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3. Commento alle Letture – 23 MARZO 2025 3ª DOMENICA DI QUARESIMA

23 MARZO 2025

3ª DOMENICA DI QUARESIMA

UN TEMPO PER LA CONVERSIONE

COMMENTO

Negli ultimi versetti del capitolo 12 di Luca Gesù si rivolge ai suoi discepoli invitandoli a ragionare con la loro testa e a giudicare loro stessi “ciò che è giusto” (Lc 12,57). Questo allarma ed inquieta i rappresentanti ufficiali di coloro che si erano installati nel Tempio e pretendevano obbedienza cieca ai loro diktat che avevano sostituito la Parola di Dio. Inquieti reagiscono, come tutti coloro che fanno della prepotenza e del sopruso il loro modo di comportarsi, con velate minacce.

È interessante osservare che Luca è l’unico evangelista a riportare questo episodio. In quei giorni erano avvenuti due episodi gravi di cronaca. Al nord alcuni Galilei guidati da Giuda il Galileo, si erano ribellati ai romani provocando la loro terribile reazione  che ne aveva causato la decimazione per mezzo della barbara e spietata esecuzione attraverso la crocifissione pubblica lungo le strade. È implicitamente per Gesù una velata minaccia di morte che  in quel tempo era riservata a coloro che non si rassegnavano a subire passivamente il dato di fatto sia nel campo politico che in quello religioso. Il Messia contrattacca ricordando a tutti  che è il rifiuto a convertirsi l’unica causa che può portare alla morte. Il male non sta nel ribellarsi all’ingiustizia ed all’oppressione, ma nel non convertire il cuore ed obbedire solo alla Parola e non alle parole umane che grondano ingiustizia e sopruso.
Sono le nostre tendenze malvagie che provocano la morte dentro di noi e ci portano lontano da Dio. Quello che ci qualifica come peccatori non sono le tragedie e le disgrazie che, purtroppo, si verificano, come il crollo di una torre a Gerusalemme con diciotto morti.  Dio non ricorre a queste cose per dimostrare il suo disappunto alla nostra ritrosia nel cambiare vita.
Perseverando nel fare il male ci puniamo con le nostre mani. Solo questo dobbiamo temere.

Se non mettiamo mano a liberarci  dalle nostre tendenze cattive che ci limitano e condizionano, faremo la fine dell’albero di fichi che se , nonostante le attenzioni che il contadino gli riserva, continua a non portare frutti verrà inesorabilmente eliminato. È un serio ammonimento per ognuno di noi.

Siamo arrivati quasi a metà del nostro cammino di conversione quaresimale. Nel silenzio della nostra coscienza dobbiamo interrogarci  sui frutti che il nostro sforzo di conversione ha prodotto. La Parola che ci ha accompagnato quali concreti cambiamenti ha prodotto nella nostra vita?

Le nostre radici sono strumenti vivi che alimentano in noi il bene oppure sono essiccate e meritano solo di essere tagliate e bruciate?
Chiediamocelo per qualche istante.

MEDITAZIONE

La prima parte della lettura evangelica menziona due eventi di cronaca del tempo di Gesù che a ben guardare sono incongrui. Il primo riguarda un odioso assassinio. Odioso in sé, poiché si tratta di omicidio, e odioso perché strage che profanava la sacralità dei sacrifici. Il secondo episodio invece, quello menzionato da Gesù, si potrebbe attribuire alla casualità degli eventi sfortunati.
In entrambi i casi si va a cercare una causa (il presupposto dell’intervento di Gesù). E la ricerca porta alla soluzione più rassicurante: il meccanismo colpa/punizione. Se c’è un evento raccapricciante è causa di una colpa dei periti, evidente o nascosta. Una buona attribuzione di colpe è sempre la miglior strada per sentirsi a posto.

L’esortazione di Gesù

Il discorso di Gesù è più complesso. Innanzi tutto spezza il nesso semplicistico fra male e castigo. In secondo luogo riconduce tutti alla medesima condizione di peccato. In terzo luogo coglie l’occasione per fare un appello alla conversione di cui tutti hanno bisogno.
Le affermazioni di Gesù sono incomprensibili se non collocate nel contesto. Nel capitolo dodicesimo del suo vangelo Luca aveva sviluppato due temi. La necessità della vigilanza come atteggiamento preparatorio all’incontro con il Signore, e la necessità del discernimento come capacità di riconoscere il tempo della presenza di Gesù, come kairòs. Qui allora il punto. Tutti gli uomini sono peccatori. Tutti gli uomini hanno bisogno di vivere il tempo loro dato per la conversione. A quest’appello all’urgenza della conversione giunge Gesù, cogliendo nella storia non episodi per affermare un’idea magica e punitiva di Dio ma eventi su cui riflettere in modo più complesso per indirizzare il cammino dell’uomo verso Dio.
La vera conversione cristiana

La conversione è un cambiamento radicale nella propria vita. Essa nasce dal percepirsi di fronte a Dio, dal vivere nella fedeltà a Dio. Per far ciò, è necessario estirpare ogni tendenza idolatrica dal nostro cuore. Non dunque un dio qualsiasi, anche se gratificante dei bisogni degli uomini, ma il Dio che si rivela.
In questo senso è fondamentale la vicenda di Mosè. Nel dialogo che Dio instaura con lui, il Signore si rivela come il «Dio di tuo padre, il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe» (Es 3,6) cioè un Dio che intreccia la sua storia con la storia degli uomini. Nel proseguire del dialogo Dio si rivela anche come un Dio appassionato, che si commuove per l’uomo. Dice infatti che ha «osservato» e «udito» la prostrazione del suo popolo. Dice che «conosce» la sua situazione. E infine dice che è «sceso» per operare la sua salvezza. Il Dio che si rivela a Mosè è un Dio che offre una relazione all’umanità.

La parabola del fico sterile

Che tipo di relazione cerchi Dio con l’uomo è detto nella seconda parte del vangelo. Il padrone del fico cerca i frutti che esso dovrebbe dare e non dà. Giunto alla decisione estrema cede all’accorata richiesta dell’agricoltore.
Il tempo umano è il tempo dilazionato per la conversione. E questa considerazione assume significato in relazione a quanto Luca aveva precedentemente detto riguardo il tempo come kairòs, tempo per riconoscere e accogliere l’opportunità data (cf Lc 12,1ss)
Se questo dice qualcosa sull’uomo e sulla sua vita, la parabola dice anche qualcosa riguardo a Dio. In essa è l’affermazione della pazienza e della misericordia di Dio che sa sperare nell’uomo anche contro ogni evidenza. Dio spera nell’uomo! Il volto umano della misericordia che porta a sperare nell’uomo è Gesù stesso. È lui che annuncia e opera la salvezza a favore dell’uomo.
Tutto questo conduce ad aggiungere un tassello al mosaico che si sta delineando sulla nostra Quaresima. Nelle prime due domeniche era emerso il significato della Quaresima come tempo in cui riscoprire la nostra dignità di figli di Dio.
Oggi è tempo per riflettere sulla condizione di possibilità perché la propria dignità di figlio sia conseguita e restaurata, anche quando offuscata dal peccato. È la misericordia di Dio, che invita a conversione e offre il perdono.
L’apertura a tale misericordia è il fondamento della nostra relazione con Dio. Una relazione che è sempre fonte di gratitudine e di gioia, anche e soprattutto quando passa per il riconoscimento del nostro peccato.

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