DOMENICA DI PASQUA: RISURREZIONE DEL SIGNORE
TESTIMONI DELLA RISURREZIONE
La risurrezione di Cristo è l’evento sul quale si fonda la nostra fede. Senza di essa nulla della nostra esperienza storica e umana ha veramente senso.
Rimirare il sepolcro vuoto, tuttavia, non è sufficiente per essere testimoni credibili di quest’evento (non lo è stato neppure per i discepoli di Gesù). Occorre riflettere su ciò che abbiamo visto e sentito, considerarlo con occhi e orecchie nuove e rimodellare la nostra vita alla luce di questa verità: Cristo è risuscitato dai morti e la morte non ha più potere.
PRIMA LETTURA
Noi abbiamo mangiato e bevuto con lui dopo la sua risurrezione dai morti.
Il Pietro pavido e debole che rinnega per tre volte il suo maestro è un ricordo del passato. Lo stesso apostolo proclama quale sia la fonte del suo nuovo coraggio: è la risurrezione di Cristo che, se accolta, cambia gli uomini e li rinnova dal profondo.
Dagli Atti degli Apostoli At 10,34a.37-43
SALMO RESPONSORIALE Dal Salmo 117 (118)
Siamo noi la pietra scartata che, per intercessione della morte e risurrezione di Cristo, è divenuta testata d’angolo.
Rit. Questo è il giorno che ha fatto il Signore:
rallegriamoci ed esultiamo.
SECONDA LETTURA
Cercate le cose di lassù, dove è Cristo.
La risurrezione di Cristo dai morti ci mostra quale sia il vero valore della nostra vita. Essa non è un’esperienza vuota e banale: vale la pena di essere vissuta per costruire il regno dei cieli.
Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Colossesi Col 3,1-4
Oppure:
Togliete via il lievito vecchio, per essere pasta nuova.
L’apostolo Paolo individua due aspetti sulla base dei quali si può descrivere una Pasqua vissuta in maniera autentica: in essa siamo rinnovati e ricostruiti nella verità.
Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi 1 Cor 5,6b-8
SEQUENZA
Alla vittima pasquale,
s’innalzi oggi il sacrificio di lode.
L’Agnello ha redento il suo gregge, l’Innocente ha riconciliato
noi peccatori col Padre.
Morte e Vita si sono affrontate in un prodigioso duello.
Il Signore della vita era morto;
ma ora, vivo, trionfa.
«Raccontaci, Maria:
che hai visto sulla via?».
«La tomba del Cristo vivente, la gloria del Cristo risorto,
e gli angeli suoi testimoni, il sudario e le sue vesti.
Cristo, mia speranza, è risorto:
precede i suoi in Galilea».
Sì, ne siamo certi:
Cristo è davvero risorto. Tu, Re vittorioso,
abbi pietà di noi.
CANTO AL VANGELO Cf 1 Cor 5,7-8
Alleluia, alleluia.
Cristo, nostra Pasqua, è stato immolato:
facciamo festa nel Signore.
Alleluia.
VANGELO
Egli doveva risuscitare dai morti.
Scegliendo un linguaggio semplice e pressoché privo di valutazioni, l’evangelista Giovanni sembra quasi voler nascondere la grandezza dell’evento che racconta. La narrazione comincia nel buio: un’oscurità che non può venire dissipata se non dalla fede, la quale, sola, permette di leggere i numerosi segni sotto la giusta luce.
Dal vangelo secondo Giovanni Gv 20,1-9
Oppure: Lc 24,1-12
Dove si celebra la Messa vespertina si può anche leggere: Lc 24,13-35
MEDITAZIONE
La risurrezione è lo specifico irrinunciabile e insostituibile del cristianesimo. Senza risurrezione di Cristo non c’è cristianesimo. Quando l’apostolo Pietro pronuncia il suo discorso nella casa del centurione Cornelio, in un primo momento riassume la vita di Gesù (cf At 10,37). Il centro del suo discorso, però, è l’annuncio degli eventi pasquali: «Essi lo uccisero appendendolo ad una croce, ma Dio lo ha risuscitato il terzo giorno» (At 10,39-40).
