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3. Commento alle Letture – 28ª DOMENICA T.O.

9 OTTOBRE
28ª DOMENICA T.O.
DISPONIBILI ALLA SALVEZZA

Luca esordisce ricordando, ogni tanto lo fa a partire dal capitolo 9, che Gesù era «lungo il cammino verso Gerusalemme» (Lc 17,11). È in viaggio verso il luogo dove egli compirà la sua missione di salvezza a vantaggio di tutta l’umanità. Su questa strada incontra dei bisognosi di salvezza di natura particolare: dei lebbrosi.
Si sa che la lebbra comportava una situazione particolarmente marginalizzante per chi ne era affetto. Considerati impuri, affetti da una malattia religiosamente connotata, i lebbrosi erano in condizione di totale esclusione, sia sociale sia religiosa. Nessuna speranza dunque per loro; tranne la guarigione, ovviamente.

L’invocazione di salvezza
Luca dice che i lebbrosi «si fermarono a distanza» (Lc 17,12), come prescrive la Legge. Tuttavia non sono altrettanto rispettosi della Legge con le loro parole. Il libro del Levitico impone di grida-

re «Impuro! Impuro!» (cf Lv 13,45). I dieci lebbrosi, invece, innalzano una preghiera d’invocazione: «Gesù, maestro, abbi pietà di noi» (Lc 17,13). La Legge, anche se a scopo protettivo del benessere della comunità, comporta l’annuncio della condanna; l’uomo bisognoso, nella necessità, invoca salvezza. Nelle parole dei dieci lebbrosi, più che le parole della Legge risuonano i salmi d’invocazione. Ma sono proprio queste parole che esprimono sofferenza e bisogno che colmano la distanza creata dalla Legge. Sono le invocazioni che, nella preghiera, salgono dalla miseria della terra alla misericordia che è nei cieli.

Credere alla promessa, sottomettersi alla Parola
Proprio questo è l’effetto. Gesù si volge verso di loro. Lo sguardo di misericordia raggiunge chi è lontano. «Appena li vide» (Lc 17,14), dice il testo.
Gesù non tocca i malati (cf Lc 5,12-15); semplicemente, ancora in ossequio della Legge (cf Lv 14), ordina loro di andare dai sacerdoti. Tuttavia, quando Gesù li invia dai sacerdoti, essi non sono ancora guariti. Luca afferma, infatti, che «mentre essi andavano, furono purificati» (Lc 17,14). L’ordine di Gesù non è accompagnato da una guarigione immediata. Essa accade in modo oscuro, forse progressivo. Le parole di Gesù sono una promessa, non un miracolo. Perché la guarigione possa avvenire, essi devono fidarsi della promessa ma senza alcuna conferma che la promessa stessa. I dieci lebbrosi sono guariti perché si sottomettono alla Parola che li raggiunge.
L’atteggiamento dei lebbrosi è il medesimo di Naamàn. Il prode comandante dell’esercito arameo, lebbroso, per trovare la guarigione deve affrontare un lungo cammino. Al viaggio fisico si accompagna quello interiore di progressiva spogliazione. Una faticosa conversione che impone l’abbandono dell’orgoglio del nobile, delle richieste di appagamento estetico della propria religiosità, e l’accettazione dell’ordine del profeta. La guarigione avviene in virtù di questa conversione, più che in ragione dei gesti o dei lavacri. Il vertice della conversione di Naamàn è raggiunto quando egli perviene alla fede nel Dio di Israele, professata con le parole e celebrata nel culto (cf 2 Re 5,15;17).

Dalla guarigione alla salvezza
Se dunque la misericordia di Dio si offre a tutti, indipendentemente dalla nazionalità o dalla condizione, ma solo in ragione della fede, l’episodio dei dieci lebbrosi mostra che dinnanzi a tanta benevolenza le reazioni degli uomini possono essere diverse. Dei dieci solo uno torna a ringraziare. Qui è la vera fede, che prima crede e poi riconosce il beneficio ricevuto e ringrazia per esso.
La differenza sta nel fatto che tutti e dieci sono guariti, ma solo uno e salvato. «Àlzati e va’; la tua fede ti ha salvato» (Lc 17,19).
La vicenda di questo unico lebbroso, per di più Samaritano, indica anche da chi viene la salvezza: non dalla Legge, bensì da Cristo, al quale si rivolge la fede del credente secondo la breve professione di fede scritta da Paolo a Timoteo (2 Tm 2,8). Poche parole con le quali l’apostolo lega messianicità, incarnazione e risurrezione di Gesù.
Solo in Cristo c’è salvezza. E deve far pensare che fra tutti solo un Samaritano giunga alla fede in lui. Non esistono credenziali nel cammino di fede; conta solo la disponibilità personale.