23 agosto
21ª DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO
Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente
PER RIFLETTERE E MEDITARE
Pietro ci è simpatico, perché ci assomiglia: è pronto e sincero, impulsivo e generoso, anche se si è dimostrato vigliacco durante la passione di Gesù, forse per paura o forse proprio per un momento di crisi nei confronti del Maestro. Come 15 giorni fa, quando chiese di camminare sulle acque insieme a Gesù, oggi si rende protagonista a nome degli altri apostoli e, ispirato dallo Spirito Santo, fa una aperta dichiarazione a favore della messianicità di Gesù.
Chi dite che io sia?
Gesù domanda agli apostoli: «Chi dice la gente che io sia?». Certo, non aveva bisogno di sapere che cosa pensava la gente di lui. Ma lo chiede agli apostoli intendendo prepararli alla scoperta della sua persona e della sua missione. Perché poi Gesù continua e chiede: «Ma voi, chi dite che io sia?». È a questo punto che la risposta di Pietro si fa sorprendente per la sua ispirata correttezza: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente».
Domande e risposte che ogni anno la Chiesa ripropone anche a noi. Pietro risponde sottolineando la grandezza di Gesù, e Gesù pone Pietro a fondamento della Chiesa.
Gli apostoli rispondono dapprima nominando Giovanni Battista, Elia, Geremia… tra i nomi più importanti che gli apostoli potessero fare. Ma poi con coraggio Pietro a nome di tutti riconosce nell’uomo Gesù il messia atteso, il Figlio di Dio, che li sta affascinando con la sua parola e i miracoli, ma che pure si presenta ai loro occhi in una sorprendente normalità.
Gesù, sorpreso dalla bella risposta di Pietro, a sua volta lo sorprende dandogli il potere delle chiavi. Un’autorità che verrà esercitata soprattutto quando Gesù non sarà più tra loro, quando esisterà la Chiesa e avrà bisogno di una pietra solida per continuare nel tempo la predicazione di Gesù.
Di fatto in ogni tempo ogni vescovo di Roma, come successore di Pietro, continua a offrire la stessa testimonianza, rafforzata dalla promessa di Gesù: «Le potenze degli inferi non prevarranno» (Mt 16,18).
Fascino di Gesù
Gesù piace a tutti, ai vecchi e ai giovani. Tanti sono i film di successo su di lui, tanti i libri che ne studiano la sua persona. In ogni tempo qualcuno ha trovato da ridire sulla Chiesa, per i suoi interventi, per la sua organizzazione, nei suoi vertici, ma anche nelle singole parrocchie e comunità religiose. Ma verso Gesù, no. Anzi, sono a volte gli stessi «avversari», magari atei, a richiamarsi a lui per sottolineare e rafforzare le loro stesse contestazioni.
Ogni anno ritorna questo episodio evangelico (lo si trova anche il Marco (8,27-30, 24ª domenica dell’anno B) e in Luca (9,18-21, 12ª domenica dell’anno C). E ogni anno ci viene chiesto di rispondere alla domanda: «Chi è Gesù per la gente d’oggi?». E la nostra risposta non è molto diversa dalla prima risposta degli apostoli: Gesù anche oggi è considerato un uomo importante per la storia, per ciò che ha detto e fatto, per l’influenza che ha avuto attraverso il suo messaggio e la presenza della Chiesa che prolunga la sua missione.
Ma a noi in particolare oggi viene riproposta la domanda: «Ma per voi, chi sono io?». E non ci si può esimere dal rispondere. Chi non se la sente di rispondere ha già risposto in cuor suo ed entra nel numero dei molti indifferenti, di chi magari prega e viene anche a messa, ma non ha verso Gesù un rapporto vivo e vero.
Perché se Gesù, pur riconosciuto grande e importante, è uno dei tanti personaggi del passato, come Napoleone o Socrate, non ha più molto da dirci.
Se invece è il messia salvatore, il Figlio di Dio che si è incarnato, è inevitabile sentirci coinvolti e la sua parola ha per ciascuno di noi un valore assoluto, che profuma di eternità.
Il successore di Pietro
A partire da questo episodio, diventa inevitabile riconoscere per la Chiesa il riferimento specialissimo a Pietro e alla sua autorità e all’importanza di avere un centro di unità. Il trovarci uniti attorno alla sua persona dà una solida garanzia di stabilità alla comunità dei cattolici, così diversificata nella sua presenza e caratterizzata da culture e modi di vedere e di vivere spesso profondamente diversi.
Anche i nostri fratelli separati dovrebbero riconoscerne l’importanza, essi che dopo la separazione si sono divisi in tanti gruppi e chiese. A questo proposito Benedetto XI ha ricordato loro all’inizio del suo pontificato, che anche di fronte al problema dell’ecumenismo, nessuno può prescindere dal ruolo di Pietro. Non c’è Chiesa senza Pietro.
Ciò non vuol dire che il papato debba necessariamente mantenere in ogni tempo lo stesso stile di governo e non possa essere ripensato, così come ha riconosciuto lo stesso papa Giovanni Paolo II, che è arrivato a chiedere ai cristiani ortodossi e riformati un aiuto nella riflessione su una nuova modalità di esercizio del primato di Pietro. Ma la sua autorità, come dicevamo, è una grande garanzia di stabilità per la Chiesa, perché la vera pietra su cui si appoggia è Cristo stesso. Gli imperatori romani prima, Napoleone, Hitler e Stalin poi, si sono illusi di poter affermare che il papa che essi perseguitavano sarebbe stato l’ultimo della storia. In realtà oggi il papato è ancora lì, più fiorente che mai.
UN FATTO – UNA TESTIMONIANZA
Qualcuno chiede al brillante giornalista Beppe Severgnini, nella sua rubrica su Sette, supplemento del Corriere della Sera: «Se potessi intervistare un grande personaggio del passato, chi sarebbe e di che cosa vorresti parlare?». Risposta: «Gesù. Vorrei conoscere il Suo conciso giudizio sugli ultimi duemila anni». Quale risposta daremmo noi, se ci chiedessero: «Se lo potessi, che cosa chiederesti a Gesù?».