La predicazione degli apostoli
In stretta connessione con questo centro vi è il ruolo di alcuni che sono «testimoni prescelti da Dio» (At 10,41). La risurrezione di Cristo è il contenuto centrale della predicazione apostolica e costituisce il nucleo fondante della comunità di fede eretta sull’esperienza e sulla testimonianza di testimoni credibili di quell’evento.
La particolarità dell’esperienza di quei «testimoni prescelti» consiste nel fatto che «abbiamo mangiato e bevuto con lui dopo la sua risurrezione dai morti» (At 10,41). La relazione di comunione e di intimità che legava i discepoli con il Gesù storico, espressa dalla condivisione della mensa, non è interrotta dalla morte e continua grazie alla sua risurrezione. E poiché quella comunione e quell’intimità non è più costretta dai limiti dello spazio e del tempo, in virtù della risurrezione, essa giunge fino a noi.
La comprensione della risurrezione
Il Pietro che annuncia con tanta forza la sua fede nella casa di Cornelio è il prodotto fatto e finito. Ma per giungere lì, anche per lui il cammino non è stato semplice. E ciò viene incontro alle nostre difficoltà nell’accogliere e professare la fede.
Maria, Pietro, il discepolo che Gesù amava descritti nel vangelo delineano diverse e complementari tappe del cammino nella fede. Il mattino del primo giorno dopo il sabato, Maria di Màgdala si reca al sepolcro «quando era ancora buio» (Gv 20,1), specifica Giovanni. Non si tratta solo di un’indicazione cronologica, bensì simbolica. Nel cuore di questa donna appassionata di Gesù regna il buio della paura, dell’angoscia, del senso di fallimento dovuto all’aver assistito alla morte del maestro. Maria si reca al sepolcro manifestando una schietta e tenera devozione alla persona di Gesù, ma, essendo per lei un morto, è una devozione al cadavere. Il buio in cui ella si muove è quello della ristrettezza degli orizzonti di comprensione umana che al massimo giunge alla morte, che al limite si sforza di elaborare il lutto. Tanto che quando constata l’assenza del corpo reagisce in modo realistico e razionale, l’unica razionalità empirica possibile (cf Gv 20,2): hanno rubato il cadavere.
All’udire questa notizia Pietro e il discepolo che Gesù amava corrono al sepolcro. Il secondo, giunto al sepolcro, decifra i segni e compie il balzo nella fede.
Il «salto» della fede
I segni della risurrezione sono segni deboli: una pietra ribaltata, le bende e il sudario «non posato là con i teli, ma avvolto in un luogo a parte» (Gv 20,7), l’assenza di un corpo. Sono solo una prova in negativo: non hanno rubato il cadavere. È ancora poco per giungere a realizzare l’evento della risurrezione. È necessario il balzo che comprende nella fede gli stessi segni, ma in positivo.
Questo balzo trasforma l’orizzonte dell’esistenza. Paolo afferma che la risurrezione di Cristo non è solo un fatto storico da celebrare, ma è il principio primo che investe la storia dell’umanità, e quella di ciascuno (cf Col 3,1). La risurrezione è l’affermarsi di una vita nuova.
Per questo è necessario sperimentare delle anticipazioni di risurrezione. Esse si danno quando, consapevoli del perdono ricevuto (cf At 10,43), siamo in grado di instaurare relazioni riconciliate con Dio e con i fratelli; quando lasciamo che la risurrezione illumini la nostra intelligenza e la nostra affettività; quando la vita si innalza dall’appiattimento nelle piccole cose al gusto di una ricerca alta. Paolo invita a rivolgere «il pensiero alle cose di lassù, non a quelle della terra» (Col 3,2), cioè a leggere le cose di quaggiù valorizzandole secondo un’ottica di risurrezione e non di morte. Se ben compreso è un invito al maggiore degli azzardi: a scommettere sulla possibilità di realizzare la nostra umanità nella sua autenticità.