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2. Esegesi – 5 e 6 gennaio 2020

II DOPO NATALE – 5 GENNAIO

VENNE FRA I SUOI

Sir 24,1-4.12-16 (NV) – Io sono uscita dalla bocca dell’Altissimo
Ef 1,3-6.15-18 – Benedetto Dio
Gv 1,1-18 – Veniva nel mondo la luce vera

Siamo rinviati alla sorgente
La Chiesa propone il Prologo del IV Vangelo, mirabile sintesi del mistero dell’Incarnazione, perché è attenta a non lasciarci disperdere nell’emotività, facendoci ritornare al significato esistenziale del Natale. «In principio..»: è necessario risalire alla sorgente, nel seno stesso della Trinità, per cogliere tutto lo spessore di fatti che a occhio umano appaiono tanto poveri e disadorni come lo era la grotta che accolse il Bambino Gesù a Betlemme. Solo così si può scoprire la preesistente grandezza divina del Figlio di Maria e al tempo stesso la sua condiscendenza nei nostri confronti, per arricchirci della sua divinità. San Giovanni, parlando del Verbo, rievoca un segno biblico molto eloquente, quello della tenda che Dio stesso aveva posto tra le tende del suo popolo in cammino verso la terra promessa, per indicare la sua presenza, la «Gloria di JHWH», la santa dimora dell’Altissimo. Ora la tenda e il nuovo tempio è questo bambino Gesù, con la sua fragile carne, nella quale «abita corporalmente tutta la pienezza della divinità» (Col 2,9); egli è «l’Emmanuele, Dio con noi» (Mt 1,23).

Incontriamo il Verbo che condivide la nostra fragilità
«E il Verbo si fece carne» significa non solo che ha assunto la nostra vera e concreta umanità, ma anche che ha condiviso in pieno con noi la stessa vicenda di fatica, di sofferenza e di morte. Pur essendo nella condizione di Dio, non ritenne un privilegio essere come Dio, ma svuotò se stesso facendosi simile agli uomini. In Cristo si rivela la sapienza di Dio perché solo lui apre all’uomo il segreto di Dio, il suo disegno creatore e salvifico, solo lui media concretamente l’incontro tra l’uomo e il suo ideale, secondo il progetto di Dio. Il mistero dell’incarnazione comprende la scelta, da parte del Verbo divino, di condividere fino in fondo la fragilità e le sofferenze che caratterizzano la vita dell’uomo sulla terra. Assieme al tema dell’incarnazione viene ripreso quello della creazione, un pensiero già presente nelle letture ebraiche, in particolare nel libro del Siracide da cui è tratta la prima lettura. Infatti Pr 8 e Sir 24 presentano la Sapienza come colei che è stata creata da Dio prima di ogni cosa, che abita presso Dio e con gli uomini, che entra nella storia del popolo di Israele e che prende una stabile dimora nella legge data da Mosè. In questo caso la Sapienza divina viene intesa come rivelazione in cui si può conoscere compiutamente la volontà divina e di conseguenza anche il senso del cosmo che da essa è scaturito.

Siamo attratti verso l’assoluto
Cosmo e storia sono un tutt’uno nella mente di Dio. Per lui liberare le bellezze del creato dal caos primordiale e liberare l’uomo dalla dispersione del male è un gesto solo, quello di colui che manifesta la sua gloria creando bellezza e promuovendo libertà per un’armonia cosmica e spirituale che celebri la sua gloria. Il vertice di santità a cui il Verbo vuole condurre la vita umana diventa luce. Egli attira l’uomo verso l’alto perché cada in alto. Essere nella luce vuol dire essere in una comunione che rivela le vere forme delle cose e delle persone contenute nel pensiero divino, e promuove una iniziazione alla bellezza voluta da Dio, senza misconoscere la lotta tremenda che esplode tra la luce e le tenebre, tra il bene e il male.

Prendiamo parte alla vita divina
Ciò che Cristo rivela è grande ma non utopico, è difficile e richiede lotta, ma non è impossibile. La posta in palio è unica: «Diventare figli di Dio… da Dio generati». La condizione posta è raggiungibile: infatti, basta accogliere. Questa semplice disposizione che fa l’uomo grande è una disposizione attivamente «passiva». Dio crea cose mirabili con una creta che si impasta bene. Non vuole annullare la libertà umana, ma piuttosto affermare il senso dell’essere uomini. Accogliendo e prendendo parte alla vita divina e attingendo a questa sorgente di amore infinito, possiamo amare come Dio ama. La memoria sapienziale delle opere di Dio ci fa riconoscere Cristo come unica consistenza e unico senso della vita dell’uomo. Il grande fallimento nostro è, perciò, la dimenticanza. Quando viene meno la memoria delle grandi opere di Dio prendono il sopravvento la superficialità del presente e l’incredulità. Sant’Ireneo ripeteva: «Dio si fa uno di noi per fare ognuno di noi uno di lui».


PER IL CONFRONTO NEL GRUPPO
– Che cosa ti spaventa maggiormente della fragilità umana?
– Quali doni di Dio riconosci presenti nella tua vita?


