5 marzo 2020 – RINVIATO

Convegno Insegnanti di Religione
5 marzo 2020

AVVISO

Vista la situazione incerta e i relativi problemi che si sono venuti a creare in questi giorni in Piemonte, il Convegno IDR “Scuole e comunità cristiana. Sinergie per una crescita”, previsto a Torino per il 5 marzo, è rinviato a data da definire.

Sara nostra cura cercare di ricalendarizzarlo il prima possibile, ma solamente dopo che la situazione attuale si sarà risolta o almeno stabilizzata in maniera certa.

Elledici Scuola
Uffici Scuola Diocesi di Torino e di Piemonte e Valle d’Aosta
Associazioni Professionali AIMC e UCIIM

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Suor Giudici, mistica e poetessa. La sua vocazione nacque in bicicletta

Il lutto per Suor Giudici, mistica e poetessa. La sua vocazione nacque in bicicletta

Aveva 97 anni la coordinatrice dell’Eremo di San Biagio a Subiaco, una struttura gestita dalle Figlie di Maria Ausiliatrice che offre un luogo di preghiera e di accoglienza

Domenica 23 febbraio Avvenire dedica un articolo alla scomparsa di Suor Maria Pia Giudici, FMA e coordinatrice dell’Eremo di San Biagio a Subiaco, mancata all’età di 97 anni. Suor Maria Pia è stata nella sua lunga e feconda vita molte cose insieme: una suora salesiana, ma anche poetessa, insegnante, maestra spirituale e mistica, scrittrice e protagonista di alcuni libri editi da Elledici.

È morta a 97 anni compiuti, suor Maria Pia Giudici, coordinatrice della Casa di preghiera Eremo di San Biagio a Subiaco, una struttura gestita dalle Figlie di Maria Ausiliatrice che offre un luogo di preghiera e di accoglienza. Suor Giudici era nata a Viggiù (in provincia di Varese) il 30 settembre 1922. Lì ha trascorso la fanciullezza per poi trasferirsi con genitori a Milano, dove studiò prima dalle Suore Orsoline di San Carlo e poi dalle Salesiane, Figlie di Maria Ausiliatrice. Negli anni dell’Università (studiò presso la Cattolica di Milano e conobbe il fondatore padre Agostino Gemelli) e della gioventù maturò la vocazione alla vita religiosa. Entrata nella Congregazione delle Figlie di Maria Ausiliatrice, le superiore decisero di farle continuare gli studi. Si laureò in Lettere e potè così insegnare sia a Milano sia a Lecco. Molto legata alle sue studentesse, si dedicò progressivamente anche al campo della comunicazione, organizzando cineforum e incontri con il mondo del cinema. È stata autrice anche di diversi testi letterari offrendo una galleria di ritratti di donne dalla grande fede. Nel tempo è diventata una figura di riferimento dell’Eremo di San Biagio.

La vita di suor Maria Pia Giudici è stata una preziosa grammatica di una vocazione profetica. Leggendo la sua recente biografia “Vivere in pienezza” (a cura di Alessandra Pagliari), troviamo una bellissima descrizione della chiamata accaduta in un rallentamento di una sua corsa in bicicletta perché un altro vento la toccò cambiando decisamente il corso della sua vita. Quella corsa e quel nuovo corso giungono fino all’ultimo grande canto-preghiera che chiude e sigilla le pagine, ciò che emerge è la sequela creativa e fedele di una voce:

«Lodato sii, o mio Signore,

per la corsa veloce degli anni

trascorsi quassù:

è ‘l’elisir’ della pace vera;

e il ‘pane’ della Parola di Dio

spezzato per una vita semplice e sobria,

nuova oggi. E domani e sempre.

Lodato sii, o mio Signore,

per questa piccola e cara realtà di san Biagio,

dove tutto è all’insegna del ‘gratuito’

e quel che vive è tutto ciò che Dio ci ha regalato.

Lodato sii, o mio Signore,

per tutto il gran bene che ho ricevuto dalla tua Parola

accolta, in prolungati tempi a volte,

e pregata al mattino e lungo il giorno

nella consapevole povertà del mio cuore».

