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2. Esegesi – 4 Quar. C, 31 mar ’19

ANDRÒ DA MIO PADRE

Giosuè 5,9a.10-12 – Ho allontanato da voi l’infamia dell’Egitto
2 Corinzi 5,17-21 – Se uno è in Cristo è una creatura nuova
Luca 15,1-3.11-32 – Lo vide, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò

La terra sempre da conquistare
Gli israeliti «in quell’anno mangiarono i frutti della terra di Canaan» (Gs 5,12): questa immagine ci fa dire che il popolo è arrivato nella terra. Ma questa deve in certo modo rimanere sempre «promessa», dono da ricevere dalla misericordia di Dio, eredità preziosa da custodire come segno visibile di quella che è la vera, unica «terra» del popolo di Dio che è la Parola stessa di Dio. La parola di Giosuè è profezia di un popolo sempre «pellegrino e straniero », sino alla fine dei tempi. Se Israele si impossessa della terra, è destinato ad entrare nell’oblìo di quel Signore che gliel’ha donata, e quindi nella storia che segna la vicenda dei popoli. Anche nel Vangelo abbiamo la storia di un ritorno nella terra sicura precedentemente lasciata. Ci sono due figli di un Padre ricco che non tiene per sé i suoi beni. Ci sono due fratelli che fanno i conti con le loro ricchezze, ma che nel profondo fratelli non sono. Entrambi hanno un grande patrimonio, ed entrambi lo sprecano, chi in modo dissoluto, chi in modo possessivo. È la storia di ognuno di noi quando ci mettiamo al centro di quel patrimonio che Dio fa a ciascuno, perché figlio e figlio amato. È la nostra storia quando facciamo della nostra eredità una potenza, senza dare valore ad ogni centesimo, ad ogni pianta del campo, ad ogni agnellino.

La richiesta piena di pretesa
«Padre, dammi ciò che mi spetta… perché tu sei ricco, perché sono tuo figlio…». «Padre, sono con te da tanti anni e non mi hai dato»… è un altro modo per dire «tu mi devi». Non c’è stupore per quei beni, non c’è accoglienza, perché non c’è una relazione di libertà con le cose e quindi relazione di bene tra i fratelli e di amore con il padre. Quando il figlio minore si trova in difficoltà non pensa al fratello, pensa di ritornare come servo, perché è il ruolo che ha sempre avuto… servo dei beni, e dei desideri. Il figlio maggiore vive il ritorno del fratello con un paragone tra agnello grasso e capretto… ancora relazione con le cose, con il possedere, il dividere secondo presunta giustizia e non dice al padre «mio fratello», ma «tuo figlio». Da tutto ciò si capisce come la pace del cuore che alimenta l’accoglienza, la misericordia, il perdono nasce da un rapporto sereno con le cose, dal vivere in libertà la relazione con i fratelli per approdare all’incontro con Dio che ci aspetta.

La risposta generosa
In tutto questo c’è qualcosa di assurdo. Il comportamento assurdo del padre di fronte alle pretese del figlio minore. Pur sapendo dove l’inesperienza e la passione avrebbero condotto quel suo figlio, al padre interessava maggiormente l’amicizia con suo figlio più che la severità e il comportamento retto. Per il figlio minore rischia tutto, rischia di non vederlo più, e di perdere anche quello rimasto a casa. Ancora più assurdo è il comportamento del padre al momento del ritorno del figlio minore: non lo rimprovera e non ascolta la confessione già preparata. Ancora, non è il figlio a commuoversi, ma è il padre che corre incontro a lui abbracciandolo e baciandolo. La commozione è il movimento delle viscere che esprime la partecipazione totale della persona all’avvenimento che sta vivendo. Il padre, di nuovo, regala al figlio ogni cosa.

La reazione stizzita
Assurda è la reazione del fratello maggiore. Era buono e per questo si sentiva in diritto di condannare il minore e con lui il comportamento del padre. Ma al padre sta a cuore che suo figlio riesca a capire l’amore. Non può accettare che la bontà sia di ostacolo all’amore. Se la nostra bontà, come quella del figlio maggiore, diventa un motivo per mandare via qualcuno, è una bontà falsa. Quando qualcuno è cacciato fuori di casa, è rifiutato dalla nostra comunità, assieme a lui esce anche Gesù. Il Popolo di Dio, lasciandosi «riconciliare con Dio», testimonia e annuncia la stupefacente misericordia divina che Paolo esprime dicendo che Dio ha riconciliato «a sé il mondo in Cristo, non imputando agli uomini le loro colpe». Per questo è possibile «cedere» alla misericordia divina ed entrare tutti nella casa e nella festa del Padre dove c’è un posto preparato.

PER IL CONFRONTO NEL GRUPPO
– La posizione di vita che hai raggiunto ti soddisfa?
– Che cosa senti di dover chiedere, o pretendere dal Signore?

IN FAMIGLIA
C’è sempre bisogno di cercare il perdono e di ricevere il perdono.
Viviamo in famiglia un momento di condivisione a partire dalla parola del padre misericordioso regalando e ricevendo perdono.
A tutti è chiesto di rivestirsi di semplicità per mettere in luce quello che non è stato compiuto correttamente dai genitori e dai figli.
Dopo aver manifestato il proprio limite ci si regala reciprocamente un gesto di accoglienza, che può essere espresso con una stretta di mano o un abbraccio.


(tratto da: R. Paganelli – Vivere la domenica aprendoci alla Parola, anno C – Elledici 2015)