IN FAMIGLIA
Le luci in questi giorni non mancano, ma Cristo Gesù è la luce vera che dà vita, splende nelle tenebre e illumina.
Regalati un po’ di tempo con la tua famiglia per guardare la luce, ringraziare per la luce, meravigliarti per la luce…


EPIFANIA – 6 GENNAIO

ALCUNI MAGI VENNERO

Is 60,1-6 – Cammineranno le genti alla tua luce
Ef 3,2-3a.5-6 – Mi è stato fatto conoscere il mistero
Mt 2,1-12 – Abbiamo visto spuntare la sua stella

Il Signore si manifesta a chi lo cerca
Dio, nella persona di Gesù di Nazaret, suo Figlio unigenito, unico Signore dell’universo e unico Salvatore, si manifesta a tutti i popoli senza discriminazione alcuna, per fare di ogni uomo un cittadino del suo Regno di giustizia, di pace e di amore. Questo è il messaggio che ci viene dall’antichissima festa dell’Epifania. Un drappello di personaggi inconsueti, dal numero imprecisato, designati con il nome abbastanza vago di «magi», lasciano i loro Paesi a oriente del Giordano e si mettono in cammino alla ricerca di Dio. Sono motivati dalla persuasione che il Re del cielo e della terra con una eccezionale iniziativa salvifica è entrato nella vicenda umana. Verosimilmente anche altri avranno avuto la stessa notizia e la stessa ispirazione; ma costoro non si sono mossi dalla quiete delle loro case, forse timorosi delle fatiche e dei disagi del viaggio, forse incapaci di affrontare l’ostilità e la prevedibile ironia della gente.

La luce guida tutti
Gesù è anche colui che realizza la promessa fatta ad Abramo, nella cui discendenza sarebbero state benedette tutte le genti della terra, tutta l’umanità (cf Gen 12,1-3): fin dalla nascita Gesù è cercato e riconosciuto dai pagani, dalle genti. Dio, si sa, si propone ma non si impone all’anelito delle sue creature. Anzi usa avvicinarsi a noi e chiamarci, più che altro, attraverso «segni». Segni che in parte lo svelano e in parte lo celano al nostro sguardo. Così, un cuore arido e prevenuto può sempre accampare qualche pretesto per eluderlo o addirittura respingerlo; mentre un cuore sincero e umile arriva agevolmente a scorgere le ragioni convincenti per accettarlo.
La luce, come simbolo di un Dio che si rivela e si fa presente, risplende nella stella che guida non solo il piccolo popolo dell’antica promessa, ma tutte le nazioni. Gerusalemme però ha disatteso la storia e il suo posto è stato preso dalla piccola e oscura Betlemme. La cittadina di Giuda si oppone alla grande Gerusalemme, la quale si turba insieme con il suo re alla domanda dei magi «dov’è colui che è nato?», e diventa la sede del faraone che sterminerà i figli degli ebrei. Nel cammino esodico di Gesù è riassunta tutta la storia di Israele, con tutte le sue glorie e le sue povertà.
Gesù è il nuovo Israele ricercato come fonte della luce. Anche se i modi di questa ricerca sono diversi.

Il coraggio di cercarlo
Ci sono di quelli che non lo cercano affatto, perché si sono fatti un cuore piccolo e rattrappito, che «vive di solo pane» (cf Mt 4,4). Molti invece non cercano Dio perché, abbagliati dal progresso, lo considerano ormai superfluo. C’è poi chi nella sua ricerca è impedito dalla volontà e dall’orgoglio di credersi e di sentirsi del tutto autonomo e autosufficiente. Una parola di simpatia va spesa per coloro che cercano Dio, anche con impegno e sofferto desiderio, ma hanno l’impressione di non riuscire ad arrivare a lui.
Talvolta c’è, in questi inquieti ricercatori, nascosta, la paura di approdare alla mèta. Ci vuole molto coraggio per arrivare a Betlemme, per prostrarsi davanti al Re dell’universo e dei cuori, per fargli dono di quanto abbiamo e di tutto ciò che siamo (cf Mt 2,11).
E il Signore questo coraggio presto o tardi lo dà. Se uno si mette davvero in cerca di Dio, è segno che almeno inizialmente, in maniera aurorale, Dio da lui si è già lasciato trovare. Alla fine, l’avventura travagliata dell’uomo approda alla gioia di possedere una luce dall’alto che ci illumina e orienta con tranquillità nei sentieri della vita: «Al vedere la stella, [i Magi] provarono una gioia grandissima» (Mt 2,10). È una interiore letizia che ripaga con sovrabbondanza di tutte le pene, le trepidazioni, gli affanni sostenuti nella ricerca.


PER IL CONFRONTO NEL GRUPPO
– Che azioni metti in atto per avvicinarti maggiormente al Signore?
– C’è qualcosa che ti appassiona dell’universalità della Chiesa?


IN FAMIGLIA
In una sera di cielo sereno prima o dopo la festa dell’Epifania usciamo ben vestiti e ci fermiamo a osservare le stelle: che cosa ci comunicano? Che cosa hanno visto i Magi? che cosa possiamo vedere noi? Che cosa illumina le notti di ogni persona? La ricerca della luce ci mette in cammino, la luce ci guida e così possiamo ancora incontrare chi è piccolo e solo!


(tratto da R. Paganelli – Entrare nella domenica dalla porta della Parola, anno A, Elledici 2015)