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3. Commento alle Letture – XXXIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

19 NOVEMBRE

XXXIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO 

«BENE, SERVO BUONO E FEDELE…»

COMMENTO

Chi legge questa parabola in chiave socio-economica la trova incomprensibile e si scontra con un volto distorto del Signore. La stessa cosa succede se si trasformano i talenti in qualità umane da trafficare: rimane un Dio incomprensibile, se non ingiusto.
Ci chiediamo: perché Matteo utilizza questa parabola e cosa vuol comunicare ai cristiani, suoi lettori? I servi a cui il padrone affida i suoi beni sono sicuramente i cristiani e il padrone, che parte e ritorna, è Gesù, che viene alla fine dei tempi e della vita di ciascuno, per «regolare i conti».
I talenti non sono le qualità umane, ma i doni finalizzati alla salvezza: il Vangelo da annunciare, la fede, la speranza, la carità e tutti gli altri doni particolari che ciascuno riceve per vivere da cristiano e diffondere il regno di Dio nel mondo. La diversità è stabilita in base alla missione che ciascuno ha da compiere nel mondo. Questo però non dice che il Signore discrimina, semplicemente sottolinea un dato di fatto: ogni uomo è diverso dagli altri, ha una sua personalità, vive in un certo tempo e in un dato luogo, appartiene a una famiglia, ha una sua storia unica e irripetibile e tutto questo gli serve per vivere nel mondo da figlio di Dio e fratello degli altri uomini. In qualunque situazione è chiamato a vivere, riceverà il dono che gli apre la strada della salvezza e lo abilita alla missione nella Chiesa e nel mondo.
Questa strada, però, va percorsa con le proprie gambe. Trafficare i talenti significa utilizzare tutto ciò che abbiamo a disposizione per crescere nell’amore e vivere da figli di Dio. I due servi che hanno «trafficato», nella diversità dei doni e del risultato, ricevono lo stesso elogio e lo stesso premio.
Anche il terzo servo ha ricevuto il grande dono nella misura adatta a lui, ma invece di essere riconoscente e attivo, ha giudicato il suo padrone, ne ha avuto paura e non ha fatto nulla di buono. Non ha visto l’amore e la fiducia del suo padrone ed è rimasto schiavo della paura e prigioniero della pigrizia.
Il talento tolto a chi non l’ha trafficato e dato a chi ne ha già dieci dice semplicemente che chi non riconosce il dono di Dio e non lo vive perderà tutto (il Signore altrove dice: «chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà»: Mt 16,25), mentre chi vive da figlio vedrà moltiplicati i frutti dei propri doni.
Tutto questo vale anche per le comunità cristiane locali: quelle che con impegno e creatività trafficano i doni del Signore diventano sempre più «ricche» di frutti; quelle che si accontentano di «conservarli» con una religiosità timorosa e abitudinaria, diventeranno sempre più povere, fino al punto di non essere più riconosciute dal Signore come sue.

SPUNTI PER L’ATTUALIZZAZIONE E LA PREGHIERA

  1. Uno dei più grandi torti che possiamo fare al Signore è quello di avere paura di lui. Se qualche volta proviamo questo sentimento, possiamo «curarci» con tre «medicine»: prima, immergiamoci nella natura e proviamo a pensarla come un dono fatto personalmente a noi; seconda, facciamo l’elenco dei doni che abbiamo ricevuto da lui lungo la nostra vita; terza, mettiamoci in silenzio di fronte al crocifisso cinque minuti al giorno, finché la paura non sia passata.
  2. Spesso questa parabola viene intesa come invito a trafficare le qualità umane da impiegare; così ci convinciamo che chi ha più qualità e mezzi è favorito e porta più facilmente dei risultati; quindi ci lamentiamo con Dio o lo accusiamo: «perché a lui tante cose e a me poco o niente?». Nella linea dell’amore nessuno parte svantaggiato. I bambini o i diversamente abili gravi sono centro di amore solo per il fatto di esistere, ricevono amore e ricambiano come possono. Il Signore i conti li fa solo sulla fede e sull’amore.
  3. Ogni comunità e ogni cristiano hanno ciò che serve per realizzare la loro missione nella Chiesa e nel mondo. I paragoni con gli altri sono dannosi. Il Signore non fa paragoni, ma giudica per come ciascuno ha valorizzato i doni ricevuti.
  4. «Bene, servo buono e fedele… prendi parte alla gioia del tuo padrone». Vale la pena di affrontare qualunque difficoltà, per sentirsi dire queste parole dal Signore. La gioia che ci offre non è un sentimento passeggero, ma il frutto della condivisione della stessa vita di Dio, per sempre.

PROPOSTA DI IMPEGNO DELLA SETTIMANA

Ogni sera mi interrogo: cosa ho fatto oggi per diffondere il regno di Dio? E cosa posso fare domani?