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3. Annunciare la Parola – I Avv A, 1° dic ’19

• Is 2,1-5 – Il Signore unisce tutti i popoli nella pace eterna del suo Regno.
• Dal salmo 121 – Rit.: Andiamo con gioia incontro al Signore.
• Rm 13,11-14 – La nostra salvezza è vicina.
• Canto al Vangelo – Alleluia, alleluia. Mostraci, Signore, la tua misericordia e donaci la tua salvezza. Alleluia.
• Mt 24,37-44 – Vegliate, per essere pronti al suo arrivo.


PER COMPRENDERE LA PAROLA

Le tre letture e il salmo illuminano, sotto diverse prospettive, il mistero dell’Avvento, quello della venuta del Signore.

PRIMA LETTURA
Il profeta riferisce una visione che annuncia il regno di Dio a Gerusalemme. Egli trasmette questa rivelazione agli abitanti della città e alla Giudea, ma tutti sono interessati da questa promessa, tutti sono invitati a questo raduno. Possiamo trovare la stessa rivelazione espressa in termini simili in Mic 4,1-3.
Questo raduno
– si terrà sul monte del Signore, a Gerusalemme, non più capitale politica, ma luogo elevato per eccellenza, poiché tutti gli altri sono scomparsi. Non ci si riunirà più per offrire sacrifici, ma per ascoltare la Parola del Signore;
– sarà universale: tutti gli uomini vi sono invitati e vi si recheranno insieme;
– sarà per tutti il giudizio di Dio, poiché sarà accettata da tutti la legge del Signore;
– allora si potrà instaurare la pace universale, finirà ogni guerra.
La stirpe di Giacobbe ha ricevuto questa promessa, l’ha accolta e ne ha vissuto, ma ormai ne è portatrice la Chiesa, che la ripete all’inizio dell’Avvento: tutti sono invitati a viverne, «camminando nella luce del Signore», in queste settimane che precedono il Natale.

SALMO
È un «salmo delle ascensioni», uno di quelli che gli Ebrei cantavano durante il loro pellegrinaggio alla città che accoglie la casa di Dio. Esso risponde alle parole di Isaia (1a lettura): Gerusalemme il luogo elevato di Dio, il Signore, il punto di convergenza in cui si radunano tutte le tribù; è la città della pace, quella pace che ogni pellegrino, al suo ritorno, dovrà portare agli altri. Gerusalemme è il segno della riunione definitiva di tutti gli uomini alla fine dei tempi. Gli uomini, in cammino per vie diverse, si raduneranno presso il Signore nella nuova Gerusalemme.

SECONDA LETTURA
Quest’esortazione morale deve essere situata nel contesto della lettera ai Romani. Paolo ha presentato la salvezza in Gesù Cristo come un passaggio dal peccato alla giustizia, dalla schiavitù della carne alla libertà secondo lo Spirito, dalla morte alla vita. Questo dinamismo cristiano si situa nella prospettiva del ritorno del Signore: Gesù Cristo ritornerà. Per esprimere questa certezza e trarne le conseguenze, Paolo si serve di tre serie di immagini ispirategli dal passaggio dalle tenebre alla luce.
Quando «il giorno è vicino», quando sorge l’alba, la notte volge alla fine; è il momento di uscire dal sonno: il cristiano sa che il Signore tornerà, come il sole che sorge («O Oriens…»); tutta la sua vita è illuminata da questa speranza e non può lasciarsi andare a una dolce sonnolenza.
Il cristiano non può essere l’uomo delle tenebre più oscure della notte: egli è «diventato figlio della luce» (Gv 12,36), deve quindi vivere «come in pieno giorno», rinunciando alle opere delle tenebre, alle sregolatezze di coloro che nascondono i loro vizi nella notte.
Il cristiano è così chiamato a uno sforzo costante, è impegnato in una lotta; per questo deve indossare le armi che gli assicurano la vittoria (cf Ef 6,11.13-17), «rivestirsi del Signore Gesù Cristo». Questo abito è per Paolo il segno della vita nuova del cristiano (Gal 3,27; Ef 4,24).
Il credente che aspetta così la venuta del Signore è già segno e testimone del mondo nuovo; è chiamato ad esserlo particolarmente in «questo tempo favorevole» di Avvento, mentre la Chiesa si orienta più risolutamente verso il ritorno di Gesù Cristo, e noi ci prepariamo a celebrare, la notte di Natale, il nostro Salvatore, Luce che viene a dissipare le tenebre della notte.

