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3. Annunciare la Parola – XXVII C, 6 ott ’19

• Ab 1,2-3; 2,2-4 – Il giusto vivrà per la sua fede.
• Dal Salmo 94 – Rit.: Fa’ che ascoltiamo, Signore, la tua voce.
• 2 Tm 1,6-8.13-14 – Non arrossire della testimonianza del Signore nostro.
• Canto al Vangelo – Alleluia, alleluia. Risplendete come astri nel mondo, tenendo alta la parola della vita. Oppure: Tutto ciò che è nato da Dio vince il mondo; e questa è la vittoria che ha sconfitto il mondo: la nostra fede. Alleluia.
• Lc 17,5-10 – Se aveste fede!


PER COMPRENDERE LA PAROLA

La fede ottiene tutto. Abacuc: la sua fede è messa alla prova. Il suo popolo è immerso nella sventura. Dio non risponde alle invocazioni del profeta. Alla fine, promette di esaudirlo. Vangelo: “Se aveste fede… gli alberi vi ascolterebbero…”.

PRIMA LETTURA
Abacuc, contemporaneo di Geremia, profetizza verso il 600 a.C. mentre i Caldei occupano e devastano il regno di Giuda. Perché Iahvè permette che venga oppresso il suo popolo? Il profeta, stanco del silenzio di Dio, gli rivolge quasi un’intimazione; invece di perdere la fede, si ostina nella preghiera. Alla fine Dio risponde annunciando una visione “che non mentisce”, “che attesta un termine, parla di una scadenza”. Invito a conservare la fede in e contro tutto.
Al termine del libro di Abacuc (cap. 3) si trova un atto di fede che è come la risposta ultima a tutte le prove del popolo e a tutte le suppliche apparentemente inutili: “Sospiro al giorno dell’angoscia che verrà contro il popolo che ci opprime… Ma io gioirò nel Signore, esulterò in Dio mio salvatore” (Ab 3,16-18).
Nota: “Il giusto vivrà per la sua fede” è un’espressione ripresa più volte da Paolo (ad esempio, Gal 3,11).

SALMO
Nella stessa linea: Non indurite il cuore. Sforzatevi di capire la volontà di Dio nelle prove.

SECONDA LETTURA
Il vecchio Paolo è in prigione. Invita Timoteo, discepolo prediletto, a non vergognarsi dell’apparente scacco umano del suo maestro, ad accettare le sofferenze e a combattere con coraggio e fedeltà per Cristo. È il segno che niente l’ha scoraggiato o deluso nel servizio di Cristo. È talmente saldo nella fede che il suo spirito di servizio rimane intatto (vedi Vangelo).

VANGELO
Il legame fra la parabola e la domanda degli apostoli non è evidente. Tuttavia la prima parte è innegabilmente la risposta di Gesù alla domanda. Le esigenze successive o complementari del padrone della parabola mostrano che Dio può condurci molto lontano nella fede e apparirci esigente. A chi risponde generosamente, Dio non finisce di chiedere. È un fatto che in risposta al dono gratuito e senza limiti della sua grazia, noi non abbiamo altro da offrire che il nostro umile servizio gratuito, sempre molto limitato. E tuttavia, a questo “servizio inutile” Dio è pronto a conferire un’efficacia inaudita: “sradicare degli alberi”. Di conseguenza, non ci muoviamo più nella prospettiva di un contratto, di un dovere, “padrone e servo”, bensì nella prospettiva delle esigenze dell’Amore e dei rapporti personali: si dà senza misura nell’assoluta reciproca fiducia. “Non vi chiamo più servi ma amici” (Gv 15,15).
Si noti la forza dell’immagine: un granellino di senape (seme piccolissimo)… Dio può l’impossibile.


PER ANNUNCIARE LA PAROLA (piste di omelia)