Suor Maria Pia è stata nella sua lunga e feconda vita molte cose insieme: una suora salesiana, ma anche una scrittrice, poetessa, insegnante, maestra spirituale, mistica, e chissà quante altre ancora. Ogni persona non è mai un essere a una sola dimensione, ma quando si ha a che fare con vocazioni profetiche, la vita diventa un processo di scoperta di nuove dimensioni della personalità che si aggiungono alle precedenti, a formare nel tempo un albero che continua a crescere fino alla fine. Come per i profeti biblici (che suor Maria Pia ha sempre frequentato, e che sono personaggi vivi nelle sue parole), una vocazione cresce e si sviluppa dentro una o più comunità, a partire dalla prima comunità famigliare. È incarnata nella terra e nella storia di un luogo e di un tempo. Le sue parole sono incastonate nel vissuto quotidiano della propria gente. Dentro la prima comunità familiare avviene la prima chiamata ‘in bicicletta‘.

È l’evento fondamentale e assolutamente intimo. E dopo la vocazione troviamo ancora la comunità. I profeti non sono dei solitari, anche quando vivono in un ‘eremo’. Non sono ammaestrati soltanto da Dio nel loro intimo, ma sono formati e plasmati dalle comunità concrete. Profeti si nasce, profeti si diventa, imparando nel tempo a essere ciò che si era già nel seno materno. Nella storia di suor Maria Pia troviamo parole di cielo e parole di terra. Lavoro, pubblicità, formicaio, sport, Einstein. Perché per imparare ad ascoltare il cielo e donare le sue parole agli uomini e alle donne, bisogna imparare a toccare la terra. È bellissimo scoprire nella vita di suor Maria Pia l’impasto di mistica ed economia, di spiritualità e boschi, a ricordarci che le sole parole che abbiamo per parlare di Dio (e per ascoltarlo) sono le nostre parole umane. La sua storia e il suo presente ci dicono che camminare nello spirito fa diventare più umani non più divini, più uomini e donne non più angeli. Un segno inequivocabile che stiamo camminando bene e nella direzione giusta è allora diventare sempre più appassionati di tutto ciò che è vivo, di ogni creatura, delle parole e delle opere degli uomini e delle donne. Ed è qui che ci si può incontrare davvero tra credenti e non credenti – come accade a San Biagio -. Si apprezza sempre più la bellezza ordinaria delle cose di tutti. Non si fugge dalla terra per cercare il cielo, ma si ringrazia il cielo per averci fatto scoprire e amare la terra. Si diventa ogni giorno più solidali con gli errori e i persino i peccati di tutti, e nulla di ciò che è vivo diventa forestiero e sconosciuto.

La vita dello spirito deve portare a benedire la vita, a girare per le strade ringraziando di essere circondati da cose che giorno dopo giorno abbiamo imparato a vedere come vive. A stimare e a ringraziare l’infinita bellezza vera che ci circonda, e provare un sincero dolore di doverla un giorno lasciare. Brutto e pessimo segno è invece quello di chi loda il cielo e maledice la terra, chi difende Dio e condanna gli uomini. Quando si parte seguendo una voce incontrata in una corsa diversa in un giorno diverso, si inizia in cielo e si finisce sulla terra – e se si resta in cielo occorre preoccuparsi molto. Ogni vocazione è una parola che si fa carne, un emigrante che lascia il cielo per la terra. Questo e molto altro ho imparato incontrando suor Maria Pia, incontrandola dentro l’ora et labora benedettino e salesiano, lasciandosi toccare e in-segnare dalle sue parole theofore, tutte cielo e tutte terra. San Biagio è l’eredità di suor Maria Pia: che non interrompa la sua corsa.

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Il nuovo libro Elledici “Don Bosco. La storia infinita”

Una storia senza tempo

un uomo che seguì un sogno…

Dalla penna di uno dei narratori più apprezzati di questo tempo, nasce un nuovo modo di raccontare la vita di Don Bosco.

DON BOSCO
LA STORIA INFINITA

Caro Lettore,

in occasione della ricorrenza di San Giovanni Bosco e del 28° Capitolo Generale Salesiano, abbiamo il piacere di informarti della pubblicazione del nuovo libro edito da Elledici di Bruno Ferrero “Don Bosco. La storia infinita“, una storia senza tempo che narra la passione di Don Bosco nel realizzare i suoi sogni.

La presentazione è a cura di don Ángel Fernández Artime, Rettor Maggiore della Congregazione Salesiana.

