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3. Annunciare la Parola – 31 gennaio 2021


31 gennaio

4ª DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

Gesù, Parola di Dio che sorprende e libera

PER RIFLETTERE E MEDITARE

Siamo agli inizi del Vangelo di Marco, Gesù si trova a Cafarnao. Sarà questa la sua città negli anni della vita pubblica. Più evoluta di Nazaret, posta presso il lago di Tiberiade, è a Cafarnao che si dà alla predicazione e compie molti dei suoi miracoli. È sabato ed entra nella sinagoga con gli apostoli. Forse Gesù questa volta è solo di passaggio, ma la sua presenza non passa inosservata.

Una parola che affascina

I primi otto capitoli di questo Vangelo, cioè metà del testo di Marco, sono un susseguirsi di interrogativi su Gesù: quest’uomo sorprende, stupisce e suscita domande su quello che dice, per quello che fa e per quello che è. In quella sinagoga Gesù non ha titoli particolari per predicare, non è un sacerdote, non è uno scriba. È un laico, un uomo adulto. Può parlare solo a questo titolo. Ma lo invitano a leggere un passo della Bibbia e a commentarlo e lui lo fa a modo suo, con autorità. La gente è colpita dal suo modo di insegnare e di parlare. Non conosciamo le parole che ha pronunciato, ma colpisce soprattutto il suo modo di insegnare, così diverso da quello degli scribi e dei farisei. Gesù parla a titolo personale, con l’autorità stessa di Dio e in questo caso conferma le sue parole con un miracolo straordinario, liberando un uomo dallo spirito impuro.
Il fascino della sua parola e la concretezza di ciò che dice nascono anche dal fatto che Gesù conosce molto bene le condizioni di vita di quella gente, di chi va ad ascoltarlo e lo segue. Le sue parole partono dalla vita e giungono al cuore. Sono messaggi accessibili, facili da capire.
Gesù non è solo un oratore brillante: interpreta la legge (la torah) in modo innovativo e provocatorio. Le sue parole sono piene di bontà e di comprensione nei confronti di un popolo che si aspetta finalmente una parola di speranza. Gesù rivela soprattutto un nuovo volto di Dio. Non di un Dio di cui si deve avere paura. Le sue sono parole di salvezza, di misericordia, di perdono incondizionato.

Una parola che libera

Come dicevamo, le parole di Gesù sono rafforzate da un gesto di liberazione. Infatti, non si sa come mai, in quella sinagoga vi è un uomo posseduto da uno spirito impuro. Egli non avrebbe dovuto trovarsi lì, perché gli immondi non venivano ammessi al culto, ma Gesù intesse con lui un dialogo incalzante e per più versi drammatico. Il testo di Marco ha la freschezza di un racconto, di un testo teatrale. Da una parte quell’ammalato rivela l’identità di Gesù («Io so chi tu sei: il santo di Dio»), dall’altra gli chiede di stare lontano da lui, di non rovinarlo. Anche in altre occasioni chi è impossessato dal demonio reagisce con isteria e paura di fronte a Gesù.
A quel tempo non era facile distinguere tra «possessione diabolica» e una grave malattia (epilessia, parkinson). Forse nemmeno oggi. Ma allora era più facile trovare persone schiacciate dalla paura dei demoni e da gravi malattie inguaribili.
Gesù restituisce a quell’uomo la piena dignità e lo libera. È un giorno di sabato, ma Gesù anche in questo modo insegna “con autorità”. Perché lui è signore anche del sabato.

Una parola alternativa

La parola di Gesù che libera quell’impuro ci coinvolge, ci riguarda. Anche noi, come quell’uomo, di fronte al nostro bisogno di liberarci e convertirci, come chiede Gesù sin dall’inizio della sua predicazione, ci difendiamo e vorremmo dirgli, come quel posseduto di Cafarnao: «Sei venuto a rovinarci?». Incredibilmente lo facciamo proprio per non consegnarci e arrenderci a lui, per paura che compia anche in noi il miracolo di renderci nuovi.
Oggi più che mai la parola autorevole di Gesù dovrebbe diventare per noi il punto fermo di riferimento. Di fronte ai numerosi pseudo maestri e ai tanti condizionamenti del nostro tempo, dovremmo ancorarci al “Santo di Dio”, a colui che dice “parole di vita eterna”, che danno un senso pieno alla nostra vita.
Se Cristo non ci affascina, non ci afferra, vuol dire che siamo cristiani semplicemente per motivi anagrafici, perché siamo stati battezzati. Ricordiamo ciò che diceva papa Benedetto XVI: «Dobbiamo parlare di Cristo non per fare proselitismo, ma perché abbiamo trovato Colui che cercavamo. Perché il nostro cuore ha trovato l’Amato. Perché la gioia che abbiamo nel cuore, che portiamo nel cuore, la vogliamo condividere con gli altri».

UN FATTO – UNA TESTIMONIANZA

Racconta un ragazzo coinvolto in una forte esperienza di fede: «Non so come sia accaduto. Non l’ho voluto io e non ho fatto nulla perché accadesse… Mi è accaduto qualcosa che mi ha reso diverso, l’unica cosa davvero grande da quando sono vivo. Mi sono incontrato con Gesù a tu per tu. Non avevo mai preso sul serio la sua presenza. Mi sento così bene davanti a Lui…».