4 ottobre
27ª DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO
Siamo la vigna del Signore
COMMENTO
È una parabola complessa. Il Maestro è alla conclusione del suo insegnamento e deve dire cose drammaticamente spiacevoli, ma non si tira indietro.
La metafora della vigna era già stata utilizzata da Isaia, il quale aveva denunciato tutto il popolo di Israele, perché non aveva portato i frutti che il Signore si aspettava e meritava.
In questa parabola non è la vigna a essere considerata colpevole, ma i capi, a cui la vigna è stata affidata.
La vicenda è evidentemente inverosimile: è incomprensibile sul piano umano l’insistenza del padrone che manda a più riprese servi che vengono maltrattati e uccisi e poi manda addirittura il figlio a farsi ammazzare da contadini chiaramente impazziti nella loro malvagità e destinati a una punizione inevitabile e meritata.
Però qui non si parla di fatti umani, ma del modo di agire di Dio stesso, della sua pazienza e del suo amore misericordioso senza limiti.
Il progetto del Signore è uno solo: salvare tutti i suoi figli. Con Israele ha preparato il terreno. Ha stipulato un’alleanza, ha dato una Legge, ha costituito dei capi, ha avuto cura del popolo, perché producesse frutti di amore e di giustizia.
Siccome i frutti non sono arrivati, il Signore ha mandato a più riprese i profeti, perché il popolo si convertisse e i capi lo guidassero alla salvezza. Non è bastato.
Ha mandato il Figlio, con la certezza che avrebbe realizzato il suo progetto di salvezza. E sarà così. È vero che anche lui passerà attraverso il rifiuto e la morte, ma risorgendo darà vita al nuovo popolo di Dio.
Gesù fa ai capi una domanda facile: cosa è giusto che faccia il padrone? La loro risposta è umanamente esatta: meritano la punizione massima, perderanno vigna e vita.
La conclusione di Gesù è però diversa. L’infedeltà dei capi di Israele non fermerà il progetto di salvezza, anzi, nascerà il nuovo popolo di Dio che avrà come pietra angolare il Cristo, sarà aperto a tutti i popoli e porterà frutti buoni di salvezza.
I capi si aspettano punizione vendicativa, Dio allarga i confini del suo amore a tutti i popoli. Così questa parabola non parla di punizione ma è bella notizia per tutti per due motivi: rivela il volto paziente e misericordioso di Dio che vuole i frutti della fede e dell’amore e non quelli dell’osservanza legalistica; la salvezza è aperta a tutti i popoli che obbediscono a Dio e portano frutti con retta coscienza.
SPUNTI PER L’ATTUALIZZAZIONE E LA PREGHIERA
1. Noi siamo la vigna del Signore, ma siamo anche lavoratori. I frutti dipendono da ciascuno di noi. Faremo bene a pensare che il raccolto non è solo alla fine della vita, ma ogni giorno il Signore ci chiede: mi hai portato frutti di fede e di amore?
2. È possibile che, senza accorgercene, dimentichiamo di lavorare e portare frutti. Il Signore ci manda persone che in diversi modi ci ricordano l’amore del Signore e la bellezza della nostra vocazione cristiana. Come trattiamo queste persone che ci parlano a nome di Dio?
3. Cristo è la pietra angolare di ogni costruzione che voglia preparare la Gerusalemme celeste. Tutto ciò che costruiamo senza di lui porta al fallimento, anche se in questo mondo ci procuriamo ricchezza, successo e potere.
4. La Chiesa ha ereditato il regno iniziato con Israele. Ma la fedeltà dei battezzati e dei capi non è garantita. Anche noi e i nostri vescovi dobbiamo lavorare molto per portare frutti di vita eterna per noi e per i fratelli.
PROPOSTA DI IMPEGNO DELLA SETTIMANA
Ogni sera offriamo al Signore un cesto di frutti di giornata.
Tratto da: Messale delle domeniche e delle feste – Elledici – 2017