25 FEBBRAIO
II DOMENICA DI QUARESIMA
Domenica della trasfigurazione
IL PADRE OFFRE IL FIGLIO AMATO PER I FIGLI PECCATORI
COMMENTO
La pagina del cosiddetto sacrificio di Isacco suscita emozioni e reazioni molto forti dal punto di vista umano. Però è una pagina da leggere nella fede. Il Primo Testamento ha molte situazioni e simboli comprensibili solo alla luce di tutto quello che Gesù ha mostrato e rivelato nella pienezza dei tempi: l’infinito e incomparabile amore di Dio Padre, che ha accettato il sacrificio del Figlio unigenito per la nostra salvezza. La fede di Abramo allora può diventare rimprovero alla nostra fede debole e vacillante, che può somigliare a quella degli apostoli prima della risurrezione del Signore. Anche solo l’annuncio della passione li ha fatti entrare in crisi. Per questo Gesù ne ha portati solo tre sul Tabor.
Il brano della trasfigurazione costituisce, in certo modo, una sintesi del vangelo di Marco; egli lo apre con la proclamazione che Gesù è il Figlio di Dio, annuncio confermato nel battesimo al Giordano da Dio Padre stesso; alla fine della passione, un centurione pagano, vedendo come era morto Gesù, dichiara: «Davvero quest’uomo era Figlio di Dio!». E allora, il lettore, secondo Marco, non solo non si deve scandalizzare, come hanno fatto gli apostoli, della passione e della morte in croce, ma addirittura, proprio per come muore, senza neanche aspettare la risurrezione, può riconoscere in Gesù il Figlio di Dio. La risurrezione è la conferma definitiva.
Proprio al centro del vangelo Pietro risponde a Gesù: «Tu sei il Cristo», che è la traduzione greca dell’ebraico «Messia».
Ma Gesù sa benissimo che l’idea di Messia che hanno i suoi amici è molto lontana dalla sua. Così comincia a mettere in chiaro le cose: «sono il Messia, ma sarò tradito e ucciso… il terzo giorno, però, risorgerò».
Gli apostoli, e Pietro per primo, non solo non capiscono, ma non accettano. La pazienza di Gesù nell’educare gli apostoli è davvero «divina». Sa che non potranno capire che dopo la risurrezione, ma vuole incoraggiarli, per quanto è possibile.
Ne prende solo tre, i più vicini, e dà loro un segno della sua identità «intera»: li porta sul monte (richiama il Sinai); diventa luminoso (come sarà da risorto); Mosè, il legislatore, ed Elia, il profeta rapito in cielo, conversano con lui; la nube, che nel deserto indicava la presenza di Dio, li copre e la voce di Dio Padre dichiara ai tre discepoli che Gesù è suo figlio e devono ascoltarlo, cioè imparare e lasciarsi guidare da lui.
Gli apostoli si spaventano, perché, avendo visto una chiara manifestazione divina, temono di morire, ma l’esperienza è così bella che vorrebbero continuasse, come sarà in Paradiso. Ma la trasfigurazione è soltanto un segno che anticipa ciò che sarà nella risurrezione e nel Regno definitivo.
E poi Gesù ordina di tacere. I suoi tre amici ricorderanno l’esperienza, ma conserveranno la discrezione necessaria, perché gli altri, forse, di fronte a una manifestazione così chiara della divinità di Gesù, avrebbero potuto confermarsi nell’idea di un Messia trionfatore in questo mondo.
Una scena ricchissima di significato e riferimenti biblici per dire che Gesù è uomo, è figlio di Dio, è il profeta definitivo che fa conoscere il vero volto di Dio, è il nuovo e ultimo legislatore, che passerà vittorioso attraverso la morte.
SPUNTI PER L’ATTUALIZZAZIONE E LA PREGHIERA
- Gli apostoli hanno «visto» l’invisibile di Gesù. Anche in noi c’è l’invisibile: siamo figli di Dio. Abbiamo vissuto momenti e situazioni in cui gli altri hanno visto risplendere sul nostro volto la somiglianza con Gesù?
- Sulla croce vediamo tutti la seconda trasfigurazione di Gesù. In ogni persona che soffre siamo chiamati a «vedere» il volto del Figlio di Dio sofferente. Gesù lo ha detto fin troppo chiaramente: «tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me» (Mt 25,40).
- Pietro vuole «fermare» il momento di Paradiso. Gesù lo riporta nella quotidianità. I momenti di felicità piena, hanno lo scopo di illuminare e renderci capaci di riempire di amore concreto la vita quotidiana e i sacrifici. Proverbio citato spesso da don Bosco: «In Paradiso non si va in carrozza».
- «Ascoltatelo». Nel momento in cui pensiamo che ormai il Vangelo lo sappiamo e non ci troviamo niente di nuovo per la nostra vita, se ci guardiamo dentro sinceramente, scopriamo di aver dato ascolto fin troppo ad altri maestri… Forse senza accorgercene abbiamo scelto di tenerci stretta la nostra vita, fuggendo dalla Parola che ci chiede di convertirci.
PROPOSTA DI IMPEGNO
Se stiamo vivendo un periodo difficile, ricordiamo i momenti, le persone e le situazioni in cui abbiamo sperimentato l’amore del Signore e la bellezza della vita.