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3. Annunciare la Parola – 4 Pasqua C, 12 mag ’19

• At 13,14.43-52 – Ecco, noi ci rivolgiamo ai pagani.
• Dal Salmo 99 – Rit.: Noi siamo suo popolo, gregge che egli guida.
• Ap 7,9.14b-17 – L’Agnello sarà il loro pastore e li guiderà alle fonti delle acque della vita.
• Canto al Vangelo – Alleluia, alleluia. Io sono il buon pastore, dice il Signore; conosco le mie pecore, e le mie pecore conoscono me. Alleluia.
• Gv 10,27-30 – Alle mie pecore io do la vita eterna.

PER COMPRENDERE LA PAROLA

È la “domenica del Buon Pastore”, la cui immagine è evocata in modo evidente dal Vangelo come dalla lettura dell’Apocalisse.
Negli Atti, però, la Buona Novella è rivolta alle nazioni, ai pagani, che troviamo pure nella visione dell’Apocalisse: per far parte del gregge degli eletti, è necessario e sufficiente ascoltare la voce del Pastore.

PRIMA LETTURA
– Episodio importante dal punto di vista storico: è l’inizio della prima missione di Paolo e subito si delinea il suo metodo. Anzitutto la sinagoga: glielo impone la sua fedeltà di ebreo. Ma di fronte al rifiuto dei Giudei, si rivolge ai pagani: ve lo obbliga la sua vocazione particolare (9,15). Si vedano anche 18,6 e 28,28.
– Importante dal punto di vista teologico. L’apertura ai pagani è una dominante del libro degli Atti, preparata già nel Vangelo di Luca.
Per “Giudei” si devono intendere, come in Giovanni, sia i Giudei di razza, sia il gruppo di coloro che per funzione o per convinzione si oppongono a Cristo e ai suoi discepoli. Questa opposizione rende più forte la somiglianza fra Gesù e gli apostoli. Come Gesù ha consigliato, “scuotono la polvere dai loro piedi” (Lc 9,5).

SALMO
È un salmo processionale. Quindi adatto al popolo in marcia sotto la guida del suo pastore, “il gregge del suo pascolo”. Adatto pure al pastore: “Buono è il Signore”.
Nello stesso tempo, professione di fede che il nome di Iahvè rendeva più sensibile: “Riconoscete che il Signore è Dio”. Cf. Elia.
Ringraziamento colmo di gioia.

SECONDA LETTURA
Prima che si scatenino le forze apocalittiche, l’angelo segna in fronte coloro che devono salvarsi. Dopo i 12.000 di ognuna delle 12 tribù (antico o nuovo Israele? Più probabilmente l’antico, nonostante certi commentatori), la moltitudine di ogni razza…
Certamente è la prova escatologica (e la morte) alla quale tutta l’umanità è sottoposta. Naturalmente, più di tutti i martiri.
Annuncia le visioni della nuova Gerusalemme.

VANGELO
– Ripresa del tema del “Pastore” e anzitutto delle “pecore che ascoltano la mia voce”, in risposta alle domande piene di incredulità dei Giudei.
– Gesù annuncia il suo ruolo di Salvatore. Tutto dunque si riassume nell’ascoltare Cristo. In questo sta la salvezza.
Si noti anche il parallelismo delle due formule: “Nessuno le rapirà dalla mia mano”… “Nessuno può rapirle dalla mano del Padre mio”.
Esse finiscono per affermare: il Padre e io siamo una cosa sola.


PER ANNUNCIARE LA PAROLA (piste di omelia)

Il gregge di Dio
Un tempo Dio identificò il suo dominio con un popolo. Qual era però il fine di questa scelta? Paolo (versetti omessi At 13,21-37) dichiara che essa era chiamata ad andare oltre.
Con Atti 10 (il battesimo del pagano Cornelio da parte di Pietro esitante), il passaggio ad Antiochia di Pisidia segna il superamento dell’antica alleanza, e la caratteristica specifica della nuova: la cattolicità. “Noi ci rivolgiamo ai pagani”. È il mistero della salvezza finalmente rivelato (cf Efesini).
Cristo riconosce le sue pecore: quelle che ascoltano la sua voce. Egli sa che non tutte ancora sono nel suo gregge (Gv 10,16 anno B) e che quindi deve trovarle e riunirle.
Giovanni vede la moltitudine immensa ove si incontrano nazioni, razze, popoli e lingue… Un gregge che Dio solo può contare salvandolo.
Appena facciamo parte di un gruppo, di un’associazione, di una Chiesa, siamo tentati di rinchiuderci dentro, di difendere privilegi, di crederci superiori, e ben presto facciamo fatica ad accogliere “gli altri”, a integrare i convertiti. È certo che, chiamandosi “Buon Pastore”, il Signore promette un’intimità affettuosa a coloro che l’ascoltano e lo seguono. Ma chi fa parte del gregge? Chi può entrarvi giorno dopo giorno? E quale comunità cristiana oserebbe chiudersi in se stessa e disprezzare coloro ai quali Dio stesso “dà la vita eterna”? L’iniziativa missionaria mette alla prova i tradizionalismi; tuttavia è nell’evangelizzazione costante che la Chiesa rimane fedele al suo pastore.

Il Pastore
Gesù afferma di essere lui il Pastore. Così dicendo, attribuisce a sé la profezia che parla di Dio (Ez 34). Lo stesso attaccamento cordiale di cui parla Ezechiele: conoscenza personale, valore attribuito a “ciò che il Padre gli ha dato”.
Nell’Apocalisse, la figura dell’Agnello si ricollega a quella del Pastore (cf il v. 16 “più fame… più sete…” con Ez 34,23-31).
E quando Paolo e Barnaba si rivolgono ai pagani, parlano di un ordine del Signore. Ora quest’ordine non riguarda direttamente loro, ma specifica la missione del Servo. La luce per le genti non è Paolo, ma il Servo: Gesù Cristo.
Innegabilmente l’accettazione e il rifiuto della religione universale sono in rapporto col ruolo e con la persona di Gesù Cristo.
Nei nostri rapporti reciproci di fede, nei nostri desideri di testimoniare, è importante ricordare che solamente Cristo conosce (ed è conosciuto) in nome di Dio, che lui parla al cuore dell’uomo, lui guida, non noi.

La grande prova
Quando Cristo si dichiara Pastore, lo fa in un contesto di lotta coi farisei (proprio come Dio di fronte ai cattivi pastori, in Ezechiele). Egli si oppone ai ladri, dà la propria vita per difendere il gregge. Nessuno gli rapirà le pecore.
Ed effettivamente l’Agnello dell’Apocalisse ha versato il suo sangue. Alcuni lo respingono, altri, ad Antiochia e altrove, lo accolgono con gioia. Così vanno sempre le cose.
Se vogliamo partecipare alla “moltitudine immensa” dobbiamo lavare le nostre vesti nel sangue dell’Agnello. Non nel nostro sangue, ma nel suo. Anzitutto credendo nella sua Pasqua, in secondo luogo partecipando alla sua lotta, per la fede e nella fede. Se riusciamo, bisogna che la vittoria sia sua; se soffriamo, dev’essere a causa d’un autentico servizio.


(tratto da: M. Gobbin, Omelie per un anno – vol. 1, anno C, tempi forti – Elledici 2003)