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2. Esegesi – XXXII C, 10 nov ’19

DIO NON È DEI MORTI

2 Maccabei 7,1-2.9-14 – Il re dell’universo ci risusciterà
2 Tessalonicesi 2,16-3,5 – Il Signore conforti i vostri cuor
Luca 20,27-38 – Quelli che sono giudicati degni non possono più morire

Speranza da motivare
I giorni descritti dalla prima lettura sono quelli della persecuzione e della tribolazione degli eletti. I sette fratelli e la loro madre, che il re Antioco, come il Principe di questo mondo, vorrebbe distogliere dalla fedeltà all’unico Dio, fanno pensare alla comunità dei credenti che anche nella persecuzione è chiamata a rendere conto della speranza che la nutre. Alle fonti della fede c’è la certezza che la vita presente è solo pellegrinaggio in vista della patria vera e della vita eterna preparata per tutti i credenti dall’unico Sovrano del mondo a cui solo è dovuta la fedeltà del servizio di lode e l’adorazione umile del cuore. I ragazzi maccabei sono irresistibilmente attratti e condotti da quella forza che la loro stessa Madre ha loro trasmesso. Morire d’amore, per loro è vivere. Vivere senza quell’amore è morire. Senza quello tutto diventa un oggetto posseduto nell’esigua fragilità del tempo e nella fragilità dei nostri sentimenti.

Parola da mettere nel cuore
Perché la risposta di fede sia efficace occorre attrezzarsi. Ciò che sta a cuore all’Apostolo è la predicazione della Parola che genera risposta. Egli sa che la Parola di Dio non è incatenata (2Tim 2,9) ed è potente perché il suo messaggio corre veloce (Sal 147,15), ma vuole che ogni credente sia partecipe di questa corsa attraverso la potenza della preghiera che egli chiede con insistenza nelle sue lettere. L’Apostolo sa per esperienza che l’annuncio trova ostacolo nel cuore degli uomini perché non di tutti è la fede. La certezza dell’Apostolo che quanto vi ordiniamo già lo facciate e continuiate a farlo (2Ts 3,4) è tutta poggiata sulla fedeltà di Dio che opera nel cuore dei credenti. La perla che scaturisce dalla Parola di oggi è la «vocazione» di tutta la storia e di ogni realtà umana ad essere «segno». Segno di Lui, che raccoglie e porta a pienezza tutta la profezia di Israele ed entra in ogni spazio della creazione e della storia per farne «segno» di Sé.

Curiosità da attutire
Anche le pieghe e i drammi più dolorosi possono diventare orizzonte del suo mistero di amore e di novità della vita. Senza l’amore la morte è evento fatale o spinta demoniaca a morire coinvolgendo altri nella nostra morte. Per interrogare Gesù riguardo alla risurrezione i Sadducei citano una prescrizione della legge antica (Dt 25,5-6). La sfrontata e assurda «parabola» proposta nel Vangelo a Cristo Gesù dai Sadducei vuole mettere un interrogativo sulla condizione finale di questa donna che ha vissuto le vicende descritte. Nella grottesca parabola sadducea il dominio è della morte, e non c’è niente che le sia superiore. Cristo Gesù mostra invece che le nozze umane sono il segno forte delle nozze divine, di quella condizione suprema nella quale i giusti «non prendono né moglie né marito» (v. 35), perché saremo tutti nella pienezza dell’amore. Nella comunione piena con Dio. Il Vangelo vuole rafforzare la fede nell’esistenza di una vita futura, ma invita a vivere la realtà della vita presente. Le nostre preoccupazioni riguardo all’aldilà troppo spesso sono costruite solamente sulla curiosità.

Futuro da preparare con il presente
Cristo Gesù non vuole che ci interessiamo della vita dei morti, ma della vita dei vivi. La vicenda dei sette fratelli uccisi insieme alla loro madre sono la testimonianza della continuità della vita e l’affermazione che non esiste nulla che possa interrompere l’esistenza, se non l’odio o la mancanza di amore. Per questo, l’unione d’amore dell’uomo e della donna è «segno». È segno dell’amore che unisce Dio ad ognuno dei suoi figli, e si realizzerà nell’unione di ciascuno e di tutti con Dio. Contrariamente al discorso proposto dai sadducei, nella sua risposta Cristo Gesù mantiene distinta la realtà terrena da quella della vita nella risurrezione.
Coloro che per grazia divina sono ammessi al mondo che verrà non hanno più le preoccupazioni della loro precedente vita terrena. I risorti sono uguali agli angeli e come gli angeli stanno alla presenza di Dio unicamente per servirlo e lodarlo. Ogni curiosità in riferimento alla vita futura viene stroncata con un richiamo impellente al momento presente, quasi insinuando che la vita futura è già iniziata nell’oggi. L’unica cosa che ci viene indicata è la strada, che è lo stesso Cristo Gesù.


PER IL CONFRONTO NEL GRUPPO
– Che cosa ci incuriosisce maggiormente del nostro dopo?
– Come stemperiamo i dubbi della nostra fede?


IN FAMIGLIA
La vita va vissuta a colori, e i colori per illuminarla possono essere diversi.
Prendiamo come punto di riferimento un colore dell’arcobaleno
e proviamo a dire perché abbiamo fatto la scelta di quel colore,
e che cosa ci suggerisce nel nostro vivere quotidiano.


(tratto da: R. Paganelli – Vivere la domenica aprendoci alla Parola, anno C – Elledici 2015)