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3. Annunciare la Parola – 2 Pasqua C, 28 apr ’19

• At 5,12-16 – Aumentava il numero di coloro che credevano nel Signore.
• Dal Salmo 117 – Rit.: Abbiamo contemplato, o Dio, le meraviglie del tuo amore.
• Ap 1,9-11ª.12-13.17-19 – Io ero morto, ma ora vivo per sempre.
• Canto al Vangelo – Alleluia, alleluia. Perché mi hai veduto, Tommaso, tu hai creduto: beati quelli che pur non avendo visto, crederanno. Alleluia.
• Gv 20,19-31 – Otto giorni dopo, venne Gesù.

PER COMPRENDERE LA PAROLA

Tutte queste letture sottolineano la presenza e il potere del Cristo risorto: agli apostoli, in un contesto più intimo (Vangelo); ai contemporanei, in un contesto più ampio (1ª lettura); a tutte le Chiese, in un modo più universale e permanente (2ª lettura). Tutti ricevono questi segni e questi messaggi “dopo aver creduto” che Gesù è il Messia, il Figlio di Dio, e dopo che, credendo, hanno la vita nel suo nome (conclusione del Vangelo).

PRIMA LETTURA
È la terza descrizione sintetica della comunità apostolica (cf At 2,42-47 e At 4,32-35). In questa domenica ci viene presentata una sintesi idealizzata della Chiesa delle origini, che sottolinea in modo particolare l’attività degli apostoli all’esterno. Essi trasmettono la salvezza del Cristo risorto. “Per opera degli apostoli” operava la mano di Dio.
Non sembra che sia già avvenuta una separazione netta fra i cristiani e la sinagoga. “Tutti erano soliti stare insieme nel portico di Salomone”. La comunità cristiana è già formata: “Nessuno osava associarsi a loro” (ai credenti). Si aderisce al Signore soltanto mediante la fede (al Signore, cioè alla comunità, perché i due non fanno che uno, v. 15). Nella fede nella Risurrezione importante è il numero crescente di coloro che aderiscono al Signore.
Le guarigioni dei malati continuano le guarigioni del Vangelo; gli “atti” degli apostoli continuano gli “atti” di Cristo. Lo Spirito del Signore è sugli apostoli.
Luca sottolinea anche il ruolo di Gerusalemme, come punto di partenza della Chiesa universale (cf Lc 24,47). E l’unico apostolo qui espressamente nominato è Pietro.

SALMO
È stato cantato nella liturgia della notte di Pasqua e del giorno di Pasqua. È il canto di Cristo nella sua Parola, che viene ripetuto anche oggi. Vi risuonano parole dalla forte carica pasquale: la pietra scartata, il giorno che ha fatto il Signore, benedetto colui che viene…

SECONDA LETTURA
La 2ª lettura delle domeniche del tempo pasquale è presa dall’Apocalisse. Gli ultimi tempi sono cominciati, ma non sono ancora compiuti per gli uomini e per la storia. L’intera storia del mondo dovrà essere penetrata da Cristo, il Primo e l’Ultimo, l’Alfa e l’Omega.
v. 9: Nel momento in cui il fervore diminuisce (2,4-5), Giovanni ricorda la sua condizione di apostolo e di testimone. Vive in esilio “a causa della parola di Dio e della testimonianza resa a Gesù”. Il suo rapporto con Cristo passa attraverso la prova della tribolazione (Passione), la sicurezza del Regno (Risurrezione), la fedeltà e la costanza (ritorno di Cristo). In tutto ciò vuol essere “fratello e compagno” di tutte le comunità.
v. 10: La missione e il messaggio di Giovanni vengono come autenticati: proprio nel Giorno del Signore, egli viene afferrato dallo Spirito.
v. 11: Le sette Chiese (cf v. 11b) sono attorno ad Efeso: sono le prime destinatarie dell’Apocalisse. Il valore simbolico del numero 7, tuttavia, conferisce alle visioni dell’apostolo una risonanza universale e permanente.
v. 12: I sette candelieri d’oro rappresentano queste Chiese; inoltre immergono il messaggio in un contesto liturgico. In mezzo alle Chiese c’è Cristo, esse sono l’irraggiamento.
v. 13: La visione di Daniele del Figlio dell’Uomo (Dn 7,13-14) ha segnato fortemente il linguaggio apocalittico del Nuovo Testamento. Gli ornamenti del Figlio dell’Uomo ricordano gli ornamenti sacerdotali dell’Antico Testamento (Es 28,4 e Sap 18,24), un contesto di gloria e di giudizio: la manifestazione di Cristo, ormai vicino a Dio. La lettura di questa domenica ha notevolmente ridotto il testo biblico, perché oggi certi dettagli non hanno più la stessa risonanza.
v. 17: La rivelazione di Dio provoca sempre una situazione estrema e del tutto speciale per il profeta (cf Is 6). Egli cade come morto e Dio lo fa rinascere posando la sua mano su di lui e rivolgendogli la parola.
v. 17b-18: Un inno pasquale e liturgico dell’epoca, in un linguaggio solenne.
v. 19: Le cose che sono e quelle che accadranno dopo. La risurrezione è cominciata, ma deve continuare attraverso tutti i tempi. È questo il senso del messaggio dell’Apocalisse.

