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3. Commento alle Letture – 14ª DOMENICA T.O.

3         LUGLIO
14ª DOMENICA T.O.
ANDATE E PORTATE LA PACE

L’invio in missione dei settantadue discepoli, nel vangelo di Luca, segue immediatamente i detti sulla sequela (cf Lc 9,57-62). Luca lega la scelta di essere discepoli al compito di essere missionari. Solo il terzo vangelo racconta questa missione. Gesù invia i settantadue discepoli (con il riferimento simbolico del numero 72) dicendo loro: «Andate» (Lc 10,3). I discepoli non possono concepire la missione come un’attesa: devono essere solleciti a muoversi per andare ai popoli. L’inviato non può porsi confini e restrizioni. Deve raggiungere ogni uomo.

Andate
Andate è un’indicazione della direzione. Il testo del vangelo parla delle «città» come destinazione (cf Lc 10,1.8.10). Probabilmente vi è il riflesso dell’esperienza storica della Chiesa del primo secolo, ma oggi può essere letto come riferimento a quei luoghi di condivisione della vita, come anche del potere, della cultura, delle informazioni e delle esperienze umane in cui il missionario può trovare, perché lo frequenta abitualmente, occasioni di testimonianza.
Andate è un comando scomodo. Impone di non rimanere negli ambiti sicuri e confortevoli dei nostri recinti ecclesiali, ma di accettare la sfida di abitare le frontiere che sono certamente quelle geografiche, ma anche quelle mentali, culturali e sociali. Ciò sollecita le comunità a inventare e apprendere nuovi linguaggi della fede e della testimonianza.
Abitare la frontiera può sicuramente spaventare. Intimoriscono gli ostacoli che si possono prevedere, e la consapevolezza della sproporzione fra le dimensioni del compito e le risorse disponibili (cf Lc
10,1).

Le indicazioni sulla missione
La missione della Chiesa deve svolgersi secondo modalità precise. Innanzi tutto il missionario è animato dall’urgenza della missione (cf Lc 10,4): l’andare missionario è mosso da un’impellenza e una priorità assoluta a fronte delle quali nulla può essere occasione di ritardo.
È possibile entrare in una città e non essere ascoltati. Tuttavia, anche di fronte alla possibilità del rifiuto, se non dell’aperta ostilità, è richiesta la dedizione al proprio mandato. La statura del missionario si misura in base alla fedeltà e alla sua identità, non in ragione del suo successo. San Paolo insegna che c’è un paradosso della debolezza. In quella che umanamente appare debolezza si rivela la potenza di Dio (cf 2 Cor 12,9-10).
Nelle tribolazioni è ancor più preziosa la fedeltà alla testimonianza. Essa, però, può perseverare solo se poggia su una radicale fiducia in Dio. In fondo l’evangelizzazione è cosa sua. Da questa prospettiva si possono comprendere gli insegnamenti del discorso di Gesù: innanzitutto la priorità accordata alla preghiera (cf Lc 10,2). Riconoscere che l’evangelizzazione è responsabilità di Dio, affidandogliela nella preghiera, consente di vivere il proprio impegno con libertà. Libertà dall’orgoglio, come se i successi fossero merito dell’evangelizzatore. E libertà dall’angoscia di fronte ai fallimenti.
La fiducia radicale giustifica l’accentuazione del tema della povertà dei mezzi. Nella testimonianza importa la capacità di instaurare relazioni. I mezzi, se necessari, sono solo strumento. Infine, i missionari sono inviati a due a due. L’invio a coppie ci ricorda che la testimonianza avviene nella concordia ecclesiale, e che il maggior segno di credibilità nel Vangelo che possiamo dare è la comunione ecclesiale.

I contenuti della missione
La missione è anche contenuti annunciati. La seconda lettura offre una potente sintesi della predicazione di san Paolo (cf Gal 6,14). Per l’Apostolo la croce è l’unico motivo di fiducia – né le opere né la legge salvano –, ed è il perno della trasvalutazione dei valori. Infine, essa è la causa del rinnovamento della vita (cf Gal 6,15).
La croce (di Cristo) annunciata è anche la causa della pace, l’altro grande messaggio che percorre le letture di oggi (cf Is 66,12 e Lc 10,5) Il tutto si può sintetizzare nel tema del Regno che va annunciato, testimoniato e operato (cf Lc 10,9). Ogni volta che si agisce per l’umanizzazione dell’umanità si guariscono i malati delle città degli uomini.