VANGELO
Matteo, nel suo discorso escatologico, come Marco e Luca, descrive dapprima la venuta del Figlio dell’uomo in una pagina apocalittica (Mt 24,1-36). Poi prolunga quest’annuncio del ritorno del Signore, ne precisa la descrizione per lasciare certi consigli illustrati da alcune parabole (24,36–25,46). Luca ha conservato alcuni consigli e alcune parabole; Marco non ne dice nulla. La pericope di questa domenica completa la descrizione (vv. 37-41) e riferisce alcune esortazioni morali (vv. 42-44).
La venuta del Figlio dell’uomo sarà improvvisa. Un paragone per sottolineare questo carattere repentino: il diluvio si è abbattuto su uomini spensierati, che vivevano senza sospettare nulla.
Al momento della sua venuta, il Signore eserciterà il suo giudizio definitivo; egli rivelerà le profondità del cuore di ciascuno. Anche se nessuna differenza esteriore appare fra due uomini o due donne occupati nello stesso lavoro, il giudizio finale rischia di separarli definitivamente, come le vergini stolte da quelle sagge. Al momento del giudizio, l’uomo sarà solo davanti a Dio.
Poiché lo spensierato non saprà far fronte a questo avvenimento che giungerà improvviso (cf la parabola delle vergini stolte), e il giudizio finale verterà sulla responsabilità personale di ciascuno (cf la parabola dei talenti), un consiglio s’impone: «Vegliate». La noncuranza sonnolenta è già un rifiuto di Cristo.
Il Signore viene: è una certezza, anche se egli sopraggiunge all’improvviso. Il paragone del ladro che agisce di notte illustra un secondo consiglio: «state pronti». «Se avessimo saputo… se fossimo stati avvertiti…», sono rimpianti che allora saranno inutili.
Vigilanza, disponibilità è l’atteggiamento del cristiano che aspetta il ritorno del Signore. Il credente deve preparare attivamente questa venuta, e lo fa restando fedele alla missione affidatagli (24,45-51). Egli si prepara al giudizio futuro, restando attento al presente (25,31-41); è questo l’atteggiamento del cristiano che vuole vivere l’Avvento della Chiesa.


PER ANNUNCIARE LA PAROLA (piste di omelia)

