• Ger 38,4-6.8-10 – Hai fatto di me un uomo di contesa su tutta la terra.
• Dal Salmo 39 – Rit.: Vieni presto, Signore, a liberarmi.
• Eb 12,1-4 – Corriamo con perseveranza nella corsa che ci sta davanti.
• Canto al Vangelo – Alleluia, alleluia. Apri, Signore, il nostro cuore e comprenderemo le parole del Figlio tuo. Alleluia.
• Lc 12,49-57 – Non sono venuto a portare la pace sulla terra, ma la divisione.
PER COMPRENDERE LA PAROLA
Come Gesù, anche il profeta è causa di divisioni. Egli è vittima del suo ministero, ma persevera. La passione di Geremia annuncia quella di Cristo.
PRIMA LETTURA
L’episodio di Geremia gettato nella cisterna avviene in uno dei momenti più tragici della storia di Gerusalemme e della vita del profeta, durante il secondo assedio della città (588-587). Dieci anni avanti, dopo la prima vittoria, Nabucodonosor aveva deportato i migliori in Caldea e messo sul trono un re abbastanza simpatico a Geremia, ma incapace di prendere una decisione.
Geremia prende posizione contro i partigiani della guerra, politicamente assurda, che si fondano su un ottimismo religioso falso, su una fiducia nella protezione di Dio non certo legittimata dalla degradazione morale e religiosa del paese. Nella sua consapevolezza religiosa egli sa che la vera rinascita può venire soltanto attraverso la prova e che la speranza della nazione sta più in coloro che sono già deportati a Babilonia che nella casta militare e politica di Gerusalemme.
Certamente la missione di Geremia ha una dimensione politica – del resto non è l’unico caso tra i profeti (cf ad es. Is 37, ecc.) – ed è talvolta difficile capire a tanta distanza il legame fra il ruolo profetico e l’intervento temporale. Del resto il problema non interessa solo l’esegeta, perché tutt’oggi rimane vivo nell’esistenza di ogni credente. La Parola di Dio comporta implicazioni concrete e attuali.
SALMO
Fa da eco alla 1a lettura e canta l’intervento di Dio (chinato e ascolto). Dio agisce e protegge il suo fedele, che ha sperato in lui. Dio è l’unica vera sicurezza, non resta che l’abbandono fiducioso.
SECONDA LETTURA
L’autore della lettera agli Ebrei, dopo aver precisato chiaramente l’importanza di Cristo per la nostra salvezza, invita i cristiani a vivere secondo la fede, contro ogni tentazione di scoraggiamento. Ha già ricordato come esempio tutti i santi della storia biblica (cap. 11, cf 19a domenica), i quali nella speranza hanno attinto lo slancio e il coraggio della loro vita. Adesso invita i cristiani a tener lo sguardo fisso in Cristo per perseverare (si notino i verbi sopportare, resistere e le altre espressioni correlative).
VANGELO
Le diverse affermazioni di questo brano riguardano gli avvenimenti ai quali bisogna prepararsi. Da un certo punto di vista, l’opera di Cristo è il giudizio del mondo. Giudizio nel fuoco dello Spirito, una prova attraverso la quale passa lo stesso Gesù. Questo giudizio, che è progressivo, divide gli uomini, li porta a scegliere e li contrappone fra loro.
PER ANNUNCIARE LA PAROLA (piste di omelia)
Il fuoco della terra
Il fuoco è il contrario d’un comportamento passivo, d’una pura aspettativa. Geremia ha tanti nemici perché è stato preso, “sedotto” da un Dio che non gli lascia un minuto di riposo, “come un fuoco che mi bruciava le ossa” (Ger 20,9). Una passione viscerale. Un fuoco che si manifesta durante tutta la sua vita.
La 2a lettura è un invito a correre, a tenere lo sguardo fisso su Gesù che deve sedurre anche noi, fino a ottenere la nostra testimonianza col sangue. Anche la folla immensa di testimoni è una storia generosa che, di generazione in generazione, non è mai venuta meno. Anche Gesù è colmo dello Spirito di Dio. E questo Spirito è il fuoco che mediante la Pentecoste egli lancia nel mondo. Conosciamo l’aspetto passionale della fede di Pietro, di Giovanni, di Paolo, ognuno a suo modo.
