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3. Annunciare la Parola – 14 febbraio 2021


14 febbraio

6ª DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

Se vuoi, puoi purificarmi!

PER RIFLETTERE E MEDITARE

Al tempo di Gesù la lebbra era una malattia terribile che faceva paura, e nella lettura tratta dal libro del Levitico abbiamo conosciuto le rigide disposizioni per preservare il popolo dal contagio. Il lebbroso doveva vivere in un luogo appartato lontano dalle abitazioni. Del resto, lo stesso lebbroso, vedendo la sua carne spaventosamente mangiata dalla malattia, era indotto a comportarsi come se fosse ormai morto. E per di più gli ebrei erano convinti che fossero dei peccatori, proprio perché colpiti da questa terribile piaga.

 Si avvicina un lebbroso
Inaspettatamente, la bella notizia dell’arrivo di Gesù e del suo messaggio d’amore arriva anche tra un gruppo di lebbrosi. Uno di loro ha il coraggio di avvicinarsi alla comitiva che accompagna Gesù, gli s’inginocchia davanti, facendogli vedere le sue piaghe, la situazione disperata in cui si trova. Il lebbroso che si accosta a Gesù sembra rappresentare tutti i disperati della terra. Gesù ne prova pena e non lo allontana, come imporrebbe la legge, ma si avvicina a lui e lo tocca, diventando lui stesso immondo. Ė mosso da compassione, forse per la durezza della legge, forse per l’orrore che ha provato di fronte allo sfacelo del corpo di quel povero sventurato.
Gesù manda il lebbroso dai sacerdoti perché confermino la sua guarigione. In questo caso Gesù rispetta la legge, ed era indispensabile per restituire piena dignità sociale a questo lebbroso ormai guarito.
Il miracolo avviene in uno straordinario clima di normalità. I maghi e i guaritori in ogni tempo compiono spesso gesti strani e vistosi, per far parlare di sé. Non così per Gesù, che si comporterà sempre con estrema semplicità. E dirà sempre di non divulgare il miracolo appena avvenuto. Ma, come sappiamo, quel lebbroso, come un morto che ritorna alla vita, allontanandosi si mette a divulgare il fatto.

Gli eroi tra i lebbrosi
Non si può oggi parlare di lebbra senza ricordare alcuni eroi che si sono distinti per l’amore vissuto verso questi ammalati. Ricordiamo oggi in particolare Padre Damiano, i salesiani don Michele Unia e il beato Luigi Variara, il giornalista francese Raoul Follereau.
Nel 1873 il medico e sacerdote belga padre Damiano (al secolo Jozef de Veuster), a 33 anni sbarcò nell’isola di Molokai, nelle Hawaii, dove si occupò dei lebbrosi, morendo lui stesso di lebbra nel 1889. È stato proclamato santo da papa Benedetto XVI nel 2009.
I piemontesi don Michele Unia (+ 1895) e don Luigi Variara (+ 1923) portarono solidarietà, gioia e musica tra i lebbrosi di Agua de Dios, in Colombia, tra difficoltà di ogni genere, tra cui l’emarginazione da parte dei loro stessi confratelli, che ne temevano il contagio. Il beato Luigi Variara fondò anche una congregazione di suore lebbrose, che non potevano essere accolte dalle altre congregazioni.
Il francese Raoul Follereau (1903-1977) si servì della sua professione di giornalista per far conoscere al mondo la situazione dei lebbrosi e per richiamare le grandi potenze a interventi di solidarietà. Ad Eisenhower, presidente Usa, e a Malenkov, presidente russo, chiese l’equivalente di un bombardiere B12. «Ne avete una quantità sterminata», scrisse. «Con il costo di due bombardieri potrei curare tutti i lebbrosi del mondo!».

La lebbra oggi
La lebbra oggi in gran parte è una malattia del passato. L’Organizzazione Mondiale della Sanità afferma che ci sono ancora circa 250 mila lebbrosi nel mondo, soprattutto in zone di povertà. Ma oggi tutti sanno che la lebbra non è una malattia più contagiosa di altre, e per guarire non occorrono medicine particolarmente impegnative.
Uno dei principali problemi che si presentano alla guarigione è il loro reinserimento nella società, specialmente in Asia, dove c’è ancora chi pensa che la malattia sia legata a una maledizione divina.
In Cina i governanti affermano falsamente di non avere più lebbrosi e trovano il modo di emarginarli. Ci sono organizzazioni benefiche che si occupano di loro, soprattutto dei loro figli, che nascono sani.
Le associazioni che soccorrono i lebbrosi costruiscono per loro casette, li avviano al lavoro dando loro animali da allevamento (capre, pecore, mucche), macchine da cucire per le donne.
Se nelle civiltà occidentali è scomparsa la lebbra, sono però comparse molte altre malattie che creano emarginazione sociale, come l’aids o l’alzheimer; e ogni cristiano è chiamato a un comportamento solidale, a condividere la sofferenza umana e a vincere l’emarginazione, così come ha fatto Gesù.

UN FATTO – UNA TESTIMONIANZA

Preghiera di Raoul Follereau per i lebbrosi. «Signore, insegnaci a non amare noi stessi, a non amare soltanto i nostri, a non amare soltanto quelli che amiamo. Insegnaci a pensare agli altri e ad amare in primo luogo quelli che nessuno ama. Signore, facci soffrire delle sofferenze altrui, facci la grazia di capire che, ad ogni istante, mentre noi viviamo una vita troppo felice, protetta da te, ci sono milioni di esseri umani, che sono pure tuoi figli e nostri fratelli, che muoiono di fame, senza aver meritato di morire di fame, che muoiono di freddo, senza aver meritato di morire di freddo. Signore, abbi pietà di tutti i poveri del mondo! Abbi pietà dei lebbrosi, ai quali tu così spesso hai sorriso quand’eri su questa terra, pietà dei lebbrosi che tendono verso la tua misericordia le mani senza vita, le braccia senza mani. E perdona noi di averli, per una irragionevole paura, abbandonati. E non permettere più, Signore, che noi viviamo felici da soli. Facci sentire l’angoscia della miseria universale, e liberaci da noi stessi. Così sia».