«C’era una volta…» «C’è oggi…Don Bosco»

Dalla presentazione del Rettor Maggiore SDB,
don Ángel Fernández Artime

Le storie di solito cominciano con «C’era una volta…». Il titolo di questo piccolo libro invece è “La storia infinita”. Come dire «C’è oggi…Don Bosco». La sua storia continua. I suoi figli la continuano, ogni giorno.

La bellezza dell’uomo buono, l’abbiamo dimenticata. E anche il profumo che l’accompagna. I santi sono così. Per questo sono affascinanti. La gente percepisce istintivamente il loro splendore. E dopo secoli ancora si sente il loro profumo.  Un bambino osservava incantato le splendide vetrate di una cattedrale illuminate dal sole.

«Adesso ho capito chi è santo» disse all’improvviso. 
«Sì? Davvero?» fece la catechista.
«E’ un uomo che lascia passare la luce».
I ragazzi stavano bene accanto a Don Bosco. Si sentivano al sicuro, nel calore e nella luce di una paternità e di un’umanità ricca e forte. «Mi voleva bene» ricordavano tutti i ragazzi. Nella sua paternità scoprivano quella di Dio. Lui aveva promesso: «La mia vita la spenderò tutta per voi». Mantenne la promessa. Leggete la sua storia.

Dentro al libro

Sette capitoli che scorrono velocemente sotto gli occhi del lettore, ognuno arricchito dai splendidi disegni del salesiano Luigi Zonta e corredato da una storia vera dei giorni nostri, a testimoniare il valore della presenza salesiana in ogni angolo del mondo.

Pagine che narrano la passione di Don Bosco nel realizzare i suoi sogni, fino a quel 31 gennaio 1888, alle quattro e venti del mattino, quando il santo dei giovani conclude la sua missione terrena. Un libro che ha la forza di riempire di speranza ogni fatica.

Autore

BRUNO FERRERO, sdb, è esperto in pedagogia ed educazione religiosa dei bambini e dei ragazzi. È autore di numerosi volumi di racconti per la meditazione, la catechesi e l’insegnamento della religione.

Tutti i dettagli

  • EAN: 9788801066388
  • Prezzo: € 9,90
  • Formato: 14×21,5
  • Pagine: 192
  • Collana: Biografie di Don Bosco
  • Data pubblicazione: gennaio 2020
  • Cod: LDC 06638
  • Destinatari: Adulti, Giovani
  • Scaffale: Don Bosco e salesianità.
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Incontro al Messale. Come accogliere la terza edizione italiana del Messale Romano

Inaugurazione del Corso di formazione

In attesa della terza edizione italiana del Messale romano

un approccio interdisciplinare

in occasione della pubblicazione del libro

Incontro al Messale. Come accogliere la terza edizione italiana del Messale Romano (Elledici, Torino 2020)

Giovedì 16 gennaio 2020 ore 17.30

Cattedrale di Napoli – Basilica di Santa Restituta – Via Duomo 147

PROLUSIONE

Il Messale nella vita cristiana
Sua Ecc.za mons. Beniamino Depalma
Vescovo emerito di Nola

PRESIEDE

Sua Em.za il card. Crescenzio Sepe
Arcivescovo di Napoli e Gran Cancelliere Pftim

INTRODUCE

Prof. Salvatore Esposito Pftim

RELAZIONE INIZIALE

Prof. Francesco Asti Pftim

INTERVIENE

Don Valerio Bocci Elledici Torino

MODERA

Prof. Carmine Matarazzo Pftim

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Recensione del libro “Più veri, più umani, più cristiani” di Antonio Staglianò

Più veri, più umani, più cristiani

Si riporta di seguito l'articolo pubblicato il 9 gennaio 2020 dal blog d'informazione SettimanaNews  a cura di Francesco Cosentino.

Staglianò: Più veri, più umani, più cristiani

Il vescovo di Noto, Antonio Staglianò, ha scelto una teologia popolare – la Pop-Theology – per raccontare nel nostro tempo il Dio di Gesù Cristo.

Dietro il ricco patrimonio di segni, rituali, preghiere, manifestazioni religiose, c’è sempre il rischio del vuoto; corriamo sempre il pericolo, cioè, di abbellire esteriormente la fede che professiamo senza che essa ci apra davvero all’incontro con il Dio vivo e senza che la ferita bruciante di questo entrare in relazione con l’Eterno venga a incidere nella nostra vita e a trasformare la nostra umanità secondo quella di Cristo.

