29 novembre 2020
1ª DOMENICA DI AVVENTO B
Il Signore viene, non ci trovi addormentati
COMMENTO
Siamo nell’anno B e iniziamo a leggere il vangelo secondo Marco. Questo brano è la conclusione del discorso che Gesù fa sugli ultimi tempi. Il centro è nel verbo «vegliare», in contrasto al dormire, simbolo della pigri- zia, che impedisce di agire, per realizzare qualcosa di buono. Il contrappunto è affidato al verbo «ritornare», che si riferisce al padrone.
E partiamo dal ritorno del padrone, che evidente- mente è Gesù. La traduzione «ritornerà» può portare fuori strada, inducendo l’idea che il Signore, salendo al cielo, si sia allontanato, che non sia presente nella vita quotidiana del «portiere» e dei «servi», e che ritornerà solo al termine della vita di ciascuno e alla fine dei tempi. Ma i vangeli, e tutto il Nuovo Testamento, sono pieni di espressioni che dicono la presenza attiva di Gesù nella vita della Chiesa. Le due verità non possiamo metterle in alternativa o in contrasto. Dicono entrambe la realtà. Il Cristo, salendo al Padre, non si allontana, ma inaugura un nuovo tipo di presenza, invisibile ma reale; è anche vero che alla fine verrà per raccogliere tutti gli eletti e consegnare il Regno al Padre.
Il verbo tradotto con «ritornerà» in greco è semplice- mente «viene», al presente, e l’indicazione delle quattro parti della giornata in cui il padrone «viene», dice che tutti devono essere svegli e pronti ad accoglierlo, in ogni ora del giorno e della notte. Non sa quando viene il padrone solo chi si mette a dormire. Cosa vuol dire questo fuori di parabola? Che Gesù effettivamente incontra i suoi discepoli in ogni ora e si rende visibile attraverso i piccoli e i poveri che hanno bisogno di aiuto, come abbiamo sentito domenica scorsa. Sapendo questo, il portiere, che rappresenta i pastori, e quelli che nella Chiesa hanno un compito particolare di servizio ai fratelli devono aiutare gli altri «servi» a essere svegli e attivi nel be- ne. Così nessun discepolo è autorizzato ad addormentarsi e impigrirsi nella cura egoistica di sé, trascurando i fratelli.
Può sembrare strano che l’evangelista riferisca che il padrone dà a tutti i servi un «potere». Sì, perché con il Battesimo tutti i cristiani, anche i più deboli e i più poveri, hanno il potere di servire i fratelli, come Gesù, che «non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti» (Mc 10,45).
SPUNTI PER L’ATTUALIZZAZIONE E LA PREGHIERA
1. Potere e missione. Non c’è vocazione e missione senza potere corrispondente. Il cristiano, di fronte al comandamento di amare e servire i fratelli, non può dire: «Non ce la faccio… è più forte di me… non ci riesco…». Equivale a dire che il Signore somiglia a un tiranno che chiede qualcosa di impossibile, per avere l’opportunità di punire. San Paolo traduce così: «Tutto posso in Colui che mi dà la forza» (Fil 4,13).
2. Vegliate. Il simbolo di questo comando non può essere la sveglia, perché essa autorizza a dormire e risveglia a un’ora prefissata. Il Signore ordina di essere sempre svegli, perché quando lui arriva, a qualunque ora, ci trovi al lavoro sulla missione ricevuta. È sempre e davvero sveglio colui che ama e serve i fratelli, senza interruzione.
3. Il portiere è il pastore della comunità. Ha il compito di vegliare come tutti in attesa del Signore e, in più, di vegliare sulla comunità; realizza questo secondo compito conoscendo, curando, incoraggiando, esortando, correggendo i fratelli che il Signore gli ha affidati.
4. Il Signore Gesù parte, ma non ci abbandona e non ci lascia soli e orfani, rimane con noi e ci dona il suo Spirito. L’Eucaristia domenicale è il sacramento che realizza questa verità, perché si prolunga in tutta la settimana, attraverso il contatto con la Parola e la vita fraterna nella comunità.
PROPOSTA DI IMPEGNO DELLA SETTIMANA
La sera, quando andiamo a dormire, decidiamo di servire un fratello o una sorella che abbiamo trascurato.
Tratto da: Messale delle domeniche e delle feste – Elledici – 2017