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3. Commento alle Letture – 20ª DOMENICA T.O.

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20ª DOMENICA T.O.
UN VANGELO CHE DÀ SCANDALO

L’omelia trascritta che è la lettera agli Ebrei è stata proposta a una comunità che aveva già sperimentato la persecuzione. «Richiamate alla memoria quei primi giorni: dopo aver ricevuto la luce di Cristo, avete dovuto sopportare una lotta grande e penosa, ora esposti pubblicamente a insulti e persecuzioni, ora facendovi solidali con coloro che venivano trattati in questo modo. Infatti avete preso parte alle sofferenze dei carcerati e avete accettato con gioia di essere derubati delle vostre sostanze, sapendo di possedere beni migliori e duraturi» (Eb 10,32-34), dice il testo, menzionando causa e modalità della persecuzione, e speranza con la quale essa è stata affrontata.
Segue un capitolo di menzione di personaggi proposti come campioni della fede (cf Eb 11). In continuità con questo sviluppo del discorso si pone la seconda lettura, nella quale, usando la metafora sportiva, l’agiografo descrive la vita cristiana come dinamica (cf Eb 12,1), avendo come fine e modello Gesù stesso. Lo scopo di questo discorso è esortare alla perseveranza (cf Eb 12,4) anche nell’estremo della lotta.

La scelta di Cristo
Per usare la parola «persecuzione», oggi, da noi, bisogna avere misura e rispetto. Sono altri i luoghi del mondo dove i cristiani sono perseguitati per la loro fede, a volte anche fino alla morte. Da noi si dovrebbe parlare di persecuzione per estensione: includendovi l’irritazione per lo scherno, il dolore per l’incomprensione e la marginalità, la fatica della coerenza. Ammesso che tutto ciò non sia semplicemente essere cristiani e le sue conseguenze.
A questa normalità della fatica della coerenza richiama il vangelo di oggi. Dopo aver impartito i propri insegnamenti riguardo la povertà, la vigilanza, la fedeltà nell’attesa della fine dei tempi, e il conseguente necessario discernimento nel tempo presente, Luca concentra la propria catechesi per la formazione della comunità nell’oggi storico. L’esortazione va alla “passione” per Gesù e per il Regno.
Essere cristiani richiede la determinazione corrispondente al desiderio di Gesù di accendere un «fuoco» (cf Lc 12,49) e alla sua ansia di ricevere il suo «battesimo» (cf Lc 12,50). Il «fuoco» è l’incendio dell’annuncio del Vangelo, operato in primo luogo da Gesù stesso e, in prosecuzione, dalla Chiesa. Il «battesimo» è la sua passione sulla croce, dalla quale vengono agli uomini redenzione e salvezza, quel rinnovamento che è condizione di possibilità per la testimonianza della Chiesa e oggetto della sua predicazione.
L’effetto della determinazione per Cristo da parte dei discepoli è la divisione che si crea per la scelta di campo pro o contro (cf Lc 12,51-53). Anche l’orazione di Colletta alternativa per l’anno C lo ribadisce: «O Dio, che nella croce del tuo Figlio, segno di contraddizione, riveli i segreti dei cuori».

Il costo della scelta
La vicenda di Geremia può essere molto esplicativa delle conseguenze del mettersi dalla parte di Dio. Il profeta è esemplare per la sua predicazione scomoda, in contraddizione con i potenti del tempo, audace nel dire cose poco gradite.
Geremia è protagonista di un’esperienza di coraggio nella fedeltà al proprio mandato. Il suo esempio è produttivo quando non lo s’innalza troppo, ma lo si applica alle piccole cose, apparentemente, che fanno la vita di tutti i giorni. Declinare il suo esempio alla fedeltà al proprio mandato in campo civile ed ecclesiale, scoprendo e valorizzando il coraggio che ci vuole ad assumersi in pienezza il proprio ruolo (qualunque esso sia) e a viverlo fino in fondo; a vivere la responsabilità di essere genitori; a perseverare nell’onestà e competenza professionale. E via dicendo.
Apparentemente Geremia è sconfitto. Non è cosa di poco conto che nella vicenda narrata dalla prima lettura sia proprio un disprezzato del suo tempo (uno straniero ed eunuco) l’unico a comprendere la gravità del gesto compiuto dai responsabili del popolo e a manifestarsi giusto. In contrasto con l’inettitudine del re.
Se si sceglie Dio, Dio non abbandona chi l’ha scelto. L’aiuto che offre, però, può percorrere vie poco appariscenti, o venire da persone poco ragguardevoli: una sorta di solidarietà fra sconfitti che poco ha a che fare con l’appagamento della ribalta e molto con l’umiltà evangelica.