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4. Per comprendere la Parola – 27 marzo 2022

27 marzo 2022

4ª DOMENICA DI QUARESIMA
(Domenica «laetare»)

FRA MISERIA E MISERICORDIA

PER COMPRENDERE LA PAROLA

La liturgia di Quaresima dell’anno C, seguendo il vangelo di Luca, conduce lungo un percorso di scoperta e di coinvolgimento nella misericordia del Signore. È in ragione di tale misericordia che si dischiude per l’uomo la possibilità della fuoriuscita dalla propria condizione di peccato, per accogliere in pienezza il dono della risurrezione.
Così si giunge a questa domenica, penultima di Quaresima, in cui la contemplazione si fissa con maggior intensità proprio sul tema centrale: la misericordia.

Il percorso analogo dei due figli
La parabola proposta, forse la più famosa di tutto il Vangelo, è erroneamente detta la parabola del Figliol Prodigo. È meglio chiamarla, come ormai sempre più spesso si fa, la parabola del Padre Misericordioso. Il padre ha due figli. Il minore è quello su cui l’attenzione normalmente si ferma di più. Si allontana da casa dopo aver chiesto l’eredità. Rompe la relazione in modo evidente. Nulla più lo trattiene nella casa del padre e liberamente sceglie il proprio cammino. In questo percorso dissipa tutto ciò che ha, fino al colmo dell’aberrazione: pascola i porci e, addirittura, ne vorrebbe mangiare le carrube (cf Lc 15,14-16). A questo punto si pente, anche se il suo pentimento è piuttosto sospetto: vero ritorno o solo fame che a casa del padre sa di poter soddisfare?
Ma l’atteggiamento del figlio maggiore è molto differente da quello del figlio minore? Vero che non se ne va di casa, ma è mai stato a casa? Al ritorno del fratello si rivolge al padre con parole (cf Lc 15,29-
30) che dimostrano la sua incapacità di gioire della sua gioia, perché non è mai stato in comunione con lui. Un estraneo in casa sua. Alla fin fine bisogna riconoscere che, seppure secondo modalità diverse, l’atteggiamento di fondo dei due fratelli non li differenzia affatto.

Il padre misericordioso
E qui si ritrova la figura del padre. Silenziosamente aveva accettato la libera decisione del figlio minore di allontanarsi. Silenziosamente, ma con evidente apprensione, lo aveva atteso. Al solo vederlo in lontananza gli corre incontro. Gioisce per il ritorno. Chiama il maggiore a condividere la sua gioia. Irrigidito nella sua presunta bontà dimostra di non essere capace di condividere la  gioia. D’altronde questa parabola (e le due precedenti) è stata narrata da Gesù per farisei e scribi che «mormoravano dicendo: “Costui accoglie i peccatori e mangia con loro”» (Lc 15,2).
La reazione del padre stona però anche con l’atteggiamento del figlio minore. Forse perché mosso più dalla fame che da reale pentimento torna a casa con un discorso preparato (cf Lc 15,18-19) nel quale afferma che non è possibile per lui ritornare a essere considerato figlio. Il padre invece, e qui è la misericordia, non solo non lo lascia finire di parlare, ma, ancor più, chiama i servi per restituirgli tutti i segni della sua dignità (cf Lc 15,22).
Tale è il rapporto con Dio annunciato anche da Paolo nella seconda lettura. Un rapporto che ha in Cristo il mediatore della riconciliazione (cf 2 Cor 5,19). Riconciliazione che inaugura una totale novità, che rinnova tutte le dimensioni dell’uomo: la sua identità e le sue relazioni (cf 2 Cor 5,17). È una novità di vita che viene dall’essere inseriti in Cristo, dal riscoprire la nostra dignità di figli ricevuta nel battesimo. Il senso del cammino quaresimale.

Sperimentare la misericordia
Nella vicenda del figlio minore della parabola il punto di svolta si ha quando «ritornò in sé» (Lc 15,17). È un momento di consapevolezza, di presa di coscienza della propria situazione.
La Quaresima è un tempo forte in cui ci si accosta a celebrare il sacramento della riconciliazione. Perché non sia solo un rito sterile, dettato esclusivamente dall’abitudine, è opportuno che ci si identifichi con il cammino di esilio e ritorno del figlio minore.
La confessione del proprio peccato, nella sua asprezza, educa all’introspezione, è un autentico momento di verità, nasce dalla preziosa capacità di mettersi onestamente di fronte a se stessi, ma non cede alla disperazione. È l’identificazione di quei precisi punti su cui dobbiamo crescere per essere ciò che veramente siamo, non per vergognarci di ciò che siamo stati.
La confessione dei propri peccati è l’ammissione umile della propria miseria, ma solo perché questa è accolta e sanata dalla misericordia di Dio. Fra miseria e misericordia ciò che conta è la misericordia.