È allora che cadiamo nel “cattolicesimo convenzionale”, dove tutte le manifestazioni e i linguaggi esteriori restano cattolici ma, paradossalmente e drammaticamente, non sono più cristiani: si prega, ma senza la carità; si invoca Dio, ma senza vivere il comandamento dell’amore; si esibisce la fede all’esterno, senza che questa tocchi la vita. Si salva una forma, ma non c’è più una sostanza. Il rischio è forte, se anche papa Francesco ha affermato che «può esistere un cristianesimo senza Cristo».

pop-theologyQuella contro il “cattolicesimo convenzionale”, eresia ultima incoraggiata anche dall’individualismo e dall’intimismo religiosi, è da qualche tempo la “battaglia” che il vescovo di Noto, Antonio Staglianò, sta coraggiosamente portando avanti.

Esperto di teologia sistematica, con alle spalle una lunga e ricca carriera accademica e notevoli pubblicazioni di carattere scientifico, in questi ultimi anni Staglianò sta impiegando le sue migliori energie teologiche e pastorali per smascherare il pericolo di una religiosità ipocrita e formale, che svuota la fede cristiana del suo contenuto vitale e, perciò, non riesce più ad appassionare e attirare alla scoperta del Vangelo.

Una Pop-Theology per andare oltre il cattolicesimo convenzionale

Alle alte vette della speculazione teologica, il vescovo calabrese unisce da tempo una vera e propria arte narrativa che, con immaginazione e linguaggio poetico, riesce a raccontare, specialmente ai giovani, la bellezza del Vangelo.

L’umanità di Gesù, la sua profonda libertà, la radicalità delle sue scelte e soprattutto la forma più vera dell’amore che egli ci mostra nelle sue relazioni e sulla croce, sono veicolate attraverso la forma della narrazione, la poesia, le canzoni di Sanremo e quelle che oggi piacciono ai ragazzi. È nato così il progetto di una Pop-Theology, che si incarica di pensare criticamente il cattolicesimo convenzionale e di svecchiare la predicazione cristiana.

Nell’alveo di questo percorso, è uscito nel dicembre scorso il suo ultimo volume: Più veri, più umani, più cristiani. Il servizio al vangelo della Pop-Theology, edito da Elledici, con la prefazione del teologo siciliano Francesco Brancato.

Lo scopo del testo, che raccoglie undici messaggi inviati in un decennio di ministero episcopale, è chiaro fin dalle prime pagine: «animare la speranza che il cattolicesimo sappia meglio esprimere oggi il cristianesimo, secondo la verità su Dio che Gesù di Nazareth ha portato al mondo» (p. 11).

Raccontare il Dio di Gesù Cristo

I messaggi raccolti nel volume sono nati per i tempi di Avvento e di Natale e ad essi si aggiungono alcune omelie. Si tratta di una felice messa in atto della Pop-Theology, cioè di una teologia popolare capace di raccontare il Dio di Gesù Cristo e il suo vangelo attraverso i registri dell’immaginazione e della creatività; è questo un modo concreto, che investe non solo la letteratura religiosa ma uno stile di predicazione e di agire pastorale che il vescovo di Noto porta avanti, di incarnare il sogno di una “Chiesa in uscita” su cui papa Francesco da tempo ci incoraggia.

Se abbiamo bisogno di una Chiesa inquieta, che si lasci abitare dalle domande e dalle speranze degli uomini, che mostri incondizionatamente il suo volto lieto di madre accogliente, e che rinnovi le sue forme e i suoi linguaggi perché a tutti possa giungere la consolante gioia del vangelo, allora anche la teologia ha bisogno di “uscire” dal cerchio elitario e astratto in cui si è spesso rinchiusa, per recuperare il contatto con la realtà e la sua ultima finalità che è quella di servire l’annuncio del Vangelo.