VANGELO
È quello della doppia manifestazione di Gesù risorto: la sera di Pasqua e otto giorni più tardi, agli apostoli riuniti.
– La prima manifestazione: La precisazione del momento: “Il primo giorno dopo il sabato” può essere un’allusione liturgica al giorno di riunione delle comunità cristiane.
La manifestazione del Risorto la sera di Pasqua interessa soltanto il gruppo dei discepoli ed è l’occasione per conferire loro un potere spirituale.
La venuta del Risorto – che è proprio colui che ha sofferto la passione – suscita la gioia dei discepoli.
Il Risorto porta “la pace”, la pienezza dei beni attesi dal Messia.
Affida la Missione, analoga a quella di Gesù stesso.
E con un gesto che evoca quello del Creatore che soffia sull’uomo per dargli la vita (Gn 2,7) e che lascia intravedere la Pentecoste, dona lo Spirito. Conferisce anche il potere di rimettere o di non rimettere i peccati, attuando la promessa fatta un giorno agli apostoli (Mt 18,18).
– Il secondo incontro è una provocazione alla fede in risposta all’incredulità di Tommaso.
Ormai la comunità cristiana crederà in forza della testimonianza e non di un incontro sensibile con il Risorto. Le parole di Gesù a Tommaso: “Non essere più incredulo, ma credente” ora sono rivolte ad ogni uomo al quale arriverà la testimonianza degli apostoli.
“Mio Signore e mio Dio!” sono praticamente le ultime parole del Vangelo. Giovanni sottolinea che è stato scritto a questo scopo: professare la fede in Gesù Figlio di Dio.
– Nella sua struttura, questo Vangelo mira anche a rivelare una triplice manifestazione della pace di Cristo, della grazia pasquale per eccellenza. Il Cristo risorto si manifesta come il Messia, Signore e Dio, che reca la pace (cf Gv 16). Tre volte Cristo si rivolge agli apostoli dando loro la pace: “Pace a voi”. Questa pace si manifesta ogni volta con un segno, una prova, una missione, un dono, e ogni volta gli apostoli la ricevono e la riconoscono con fede e con gioia.


PER ANNUNCIARE LA PAROLA (piste di omelia)

Presenza del Cristo risorto
Per i credenti è difficile vivere con la convinzione che Cristo è dovunque e sempre presente. Eppure è il nodo della fede.
Il Vangelo non ammette equivoci. È la morte che separa, e Cristo ha vinto la morte. Se n’è liberato. Gli ostacoli materiali, le distanze, ci nascondono gli uni agli altri. Cristo è presente – dopo esser stato altrove – anche se le porte sono chiuse. Dopo la sua visita, Tommaso rifiuta di credere. Ma Gesù è presente anche nel suo dubbio.
La comunità primitiva (Atti) si riunisce attorno a lui. Egli è presente “alle sette Chiese” dell’Asia Minore. Egli è “il Vivente”, possiede più di noi la vita: “il Primo e l’Ultimo”, e il salmo ci ricorda che colui che è stato rifiutato e fatto morire è la pietra angolare della città.
Tutti noi credenti abbiamo sperimentato, in qualche momento, la sicura presenza di Cristo. Dobbiamo rifarci alla nostra conoscenza personale del Signore, trarre arricchimento dalla conoscenza che ne hanno gli altri. Senza questo continuo richiamo al Cristo presente fra di noi, nessuna comunione di fede, nessuna vita cristiana è possibile.

I doni di Cristo
Sono indicati in gran numero. Così ci è permesso sapere che cosa possiamo chiedere alla Chiesa e a che cosa serve essere cristiani.
– La pace (quella di Cristo, non quella del mondo) e l’unità: un fortissimo legame del cuore, in forza della fede condivisa (Atti).
– L’eliminazione della paura, in forza della sua presenza (Ap 5,17-19).
– Lo Spirito Santo, forza spirituale della comunità; e per gli apostoli, ispirazioni e poteri corrispondenti alla loro missione.
I doni di Cristo sono numerosi. Ma sono sempre dati per la Chiesa e per mezzo della Chiesa. È uno degli aspetti del mistero dell’Incarnazione e della presenza del Cristo risorto in mezzo a noi: solamente cercando gli altri troviamo la verità di Cristo.

Vedere, toccare, riconoscere
– L’assenza, il dubbio e l’atto di fede di Tommaso costituiscono un insegnamento importante per l’evangelista. Il cristiano è condotto a fare lo stesso cammino.
– A lui non è stato concesso di vedere. Il dubbio gli si insinua nell’anima. Vorrebbe delle prove. La Risurrezione di Cristo non fa parte delle evidenze. Essa fa problema e bisogna accettare di porsi delle domande. Le prove: ce ne sono? No, perché la Risurrezione è un avvenimento che non si coglie né con la scienza, né con la logica.
– Ci sono però delle ragioni di credere. C’è la parola dei testimoni. Tommaso è un testimone importante, perché ha cominciato col dubitare; vi sono poi tutti i testimoni del Cristo risorto. Non è indispensabile provocare Dio ed esigere nuove prove tangibili per credere. “Beati quelli che pur non avendo visto crederanno”. Nella storia secolare della Chiesa, e anche oggi, sono molti coloro che hanno creduto senza aver visto. Essi sono per noi dei testimoni.
– Tommaso ha voluto vedere e toccare. Ha avuto bisogno di segni. Anche noi ne abbiamo bisogno continuamente. Senza l’Eucaristia, senza i sacramenti, dove avremmo le occasioni di trovare la presenza del Cristo risorto? Invece, grazie a questi segni che ci vengono donati e che ci ridestano la fede, tutto diventa segno della presenza di Cristo: il prossimo, gli avvenimenti… Ogni momento avviene un incontro dove possiamo dire: “Mio Signore e mio Dio”. Allora nella nostra esperienza personale risuona la testimonianza della Chiesa.


(tratto da: M. Gobbin, Omelie per un anno – vol. 1, anno C, tempi forti – Elledici 2003)