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3. Annunciare la Parola – XXI C, 25 ago ’19

• Is 66,18-21 – Ricondurranno tutti i vostri fratelli da tutti i popoli.
• Salmo 116 – Rit.: Ti adoreranno, Signore, tutti i popoli della terra.
• Eb 12,5-7.11-13 – Il Signore corregge chi ama.
• Canto al Vangelo – Alleluia, alleluia. Tutti i popoli, dall’oriente all’occidente, siederanno a mensa nel regno di Dio. Alleluia.
• Lc 13,22-30 – Verranno da oriente e da settentrione e siederanno a mensa nel regno di Dio.


PER COMPRENDERE LA PAROLA

Dio raduna tutti i popoli. Gesù sale a Gerusalemme per aprire la porta a tutti.

PRIMA LETTURA
È la conclusione del libro di Isaia, un testo non datato, né legato a precisi avvenimenti.
Servendosi di argomenti e di forme dell’esilio, il profeta annuncia la promessa infallibile di Dio per l’umanità: il raduno di tutti i popoli. Questo avverrà in due momenti: “I messaggeri del mio popolo annunzieranno la mia gloria alle nazioni” e “ricondurranno tutti (Giudei dispersi e stranieri) a Gerusalemme come offerta al Signore”. Tutti riconosceranno Dio come Signore e lo loderanno (Sal 116).
È il movimento di tutta la liturgia: proclamare la Parola e portare le offerte.

SALMO
È l’invito rivolto a tutti i popoli perché cantino le lodi di Dio. Non vi è alcun limite in questo universalismo.

SECONDA LETTURA
La lettera agli Ebrei è rivolta a cristiani sottomessi alla prova, tentati dall’apostasia.
Ai motivi di speranza e di perseveranza, già presentati nella 2ª lettura della 20a domenica, e cioè la fede degli antenati e l’esempio di Gesù Cristo, qui viene aggiunta la certezza dell’amore del Padre. La prova non è un segno dell’assenza di Dio, al contrario. “Qual è il figlio che non è corretto dal Padre?… Se non subite correzione… siete degli illegittimi, non dei figli… Dio ci punisce per il nostro bene, allo scopo di farci partecipi della sua santità” (versetti omessi dalla liturgia).

VANGELO
Una domanda sul numero dei salvati offre a Gesù l’occasione per esporre il suo insegnamento sulle possibilità che hanno i suoi uditori di entrare nel Regno.
a) Il problema: la domanda sembra l’eco di una certa inquietudine di alcuni credenti: gli eletti saranno poco numerosi. Tale inquietudine si fonda sulle stesse parole del Vangelo. L’affermazione “molti sono i chiamati, ma pochi gli eletti” conclude alcune parabole. Per tutti coloro che posseggono dei beni, Gesù è severo: “Chi potrà essere salvato? Gesù rispose: Ciò che è impossibile agli uomini, è possibile a Dio” (Lc 18,26-27). Già i profeti avevano annunciato che la salvezza sarebbe venuta da un “piccolo resto”: ciò però non significa che soltanto quel resto sarebbe stato salvato.
b) La risposta di Gesù: evita di indicare il numero (come pure il giorno e l’ora). In compenso invita alla conversione, condizione per giungere alla salvezza (v. 24). Invito sviluppato in una breve parabola (vv. 25-27), simile alla conclusione della parabola delle dieci vergini (Mt 25,1-13). I figli di Israele sono soprattutto invitati alla vigilanza: può darsi che essi non siano i veri eredi dei patriarchi e dei profeti (vv. 28-30). Con parole simili Matteo predica la conversione dei pagani (Mt 8,11-12). Luca annuncia che questi saranno salvati, mentre molti uditori di Cristo rischiano di perdersi. Si veda anche Lc 11,29-32.


PER ANNUNCIARE LA PAROLA (piste di omelia)

