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5. Speciale Pasqua – Commenti alle letture Veglia pasquale

VEGLIA PASQUALE NELLA NOTTE SANTA

CRISTO RISORTO: PIENEZZA DELLA MISERICORDIA DI DIO

Il desiderio di Dio di vedere l’uomo libero attraversa le difficoltà della storia e trionfa in questa notte.
In Cristo, l’uomo viene ricostituito a immagine di Dio, al di là del cedimento di Adamo di fronte alle proposte del serpente, della prevaricazione dei potenti, dell’infedeltà del popolo d’Israele, del limite estremo della morte. Nel sepolcro vuoto, la miseria cede il passo alla misericordia.

MEDITAZIONE
Quaresima e Settimana Santa hanno avuto un unico punto di convergenza: la contemplazione della misericordia di Dio. Essa è una continua azione di Dio a favore dell’umanità; è servizio all’uomo.
La celebrazione della Veglia Pasquale, con la sua ricchezza di segni, simboli, gesti, riti, formule, e particolarmente con l’abbondanza della sua Liturgia della Parola che ripercorre tutta la Storia della Salvezza, è rimeditare la vicenda della misericordia divina che si offre all’umanità, per la sua salvezza e per la sua liberazione.
Le letture della liturgia della Veglia percorrono la storia della liberazione umana, dal suo rendersi necessaria fino alla sua realizzazione.

Storia della liberazione
La prima lettura è la narrazione della creazione. È una riflessione teologica sul cosmo (non spiegazione alternativa a quella scientifica) creato bello e armonico, secondo la volontà di Dio. L’uomo è al vertice di tale creazione.
Poi, come si sa, l’episodio del peccato dei progenitori. L’evento che turba tutte le relazioni armoniche precedenti.
La seconda lettura narra la scena drammatica di un padre (Abramo) che deve sacrificare il suo unico figlio (Isacco). Scandalo per noi moderni, ma cosa accettata nella religiosità dei popoli vicini a Israele. La condanna biblica del sacrificio umano comporta anche un risvolto teologico. Dio è colui che assume Abramo in una relazione di misericordia con sé e così libera l’umanità da un rapporto opprimente con il divino.
La lettura dell’Esodo, e il successivo cantico, raccontano la liberazione di Israele dall’Egitto, la terra della schiavitù, dove il popolo non può essere popolo perché privato della sua dignità, in quanto assoggettato alla volontà del più forte. La fuoriuscita dall’Egitto è l’inizio di un cammino che vedrà le sue difficoltà (camminare nel deserto), le sue tentazioni (la nostalgia della pentola della carne e delle cipolle), ma anche la sua meta: l’ingresso nella terra della libertà.
La profezia di Isaia riafferma il fondamento del percorso verso la libertà: il rapporto di reciproco innamoramento fra Dio e il popolo.
Anche nell’oracolo della quinta lettura, ancora tratta da Isaia, Dio si offre per una relazione nella quale ama l’uomo gratuitamente e per una nuova alleanza che si estende a tutta l’umanità, superando i limiti del nazionalismo religioso. Il profeta ribadisce l’intervento di Dio per la liberazione dell’uomo per mezzo della sua Parola efficace.
La lettura tratta dal profeta Baruc è un invito del profeta a considerare la legge, la delimitazione dello spazio delle giuste relazioni con sé, con Dio e con i fratelli, come legge per la vita. Il profeta invita l’umanità alla sua conoscenza e accoglienza, per ricevere in dono la vita e per avere la liberazione dall’oppressione e dalla morte.
Anche Ezechiele ritorna sul tema della Nuova Alleanza per la vita. Perché Dio donerà all’uomo un cuore nuovo. Un cuore di carne, non di pietra, perché, instaurandosi una relazione di rinnovato amore fra Dio e popolo, questo abbia la pienezza della vita.
Con la lettera ai Romani si passa dalla promessa alla realtà. È il battesimo, per mezzo del quale «siamo stati sepolti insieme a lui nella morte, perché come Cristo fu risuscitato dai morti per mezzo della gloria del Padre, così anche noi possiamo camminare in una vita nuova» (Rm 6,4). La liberazione che si era resa necessaria a causa del peccato, per la quale Dio ha operato fin dalla liberazione di Israele dall’Egitto, perché quest’ultimo fosse occasione di benedizione per tutti i popoli e perché dunque potesse diventare liberazione più profonda e per l’umanità intera, in Cristo morto e risorto giunge alla sua pienezza: è liberazione dal peccato e dalla morte.

La risurrezione di Cristo e la nostra liberazione
Il grande grido di questa notte è che Cristo è risorto. Anzi: Cristo «è vivo» (Lc 24,5). Cristo è oggi vivo. Nel suo essere vivo si compiono tutte le promesse. La creazione intera trova in lui la via per recuperare quella bellezza e armonia detta nel libro della Genesi.
Il suo essere vivo riscatta la nostra libertà. Pietro entrando nel sepolcro «vide solo i teli» (Lc 24,12). Quei teli che legavano il cadavere non hanno più potere sul Risorto, non costringono più il suo corpo nelle tenebre della morte.
L’uomo è costituzionalmente debole, fragile. Nella concretezza della storicità umana la libertà è sempre a rischio, soggetta alla caducità dell’esistenza: sempre soggetta al pericolo di una ricaduta nella schiavitù del peccato. La resurrezione è la liberazione da questa schiavitù: è il riscatto dalla nostra fragilità che riceviamo da Dio anche nell’estremo limite della nostra creaturalità.
Grazie alla risurrezione siamo creature nuove. Strappati alla morte e dunque liberati nel profondo del nostro essere. Questo fonda il nostro agire libero. Come direbbe san Paolo: un agire degno della nostra vocazione