In certe circostanze, anche la nostra fede deve essere determinante, categorica, capace di trascinare noi e gli altri, talvolta intuitivamente più sicura di qualunque sottigliezza o ragionamento. Deve rivelarsi positivamente appassionata, capace di riscaldarci il cuore, in qualunque circostanza della vita.
Giovanni Battista aveva annunciato: “Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco” (Lc 3,16).
“Chi è vicino a me è vicino al fuoco, chi è lontano da me è lontano dal Regno” (Logion del Signore, citato da Origene).
“Se il fuoco è disceso nel cuore del Mondo, è finalmente per possedermi e per assorbirmi. Non basta perciò che io lo contempli e che, con fede coltivata, accresca incessantemente il suo ardore attorno a me. Bisogna che, dopo aver cooperato con tutte le mie forze alla consacrazione che lo fa divampare, io acconsenta infine alla comunione che gli darà, nella mia persona, l’alimento che egli è venuto a cercare” (Teilhard de Chardin, La Messa sul Mondo).
Tre contro due, due contro tre
Se la fede è un fuoco dal cielo, non è qualcosa di tutto riposo. Dove ci sono dei credenti, c’è lotta, c’è contestazione. Avviene una scelta, un giudizio, non senza scontri.
Ciò non vuol dire che da una parte ci sono i buoni, dall’altra i cattivi. Nessuna contestazione è mai pura, come nessuna resistenza alla contestazione. Ma lo scontro è inevitabile, quando si crede a una causa. Ancor più quando ci si lascia prendere dalla verità.
Il fuoco è pure il fuoco del giudizio: “Ogni albero che non produce buoni frutti viene tagliato e gettato nel fuoco” (Mt 3,10; 5,22; 13,40; Gv 15,6).
La fede è una forza di contestazione di noi stessi. “Se la tua mano, se il tuo occhio ti sono occasione di scandalo, gettali via” (Mt 5,29s). Noi abbiamo bisogno di essere sotto lo sguardo di Dio, che ignora la complicità ed è pieno di misericordia nel desiderio di convertirci. Gli avvenimenti, prima di spingerci a giudicare gli altri, mettono in questione il nostro personale modo di vivere. “Deponiamo tutto ciò che ci è di peso”. “Non avete ancora resistito fino al sangue” (2a lettura).
La fede è una forza di contestazione fraterna (Vangelo). Le tensioni sorgono nei rapporti reciproci, alimentate dal proprio ideale di vita, dall’esigenza d’un amore puro, dall’uso del denaro. Il cristianesimo, fattore di pace? Certamente: l’Eucaristia è il sacramento della pace, ma una pace fatta di lotte, di scelte, di opzioni di ogni momento.
Abbiamo il dovere di interrogarci sulla pace nelle nostre famiglie, nelle nostre assemblee cristiane… È una pace che tende a soffocare? Che tende ad assopire? Oppure il frutto di tensioni vinte nell’amore e nella libertà di Cristo?
La fede è una forza di contestazione politica (cf Geremia). Tra cristiani e non cristiani, e anche fra di noi. Perché solamente essa, se la viviamo, ci dà una piena libertà spirituale. La Parola di Dio comporta implicazioni concrete nell’ambito della giustizia e dell’organizzazione del mondo, e può farci soffrire reciprocamente. Non è un insieme di ricette date in anticipo. Ognuno, secondo la sua esperienza, deve inventare le applicazioni che ritiene valide. Ciò non coincide mai col cammino del vicino.
Dobbiamo credere a un’unità che supera le nostre diverse opzioni, che supera noi stessi: Cristo Gesù, e cercare in lui il dialogo che non sacrifica niente d’una verità o di una giustizia conservate a frammenti.
La fede è necessariamente contestata. Lo è perché il Vangelo di natura sua sconvolge ogni cosa. Lo è perché coloro che sostengono il Vangelo, quali siamo noi, hanno le loro debolezze, le loro corte vedute. Questa però non è una ragione per ridurre la fede a un comportamento pusillanime. Per fortuna contestando la nostra testimonianza, gli altri ci spingono alla contestazione di noi stessi, inseparabile da ogni azione in mezzo al prossimo.
(tratto da: M. Gobbin, Omelie per un anno – vol. 2, anno C, tempo ordinario – Elledici 2003)