• Dt 30,10-14 – Questa parola è molto vicina a te, perché tu la metta in pratica.
• Dal Salmo 18 – Rit.: I tuoi giudizi, Signore, danno gioia.
• Col 1,15-20 – Per mezzo di lui e in vista di lui tutte le cose sono state create.
• Canto al Vangelo – Alleluia, alleluia. Vi do un comandamento nuovo, dice il Signore: che vi amiate a vicenda, come io ho amato voi. Alleluia.
• Lc 10,25-37 – Chi è il mio prossimo?
PER COMPRENDERE LA PAROLA
La pratica della legge è alla nostra portata. “È molto vicina a te” (1ª lettura). Basta saper vedere il prossimo: “Va’ e anche tu fa’ lo stesso” (Vangelo).
PRIMA LETTURA
Il Deuteronomio è una lunga raccomandazione di fedeltà alla legge di Dio.
Il testo di questa domenica spazza via alcune obiezioni contro la pratica della legge:
– La legge è praticabile dall’uomo. Essa non supera le sue possibilità, “non è troppo alta per te, né troppo lontana da te”.
– La legge non può essere ignorata: la si ripete (è nella tua bocca) e la si medita (è nel tuo cuore). Gesù rivela che essa ci è vicinissima: nella preoccupazione per il prossimo.
SALMO
Il salmo 18 è una lode alla legge dono di Dio. È continuazione e ulteriore sviluppo della 1ª lettura. La legge diventa preghiera e vita del credente. Risposta di amore.
SECONDA LETTURA
– Questo brano è un inno liturgico della Chiesa primitiva. A Cristo è dato un ruolo esclusivo, in opposizione ai culti di altri esseri superiori che i destinatari della lettera sembrano conoscere.
– Cristo ha il primato nell’opera della creazione e nell’opera della salvezza. Egli è l’Alfa e l’Omega (Ap 1,8). Teilhard de Chardin s’è ispirato a questa prospettiva. L’intera creazione vive in un’atmosfera “cristica”: “Tutte le cose sono state create per lui e in vista di lui… e tutte sussistono in lui” (vv. 16-17). Il mondo è sua personale proprietà (Gv 1,11). Cristo è il primogenito, il capo del corpo, cioè della Chiesa. È il primogenito di coloro che risuscitano dai morti (v. 18). Con la risurrezione tutto è compiuto (= compimento totale). La risurrezione di Cristo è un avvenimento cosmico. Dal momento che egli ha riconciliato tutte le cose, l’intera creazione è chiamata a partecipare alla gloria del Risorto.
VANGELO
È la parabola del buon Samaritano che serve a illustrare il più grande comandamento.
Si comincia con una discussione rabbinica. Colui che interroga è condotto a esporre la sua conoscenza della legge (diversamente da Mt e da Mc dove è Gesù che risponde). Lo scriba enuncia la legge dell’Antico Testamento. Dopo di che, solleva una domanda complementare: fino a che punto si applica la legge? Gesù risponde con una parabola e spiega l’insegnamento del Nuovo Testamento.
Un sacerdote e un levita: perché non si fermano?
Il racconto non indica alcuna ragione psicologica. Presenta il fatto e basta. Ci fosse anche un motivo valido per il loro atteggiamento – servizio o urgenza – esso va superato: esiste la legge dell’amore.
Un sacerdote e un levita: perché loro?
Tenendo presenti gli oppositori abituali, si sarebbe pensato a un fariseo, a un dottore della legge, a un sadduceo. Il sacerdote è un notabile (casta sacerdotale). Egli è – almeno all’origine – il custode e l’interprete autorizzato della legge. È il testimone d’una legge che qui non fa più vivere. Per di più ha obblighi e leggi proprie: non ha il diritto di toccare un morto… E se si trattasse d’un moribondo? In ogni caso, sacerdote e levita sono testimoni d’un culto che vale più dell’amore. Videro, ma passarono oltre.
Un Samaritano
Nel Vangelo, il ruolo dei Samaritani (e dei pagani) consiste nel cercare e nel richiedere prima di tutto la verità spirituale. Essi fanno più del sacerdote e del levita. Inoltre la presenza del Samaritano mette in risalto l’apertura universalistica della legge d’amore del prossimo.
“Va’ e anche tu fa’ lo stesso”
Fin dall’inizio lo scriba s’era messo su un piano di lealtà: desiderava “fare” e non soltanto “sapere” (v. 25). Nessun atteggiamento gnostico.
