14 marzo
4ª DOMENICA DI QUARESIMA
La croce della nostra salvezza
Domenica Laetare
PER RIFLETTERE E MEDITARE
Il Vangelo riporta la parte centrale del dialogo che Gesù ha avuto con Nicodemo, un notabile della città, un fariseo incuriosito dalle opere straordinarie compiute da Gesù e che desidera incontralo. Ha capito che Gesù è un inviato di Dio e si reca da lui, ma lo fa di notte, forse per non compromettersi troppo, forse per non avere problemi da parte degli altri farisei.
L’incontro con Nicodemo
È una bella storia quella di Nicodemo. Ė aperto più alla verità che a difendere l’autorità dei farisei e le loro posizioni, e decide di incontrare Gesù. Lo fa di notte, ma poi lo difenderà apertamente quando vorranno imprigionarlo senza un adeguato giudizio. Dirà: «La nostra legge giudica forse un uomo prima di averlo ascoltato e di sapere ciò che fa?» (Gv 7,51). Il suo intervento servirà a poco, ma dopo la morte di Gesù coraggiosamente ricupererà il suo corpo e gli darà sepoltura, usando in suo onore circa trenta chili di una preziosa mistura di mirra e aloe. La tradizione vuole che Pietro lo abbia poi battezzato e sia morto martire. E oggi è nell’elenco dei santi.
A Nicodemo che sceglie la notte, Gesù non solo non si nega, ma regala piena la sua luce e gli rivela apertamente il piano d’amore di Dio sul mondo che si sta realizzando per mezzo di lui, il Figlio. È curioso che Gesù si riveli in modo aperto soprattutto a chi si direbbe che non sia in grado di capire. Pensiamo alla Samaritana, a cui Gesù si dichiara chiaramente come messia. Nicodemo fa fatica a comprendere il senso di ciò che dice Gesù, ma Gesù si spiega, rendendo sempre più esplicita la sua rivelazione.
L’amore di Dio ci precede
Nel dialogo tra Gesù e Nicodemo si trova «l’affermazione chiara e precisa dell’amore di Dio come causa vera, ultima e determinante della presenza del suo Figlio nel mondo» (Felipe Ramos). E il suo amore si è manifestato nella sua passione e morte, che è insieme la più grande manifestazione dell’amore di Gesù per noi e dell’amore del Padre, che accetta che il Figlio sia innalzato sul patibolo perché «chiunque crede in lui abbia la vita eterna». Per questo Gesù dice che chi accoglie lui e la sua croce si salva, chi non lo accoglie condanna se stesso. Giovanni esprime tutto questo, come ha già fatto nel suo Prologo, con l’antitesi luce e tenebre. Chi si decide per Gesù e lo accoglie si colloca dalla parte di Dio e rimane nella luce, chi lo rifiuta si mette contro Dio e finisce nelle tenebre.
Di fatto Gesù constata che «gli uomini hanno preferito le tenebre alla luce» (Gv 3,19). È la storia dell’uomo sulla terra, la nostra storia personale, in cui fedeltà e infedeltà entrano in gioco.
Una tragedia ebraica
Nella storia del popolo ebraico il rapporto d’amore tra Dio e l’uomo non è mai stato pacifico, né facile. L’amore di Dio, totalmente gratuito e disinteressato verso questo piccolo popolo, non è sempre stato ricambiato. La prima lettura ne è un esempio. La schiavitù di Babilonia è stata la conseguenza dell’infedeltà di Israele e nello stesso tempo il mezzo di cui Dio si è servito per recuperare l’amore del suo popolo.
Nel secondo libro delle Cronache leggiamo questa tragica vicenda, la più grande catastrofe vissuta dal popolo di Israele dopo la schiavitù in Egitto: la deportazione in Babilonia. Un esilio umiliante e drammatico per un popolo che pensava di avere sempre Dio dalla propria parte. A nulla erano servite le parole dei profeti: i sacerdoti e il popolo «moltiplicarono le loro infedeltà» e la conseguenza fu la perdita di tutto, delle proprie mura, del tempio, dei palazzi, delle case, della propria storia e cultura.
Dio permette questa terribile prova. Ma la sua fedeltà non viene meno nemmeno questa volta: suscita Ciro, re di Persia, un pagano che si mette a disposizione di Dio. E tutto può ricominciare: il ritorno e la ricostruzione, la ripresa del dialogo con Dio.
La salvezza viene dalla croce
Anche in questa quarta domenica di Quaresima al centro della Parola di Dio c’è Gesù. Un Gesù che si rivela di domenica in domenica: nelle tentazioni, nella trasfigurazione, nel desiderio di purificare la vita religiosa del popolo. E oggi nel suo amore senza misura. Un amore che, come abbiamo detto, si è manifestato sulla croce, che non è stata per lui un incidente di percorso, ma rivelazione del suo amore senza misura per noi.
La vita eterna, che è la vita divina in noi e il nostro esserci messi alla sequela di Cristo, si conquista guardando la croce. Come è avvenuto per gli infedeli ebrei nel misterioso episodio raccontato dall’Esodo: «Come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna» (Gv 3,14-15).
Questo amore di Dio è la forza della Chiesa, che lo rivela nel tempo attraverso la testimonianza dei suoi figli migliori, i santi. L’amore vissuto in ogni secolo da un numero grande di cristiani generosi è la prova più convincente dell’amore di Dio. «L’amore esiste. È raro, ma esiste. Ed è l’unica prova dell’esistenza di Dio» (Eugène Jonesco).
UN FATTO – UNA TESTIMONIANZA
«Il cuore degli uomini del nostro tempo si asfissia lentamente, sornionamente, per un’assenza universale: quella della bontà. La bontà è la carne della carità. La bontà è capace dei gesti più folli. È smisurata come la Croce. Consiste nell’amare chiunque, fino alla fine in qualsiasi momento. Il vangelo è annunciato veramente soltanto se i cristiani che lo annunciano tendono con tutte le forze ad avere un cuore buono. La bontà ha, per il cuore incredulo, il sapore sconosciuto di Dio e lo induce a incontrarlo» (Madeleine Delbrêl).