Fede in Dio, Salvatore dei giusti
Abacuc chiede conto a Dio. Perché punire il popolo credente servendosi di pagani, di barbari? Perché permettere il trionfo della forza ingiusta? Sarebbe forse il prevalere dei figli delle tenebre sui figli della luce (Lc 16,8)? Problema del male. Scandalo per Abacuc, come per molti spiriti moderni.
Per mezzo di questi problemi e di questi avvenimenti, Dio prova e purifica il giusto. Alzi gli occhi e guardi l’invisibile. Cf i numerosi castighi del popolo lungo tutta la storia d’Israele. Dio vi manifesta la sua onnipotenza e prepara la vittoria finale del suo diritto, quando i giusti l’avranno riconosciuto e porranno in lui ogni fiducia.
“Ripensate a ciò che avete provato… avete dovuto soffrire molto… eravate insultati e maltrattati… sapendo di possedere beni migliori, che nessuno può portar via. Dunque non perdete il vostro coraggio” (Eb 10,32-35).
Dio risponde anche con l’oracolo: “Il giusto vivrà per la sua fede”. La fedeltà assicurerà al giusto la vita.
La desiderata difesa della vita fisica è il primo passo d’una speranza più grande: la vita ritrovata in Gesù Cristo attraverso la sofferenza e la morte.
Fedeltà: non solo il compimento dei precetti della legge, ma la docilità nel seguire con perseveranza lo Spirito di Dio che guida gli avvenimenti. “Noi non siamo di quelli che indietreggiamo a loro perdizione, bensì uomini di fede per la salvezza della nostra anima” (Eb 10,39).
Le disgrazie non devono scoraggiare il credente: sono passeggere. La fede dà la capacità di resistere perché è tutta protesa verso l’avvenire e attaccata all’invisibile: “La fede è fondamento delle cose che si sperano e prova di quelle che non si vedono” (Eb 11,1). Il compimento arriverà alla sua ora (1ª lettura). Quindi obbedienza e disponibilità nella mano di Dio, come il servo della parabola (Vangelo). Saper leggere gli avvenimenti nella fede e nella pazienza. E resistere: non aver paura di affrontare i nemici di Dio. Non vergognarsi di lui né dei suoi discepoli (2ª lettura).

La fede, nostro dovere
Il servo che rientra dal campo stanco morto e al quale il padrone ordina di preparargli da mangiare e di servirlo a tavola, prima di permettergli di riposarsi, è uno scandalo per gli attuali diritti dei lavoratori. E Gesù che dà ragione a questo sfruttatore tirannico è un altro scandalo!
Sta qui il punto centrale della parabola, la risposta alla richiesta degli apostoli: “Aumenta la nostra fede”. Per la fede Dio è un padrone terribilmente esigente. Come il servo fa semplicemente il suo dovere eseguendo gli ordini del padrone, così il credente deve, nella fede, dare fiducia totale e assoluta a Dio che regge il mondo e guida il destino di ognuno. Per la realizzazione della salvezza noi siamo decisamente dei “servi inutili”.
La salvezza è un’opera molto più straordinaria che trapiantare alberi nel mare. Però si serve delle piccole cose della vita quotidiana. “Lavorare… pascolare il gregge… preparare da mangiare… servire a tavola…” sono stati ripetuti all’infinito nel succedersi delle giornate e spesso sono un peso fastidioso. Con la fedeltà e l’amore possiamo trasformare tutto in servizio e volontà di Dio.
Servizio inutile? No. Dio mi aspetta in un certo posto, e io devo esserci se voglio incontrarlo.
Abitudine? No. Gesù vuol fare di noi delle persone sveglie, dei realizzatori: e la fedeltà alle piccole cose prepara la fedeltà alle grandi. Nazaret e la vita nascosta prima della predicazione e della passione. Teresa nel Carmelo di Lisieux…
La fede consisterà quindi nel rimettersi “ciecamente” a Dio. Non senza riflettere, ma, dal momento che non siamo “nella chiara visione” (2 Cor 5,7), con fiducia, perché Dio “è veritiero e fedele alle sue promesse” (cf Rm 4,21). Egli che “chiama all’esistenza le cose che ancora non esistono” (Rm 4,17) “non può rinnegare se stesso” (2 Tm 2,13).
Senza boria, perché “la salvezza ci viene dalla grazia, non dalle nostre opere” (cf At 15,11). “Chi perciò potrebbe vantarsene?” (cf Ef 2,9).
Con perseveranza e fedeltà. “Fondati su basi solide” (Col 1,23). “Badate che nessuno vi inganni con la sua filosofia e con vuoti raggiri ispirati alla tradizione umana…” (Col 2,8).
La fede consisterà anche, come scrive Paolo a Timoteo (2ª lettura), nel “non vergognarsi, nel non aver paura”, nel fuggire il rispetto umano e nel saper dare testimonianza.


(tratto da: M. Gobbin, Omelie per un anno – vol. 2, anno C, tempo ordinario – Elledici 2003)