La salvezza delle genti
La salvezza delle genti è opera di tutti, un’opera collettiva e comunitaria.
Essa è opera di Dio. È lui che ha l’iniziativa: “Così dice il Signore”: parole iniziali e distintive della 1ª lettura. Lui decide di radunare, lui manda i messaggeri ai popoli, lui porrà un segno in mezzo a loro, lui prenderà sacerdoti e leviti al di fuori delle tribù privilegiate. “Io sono la porta” (Gv 10,9). Una porta stretta per la quale è difficile entrare (cf Vangelo della 23a domenica: Lc 14,25). Rinnegare se stessi per seguire Gesù: Lc 9,23-26.
La salvezza viene da Dio e giunge a Dio. I popoli ritornano “come offerta al Signore”. Questo raduno universale sarà la festa di Dio (Sal 116), la liturgia per eccellenza. La Messa non è soltanto il memoriale del passato, ma è anche l’anticipazione profetica del Regno attuato. Cristo è “sacerdote e vittima” (Eb); sarà “tutto in tutti” (1 Cor 15,28); “i popoli diventano un’oblazione gradita a Dio, santificata dallo Spirito Santo” (Rm 15,16).
“Io porrò in essi un segno”. Questo segno è evocato anche dall’Apocalisse 21,22-26: della Gerusalemme messianica il tempio è il Signore, come pure l’Agnello. Essa può fare a meno della luce del sole, perché ormai è illuminata dalla gloria di Dio e l’Agnello è diventato la sua fiaccola. I popoli cammineranno alla sua luce e i re della terra verranno a lei con i loro tesori. Le sue porte rimarranno aperte… (è il contrario della costruzione di Babele). Dio parla abitualmente per mezzo di segni. Tali segni – nella Bibbia e nella liturgia – sono altrettanti agganci e punti di riferimento. Dovrebbero distinguere anche la nostra vita.
La salvezza delle genti è opera di tutti. È necessaria la cooperazione del popolo, delle nazioni e dei messaggeri. Tutti sono beneficiari. Il popolo di Dio – i superstiti dell’esilio – annuncerà la gloria di Dio alle nazioni, per ricondurle a Gerusalemme. Israele è guida e messaggero (1ª lettura). Ma la sua missione non è un diritto assoluto e una garanzia di salvezza (Vangelo). I Gentili sembrano essere i grandi beneficiari della salvezza: “Essi verranno e vedranno la gloria di Dio, si offriranno come dono al Signore”. Ma i beneficiari della salvezza ne divengono i messaggeri. “Fra di essi mi prenderò sacerdoti e leviti”. I Gentili, messaggeri di salvezza (scandalo per i Giudei!): è l’avvenimento già annunciato da Isaia; e Gesù costruisce proprio così la sua Chiesa.

Ai nostri giorni
Il primo passo verso la salvezza consiste nell’accettare che essa viene da Dio. La salvezza consiste nell’inserirsi secondo i problemi del proprio tempo nell’opera di Dio e nell’essere convinti che si tratta di un’opera in cammino verso uno scopo, quello di Dio: la riunione di tutte le nazioni.
Ogni esclusione è scandalosa. E tuttavia…
I problemi universali sono continuamente portati alla nostra conoscenza.
Accettare che i nuovi popoli evangelizzati e le nuove generazioni stimolino la Chiesa.

“Sono pochi quelli che si salvano?”
Quanti si salveranno? Quando si salveranno? False domande che Cristo evita per porne altre vere: Chi si salverà? Come ci salveremo?
Chi si salverà? La salvezza, dono di Dio, capovolge tutti i calcoli: “I primi saranno gli ultimi…”. Non esiste privilegio per la salvezza. “Verranno da oriente e da occidente”. Cristo rovescia l’idea meschina del popolo eletto e del praticante sicuro della propria salvezza. Coloro che una volta erano lontani si sono fatti vicini (Ef 2,13). I pagani sono ammessi alla stessa eredità, sono diventati membri dello stesso corpo (Ef 3,6).
Come ci si salva? La salvezza ha precise condizioni: “Sforzatevi di entrare per la porta stretta” (il cammello e la cruna dell’ago, Lc 18,25). Non basta aver “riconosciuto” Cristo per sentito dire; non basta sciorinare le referenze d’una appartenenza notoria (“abbiamo mangiato e bevuto insieme”); non basta commentare il Vangelo… Bisogna essersi convertiti. Cristo ci riconoscerà o non ci riconoscerà in base alla vera conversione (Mt 25,10: parabola delle vergini; Mt 25,40: giudizio finale). “Chiunque mi riconoscerà davanti agli uomini, anche il Figlio dell’uomo lo riconoscerà davanti agli angeli di Dio” (Lc 12,8). Da accostare al comportamento di Pietro: “Non conosco quell’uomo” (Lc 21,54-62). L’autore della lettera agli Ebrei indica un’altra condizione di salvezza: la salvezza sta di là della prova. “Accetta le lezioni e le correzioni di Dio” (2ª lettura).


(tratto da: M. Gobbin, Omelie per un anno – vol. 2, anno C, tempo ordinario – Elledici 2003)