La condizione del cristiano nel tempo
La settimana appena trascorsa si è svolta in modo del tutto simile alle altre, secondo lo stesso ritmo che si ripete ogni giorno. E poi? Qual è dunque il significato della nostra vita: dove andiamo? Domanda posta a tutta l’umanità: qual è il significato della storia del mondo? Un cammino progressivo… verso quale meta? L’Avvento è tempo di ripresa, l’ora del risveglio, il momento favorevole in cui la Chiesa ricorda la risposta di Cristo Gesù: egli sta per tornare e questo dà significato alla vita del cristiano e alla vita di tutta l’umanità.
Il Signore tornerà, è questa la nostra speranza
Quando tornerà? In che modo? Non sono queste le domande più importanti, è più urgente radicare nei nostri cuori la certezza di questa venuta di Cristo che rischia di sorprenderci (Vangelo). Questa certezza è affermata con forza da Paolo (2a lettura): «Il giorno è vicino… la nostra salvezza è più vicina ora». Paolo, ad un certo punto, dovette credere che il Signore non avrebbe tardato a tornare; ma per lui la certezza del ritorno è più importante della durata dell’attesa; egli annuncia sempre la Buona Novella nella prospettiva finale. Non esiste vita cristiana autentica se non è orientata verso questa meta: ecco una delle grandi differenze che separano i militanti cristiani dai non cristiani.
Il Signore, nel Vangelo, annuncia incessantemente la sua venuta: come è venuto una prima volta, egli ritornerà. Gesù nel suo messaggio promette il suo ritorno così come manifesta esplicitamente la sua vita in mezzo agli uomini. Allo stesso modo, dobbiamo sempre situare in una medesima prospettiva i due momenti di questa duplice venuta.
La vita cristiana acquista tutto il suo significato in questa prospettiva
Relativizzare le realtà di questo mondo: l’uomo non è soltanto una creatura terrena. Il cristiano non può limitarsi alle preoccupazioni terrene: «le opere delle tenebre»…, «la carne con i suoi desideri» (2a lettura); gli uomini prima del diluvio «non si accorsero di nulla…, mangiavano e bevevano, prendevano moglie e marito». Preoccuparsi soltanto di queste cose, significa dar prova della spensieratezza condannata da Gesù (Vangelo). Per il cristiano, la preoccupazione del regno ha la priorità (Mt 6,24-33; Rm 14,17).
La lotta contro le tenebre (2a lettura) è possibile soltanto nella prospettiva luminosa e illuminante della venuta di Cristo. Per avanzare verso il «giorno del Signore» è necessario uscire dalla notte.
Noi siamo invitati a rimanere «svegli, vigilanti» (2a lettura, Vangelo). Si richiede spesso ai cristiani di essere uomini lucidi. Che cosa vediamo noi per prima cosa in una situazione, in un avvenimento, in un gruppo? Il nostro sguardo di redenti è illuminato dalla prospettiva del ritorno di Cristo?
Noi cogliamo il significato e il valore delle realtà di questo mondo nella speranza. Quali sono i nostri criteri abituali di valutazione? Il Signore sottolinea spesso la caducità di questo mondo per affermare l’importanza di ciò che ha un valore eterno: «La partecipazione a questo sacramento… ci sostenga, Signore, nel nostro cammino e ci guidi ai beni eterni» (orazione dopo la comunione).
Se siamo vigilanti, attenti, possiamo discernere in noi e attorno a noi i segni della presenza attuale del Signore. Egli è venuto e tornerà, ma viene anche nel nostro mondo di oggi, è questo il significato della celebrazione dell’Avvento e del Natale. Come preparare questa venuta del Signore? Come restare vigilanti, attenti?

La venuta del Signore è la riunione di tutti i popoli
Gli uomini aspirano a una riunione fraterna; i popoli cercano questi ravvicinamenti: la pace al di là delle lotte, la federazione al di là dei nazionalismi. È l’aspirazione di tutta l’umanità a diventare una comunità. Gli uomini vogliono celebrare questa vita comune; basta vedere il gusto per le grandi manifestazioni, tutti gli incontri delle feste di fine anno.
La storia della salvezza che si svolge nel tempo deve estendersi a tutta quanta l’umanità: «affluiranno tutte le genti» (1a lettura).
Dio stesso vuole radunare tutti gli uomini, è questo il fine della storia della salvezza.
I fallimenti nelle riunioni degli uomini dimostrano che l’uomo è incapace di realizzare da solo ciò a cui aspira maggiormente, e questo è vero a partire da Babele. La venuta del Signore è presentata come un raduno universale; cf Mt 25,31-32: «Quando il Figlio dell’uomo verrà nella sua gloria… saranno riunite davanti a lui tutte le genti».
Il diluvio (2a lettura) non è soltanto un castigo esemplare, ma il segno di Dio che salva radunando coloro che gli sono rimasti fedeli. Alla dispersione di Babele corrisponde il raduno nella Chiesa, a partire dalla Pentecoste.
«Verranno molti popoli…»
È in primo luogo uno sguardo sulla storia degli uomini: tutti coloro che camminano, pur senza saperlo, verso la luce, coloro che vivono il Vangelo pur senza conoscerlo. Tocca ai credenti essere sensibili a questo cammino progressivo e rendere grazie per esso. Quali segni vediamo oggi di questo progresso verso il raduno universale?
È compito dei credenti affrettare questo cammino progressivo, rivelare che Dio vuole riunire tutti gli uomini.
La Chiesa che raduna i credenti è segno della convocazione universale alla fine dei tempi.
In che modo le nostre comunità sono segni della salvezza universale? Sono sufficientemente orientate verso gli altri? Verso la venuta di Cristo?


(tratto da: M. Gobbin, Omelie per un anno – vol. 1, anno A, tempi forti – Elledici 2003)