PER ANNUNCIARE LA PAROLA (piste di omelia)
La legge di Dio è interiore
È inutile cercarla ai confini del mondo, come i cercatori dell’irraggiungibile. Essa è “nel tuo cuore” (1ª lettura), cf Ger 31,33: “Io porrò la mia legge nel loro animo e la scriverò nel loro cuore”. La coscienza è già una rivelazione individuale.
La Bibbia precisa ciò che c’è già nel nostro cuore: l’amore di Dio (cf Dt 4,6) e l’amore del prossimo (cf Dt 6,4). Bisogna superare gli egoismi e i settarismi (cf legge di santità: giustizia nelle sentenze: Lv 19,15-19), anche nei riguardi degli stranieri (Lv 19,34). Lo scriba ¬l’ha capito bene (Vangelo). L’Antico Testamento prepara ad accogliere la Buona Novella.
Dio è intimamente vicino. Dialoga con la nostra coscienza. La sua legge è talmente umana che potrà viverla di persona incarnandosi. Un giorno la Parola si farà carne (prologo di Giovanni) e “in Cristo, immagine del Dio invisibile… tutte le cose raggiungeranno la loro pienezza” (cf 2ª lettura). Nostro compito è renderci disponibili a questo compimento di Gesù Cristo nelle occasioni più concrete della nostra vita. La verità sgorgherà dal dialogo, dalla vita con gli altri.
Chi è il mio prossimo?
Gesù rovescia la domanda dello scriba: “Chi ti sembra sia stato il prossimo di quest’uomo?”. In tal modo respinge ogni segregazione (il Samaritano, un eretico e un nemico, s’è dimostrato aperto e accogliente; il sacerdote e il levita, sprezzanti e indifferenti). La carità supera, senza respingerla, ogni solidarietà limitata a un gruppo – si tratti di persone in guerra, in lotta politica, in lotta di classe – che suppone un’opposizione fra buoni e cattivi.
L’amore del prossimo è una generosità che costringe ad essere vicino, che crea dei motivi per farsi vicino, anche quando non ce ne sono, che spinge a fare il primo passo. Come Gesù per la Samaritana, la vedova di Nain, Zaccheo, il paralitico di Cafarnao, la folla della moltiplicazione dei pani.
L’amore del prossimo è veramente un “comandamento nuovo” (Gv 13,34) che vale più di tutti i sacrifici (Mc 12,44). “Portate gli uni i pesi degli altri” (Gal 6,2) perché “chi ama adempie tutta la legge” (Rm 13,8-10), altrimenti il vostro amore non sarà che menzogna (1 Gv 4,20).
Cristo, buon Samaritano
I Giudei per derisione avevano trattato Gesù da Samaritano (Gv 9,48). I Samaritani erano così perversi? Dei dieci lebbrosi soltanto uno, un Samaritano, torna a ringraziare (Lc 17,16). Già in 2 Cr 28,15, ai tempi del re Acaz, i Samaritani si erano comportati coi Giudei vinti in modo caritatevole, così come descrive la parabola. Nel personaggio del Samaritano, purificato da ogni settarismo grazie al Vangelo, i Padri vedranno Cristo, venuto da lontano a farsi carico dell’umanità ferita, della quale s’è reso solidale per amore.
“Non è un uomo di poco conto questo Samaritano; l’uomo che il sacerdote e il levita non avevano soccorso egli l’ha soccorso… Questo Samaritano era in viaggio. “Nessuno è mai salito in cielo, fuorché il Figlio dell’uomo che è disceso dal cielo” (Gv 3,13). Vedendo mezzo morto quell’uomo che nessuno prima di lui aveva potuto guarire, egli si fa vicino; come a dire che, accettando di soffrire con noi, egli si fa nostro prossimo, e sentendo pietà di noi, si fa nostro vicino. “Gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi lo caricò sopra il suo giumento”. Ascolta come vi ti ha collocato: “Eppure egli si è caricato delle nostre sofferenze, si è addossato i nostri dolori” (Is 53,4)… Se dunque ci ha collocati sul suo giumento, l’ha fatto perché non fossimo come il cavallo e il mulo, ma, assumendo il nostro corpo, scomparissero le infermità della nostra carne… “Lo portò a una locanda e si prese cura di lui”: non voleva che la malattia gli impedisse di osservare i precetti ricevuti” (s. Ambrogio, Trattato sul Vangelo di san Luca)”.
(tratto da: M. Gobbin, Omelie per un anno – vol. 2, anno C, tempo ordinario – Elledici 2003)