9 FEBBRAIO 2025
5ª DOMENICA T.O.
VOCAZIONE E RISPOSTA
COMMENTO
L’odierno brano evangelico ci descrive la predicazione di Gesù sul lago di Genezaret, presso una località che una vecchia tradizione riconosce in Tagha, piccolo porticciolo lacustre della Galilea. In un terreno in gran parte fatto di deserto, l’acqua vuol dire vita e benessere. I pescatori, infatti, venivano, allora, invidiati dai contadini costretti a grattare un terreno povero ed avaro di risorse. E’ l’alba. Le barche che per tutta la notte hanno gettato le reti rientrano illuminate dai primi raggi del sole che sale da oriente. Di solito questo è un momento gioioso, di festa. Si contano i pesci si tratta sul prezzo di vendita del pescato, si ride. Invece il silenzio che accompagna il resettare delle reti, le facce segnate dalla fatica, la delusione del risultato creano un clima dimesso e sconsolato.
A Gesù non sfugge tutto questo. La Parola che egli annuncia non è teorica ma di vita. È un annuncio che risponde ai problemi concreti della vita quotidiana. Chiede ai presenti un atto difficile che va contro ogni buon senso. Sale anche Lui in barca. Prende di petto la situazione. Scuote la rassegnazione generale e ricorda a tutti che “nulla è impossibile a Dio” (Lc 1,37).
Ordina di riprendere il largo, di incurvarsi nel remare, di gettare e ritirare le reti. La fatica aumenta in modo esponenziale. Le reti sono stracolme di pesci, riempiono le barche devono accorrere altri pescatori per affrontare la situazione. Simone Pietro coglie al volo che questo è opera di Dio. Jahweh non si è dimenticato dei pescatori Galilei.
Invece di ringraziare Gesù’ lo invita ad allontanarsi da lui peccatore. Il peccatore non può, per nessun motivo, minimamente stare vicino al divino, pena la morte. Viene subito rincuorato.
Non solo Dio non allontana da sé Simone peccatore, ma gli cambia vita e mestiere. D’ora in avanti non pescherà più pesci ma uomini. Viene trasformato da generatore di morte in generatore di vita. Infatti prima tirava fuori dall’acqua i pesci per farli morire. Ne futuro dovrà tirare fuori dall’.acqua uomini per farli vivere. Il predicatore della Parola insegna la vita, non la morte, il senso di colpa e la rassegnazione.
Chi crede nel Cristo Risorto si impegna per la vita piena di fiducia perché ha nel suo cuore la certezza che “a Dio tutto è possibile”.
MEDITAZIONE
Nel brano della sinagoga di Nazaret (cf Lc 4,16-30) erano emersi il discorso programmatico di Gesù e la prefigurazione della fine a causa della non accoglienza della sua predicazione. Dal capitolo quinto in poi si riscontrerà come la scena di Nazaret si ripete nella vita di Gesù. Al suo annuncio in parole e opere gli uditori reagiscono opponendo il rifiuto oppure accogliendolo nella fede. La risposta positiva comporta quel cambiamento radicale in cui consiste la sequela. Luca usa, alla fine dell’episodio letto oggi, le due parole qualificanti di essa: «Lasciarono tutto e lo seguirono» (Lc 5,11).
Vocazione: iniziativa di Dio che chiama in causa la libertà dell’uomo
Il brano di Isaia e il vangelo di questa domenica si possono leggere in parallelo. Essi mettono in luce le dinamiche fondamentali del momento che inizia e fonda la sequela: la vocazione. Sia Isaia sia Simone (sia Giacomo sia Giovanni) sono dei chiamati in vista della missione.
In primo luogo la vocazione è un evento che accade per iniziativa di Dio. Isaia vede il Signore perché il Signore si rivela a lui. Sulle sponde del lago Gesù prende l’iniziativa di salire sulla barca di Simone e per primo instaura il dialogo con lui (cf Lc 5,4).
L’iniziativa di Dio però non toglie spazio alla libertà dell’uomo. Alla fine della visione della prima lettura, alla domanda di Dio Isaia risponde: «Eccomi, manda me!» (Is 6,8). Ma avrebbe potuto anche non rispondere così. Ugualmente, alla richiesta di prendere il largo e gettare le reti Simone avrebbe potuto opporre un rifiuto, basandosi sulla sua stanchezza (aveva pescato tutta la notte) e sulla sua esperienza (non aveva preso nulla).
La vocazione è un’esperienza che chiama in causa la libertà e la decisione di ciascuno. Simone già conosceva Gesù (cf Lc 4,38-39), ma questo non è ancora «decidersi per Gesù». C’è uno scarto fra il sapere di Gesù e il credere in lui. E lo scarto è superato solo con un balzo, quello della decisione libera.
Vocazione ed esperienza della grazia
Sia per Isaia che per Simone la vocazione si delinea in un contesto (liturgico o di quotidianità) di prossimità col divino. L’esperienza mette entrambi i protagonisti di fronte alla scoperta della loro indegnità. Se la percezione del proprio peccato li porta allo sgomento, a porre una distanza tra loro e il divino che si rivela, dall’altra parte sia il Signore nella prima lettura che Gesù nel vangelo vanno incontro all’indegnità umana, ponendovi rimedio. Le labbra di Isaia vengono purificate. Simone riceve un invito: «Non temere» (Lc 5,10); e una nuova identità: «d’ora in poi sarai pescatore di uomini» (Lc 5,10).
Questa è l’esperienza della grazia. Quella di cui parla l’apostolo Paolo (cf 1 Cor 15,10). È il riconoscimento dell’iniziativa gratuita di Dio.
L’iniziativa di Dio dice che nella vocazione siamo chiamati da. Ma le vocazioni descritte in queste letture dicono anche che siamo chiamati per. Simone, Isaia e Paolo sono chiamati per la missione.
Vocazione e missione
Esperienza del divino, riconoscimento della propria indegnità, dono della grazia, se sono ricevuti con disponibilità, trasformano il chiamato e lo approntano alla missione per la quale è chiamato. Qui però deve essere chiaro che si sta parlando di vocazione alla sequela, non di vocazioni particolari, che della prima sono solo modalità di realizzazione. L’esperienza della chiamata è, nelle sue linee fondamentali, comune alle vocazioni laicali, alla vita consacrata, al ministero sacerdotale.
Come dice san Paolo, la missione è sostanzialmente inserirsi nel processo di trasmissione di quanto ricevuto. La fede ci è stata annunciata, di questa stessa fede siamo annunciatori. I modi seguiranno le specificità di tempo, luogo, ministero, carattere e carismi di ciascuno. Ma i contenuti sono sempre (e solo!) quelli elencati da Paolo (cf 1 Cor 15,3-4).
Questa è la lieta novella, l’Evangelo. Una missione che ci è affidata, che continua quella di Cristo e della Chiesa apostolica, e che dovrebbe suscitare un grande senso di responsabilità, di entusiasmo e di consapevolezza della sproporzione. Sproporzione fra la fragilità personale e il messaggio di cui si è portatori; fra le forze e il compito; fra gli strumenti di cui si dispone e il mondo cui si è mandati. Perciò vale la pena di tornare alle parole di Gesù: «Non temere!». Parole di esortazione dette a Pietro; dette alla Chiesa di ogni tempo e luogo; dette a noi.