24 maggio
ASCENSIONE DEL SIGNORE
Giornata mondiale delle comunicazioni sociali
Uno di noi siede alla destra del Padre
PER RIFLETTERE E MEDITARE
Gesù siede alla destra di Dio: è la sua piena glorificazione, ma anche la riconciliazione definitiva dell’uomo con Dio. Alla destra del Padre ora c’è uno di noi, un uomo come noi. Nella persona di Gesù Cristo, Dio è sceso sulla terra e la terra sale al cielo. Gesù è il nuovo Adamo che torna al Padre dopo aver santificato e riconciliato l’umanità con la sua morte in croce.
Glorificazione di Gesù
I racconti dell’ascensione nei Vangeli di Marco e Luca sono estremamente sobri, essenziali. Dicono in poche righe che Gesù ha benedetto gli apostoli e poi è salito al cielo e siede alla destra di Dio. Invece nel reportage di Luca degli Atti degli apostoli compaiono uomini in vesti bianche e una nube sottrae Gesù che sale al cielo, riferimenti ad antiche teofanie. Il biblista Ravasi dice che questi simboli non sono che una nuova, grande dichiarazione di fede nel Cristo risorto. Per Luca infatti l’ascensione è il vertice della Pasqua e quasi la spiegazione di quel prodigio che fu la risurrezione di Gesù.
L’ascensione non fa della Pasqua di Gesù solo a un miracolo straordinario, quasi un ritorno alla vita di un cadavere, ma afferma che con la Pasqua è Dio che entra nel cuore dell’umanità e glorifica l’uomo Gesù.
Credere nell’ascensione non significa pensare che Gesù d’ora in poi abiti in un «astro lontano», da cui potrebbe raggiungere la terra con qualche viaggio straordinario, ma significa che è davvero vivo per noi e operante nel nostro mondo attraverso la nuova realtà della sua risurrezione.
Gesù scompare visibilmente agli occhi degli apostoli, ma non abbandona l’uomo al suo destino e inizia una presenza nuova, diversa, ma reale: nella Chiesa, nei sacramenti, nei fratelli che amiamo.
La nuova fede degli apostoli
Con l’ascensione la fede dei discepoli, sempre incerta e dubbiosa, legata fino all’ultimo a prospettive terrene e nazionalistiche, diventa finalmente piena, esplicita. Ora finalmente vedono l’uomo Gesù, quest’uomo straordinario, autorevole e sorprendente, ma anche debole e sconfitto, sedere con la sua umanità alla destra di Dio, Dio egli stesso.
Per questo andare in tutto il mondo a parlare e scrivere di lui più che un comando è un’esigenza entusiasmante, come è stato per gli apostoli, che – come dice Luca – dopo averlo adorato se ne tornarono a Gerusalemme «pieni di gioia».
È il Vangelo di Matteo che presenta nel modo più esplicito le ultime parole di Gesù prima di salire al cielo. A differenza di Marco e Luca, Matteo non presenta l’episodio dell’ascensione, ma conclude con il mandato agli apostoli da parte del Risorto. Dice che alcuni di loro ancora dubitano nel rivederlo risorto, eppure Gesù nella pienezza dei suoi poteri affida ugualmente agli apostoli la missione di continuare la sua opera: «Fate discepoli tutti i popoli, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato». È la vita pubblica di Gesù che continua in qualche modo per mezzo degli apostoli, a cui conferisce i suoi stessi poteri.
Testimoni di Gesù risorto
L’ascensione è la festa della potenza di Dio, ma anche del valore della nostra vita quotidiana. La fedeltà di Gesù ha preparato la sua glorificazione; la nostra fedeltà prepara anche la nostra glorificazione.
È festa dunque di impegno, di una presenza viva nel mondo, di motivazioni nuove, di accettazione delle sfide che la vita ci propone. «C’è qualcosa di peggio che avere un’anima cattiva», dice Charles Peguy: «è avere un’anima da tutti i giorni». L’ascensione ci infonde motivazioni nuove, una speranza che riposa nelle promesse di Dio
Raccontano che da ragazzo John Kennedy voleva fare il giornalista, poi disse di aver scelto di fare il presidente degli Stati Uniti perché non intendeva raccontare soltanto le vicende importanti degli altri, ma voleva lui stesso essere protagonista di avvenimenti che altri avrebbero potuto raccontare di lui. Era un ragazzo e non pensava che una cosa non nega necessariamente l’altra, anzi che si completano a vicenda. Così è stato del comando di Gesù agli apostoli. Leggendo i Vangeli e il libro degli Atti ci si può convincere dell’entusiasmo che ci hanno messo gli apostoli e i primi cristiani per raccontare, scrivere e testimoniare le vicende e le parole di Gesù.
Oggi si celebra la 54ª Giornata mondiale delle Comunicazioni sociali. È stata scelta questa domenica proprio in riferimento al comando solenne di Gesù agli apostoli di «andare e fare discepoli tutti i popoli». A questo scopo essi disponevano quasi esclusivamente del mezzo della parola e della testimonianza di vita, perché i testi scritti erano disponibili a pochissimi. Nel nostro tempo invece noi, apostoli di oggi, per far giungere il messaggio di Gesù fino agli ultimi confini della terra abbiamo a disposizione tanti strumenti di comunicazione offerti dall’attuale tecnologia e dovremmo servircene.
UN FATTO – UNA TESTIMONIANZA
«Il problema è drammatico e inevitabile, perché i casi sono due: con la morte o si va a finire nel niente o si va a finire nella vita eterna. Le altre soluzioni sono forzatamente provvisorie. Ma se andrò a finire nel niente, io vivo già adesso per niente; se l’approdo dell’esistenza è il niente, anche la sostanza dell’esistenza è il niente, e questa è un’assurdità. Ogni uomo sente questo problema. Anche quando non lo sa, tutte le fibre del suo essere anelano a essere salvate dall’assurdo e a ricevere una risposta». Chi diceva così è il cardinal Giacomo Biffi, già arcivescovo di Bologna, in una intervista televisiva per Raidue.