La preoccupazione di Staglianò è anzitutto quella di raccontare in modo nuovo la novità perenne del vangelo di Gesù, che ci svela il volto del vero Dio; se questo esige, specialmente per incontrare i giovani, il coraggio di “uscire” dai recinti sacri e dai linguaggi consueti, per avviare iniziative di “teologia popolare” capace di narrare la fede attraverso i registri comunicativi dell’immaginazione e della musica, non bisogna avere paura. Al contrario, occorre osare, anche a costo di sbagliare o, magari – come succede allo stesso presule – essere un po’ “canzonato” per il fatto di utilizzare le canzoni nella predicazione.

Il vescovo calabrese ne è convinto: nelle nostre società globalizzate e anonime, che hanno secolarizzato la coscienza simbolica del vivere annientando il significato dei simboli religiosi, «urge un rinnovato investimento teologico nella trasmissione della fede» (p. 12), ma solo nella direzione di uno sforzo che si impegna a «calare le alte vette delle dottrine teologiche dentro un linguaggio popolare semplice e già incarnato» – perché sedimentato dentro la letteratura delle canzoni popolari. Questo approccio – secondo Staglianò – permetterebbe di avviare una verifica necessaria: «davvero i giovani sono lontani dal Dio di Gesù Cristo o non piuttosto da alcune false immagini di Dio che – anche nel cattolicesimo – sono state trasmesse?» (p. 13).

Un cristianesimo di “fuoco”, capace di incendiare

Scorrendo le pagine di questo bel testo, ci si imbatte in messaggi natalizi e omelie che hanno la capacità di raggiungere l’immaginario del destinatario e di aprirlo all’affascinante scoperta del mistero di Dio. Il linguaggio, le citazioni, le esortazioni che vi sono contenute con tono caldo, affettuoso ma al contempo provocatorio, cercano di spingere il credente fuori dalla rassicurante consolazione di un cattolicesimo tiepido che ci conserva in una zona di comfort senza che la vita sia incendiata dalla venuta del Cristo in mezzo a noi e si impegni concretamente nell’amore.

I messaggi e le omelie invitano al coraggio di entrare nel luogo benedetto dell’umanità di Gesù e di imparare in lui ad abitare il mondo, facendone uno spazio di fraternità, di giustizia, di solidarietà e di amore. Se quella di Gesù è la vera e piena umanità, ecco che il credente deve diventare, nella sua umanità e in mezzo al mondo, «trasparenza di Dio» (p. 38). Allo stesso tempo, le comunità cristiane devono lasciarsi trasformare dall’evento dell’Incarnazione, permettere a Dio di cambiare anche ciò che sembra impossibile e diventare operose nella carità. E ritorna, sferzante ma anche entusiasmante, il richiamo a un cristianesimo autentico, sulla scia di quanto papa Francesco ci esorta a vivere: «Non si può vivere la carità se non vivendola nei corpi. I pii sentimenti del cuore, i sogni notturni, le devote considerazioni sulla fame nel mondo sono nulla se non ci si com-muove, cioè ci si muove insieme nell’opera della carità» (p. 42).

E, in particolare parlando ai giovani, il vescovo di Noto rivolge loro un’appassionata narrazione del Natale attraverso l’immaginazione. O, per meglio dire, quella “contro-immaginazione” dei segni natalizi, a iniziare dal presepe e dalla grotta di Betlemme, che, in mezzo alla bruttezza del mondo e alla stortura delle false immagini di Dio, ci mostra che Dio «non è come lo avevamo pensato, come lo avevamo immaginato, come ce lo avevano trasmesso. L’Onnipotente Dio è un Bambino, il cielo è in una grotta; l’infinito nel piccolo; e, soprattutto, questo Dio non è un Dio guerriero che potrebbe farmi paura» (pp. 64-65). Dio è solo amore e non possiamo fare altro, anche noi, che portare il fuoco di questo amore nel mondo, perché riscaldi tutti «nel gelo umano di oggi e di sempre».

Il testo è da gustare più che da leggere. Vi si trova dentro il miracolo dell’immaginazione poetica, istintiva e musicale che – come scrive efficacemente l’autore – non è da disprezzare, perché essa sa raccontare l’immaginazione di Dio per gli esseri umani più di quanto spesso riescano a fare i filosofi e i sapienti. Detto da un “sapiente teologo” come Staglianò, c’è da crederci.

ANTONIO STAGLIANÒ, Più veri, più umani, più cristiani. Il servizio al vangelo della Pop-Theology, Editrice Elledici, Torino 2019, pp. 240, € 7,90, EAN 9788801066210.

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