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4. Per comprendere la Parola – 13 marzo 2022

2ª DOMENICA DI QUARESIMA

(Domenica della trasfigurazione)

CRISTO, RIVELAZIONE DEL VOLTO DEL PADRE

PER COMPRENDERE LA PAROLA

Sono state date molte definizioni di che cosa sia la fede. La vicenda di Abramo narrata nella prima lettura accredita come adeguata la definizione della fede come atto di risposta libera e responsabile a un appello di Dio. Nel caso di Abramo l’appello assume la forma di una promessa.

L’alleanza con Abramo
Abramo, ormai anziano, e con lui anziana e sterile la moglie, è afflitto perché non ha una discendenza. In questa situazione giunge la promessa di Dio (cf Gen 15,5). Quest’appello, questa promessa, richiede ad Abramo una risposta in due dimensioni: l’adesione e la decisione. La risposta di Abramo, dunque, è sia libera che responsabile.
La promessa di Dio, inoltre, non viene accompagnata da segni, né dà indicazioni di tempo misurabili. È una promessa secca, che chiede fede secca. Il credente con la sua fede entra in una relazione con Dio che è fondante e che trasforma tutte le altre relazioni che può instaurare.
In tale relazione Dio si manifesta innanzi tutto come il Dio della promessa. Promette una discendenza. Promette una terra. E s’impegna (è l’unico segno che dà) con un patto, un’alleanza unilaterale, un impegno che Dio solo si assume.

Promessa e trasfigurazione
Dio è il Dio della promessa. Alla luce della categoria di promessa si può interpretare il brano evangelico della trasfigurazione.
Luca descrive la trasfigurazione come un cambiamento d’aspetto del volto (cf Lc 9,29) durante il quale Gesù dialoga con Mosè ed Elia. Essi sono i rappresentanti delle due parti dell’Antico Testamento: la Legge e i Profeti. Anch’essi nella loro vita ebbero esperienza diretta di Dio: Mosè vedendolo di spalle; Elia incontrandolo nella brezza sottile.
Sul monte, questi due eroi dell’Antico Testamento entrano in rapporto intimo di dialogo con Gesù trasfigurato. L’invocazione del Salmo di questa domenica – «Il tuo volto, Signore, io cerco. Non nascondermi il tuo volto» (Sal 26,8-9) – risposta a un invito esplicito del Signore – «Il mio cuore ripete il tuo invito: “Cercate il mio volto!”» (Sal 26,8), dove il volto è espressione della misericordia salvifica di Dio – sul monte della trasfigurazione trova il suo esaudimento completo.
Nel volto trasfigurato di Gesù si mostra il volto di Dio. Gesù rivela la sua vera identità, peraltro confermata dalla voce che si ode dal cielo alla fine della scena e che ripete nei contenuti quanto udito sulle sponde del Giordano dopo il battesimo: «Questi  è il Figlio mio, l’eletto; ascoltatelo!» (Lc 9,35. Cf Lc 2,22).

Trasfigurazione e risurrezione
Nella trasfigurazione di Gesù umanità e divinità si incontrano. Si mostra la gloria della divinità; si mostra la grandezza e la dignità a cui è chiamata l’umanità. La trasfigurazione è la visione della promessa fatta all’umanità. Il Dio della promessa, rivelatosi tale ad Abramo, conferma chi è nella promessa all’umanità di una realtà nuova, trasfigurata, frutto della risurrezione.
I cristiani dunque stanno sotto la promessa; sono figli della promessa. A essi è aperta la possibilità di innalzarsi a tale dignità. A partire dalla visione della trasfigurazione è possibile dare un più profondo significato al tempo della Quaresima. Domenica scorsa si è detto della Quaresima come tempo in cui è possibile  recuperare  e riaffermare per mezzo dell’ascesi la propria statura di figli di Dio. Di tale dignità è visione il Cristo trasfigurato. Il cammino quaresimale è partecipazione  alla Passione per giungere alla gloria della risurrezione.
La trasfigurazione sul monte avviene nel contesto della preghiera di Gesù (cf Lc 9,29). Questa è l’ambito di una relazione fra il Figlio e il Padre in cui è immesso il credente per la sua fede. È occasione opportuna per riflettere su una seconda pratica posta al centro dell’attenzione della Quaresima: la preghiera. Essa è un atto relazionale del credente con Dio che avviene solo se e perché essa è inserita nella preghiera di Gesù. Cessa di essere così una pratica, un tributo a Dio, o che altro. È relazione. Ma è una relazione vera solo perché inserita nella relazione di Gesù con il Padre. Ovvero la preghiera cristiana è possibile ed è veramente tale solo se si inserisce nella preghiera di Cristo.